venerdì 27 maggio 2016

Solennità del SS.mo Corpo e Sangue di Cristo

Rito Romano - Anno C29 maggio 2016
Gen 14,18-20; Sal 109; 1Cor 11,23-26; Lc 9,11-17 - Ss. Corpo e Sangue di Cristo


Rito Ambrosiano
Sir 18,1-12; Sal 135; Rm 8,18-25; Mt 6,25-33 
II Domenica dopo Pentecoste


1) Moltiplicare il pane e spezzare il Pane di vita.
Per farci vivere la festa del Corpo e del Sangue di Cristo, quest’anno la Liturgia ci propone il brano del Vangelo di San Luca che narra della moltiplicazione dei pani avvenuta in un luogo vicino a Betsaida, che in ebraico vuol dire Casa del Pescato e che era la città di Pietro, Andrea e Filippo (cfr Gv 1,44).
Con i discepoli di ritorno dal “lavoro” di evangelizzazione, Gesù si era ritirato in privato in quel luogo desertico, solitario per stare con i suoi e, forse, per farli riposare dalle “fatiche” missionarie. In questa zona desertica solitaria, Gesù è raggiunto da una grande folla che ha fame di parole di vita vera e porta con sé dei malati. Lui accoglie tutti e parla loro di Dio e del suo Regno, guarendo i bisognosi di cure. In effetti, la missione del Messia è di insegnare, guarire e nutrire l’anima e il corpo.
Oggi per la solennità del SS.mo Corpo e Sangue di Gesù, é a questa predicazione e questa cura spirituale e materiale, che si aggancia il brano scelto, in cui è narrata la moltiplicazione dei pani (Lc 9,11-17), figura del pane eucaristico, perché “né a a noi né a Dio è bastato darci la sua parola. Troppa fame ha l’uomo e Dio ha dovuto dare la sua Carne e il suo Sangue” (Divo Barsotti).
Il centro del brano evangelico di oggi sono le parole che si ripetono sempre ogni volta che si celebra l’Eucaristia: prese il pane, levò gli occhi al cielo, benedisse, spezzò e diede (cfr Lc 11, 16:Egli (Gesù) prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò su di essi la benedizione, li spezzò e li diede ai discepoli perché li distribuissero alla folla”).
Credo sia corretto affermare che tutto il Vangelo è un commento a queste parole, che sono da leggere nel contesto dei versetti precedenti in particolare il 12 e il 13: “Il giorno cominciava a declinare e i Dodici gli si avvicinarono dicendo: ‘Congeda la folla perché vada nei villaggi e nelle campagne dei dintorni, per alloggiare e trovare cibo: qui siamo in una zona deserta’. Gesù disse loro: ‘Voi stessi date loro da mangiare’”.
Gesù aveva già dato ai Dodici il mandato di predicare il vangelo e di guarire i malati. Ora affida loro anche il compito di dare da mangiare alla gente. Inoltre, il fatto che l’episodio della moltiplicazione dei pani e dei pesci sia oggi scelto per la liturgia del Corpo e della Sangue di Cristo, indica che Gesù non vuole semplicemente sfamare la gente, ma compiere un segno rivelatore di come Dio vuole che gli uomini si comportino.
Secondo i discepoli tocca alla gente comprarsi da mangiare. Per Gesù, invece, il comperare va sostituito con il condividere. Questo significa che devono cambiare le relazioni fra noi e gli altri, fra noi e la Terra. Eil grande significato dell'Eucaristia, che non solo dice una presenza di Dio, ma una presenza che si fa pane spezzato e vita condivisa. Le cose che abbiamopoche o tante che siano - sono sempre doni di Dio, da condividere con gli altri, non da usare nonostante gli altri. Se anche i discepoli avessero loro stessi comperato il pane per la gente (a meno che non andiamo noi a comprare i viveri per tutta questa gente- Ibid. 9, 13), avrebbero compiuto un gesto di filantropia, non un gesto che introduceva nei rapporti una logica differente, quella del dono, e in grado di rivelare un volto nuovo di Dio, comunione damore e di dono.
E così comincia il giorno nuovo. In effetti, non è casuale che San Luca scriva:Il giorno cominciava a declinare(Ibid. 9, 12) : come non ricordare la sera dei Discepoli di Emmaus (Ibid. 24, 13-15) e, soprattutto, la sera dellUltima Cena (Ibid. 22, 19-20) quando istituì lEucaristia: finiva il giorno vecchio e ebbe inizio ilnuovo giorno. Quando noi pensiamo che siamo al tramonto, il tramonto del nostro giorno è linizio del Suo giorno senza tramonto.


