Rito
romano
XXXI
Domenica del Tempo Ordinario – Anno C – 3 novembre 2019
Sap
11,22-12,2; Sal 144; 2 Ts 1,11 - 2,2; Lc 19, 1-10
L’uomo
cerca Dio e Dio cerca l’uomo.
Rito
ambrosiano
II
Domenica dopo la Dedicazione
Is
25,6-10a; Sal 35; Rm 4,18-25; Mt 22,1-14
L’amore
di Dio è prezioso.
-
Tre verbi importanti: fermarsi, riconciliarsi, accogliere.
Meditando
il Vangelo di questa domenica tre sono i verbi che hanno attirato la
mia attenzione e che propongo alla riflessione: fermarsi,
riconciliarsi e accogliere. Prima di tutto è importante capire
che come a Zaccheo Gesù dice a ciascuno di noi: “Oggi devo
fermarmi a casa tua” (LC 19, 5).
Oggi
come sempre, il Redentore si invita, si autoinvita per entrare in
casa nostra, e non lo fa mai per prendere ma sempre per donare la
pace, riconciliando noi con Lui. Inoltre siamo invitati a imitare
Zaccheo che accoglie il Messia con gioia. Noi dobbiamo essere sempre
degni della chiamata. Dio ci chiama e ci richiama sempre, lasciandoci
nella coscienza della nostra indegnità. La conversione morale è,
prima di tutto, teologale. Non possiamo cambiare veramente la nostra
vita, se non accogliamo il Signore.
Solamente
se Lo accogliamo veramente, la nostra vita da vuota diventa piena, da
triste diventa gioiosa, da una vita chiusa passiamo ad una vita
aperta all’Altro che viene dall’alto e all’altro che viene
dalla terra, e tutto è restituito nella gratitudine e nella gioia.
Accogliendo il Signore nello spazio della nostra vita, essa diventa
eucaristica e lieta nella condivisione. Questa accoglienza stabile,
cioè fedele e perseverante, è possibile perché è resa salda dal
perdono. Infatti, il Cristo entra nella casa del peccatore Zaccheo
come oggi entra nella casa di ciascuno di noi peccatori: per
perdonare, per riconciliarci con Dio, per scioglierci dal peccato1.
2)
Il desiderio umile di Dio fa convertire.
Riandiamo
brevemente alla narrazione di questo incontro di Gesù con un uomo
chiamato Zaccheo2,
capo dei pubblicani, molto ricco. Dato che era basso di statura, salì
su un albero per vedere Cristo. Udì allora le parole del Maestro:
“Zaccheo,
scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua”.
Gesù aveva notato il gesto di Zaccheo: interpretò il suo desiderio
e anticipò l’invito. Destò perfino la meraviglia di qualcuno il
fatto che Gesù andasse a trovare un peccatore. Zaccheo, felice per
la visita “accolse
pieno di gioia Cristo”
(cfr Lc
19, 6), cioè aprì generosamente la porta della sua casa e del suo
cuore all’incontro con il Salvatore. E Papa Francesco, quando era
ancora Vescovo di Buenos Aires, commentava: “Zaccheo
non appena apprende che Gesù è entrato nella sua città, sente che
si risveglia in lui il desiderio di vederlo e corre a salire
sull’albero. La fede farà sì che Zaccheo smetta di essere un
“traditore” al servizio di se stesso e dell’Impero, e diventi
cittadino di Gerico, stabilendo relazioni di giustizia e solidarietà
con i suoi concittadini”3.
Oggi
il Vangelo ci mostra che Zaccheo, che -anche se è ricco di soldi- è
indigente di senso della vita. Questa povertà di spirito spinge il
ricco pubblicano a salire su una pianta di sicomoro4
per vedere il Messia. I beni
materiali non colmavano la sua sete di infinito e si fece “medicante
di Dio”, e così ebbe il dono di abitare nella grazia di Chi,
entrando in casa sua, gli portava la vita eterna, piena.
L’uomo
è cercatore dell’Assoluto. Anche se procede a passi piccoli e
incerti l’uomo è sempre in ricerca, ha il “cuore inquieto”,
come scriveva sant’Agostino5.
