Rito
Romano
1ª
Domenica di Avvento1
- Anno A – 1 dicembre 2019
Is
2,1-5; Sal 121; Rm 13,11-14; Mt 24, 37-44
Da
ottusi a tesi
Rito
Ambrosiano
3ª
Domenica di Avvento
Is
35,1-10; Sal 84; Rm 11,25-36; Mt 11,2-15
Le
profezie adempiute
1) Attesa come attenzione e viaggio del cuore.
Con
questa prima domenica di Avvento 2019 inizia il nuovo cammino
spirituale dell'anno liturgico 2019/2020.
L'Avvento
è un tempo di grazia particolare che il Signore ci dona ogni anno
per metterci in cammino verso il Natale di Gesù, Redentore
dell'uomo. Come tutti i cammini, specialmente quelli spirituali,
hanno una meta, un fine da raggiungere, non solo nello spazio e tempo
materiali, ma nel cuore, nella mente e nello spirito.
Per
educarci ad accogliere la venuta (avvento) di Cristo, fine (parola da
intendere non solo come termine ma anche come scopo e compimento)
della nostra vita come risposta alla nostra domanda di vita, alla
nostra ricerca, anche quest'anno la Chiesa ci fa celebrare
l'avvento, come attesa non passiva, ma vigilante.
Nello
scorrere del tempo, apparentemente sempre uguale, nel non senso della
noia e dell'abitudine, irrompe l'Amore di Dio, inatteso, talvolta
sconvolgente, a prima vista distruttivo e in realtà inizio di vita
rinnovata: ma occorre guardare, vedere, essere attenti, non dare per
scontato il senso della vita, che spesso è vissuta come routine,
come abitudine annoiata.
L'importante
che la nostra domanda di senso, la nostra ricerca di Dio si
trasformi in attesa di Dio. Di un Dio che ha sempre da nascere,
sempre incamminato e sempre straniero in un mondo e un cuore
distratti. La distrazione, appunto, da cui deriva la superficialità
vizio principale - mi pare - della nostra epoca. "Come ai giorni
di Noè, quando non si accorsero di nulla; mangiavano e bevevano,
prendevano moglie e marito e non si accorsero di nulla". È
possibile vivere così, da utenti della vita e non da viventi, senza
sogni e senza mistero.
E'
possibile vivere "senza accorgersi di nulla", di chi ci
sfiora nella nostra casa, di chi ci rivolge la parola, dei migranti
o dei poveri alla porta.
Senza
vedere la Terra, casa comune depredata dai nostri stili di vita
insostenibili. Si può vivere senza volti: volti di popoli in guerra;
volti di donne violate, comprate, vendute; di anziani in cerca di una
carezza e di considerazione; di lavoratori precari, derubati del loro
futuro.
In
vari libri medioevali, questa Domenica, la prima del nuovo Anno
Liturgico, è chiamatala Domenica Ad te levavi (A te elevo la
mia anima, in te confido, che io non sia confuso [Sal 24, 1), dalle
prime parole dell'Introito della Messa di oggi. E in questa Domenica
il Papa celebrava la Messa in Santa Maria Maggiore. In questo
modo, metteva sotto la protezione della Madonna quella bellissima
Basilica che onora la Culla di Betlemme, e che perciò è chiamata
negli antichi documento Santa Maria ad Praesepe, e la Chiesa
Romana che ricomincia ogni anno il Ciclo liturgico. Non era
possibile scegliere un luogo più conveniente per salutare
l'avvicinarsi della divina Nascita che deve finalmente allietare il
cielo e la terra, e mostrare il sublime prodigio della fecondità
d'una Vergine. Trasportiamoci con il pensiero in quell'augusto
Tempio, e ascoltiamo le letture che vi oggi vi sono lette e di cui
presento ora un breve commento.
2)
Vigilanza e discernimento.
Nel
Cantico
di Frate Sole e Sorella Luna2
(che è proposto fra i vari Inni della Liturgia delle Ore
dell’Avvento), San Francesco d’Assisi esprime poeticamente la sua
contemplazione del mondo e innalza la sua lode di Dio chiamandoLo :
“Altissimo,
Buono, Signore, Sapienza e Amore”.
Ma nel libro dell’Apocalisse c’è un nome che Dio si dà e che
risponde più precisamente a quello che è l'Avvento: Dio è “Colui
che è, che era e che viene”.
