giovedì 25 gennaio 2024

Parola che libera dal male e crea l’uomo nuovo.

Rito Romano – IV Domenica del Tempo Ordinario - Anno B - 28 gennaio 2024

Dt 18,15-20; Sal 94; 1Cor 7,32-35; Mc 1,21-28

 

 

 

Rito Ambrosiano 

Is 45,14-17; Sal 83; Eb 2,11-17; Lc 2,41-52

Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe - festa del Signore

 

 

 

 

1) Parola autorevole, nuova e liberante.

            Domenica scorsa siamo stati invitati a riflettere sulla vocazione di Pietro e di Andrea, di Giacomo e di Giovanni. In compagnia di questi quattro pescatori che Gesù ha chiamati per diventare pescatori di uomini, proseguiamo il cammino iniziato con la lettura del Vangelo di San Marco. Nel brano che oggi leggiamo, questo Evangelista ci racconta del Messia che va a Cafarnao. E’ sabato ed anche Gesù, come ogni ebreo, si reca alla sinagoga per la preghiera e la lettura della Bibbia. Poiché, dopo gli scribi e gli anziani, ogni israelita poteva chiedere la parola e intervenire, ecco che Gesù prende la parola e insegna con un’autorità che stupisce i presenti. Questa autorità d’insegnamento è, poi, immediatamente accompagnata dall’autorità d’azione, che libera un indemoniato. Il diavolo è un intruso nell’uomo, che è figlio di Dio. La parola del Figlio di Dio scaccia il maligno e mette fine ad una convivenza devastante e rovinosa.

Quelli che assistono alla scena nella sinagoga “Sono stupiti del insegnamento di Gesù, perché insegnava come uno che ha autorità e non come gli scribi”. 

Gesù insegna come uno che ha autorità. Ha autorità chi non sol­tanto annuncia la buona notizia, ma la fa accadere. Lo vediamo dal seguito del racconto: “C’era là un uomo posseduto da uno spirito im­puro  e cominciò a gridare, dicendo: “Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio!. E Gesù gli ordinò severamente: ‘Taci! Esci da lui. E lo spirito impuro, straziandolo e gridando forte, uscì da lui.” (Mc 1, 23 - 26). La buona notizia è Dio che sta in mezzo agli uomini e li libera ridonando loro la vita sana e santa.

Il vangelo (=buona notizia) che Cristo è e porta, è un insegnamento nuovo, il che  non significa semplicemente qualcosa di mai detto prima o di n mai sentito altrove. Non si tratta semplicemente di una novità cronologica. Nella parola di Gesù si avverte la presenza della novità di Dio, una novità qualitativa: qualcosa che rigenera e rinnova.

La novità di Gesù ha fatto irruzione nel mondo: il suo insegnamento non è riducibile ad una dottrina, ad una sublime lezione di teologia o di etica da imporre sulle spalle deboli dell'uomo. La novità è Lui stesso, che chiede solo di essere accolto come forza liberante. Cristo che “porta ogni novità portando se stesso” (Sant’Ireneo di Lione) con la sua parola pronunciata con autorità, manifesta l’amore di Dio. La Sua è una parola  che opera, che libera chi è vittima del male, che lo strappa dal potere del Maligno per restituirlo alla sua dignità, alla sua libertà di figlio di Dio.

Questo vangelo è rivolto a noi oggi perché lo accogliamo domandando di essere purificati dai nostri peccati e fare nostre le parole di San Bernardo di Chiaravalle: “Ho commesso un grave peccato, la coscienza si turberà ma non ne sarà scossa, perché mi ricorderò delle ferite del Signore. Se dunque mi verrà alla memoria un rimedio tanto potente ed efficace, non posso più essere turbato da nessuna malattia, per quanto maligna ... mio merito perciò è la misericordia di Dio, finché Lui sarà ricco di misericordia” (Discorso n.61 sul Cantico dei Cantici).

Quella di Cristo è una autorevolezza di una persona ricca di misericordia divina e di umanità. Mentre gli scribi “insegnano” con l’affannano di interpretare la Legge e di  elaborare una dottrina, Gesù “insegna” mostrando la novità della sua vita come il “compimento” della Legge. Da ciò emerge un’ “autorevolezza” che genera stupore. Non si tratta solo di una “dottrina” migliore, più profonda o meglio costruita, rivolta all’intelligenza, ma di una forza che mentre mostra, trasforma misericordiosamente le persone che si aprono ad accoglierla. Quella di Cristo è parola forte e, al tempo stesso, dolce che guarisce e libera dal peccato, che è fuga da Dio e da noi stessi.

 

2) Incontro con l’amore autorevole.