E’
significativo che il Catechismo
della Chiesa Cattolica
si apra proprio con la seguente considerazione: “Il desiderio di
Dio è inscritto nel cuore dell'uomo, perché l'uomo è stato creato
da Dio e per Dio; e Dio non cessa di attirare a sé l'uomo e soltanto
in Dio l'uomo troverà la verità e la felicità che cerca senza
posa” (n. 27). Questa affermazione, però, nella cultura
occidentale contemporanea è considerata una provocazione. Molti
nostri contemporanei potrebbero infatti obiettare di non avvertire
per nulla un tale desiderio di Dio. Per larghi settori della società
secolarizzata Egli non è più l’atteso, il desiderato, è
piuttosto una realtà che lascia indifferenti, davanti alla quale non
si deve nemmeno fare lo sforzo di pronunciarsi.
In
realtà, questo “desiderio di Dio” non è scomparso e emerge,
oggi ancora e in molti modi, dal cuore dell’uomo. Il desiderio
umano tende sempre a determinati beni concreti, spesso tutt’altro
che spirituali, e tuttavia questi beni non gli bastano, è alla
ricerca de “il Bene”, che lo sazi pienamente e per sempre.
Come
si può davvero saziare il desiderio dell’uomo? Il Vangelo di oggi
ci dà la risposta, che anticipo: “Perché il desiderio sia saziato
occorre educarlo”.
3)
Il desiderio di Dio va educato.
Dio
è nell’alto dei Cieli e l’uomo è polvere che calpesta la Terra,
ma tra Dio e l’uomo c’è l’amore che salva. Dio ha compassione
di tutti, perché tutto può,
chiude gli occhi sui peccati degli
uomini,
aspettando il loro pentimento (cfr. Sap 11, 22-24).
Come dice il salmo: “Dio siede nell’alto ma si china a
guardare sulla terra, e solleva l’indigente dalla polvere”
(cfr Sal 112/113, 5 e 6).
Come
circa venti secoli fa davanti a Zaccheo, oggi Cristo si presenta a
noi e a ciascuno di noi personalmente dice: “Oggi devo fermarmi
a casa tua” (Lc 19, 5). Zaccheo corse a casa sua per
preparare l’accoglienza di Cristo e lo ricevette con il cuore
dilatato, noi dobbiamo fare lo stesso.
Cristo
educò il desiderio di Zaccheo (ma analogamente educa il nostro
desiderio), in primo luogo facendo re-imparare il gusto delle gioie
autentiche della vita: in questo caso un pranzo tra persone che sono
diventate amiche. “Educare sin dalla tenera età ad assaporare
le gioie vere, in tutti gli ambiti dell’esistenza – la famiglia,
l’amicizia, la solidarietà con chi soffre, la rinuncia al proprio
io per servire l’altro, l’amore per la conoscenza, per l’arte,
per le bellezze della natura –, tutto ciò significa esercitare il
gusto interiore e produrre anticorpi efficaci contro la
banalizzazione e l’appiattimento oggi diffusi. Anche gli adulti
hanno bisogno di riscoprire queste gioie, di desiderare realtà
autentiche, purificandosi dalla mediocrità nella quale possono
trovarsi invischiati. Diventerà allora più facile lasciar cadere o
respingere tutto ciò che, pur apparentemente attrattivo, si rivela
invece insipido, fonte di assuefazione e non di libertà”
(Benedetto XVI, Udienza generale del mercoledì, 7
novembre 2012). E ciò farà affiorare quel santo desiderio di Dio di
cui stiamo parlando.
In
secondo luogo, Cristo educò il desiderio di Zaccheo aprendo non solo
la casa di questo peccatore (e di ciascuno di noi): gli aprì il
cuore. Perché non è sufficiente rispondere alla domanda “come
educare il desiderio?”, c’è un’altra domanda che si impone:
“Chi sazia il desiderio? Gesù, che manifesta il volto buono del
Mistero, rivelando che l’Infinito è Amore che si dona.
E’
sempre Gesù che prende l’iniziativa e lo fa in modo gratuito.