È
molto importante meditare sull'aspetto del Dio "che viene"
in quanto Lui si è comunicato all'uomo e continua a comunicarsi a
noi con amore costante. Noi aspettiamo l’avvento del Signore, e
forse crediamo che questa avvenga solamente nel momento della nostra
morte, oppure alla fine del mondo. Invece dobbiamo sapere che Dio non
ha tempi successivi: Egli viene sempre, oggi, domani e per sempre
nell'eternità. Per questo motivo la nostra anima deve vivere la
continua sorpresa dell'incontro col Signore.
La
prima cosa che s'impone a noi dunque è una viva attenzione, una
costante attesa del Signore, una perseverante tensione a Lui, che è
la Verità amorosa della nostra vita.
E
per questo che la liturgia “romana” di oggi ci invita alla
vigilanza, proponendoci il brano del Vangelo di San Matteo in cui ci
è ricordato che l’incontro con Cristo non può essere programmato
da noi: deve essere atteso, lasciando che nella nostra vita ci sia
uno spazio anche per la sua presenza.
La
vigilanza cristiana, che fatta con occhi aperti e capaci di stupore,
permette di leggere in profondità i fatti per scoprirvi mediante il
discernimento la “venuta” del Signore.
Vigilare
non è tanto un rientrare in se stessi, quanto un uscire da sé per
incontro a Dio che viene e che si dona, oserei dire che si abbandona
al noi.
La
parola “vigilanza” non indica direttamente qualcosa da fare, ma
un modo di vivere e di guardare. Non si sa quando il padrone tornerà
e perciò non si può programmare né l'imminenza del ritorno né il
ritardo, è quindi da insensati fare come invece ha fatto il
maggiordomo infedele della parabola di oggi il quale - contando sul
ritardo della venuta del Signore - cominciò a “percuotere i
suoi compagni e a bere e a mangiare con gli ubriaconi” (Mt
24,49). In questo racconto l'assenza di vigilanza è indicata con due
caratteristiche: una vita dissoluta, en viveur, e il far da
padrone sugli altri uomini. Se siamo sazi di cose materiali chiudiamo
gli occhi in una sonnolenza, che fa perdere l’appuntamento con Dio.
Se dominiamo sugli altri, diventiamo schiavi del potere e anche se
gli occhi sono aperti, il cuore è chiuso. Invece se siamo sobri e
vegliamo gli occhi sono aperti, pieni di stupore e nuovi e, quindi
capaci di vedere Cristo, nostra gioia che viene ad abitare nel nostro
cuore.
La
gioia dell’Avvento è la gioia dell’attesa dell’incontro
d’amore con l’Amore, che ci ha fasciati del suo calore ancor
prima che nascessimo e ci ha portati alla luce, tramite nostra mamma.
Noi
non siamo come quelli che sono senza speranza e lasciano sfumare il
tempo nella sera di un sabato pieno di nostalgia perché non conosce
domenica. Il cristiano sa che la Domenica eterna è alle porte. Il
cristiano ne ha il gioioso presagio nella certezza, che scaturisce
dalla partecipazione alla vita soprannaturale mediante i sacramenti e
nella vita di comunione nella Chiesa.
Siamo
nella gioia, perché siamo certi che l’Amato viene
all’appuntamento, anzi ci precede. L’attesa di Cristo non è come
l’attesa incerta dell’amante umano. Nell’amore terreno c’è
l’inquietudine dell’attesa, perché non raramente c’è
l’angoscia che l’amato non arrivi, c’è l’inquietudine che
l’amato non ami più, che si sia voltato altrove, attirato da
qualcun altro.
L’attesa
cristiana è l’attesa piena di speranza sicura che l’Amato ci ama
sempre e con pienezza di amore.
3)
Vedere, camminare, illuminare.
Si
attende il Signore perseverando e testimoniando, non fantasticando
sulla vicinanza della fine del mondo. In questo ci sono di esempio le
Vergini consacrate.
Bisogna
vigilare, dice Gesù. Può accadere di dormire per le cose di Dio;
anche le Vergini della parabola dormivano tutte e per questo la
nostra vita cristiana è così povera, così misera. Allora, anche se
Dio viene, non ce ne accorgiamo. Una delle cose più gravi della vita
spirituale è precisamente questa: dormire. L'anima deve mantenersi
desta, attenta, vigilante nella preghiera per riconoscere che Cristo
viene tra noi. Se apriamo gli occhi, purificati dal peccato che ci
rende ottusi, possiamo riconoscere il volto buono e amoroso del
Destino, anche se è ancora buio.