2) La logica del dono.
E’ vero che in questo brano del Vangelo i gesti di Gesù: benedire, spezzare il pane, distribuirlo con l’aiuto dei discepoli fanno pensare alla cena eucaristica. Tuttavia non si tratta soltanto di una prefigurazione simbolica dell’Eucaristia, ma di una vera e profonda rivelazione di Gesù e della sua esistenza e, quindi, di una vera rivelazione del gesto eucaristico. Per l’evangelista San Luca la distribuzione dei pani, l’ultima Cena, la cena di Emmaus sono i pilastri che manifestano la logica dell’esistenza di Gesù: una vita in dono.
Questo dono è l’Eucaristia: il Corpo e la vita del Figlio. Nell’Eucaristia, in cui riceviamo in dono “il corpo di Cristo dato per noi e per tutti”, ogni promessa di Dio si compie. Nell’Eucaristia viviamo tutte le feste che durante l’anno celebriamo, dal Natale alla Pasqua, dalla Pentecoste alla Trinità. Abbiamo in dono la vita nuova di figli nel Figlio. L’importante è non tenere per sé questo dono ma condividerlo.
Ma questa condivisione è possibile se si spezza il pane (non è un caso se uno dei nomi della Messa è “fractio Panis” dal latino “frangere” che vuol dire “spezzare, frantumare, tritare, sminuzzare”). Il verbo “spezzare” ricorre in tutti i racconti dell'istituzione dell'Eucaristia, come anche nei racconti della moltiplicazione dei pani e in quello dei discepoli di Emmaus. I verbi sono sempre questi quattro: prese, benedisse, spezzò, diede. E sono sempre nella stessa identica sequenza. Li abbiamo sentiti pronunciare tante volte: forse ci abbiamo fatto perfino l'abitudine.
Se Gesù accetta di essere sminuzzato senza esitazione e senza resistenze, lo fa per amore nostro. Lui condivide la sua vita “spezzandola”, lasciandosi frammentare in tanti piccoli bocconi per raggiungere ben più delle cinquemila persone di cui parla il Vangelo oggi.
Come possiamo imparare da Lui per essere come Lui? Facendo la comunione e accettando di “distribuire” noi stessi in fiducioso abbandono. Accogliamo la vocazione a donarci, vivendo in modo eucaristico, cioè unendo il nostro lavoro quotidiano e la nostra fatica di vivere alla carità di Dio.
Mentre preghiamo il Signore che ci aiuti ad imitare nella vita quotidiana ciò oggi celebriamo, guardiamo l’esempio della vergini consacrate nel mondo, perché “il Mistero eucaristico manifesta un intrinseco rapporto con la verginità consacrata, in quanto questa è espressione della dedizione esclusiva della Chiesa a Cristo, che essa accoglie come suo Sposo con fedeltà radicale e feconda. Nell’Eucaristia la verginità consacrata trova ispirazione ed alimento per la sua dedizione totale a Cristo” (Benedetto XVI, Sacramentum caritatis, n. 81)
La vergine consacrata è appassionata nel suo amore per lEucaristia, ricevendo Cristo come sua ispirazione e suo cibo. Sempre pronta a ricevere lamore intimo del Signore e a ricambiarlo con la preghiera e il servizio, si nutre quotidianamente del cibo eucaristico, che le la forza di presentarsi pubblicamente come vergine nel mezzo di una società che fa molta fatica quando non vi si oppone alla presenza di persone che non solo sono donne consacrate ma vergini consacrate.
Queste vergini testimoniano che non solo è meglio vivere come se Dio esistesse, che Dio è la ragione della vita, della vita vera e lieta. In questo modo, esse sonotestimoni della gioia del Vangelo(Papa Francesco).
La loro vita mostra che si realizza quanto il Vescovo promette nellomelia:Cristo, Figlio della Vergine e sposo delle vergini, sarà la vostra gioia e corona sulla terra, finché vi condurrà alle nozze eterne nel suo regno, dove cantando il canto nuovo seguirete lAgnello dovunque vada(Rituale per la Consacrazione delle Vergini, Progetto domelia, n. 29) e nella preghiera di consacrazione:Signore, sii tu per loro la gioia, lonore e lunico volere; sii tu il sollievo nellafflizione; sii tu il consigliere nellincertezza; sii tu la difesa nel pericolo, la pazienza nella prova, labbondanza nella povertà, il cibo nel digiuno, la medicina nellinfermità. In te, Signore, possiedano tutto, poiché hanno scelto te solo al di sopra di tutto(Ibid., n. 38). La vergine consacrata è un dono damore fedele a Dio e spiritualmente fecondo per la Chiesa, è una storia di umiltà e di nascondimento, una vita già eterna, gioia anticipata di unattesa che è già presenza.