Tuttavia si inserisce in una disponibilità dell'uomo. L'incontro con
Dio è sempre al tempo stesso un dono e compimento di una ricerca,
esaudimento di un desiderio. Zaccheo desidera vedere Gesù e poi,
interpellato, è pronto ad accoglierlo (“in fretta scese e lo
accolse in piena gioia”). L'incontro con Gesù cambia la vita
di Zaccheo. Gesù veramente non dice nulla a Zaccheo, lo guarda con
amore, allora questo pubblicano comprende e Gli dice: “Ecco,
Signore, do la metà dei miei beni ai poveri, e se ho frodato
qualcuno, restituisco quattro volte tanto”. Il pubblicano
Zaccheo diventa così la figura del discepolo cristiano che non
lascia tutto, come invece altri chiamati, ma rimane nella propria
casa, continuando il proprio lavoro, testimone però di un nuovo modo
di vivere: non più il guadagno al di sopra di tutto, ma la giustizia
(“restituisco quattro volte tanto”) e la condivisione con
i bisognosi (“dò la metà dei miei beni ai poveri”). C’è
il discepolo che lascia tutto per farsi missionario a tempo pieno del
Regno, e c'è il discepolo che vive la medesima radicalità restando
nel mondo a cui appartiene. E possibile distaccare il cuore dalle
ricchezze, senza che ciò obblighi a disfarsene materialmente del
tutto. L’importante è fidarsi di Dio che entra in casa nostra
portando la salvezza.
Certo
le persone che fanno come le Vergini consacrate sono una più chiara
testimonianza che Dio è il solo Bene e che noi siamo il bene di Dio:
testimoni dell’Amore infinito di Dio. Le consacrate testimoniano
che è possibile dare a Dio tutto quello che abbiamo e siamo e così
riceviamo quello che Lui è e portiamo al mondo intero. Queste donne
vivono mostrando che è ragionevole dare tutto all’Amore.
Il
fatto che queste donne restano nel mondo non è un compromesso né
una scelta a metà, è il loro modo normale di essere testimoni
dell’amore di Dio, tra la gente, con la gente. Per questo la
vergine consacrata vive ogni giorno la ricerca di un delicato
equilibrio di una vita spesa in un mondo che rischia di risucchiarla
nei suoi ritmi e nelle sue difficoltà, una vita quotidiana in cui
tutto è affidato alla sua responsabilità. Come già San Giovanni
Paolo II, nella Esortazione apostolica post-sinodale del 25 marzo
1996 Vita consecrata, faceva notare indicando alcune
caratteristiche essenziali: “È motivo di gioia e di
speranza vedere che torna oggi a fiorire l'antico Ordine delle
vergini, testimoniato nelle comunità cristiane fin dai tempi
apostolici. Consacrate dal Vescovo diocesano, esse acquisiscono un
particolare vincolo con la Chiesa, al cui servizio si dedicano, pur
restando nel mondo. Da sole o associate, esse costituiscono una
speciale immagine escatologica della Sposa celeste e della vita
futura, quando finalmente la Chiesa vivrà in pienezza l’amore per
Cristo Sposo.” (n. 7). Come è noto questa tematica
dell’immagine della Chiesa Sposa è stata ben approfondita nella
Istruzione sull’Ordo Vigirnum, Ecclesiae Sponsae Imago, che
la Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di
Vita Apostolica ha pubblicato il 4 giugno 2018.
1 Scrivendo ciò mi permetto aderire strettamente al testo greco di San Luca che usa il verbo katalùo che ha vari significati: 1. sciogliere, 2. compiere, 3. riposare, 4. riconciliarsi, 5. fare la pace. La traduzione italiana dice semplicemente: “È entrato in casa di un peccatore!” (Lc 19, 7) e quella francese: “« Il est allé loger chez un homme qui est un pécheur. ». (Ibid.) La traduzione inglese dice: “ “He has gone to stay at the house of a sinner.” (Ibid.)
2
Zaccheo
vuol dire “puro,
integro, giusto”,
nome paradossale per uno che svolgeva un lavoro che lo rendeva
–secondo la legge ebraica del tempo- impuro (su purezza e impurità
nella Bibbia si veda la n. 1 delle riflessioni di Domenica XXVIII
-13 ottobre 2013). Ma in ebraico Zaccheo significa anche “colui
di cui Dio si ricorda”,
nome quanto mai appropriato per questo pubblicano. Zaccheo è la
testimonianza di un cammino molto concreto dall’egoismo alla
condivisione, ma è anche il cammino di un viaggio interiore che va
dalla “curiosità “ alla conversione.