La
parola chiave di tutto l’Avvento è la “vigilanza” che è,
secondo me, l’atteggiamento fondamentale delle persone consacrate.
Chi si addormenta nell’attesa, è chiuso in se stesso, non
percepisce la realtà fuori di sé, e anche nei suoi sogni non è in
grado di percepire la realtà, ma solo ombre riflesse della sua
mente. Ma, se al grido “lo Sposo viene”, si sveglia e percepisce
la realtà stessa che lo circonda si apre ad essa, lascia il bordo
della via, dove si era assopito e si mette sulla Via. E in ciò le
vergini consacrate ci sono di esempio.
Oggi
siamo convinti di essere molto “svegli”, più di coloro che nei
secoli ci hanno preceduto perché conosciamo meglio il mondo: il
nostro occhio va fino alle distanze più lontane, distanze immense
sia spaziali che temporali. E nello stesso tempo siamo capaci di
entrare anche all’interno della materia, fino alle ultime
particelle che la compongono. L’orizzonte si è allargato
enormemente, come anche le nostre possibilità di agire in questo
mondo. E nonostante ciò dobbiamo dire che questo nostro mondo, in un
senso più profondo, dorme. È chiuso in sé, perché vede soltanto
quanto può fare e avere, e si ferma alla facciata esteriore della
realtà, alle cose materiali che possiamo prendere in mano.
La
consacrazione verginale, soprattutto, ma già anche quella
battesimale rende capaci di vedere la trasparenza della luce divina
nella materia creata, in noi stessi.
Per
mezzo dell’Avvento la Chiesa ci fa ascoltare la parola del Signore,
che ci dice di risvegliarci, di uscire da questo carcere del
materiale, dell’effimero, di aprire gli occhi del nostro cuore e
cominciare a vedere la realtà più grande, il senso di Dio nel
mondo, la presenza di Dio nel Signore Gesù Cristo, nella sua Parola
e nei suoi sacramenti.
La
conseguenza di questo invito è di andare avanti sulla Via che è
Cristo, aprendo gli occhi del cuore e aiutando i nostri amici e
nemici, i nostri contemporanei perché possano ricominciare a vedere
la vera profondità e la vera grandezza della realtà.
Vedere
è anche mettersi in cammino e così logicamente dalla parola
vigilanza viene fuori l’altra, propria del cammino d’Avvento:
“andare incontro al Signore”, come hanno fatto le Vergini della
parabola.
La fede non è l’adesione ad un mucchio di idee, ma
un’avventura della vita, un cammino, un mettersi in moto verso il
Signore e il cammino esteriore dovrebbe essere nello stesso tempo e
soprattutto un cammino interiore, un uscire da noi stessi per andare
incontro a Dio, alla vera realtà, all’amore e al prossimo.
Ed
ecco una terza azione da compiere nell’Avvento: illuminare.
La Parola di Dio, chiamato Luce, ci invita ad accendere le lampade
del nostro essere per arrivare al Signore. Cosa significa questo?
Se
guardiamo alla storia della Chiesa, a quella dei santi, vediamo
queste numerosissime persone sante sono “lampade” accese che
illuminano il mondo, e vediamo che esse non solo illuminano questo
tempo, ma saranno decorazioni e luce nella festa eterna dell’amore
di Dio.
Le
vergini consacrate sono veramente lampade accese che illuminano, ci
fanno vedere che c’è luce, che l’uomo non è una creatura
fallita, ma può essere simile a Dio, conformandosi nella strada
dell’amore perché Dio è Amore. E noi siamo simili a Dio nella
misura in cui percorriamo la strada dell’amore.
Preghiamo il
Signore Gesù che ci illumini, che ci permetta di ascoltare e di
realizzare la sua Parola. Così saremo sempre più consapevoli di
essere suoi figli e figlie e faremo le sue opere, che sono opere di
sapienza e carità divina.
1) Avvento
significa "venuta, arrivo" ed è chiaro di chi aspettiamo
l'arrivo, la venuta: del Signore Gesù.