Lettura Patristica
San Tommaso d'Aquino (1225 – 1274)
Opusc. 57, nella festa del Corpo del Signore, lect. 1-4



    L'Unigenito Figlio di Dio, volendoci partecipi della sua divinità, assunse la nostra natura e si fece uomo per far di noi da uomini dèi.
    Tutto quello che assunse, lo valorizzò per la nostra salvezza. Offrì infatti a Dio Padre il suo corpo come vittima sull'altare della croce per la nostra riconciliazione. Sparse il suo sangue facendolo valere come prezzo e come lavacro, perché, redenti dalla umiliante schiavitù, fossimo purificati da tutti i peccati.
    Perché rimanesse in noi, infine, un costante ricordo di così grande beneficio, lasciò ai suoi fedeli il suo corpo in cibo e il suo sangue come bevanda, sotto le specie del pane e del vino.
    O inapprezzabile e meraviglioso convito, che dà ai commensali salvezza e gioia senza fine! Che cosa mai vi può essere di più prezioso? Non ci vengono imbandite le carni dei vitelli e dei capri, come nella legge antica, ma ci viene dato in cibo Cristo, vero Dio. Che cosa di più sublime di questo sacramento?
    Nessun sacramento in realtà è più salutare di questo: per sua virtù vengono cancellati i peccati, crescono le buone disposizioni, e la mente viene arricchita di tutti i carismi spirituali. Nella Chiesa l'Eucaristia viene offerta per i vivi e per i morti, perché giovi a tutti, essendo stata istituita per la salvezza di tutti.
    Nessuno infine può esprimere la soavità di questo sacramento. Per mezzo di esso si gusta la dolcezza spirituale nella sua stessa fonte e si fa memoria di quella altissima carità, che Cristo ha dimostrato nella sua passione.
    Egli istituì l'Eucaristia nell'ultima cena, quando, celebrata la Pasqua con i suoi discepoli, stava per passare dal mondo al Padre.
    L'Eucaristia è il memoriale della passione, il compimento delle figure dell'Antica Alleanza, la più grande di tutte le meraviglie operate dal Cristo, il mirabile documento del suo amore immenso per gli uomini.




venerdì 20 maggio 2016

La Trinità e la sua dimora.

Rito Romano - Anno C22 maggio 2016
Pr 8,22-31; Sal 8; Rm 5,1-5; Gv 16,12-15 - Ss. Trinità


Rito Ambrosiano
Gen 18,1-10a; Sal 104; 1Cor 12,2-6; Gv 14,21-26

1) Il Segno di Croce e la Trinità.
Oggi siamo chiamati a festeggiare il mistero della Ss.ma Trinità. Per aiutare a vivere e a celebrare questa festa dell’amore, prima di commentare il Vangelo, ricordo che la professione di fede nel Dio Trinità - Padre, Figlio e Spirito Santo è legata al segno della Croce. Questa pratica di pietà “è e resta il gesto fondamentale della preghiera del cristiano… Il segno della Croce è soprattutto un evento di Dio: lo Spirito Santo ci conduce a Cristo, e Cristo ci apre la porta verso il Padre. Dio non è più il Dio sconosciuto; ha un nome. Possiamo chiamarlo, e Lui chiama noi” (Benedetto XVI).
Con il segno di Croce ci immergiamo in Dio Trinità, come indica il testo greco del Vangelo secondo San Matteo (Mt 28,19). Infatti, mandando i suoi discepoli in missione nel mondo intero, Cristo dice di battezzarenel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo". In greco cè la preposizioneeise nonen, cioè nonin nomedella Trinitàcome si usa dire, per esempio, quando un ambasciatore parlain nomedel governo, cioè per autorità, in rappresentanza di chi lo manda. Il testo greco ha:eis to onomacioèverso o dentro (moto a luogo) il nome1.Quindi fare il segno della Croce è una immersione nel nome della Trinità, un inserimento nel nome della Trinità, una interpenetrazione dellessere di Dio e del nostro essere, un essere immerso nel Dio Trinità, Padre, Figlio e Spirito Santo, così come nel matrimonio, per esempio, due persone diventano una carne, diventano una nuova, unica realtà, con un nuovo, unico nome(Benedetto XVI).
Il “fare” il segno della Croce è anche un “dire” di sì a Gesù Cristo, che ha sofferto per noi e che nel suo corpo offerto per noi ha reso visibile l’amore di Dio fino al totale dono di se stesso a noi.
Inoltre, “fare” il segno della Croce è mettersi sotto la protezione della Croce che come scudo ci difende nelle piccole e grandi avversità della vita in generale e della giornata in particolare. La Croce è un segno della passione, ma è allo stesso tempo anche segno della resurrezione: essa è per così dire il bastone della salvezza che Dio ci porge, il ponte su cui superiamo l'abisso della morte e tutte le minacce del male e possiamo giungere fino a Lui.
Infine (ma queste ragioni per fare il segno della Croce non sono le sole), facendo, almeno al mattino, il segno della Croce ringraziamo Dio Padre per la nuova giornata che ci concede, preghiamo il Cristo e gli affidiamo la nostra vita e chiediamo allo Spirito di illuminare tutte le azioni quotidiane. Insomma iniziamo la giornata nel segno dell’amore trinitario,entrando nella comunione d’amore di Dio Padre, Figlio e Spirito Santo.