3
Dal
discorso Dios
vive en la ciudad
che
l’allora Cardinal Bergoglio ha tenuto in occasione del “Primo
congresso regionale di pastorale urbana”, tenutosi a Buenos Aires
dal 25 al 28 agosto 2011.
4
Il
sicomoro è un albero di origine africana dall’ampio tronco corto,
dai rami bassi con molto fogliame e dal frutto dolce, simile a un
fico del suo stesso nome greco (sico). Proprio intorno a
quest'albero è ambientato l'episodio dell'incontro tra Gesù e
Zaccheo. Nell’antichità si credeva che il legno di questo albero
fosse incorruttibile e veniva usato per fare i sarcofagi regali.
Ognuno di noi ha bisogno di un “sicomoro” per salire in alto e
vedere Cristo.
5
Dio
ci ha fatti per Lui, e il nostro cuore è inquieto finché non trova
quiete in LUI (fecisti
nos ad te et inquietum est cor nostrum, donec requiescat in te –
Confessioni 1.1).
Questo è anche il riassunto della vicenda esistenziale narrata da
Sant’Agostino nelle Confessioni, in cui si può rispecchiare la
storia di ogni uomo: una vita irrequieta e insoddisfatta, che trova
pace nell’incontro con l’amore infinito del Dio vivo e vero.
Lettura
Patristica
Sant’Agostino
d’Ippona (354 -430)
Su
Zaccheo
dal
Discorso 174
“3.
3. Ma tu dirai: Se io sarò Zaccheo, a causa della folla non potrò
vedere Gesù. Non rattristarti, sali sull’albero dove, per te
pendette Gesù e vedrai Gesù. E su quale specie di albero salì
Zaccheo? Su di un sicomoro. Nelle nostre regioni o non esiste affatto
o forse raramente cresce in qualche luogo, ma in quelle località
abbonda questa specie e il frutto. Sono chiamati sicomori dei pomi
simili ai fichi, ma tuttavia diversi; lo possono sapere coloro che li
videro e li gustarono. Tuttavia, per quanto indicano con l’etimologia
del nome, in latino i sicomori sono detti ” falsi fichi “. Ora
guarda il mio Zaccheo, osservalo, ti prego, mentre vuole vedere Gesù
in mezzo alla folla e non ne è capace. Egli era umile infatti, la
folla era superba; e proprio la folla, come capita abitualmente in
una ressa, impediva a se stessa di vedere bene il Signore; si sollevò
al di sopra della folla e vide Gesù, non essendo di ostacolo la
folla. La folla infatti si rivolge agli umili, a coloro che
percorrono la via dell’umiltà, a coloro che affidano a Dio le
ingiurie ricevute e che non cercano la vendetta sui nemici, la folla
insulta e dice: Uomo senza difesa, che non ti puoi vendicare. La
folla fa in modo che non si veda Gesù; la folla, che si gloria, che
si vanta quando è riuscita a vendicarsi, ostacola perché non si
veda colui che, crocifisso, dice: Padre, perdona loro, perché non
sanno quello che fanno. Perciò, volendolo vedere, Zaccheo, nel quale
si figurava la persona degli umili, non badò alla folla che
ostacolava, ma salì su un sicomoro come l’albero del falso frutto.
Dice infatti l’Apostolo: Noi predichiamo Cristo crocifisso,
certamente scandalo per i Giudei – considera il sicomoro –
stoltezza invece per i Pagani. Infine, a motivo della croce di
Cristo, i sapienti di questo mondo c’insultano e dicono: Che
saggezza avete voi che adorate un Dio crocifisso? Quale sapienza
abbiamo? Non di certo la vostra. La sapienza di questo mondo è
stoltezza davanti a Dio. Non abbiamo davvero la vostra saggezza. Ma
voi dite stolta la nostra saggezza. Dite pure quello che volete; noi
possiamo salire sul sicomoro e vedere Gesù. Voi non potete vedere
Gesù appunto perché vi vergognate di salire sul sicomoro. Si
aggrappi Zaccheo al sicomoro, salga umile la croce. E’ poca cosa il
suo salire: per non arrossire della croce di Cristo, la fissi sulla
fronte dove ha posto l’onore, proprio là, là, sulla parte del
volto dove appare il rossore, là si fissi per non provarne vergogna.
Penso che tu te ne ridi del sicomoro, però esso mi ha permesso di
vedere il Signore. Ma tu te ne ridi del sicomoro, perché sei uomo;
ma la stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini.