Come
ho già accennato, dal punto di vista della liturgia nel rito romano
oggi comincia l’avvento, che nel rito ambrosiano è iniziato due
domeniche fa. Ma non va dimenticato che tutta la vita del cristiano
va vissuta nella dimensione dell’attesa e della speranza che il
periodo liturgico dell’avvento “pedagogicamente” ci fare
vivere. Tempo di concepimento di Dio che viene ogni giorno. Il
tempo dell'Avvento svela, dunque, la nostra vocazione di
pellegrini e di amici del Signore, chiamati a una comunione d'amore
con Lui che deve realizzarsi ancora in pienezza.
2) “Il
cantico di Frate Sole e Sorella Luna”
conosciuto anche come “il Cantico delle Creature” è la prima
poesia scritta in italiano. Il suo autore è San Francesco d’Assisi
che l’ha composta nel 1226.
La
poesia è una lode a Dio, alla vita e alla natura che è contemplata
in tutta la sua bellezza.
Discorso
5 sull’Avvento
di
San Bernardo di Chiaravalle, abate:
Il
Verbo di Dio verrà in noi
“Conosciamo
una triplice venuta del Signore. Una venuta occulta si colloca
infatti tra le altre due che sono manifeste. Nella prima il Verbo fu
visto sulla terra e si intrattenne con gli uomini, quando, come egli
stesso afferma, lo videro e lo odiarono. Nell’ultima venuta “ogni
uomo vedrà la salvezza di Dio” (Lc 3,6) e vedranno colui che
trafissero. Occulta è invece la venuta intermedia, in cui solo gli
eletti lo vedono entro se stessi e le loro anime ne sono salvate.
Nella prima venuta dunque egli venne nella debolezza della carne, in
questa intermedia viene nella potenza dello Spirito, nell’ultima
verrà nella maestà della gloria. Quindi questa venuta intermedia è,
per così dire, una via che unisce la prima all’ultima: nella prima
Cristo fu nostra redenzione, nell’ultima si manifesterà come
nostra vita, in questa è nostro riposo e nostra consolazione. Ma
perché ad alcuno non sembrino per caso cose inventate quelle che
stiamo dicendo di questa venuta intermedia, ascoltate lui: se uni mi
ama – dice – conserverà la mia parola: e il Padre mio lo amerà
e noi verremo a lui (Gv 14,23). Ma che cosa significa: se uno mi ama,
conserverà la mia parola? Ho letto infatti altrove: chi teme Dio
opererà il bene (Sir. 15,1), ma di chi ama è detto qualcosa di più:
che conserverà la parola di Dio. Dove si deve conservare? Senza
dubbio nel cuore, come dice il Profeta: “Conservo nel cuore le tue
parole per non offenderti con il peccato” (Sal. 118, 11). Poiché
sono beati coloro che custodiscono la parola di Dio, tu custodiscila
in modo che scenda nel profondo della tua anima e si trasfonda nei
tuoi affetti e nei tuoi costumi. Nutriti di questo bene e ne trarrà
delizia e forza la tua anima. Non dimenticare di cibarti del tuo
pane, perché il tuo cuore non diventi arido e la tua anima sia ben
nutrita del cibo sostanzioso. Se conserverai così la parola di Dio,
non c’è dubbio che tu pure sarai conservato da essa. Verrà a te
il Figlio con il Padre, verrà il grande Profeta che rinnoverà
Gerusalemme e farà nuove tutte le cose. Questa sua venuta intermedia
farà in modo che “come abbiamo portato l’immagine dell’uomo di
terra, così porteremo l’immagine dell’uomo celeste” (1 cor
15,49). Come il vecchio Adamo si diffuse per tutto l’uomo
occupandolo interamente, così ora lo occupi interamente Cristo, che
tutto l’ha creato , tutto l’ha redento e tutto lo glorificherà.”
Dal
«Commento sui salmi» di sant'Agostino, vescovo
(Sal
95, 14. 15; CCL 39, 1351-1353)
Non
opponiamo resistenza alla prima venuta
per non dover poi
temere la seconda
«Allora
si rallegreranno gli alberi della foresta davanti al Signore che
viene, perché viene a giudicare la terra» (Sal 95,12-13). Venne una
prima volta, e verrà ancora in futuro. Questa sua parola è
risuonata prima nel vangelo: «D'ora innanzi vedrete il Figlio
dell'uomo venire sulle nubi del cielo» (Mt 26,64). Che significa:
«D'ora innanzi»? Forse che il Signore deve venire già fin d'ora e
non dopo, quando piangeranno tutti i popoli della terra?