2) La Trinità secondo il Vangelo di oggi.
Ora, commento il brevissimo testo evangelico (Gv 16,12-15) della Messa di questa domenica della Trinità. In questi pochi versetti emerge lo stretto rapporto d’amore, di conoscenza, di comunione tra Padre, Figlio e Spirito Santo. Le parole di Gesù ci fanno immergere nel mistero della Trinità con quella esigenza di fondo che è la conoscenza della verità, che non è altro che amore. In questo modo, capiamo sempre di più che Dio è Padre cioè fonte feconda, è Figlio cioè Parola fatta carne, amore vicino e fraterno, è Spirito cioè amore fatto abbraccio.
Dunque la Trinità non è un mistero a cui aderire anche se irrilevante per la vita di ogni giorno. Al contrario, queste tre Persone divine ci sono piùintimenella vita: non sono infatti fuori di noi, come la stessa moglie o il marito, ma sono dentro di noi. Essedimorano in noi(Gv 14, 23), noi siamo il lorotempioe noi dimoriamo in loro.
La nostra vita si dipana tutta nel segno e nella presenza della Trinità. Allinizio della vita, fummo battezzatinel nome del Padre e del Figlio dello Spirito Santo. Sempre nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, siamo stati confermati, gli sposi si congiungono in matrimonio e i sacerdoti vengono consacrati dal vescovo. Alla fine della vita, accanto al nostro letto, facciamo in modo che siano pregate queste parole:Parti, anima cristiana, da questo mondo: nel nome del Padre che ti ha creata, del Figlio che ti ha redenta e dello Spirito Santo che ti ha santificata.
Credere alla Trinità è credere che Dio è amore, perché dalleternità hanel suo senoun Figlio, il Verbo, che ama con un amore infinito, cioè con lo Spirito Santo. Come ricorda SantAgostino, in ogni amore ci sono sempre tre realtà o soggetti: uno che ama, uno che è amato e lamore che li unisce. Questo grande santo Vescovo scriveva:Dio Padre è lAmante, il Figlio è lAmato, lo Spirito Santo è lAmore.
Il Dio cristiano è uno e trino perché è comunione damore ed è pure la risposta a certi atei che dicono che Dio sarebbe una proiezione che luomo fa di se stesso, come uno che scambia per una persona diversa la propria immagine riflessa in una pozza dacqua o in un lago. Questo potrebbe valere per ogni altra idea di Dio, ma non del Dio cristiano. Che bisogno avrebbe, infatti, luomo di scindere se stesso in tre persone: Padre, Figlio e Spirito Santo, se veramente Dio non è che la proiezione che luomo fa della propria immagine?
Allobiezione che dice che questo mistero della Trinità è troppo difficile rispondo con linvito a celebrare umilmente Dio conosciuto quale è in se stesso, anche rendendo lomaggio di una costante riconoscenza alla gloriosa Trinità. Dio Uno e Trino non solamente ci ha creati a sua immagine e somiglianza, ma ha preso amorevole possesso del nostra persona e lha elevata ad una grandezza fuori di misura: il Padre ci ha adottati nel suo Figlio incarnato; il Verbo illumina il nostro intelletto con la sua luce; lo Spirito Santo ci ha eletti per sua abitazione.