4.
4. E il Signore vide proprio Zaccheo. Fu visto e vide; ma se non
fosse stato veduto, non avrebbe visto. Quelli infatti che ha
predestinati, li ha anche chiamati. Egli è colui che parlò a
Natanaele, il quale – per così dire, con la sua testimonianza, già
stava collaborando al Vangelo – disse: Da Nazareth può venire
qualcosa di buono? Il Signore a lui: Prima che Filippo ti chiamasse,
ti ho visto quando eri sotto l’albero di fico. Voi sapete come i
primi peccatori, Adamo ed Eva, si adattassero delle cinture. Quando
peccarono si adattarono delle cinture di foglie di fico e coprirono
le parti vergognose; infatti a causa del peccato suscitarono il senso
della vergogna. Pertanto, se si fecero cinture i primi peccatori –
dai quali discendiamo, nei quali eravamo periti – venendo egli a
cercare e a salvare ciò che era perduto, con foglie di fico si
fecero di che coprire le parti vergognose, che altro si volle dire
con: Ti ho visto quando eri sotto l’albero di fico, all’infuori
di: Non saresti venuto a colui che purifica dai peccati se egli per
primo non ti avesse veduto nel velamento del peccato? Siamo stati
veduti perché potessimo vedere; siamo stati amati affinché
potessimo amare. Il mio Dio, la sua misericordia mi precederà.
4.
5. Ora dunque il Signore, che aveva accolto Zaccheo nel cuore, si è
degnato di essere ospitato nella casa di lui. Disse: Zaccheo, scendi
subito, perché devo fermarmi in casa tua. (Quello riteneva un grande
beneficio vedere Gesù). Egli, che considerava un grande e indicibile
beneficio vederlo passare, meritò immediatamente di averlo in casa.
Viene infusa la grazia, la fede opera per mezzo dell’amore; Cristo,
che già abitava nel cuore, viene ricevuto in casa. Dice a Cristo
Zaccheo: Signore, dò la metà dei miei beni ai poveri e, se in
qualche cosa ho frodato alcuno, restituisco il quadruplo. Quasi a
dire: Per questo mi trattengo una metà, non in possesso, ma per
avere di che rendere. Ecco in realtà che vuol dire ricevere Cristo,
accoglierlo in cuore. Era là infatti Cristo, era in Zaccheo e
attraverso di lui Zaccheo diceva a se stesso ciò che ascoltava dalla
bocca di lui. Dice infatti così l’Apostolo: Che Cristo abiti per
mezzo della fede nei vostri cuori.
5.
6. Perciò, perché si trattava di Zaccheo, che era il capo dei
Pubblicani, che era assai peccatore, quella folla, apparentemente
sana, che impediva di vedere Gesù, rimase stupita e contestò il
fatto che Gesù era entrato nella casa di un peccatore. Era questo un
riprovare l’ingresso del Medico nella casa di un malato. Perché
appunto da peccatore Zaccheo fu deriso, fu deriso in realtà, lui
sano, da gente insana, Gesù rispose ai derisori: Oggi la salvezza è
entrata in questa casa. Ecco il motivo del mio ingresso: Oggi è
entrata la salvezza. Se il Salvatore non fosse entrato, in quella
casa non sarebbe assolutamente entrata la salvezza. Perché, infermo,
ti meravigli allora? Chiama anche tu Gesù, non crederti sano. Chi
riceve il medico è un malato che ha speranza; è un infermo senza
rimedio chi, per insensatezza, fa morire il medico. Che follia è mai
quella di chi uccide il medico? Non è grande veramente la bontà e
la potenza del medico che del suo sangue ha fatto la medicina per il
suo insensato uccisore? Colui che era venuto a cercare e a salvare
ciò che era perduto non diceva infatti: Padre, perdona loro perché
non sanno quello che fanno, mentre pendeva innocente sulla croce?
Sono dei folli, io sono medico, infieriscano, tollero con pazienza;
nell’uccidermi darò allora la sanità. Facciamo parte dunque di
coloro che egli risana. E’ parola umana e degna di essere da tutti
accolta: Cristo Gesù è venuto nel mondo per salvare i peccatori;
grandi e piccoli, a salvare i peccatori. Il Figlio dell’uomo è
venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto.”
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