Effettivamente c'è una venuta che si verifica già ora, prima di
quella, ed è attraverso i suoi annunziatori. Questa venuta ha
riempito tutta la terra.
Non poniamoci contro la prima venuta per
non dover poi temere la seconda.
Che cosa deve fare dunque il
cristiano? Servirsi del mondo, non farsi schiavo del mondo. Che
significa ciò? Vuol dire avere, ma come se non avesse. Così dice,
infatti, l'Apostolo: «Del resto, o fratelli, il tempo ormai si è
fatto breve: d'ora innanzi quelli che hanno moglie vivano come se non
l'avessero; coloro che piangono, come se non piangessero; e quelli
che godono, come se non godessero; quelli che comprano, come se non
possedessero; quelli che usano del mondo, come se non ne usassero,
perché passa la scena di questo mondo. Io vorrei vedervi senza
preoccupazioni» (1Cor 7,29-32).
Chi è senza preoccupazione,
aspetta tranquillo l'arrivo del suo Signore. Infatti che sorta di
amore per Cristo sarebbe il temere che egli venga? Fratelli, non ci
vergogniamo? Lo amiamo e temiamo che egli venga! Ma lo amiamo davvero
o amiamo di più i nostri peccati? Ci si impone perentoriamente la
scelta. Se vogliamo davvero amare colui che deve venire per punire i
peccati, dobbiamo odiare cordialmente tutto il mondo del peccato.
Lo
vogliamo o no, egli verrà. Quindi non adesso; il che ovviamente non
esclude che verrà. Verrà, e quando non lo aspetti. Se ti troverà
pronto, non ti nuocerà il fatto di non averne conosciuto in anticipo
il momento esatto.
«E si rallegreranno tutti gli alberi della
foresta». È venuto una prima volta, e poi tornerà a giudicare la
terra. Troverà pieni di gioia coloro che alla sua prima venuta
«hanno creduto che tornerà».
«Giudicherà il mondo con
giustizia e con verità tutte le genti» (Sal 95,13). Qual è questa
giustizia e verità? Unirà a sé i suoi eletti perché lo
affianchino nel tribunale del giudizio, ma separerà gli altri tra
loro e li porrà alcuni alla destra, altri alla sinistra. Che cosa vi
è di più giusto, di più vero, che non si aspettino misericordia
dal giudice coloro che non vollero usare misericordia, prima che
venisse il giudice? Coloro invece che hanno voluto usare
misericordia, saranno giudicati con misericordia. Si dirà infatti a
coloro che stanno alla destra: «Venite, benedetti del Padre mio,
ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione
del mondo» (Mt 25,34). E ascrive loro a merito le opere di
misericordia: «Perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho
avuto sete e mi avete dato da bere» (Mt 25,35-40) con quel che
segue.
A quelli che stanno alla sinistra, poi, che cosa sarà
rinfacciato? Che non vollero fare opere di misericordia. E dove
andranno?: «Nel fuoco eterno» (Mt 25,41). Questa terribile sentenza
susciterà in loro un pianto amaro. Ma che cosa dice il salmo? «Il
giusto sarà sempre ricordato; non temerà annunzio di sventura»
(Sal 111,6-7). Che cos'è questo «annunzio di sventura»? «Via da
me nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli»
(Mt 25,41). Chi godrà per la buona sentenza non temerà quella di
condanna. Questa è la giustizia, questa è la verità.
O forse
perché tu sei ingiusto, il giudice non sarà giusto? O forse perché
tu sei bugiardo, la verità non dirà ciò che è vero? Ma se vuoi
incontrare il giudice misericordioso, sii anche tu misericordioso
prima che egli giunga. Perdona se qualcuno ti ha offeso, elargisci il
superfluo. E da chi proviene quello che doni, se non da lui? Se tu
dessi del tuo sarebbe un'elemosina, ma poiché dai del suo, non è
che una restituzione! «Che cosa mai possiedi che tu non abbia
ricevuto?» (1Cor 4,7).
Queste sono le offerte più gradite a Dio:
la misericordia, l'umiltà, la confessione, la pace, la carità. Sono
queste le cose che dobbiamo portare con noi e allora attenderemo con
sicurezza la venuta del giudice il quale «Giudicherà il mondo con
giustizia e con verità tutte le genti» (Sal 95,13).”
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