3) La Trinità in noi.
A questo punto ci si può chiedere come custodire questo Tempio di carne dello Spirito. Non solo evitando il peccato che profana questa dimora e offende Dio, ma vivendo in grazia di Dio e coltivando un cuore puro e docile allo Spirito.
E se è vero che grazie al Battesimo tutti siamo diventati Tempio, cioè dimora sacra dello Spirito Santo, è altrettanto vero che la “donna” ha in sé delle connotazioni peculiari, che già nell’antico testamento, l’hanno fatta simbolo del rapporto sponsale tra Dio e il suo popolo: caratteristiche fisiche, per cui nel linguaggio corrente “vergine” è applicato quasi esclusivamente alla donna: caratteristiche psichiche e spirituali, legata alla sua connaturale capacità di aprirsi all’accoglienza e di donarsi con con fedeltà (cfr Mulieris dignitatis, 20). Dunque, più per la donna che per l’uomo la verginità consacrata ha valore di segno e di realtà.
A questo riguardo ci aiuta la solenne preghiera di consacrazione delle Vergini che dice: “O Dio, che ti compiaci di abitare come in un tempio nel corpo delle persone caste e prediligi le anime pure e incontaminate… volgi ora lo sguardo su queste figlie, che nelle tue mani depongono il proposito di verginità di cui sei l’ispiratore, per farne a te un’offerta devota e pura… concedi,  per il dono del tuo Spirito, che siano prudenti nella modestia, sagge nella bontà, austere nella dolcezza, caste nella libertà. Ferventi nella carità nulla antepongano al tuo amore; vivano nella lode senza ambire la lode; a Te solo diano gloria nella santità del corpo e nella purezza dello spirito: con amore ti temano, per amore ti servano…. In te, Signore, possiedano tutto, perché hanno scelto te solo al di sopra di tutto”
Per grazia, tutti noi cristiani siamo Tempio, dove Dio prende la sua dimora, ma la vergini consacrate testimoniano in modo speciale di essere dimora sacra di Dio. A questo riguardo, già nel Medio Evo Giovanni di Ford sintetizza linsegnamento della Chiesa: “Il tempio di Dio è santo, e mi riferisco a tutta quanta la chiesa dei santi che vivono sia nello stato coniugale, sia nello stato di vedovanza o in quello di castità verginale. Ma di questo tempio la parte più interiore o, per così dire, il ‘sancta sanctorum’ è occupato da coloro che, liberi per la loro purezza da legami coniugali, anelano alle più alte vette della verginità” (Sermo 52).

1 Come si sa, nel linguaggio biblico, “nome” vuol dire la persona stessa di Dio, la sua presenzaviva e operante nella storia umana.


Lettura Patristica
Guglielmo di Saint-Thierry (1075 – 1140)
Speculum fidei



       Tu, dunque, anima fedele, quando nella tua fede t’imbatti in un più occulto mistero, osa e di’, non per il desiderio di incontrare, ma di seguire: Come avvengono queste cose? Ma la tua domanda, sia la tua preghiera, il tuo amore e il tuo umile desiderio. Non cercare di scoprire in alto la maestà di Dio, ma cerca la salvezza di Dio, e ti risponderà l’angelo della sapienza. "Quando verrà lo Spirito che io manderò a voi dal Padre, egli vi suggerirà tutto e vi insegnerà tutta la verità" (Jn 14,26). "Nessuno infatti sa le cose delluomo, se non lo spirito delluomo che è in esso; e nessuno sa le cose di Dio, se non lo Spirito di Dio" (1Co 2,11). Sbrigati, dunque, a farti partecipe dello Spirito Santo. È presente, quando viene invocato; se non ci fosse, non sarebbe invocato. E quando viene, viene con l’abbondanza della benedizione di Dio. È fiume impetuoso, che letifica la città di Dio. E quando arriva, se ti trova umile, sereno e rispettoso della Parola di Dio, si poserà su di te, e ti rivelerà ciò che il Padre nasconde ai sapienti e avveduti di questo mondo; e cominceranno a brillare ai tuoi occhi quelle cose che i discepoli non riuscirono ad assorbire, finché non fosse venuto lo Spirito di verità, che avrebbe detto loro tutta la verità. Verità che non può essere rivelata da nessun uomo.

       E come è necessario che quelli che lo adorano, lo adorino in spirito e verità, così coloro che desiderano di conoscerlo devono cercare l’intelligenza della fede e il senso della verità nello Spirito Santo. Infatti nelle tenebre e ignoranza di questa vita ai poveri di spirito esso è luce che illumina, è carità che attira, dolce soavità; è lui che avvicina l’uomo a Dio; è l’amore di chi ama, devozione e pietà. Lui di fede in fede rivela ai fedeli la giustizia di Dio; quando dà la grazia e per la fede accolta dalla Parola di Dio dà la fede illuminata.


Non sapete che il vostro corpo è il tempio dello Spirito Santo che è in voi e che avete ricevuto da Dio?
Quindi non appartenete a voi stessi.