            Il succedersi ripetitivo del tempo a Cafarnao è rotto - nella sinagoga allora, nella chiesa oggi- dall’incontro di Gesù Nazareno  con la gente del posto fra cui vi è un uomo posseduto da uno spirito impuro. Tutti rimasero sorpresi e dentro di sé cominciarono a chiedersi: “Ma che cos'è mai questo? Un insegnamento nuovo, pieno di autorità. Comanda agli spiriti impuri e gli obbediscono”. 

Anche oggi siamo invitati a incontrare, nella Liturgia, il Signore che viene con la sua parola, detta con autorità, per liberarci dal potere del Maligno che si insinua dentro di noi per strapparci quanto il battesimo ci ha donato facendoci figli di Dio.

Per rubare i figli a Dio, il diavolo insinua il dubbio negli uomini inducendoli a pensare che Dio non sia un Padre ma un nemico della nostra umanità. 

Il demonio è uno “spirito impuro” perché mira a sporcare lo sguardo inquinandolo alla fonte; e uno sguardo macchiato non vede più l'amore di Dio, smarrisce le ragioni per lodarlo e quindi se ne separa. 

Fortunatamente anche oggi Cristo entra nel “luogo dove siamo riuniti”[1] in preghiera e si fa incontro a noi, “insegna con autorità” durante le celebrazioni liturgiche, attraverso la predicazione e la proclamazione della Parola.

Abbiamo bisogno dell’“autorità” di Gesù, così diversa da quella degli “scribi”. Lui non parla con presunzione, la sua cattedra non è in alto, ma accanto ai poveri e ai peccatori. Cristo è autorevole perché ha portato sulla terra il volto di Dio, ha dato carne al suo amore del Padre, ha “rinchiuso” la sua onnipotenza nella misericordia.

Gesù non parla in nome di Dio, come facevano gli scribi. Lui è Dio. Lui scende con autorità sino al cuore e lo guarisce. Solamente Lui può guarirci dal male purificando la fonte dei nostri atteggiamenti malvagi. 

L’importante è che la nostra mente ed il nostro cuore siano rivolti verso Cristo, convertiti cioè rivolti verso di Lui insieme con i nostri fratelli e sorelle. Il cammino che inizia in questa domenica si concluderà sulla Croce. Camminiamo guardando a Cristo, che, passo dopo passo, ci introduce nella conoscenza della sua identità. 

Stupiamoci dell'incontro impensabile con un Dio che non schiaccia l'uomo, ma gli dona se stesso, lo ama, lo libera perché viva.

Facciamo in modo che lo stupore degli ascoltatori di allora perché diventi anche nostro.

Nel Vangelo di oggi. San Marco scrive: “Erano stupiti del suo insegnamento, perché insegnava come uno che ha autorità e non come gli scribi”. Tutti erano stupiti, quasi increduli, ma percepivano, nelle parole di lui, la forza superiore della grazia, come scriverà pure San Luca: “erano stupiti, per le parole di grazia che pronunciava” (Lc 4,22).

Incontrando Cristo, profeta “definitivo”, l’atteggiamento da avere è quello dell’ascolto pieno stupore. Ascolto che esige un clima di silenzio interiore e di stupita tensione, segno del desiderio di conoscenza, nel quale nasce e cresce un atteggiamento di accoglienza e di dedizione.

Un esempio di questa accoglienza e dedizione ci viene dalle Vergini consacrate che testimoniano che è davvero praticabile quanto dice San Paolo nella seconda lettura della Messa di oggi.

L’Apostolo delle Genti  scrive: “Fratelli, vorrei che voi foste senza preoccupazioni: chi non è sposato si preoccupa delle cose del Signore, come possa piacere al Signore; chi è sposato invece si preoccupa delle cose del mondo, come possa piacere alla moglie, e si trova diviso!

Così la donna non sposata, come la vergine, si preoccupa delle cose del Signore, per essere santa nel corpo e nello spirito; la donna sposata invece si preoccupa delle cose del mondo, come possa piacere al marito. Questo poi lo dico per il vostro bene, non per gettarvi un laccio, ma per indirizzarvi a ciò che è degno e vi tiene uniti al Signore senza distrazioni” (1 Cor7, 32-35).

Sono tante le occasioni e le distrazioni oggi che ci portano a trascurare il nostro rapporto con Dio e a soddisfare solo le nostre esigenze materiali. L’insegnamento di San Paolo e la testimonianza delle Vergini consacrate mostrano un percorso alternativo a quanti concepiscono l'amore nel solo orizzonte del tempo presente e della corporeità. Lo stesso abuso del termine amore e la sua varia accezione ci fa comprendere come sia problematico scegliere la strada giusta per vivere nell’amore di Dio e in questo amore divino amare verginalmente ogni nostro fratello, nonostante i limiti ed i difetti.

 

 

Lettura patristica

San Girolamo

Comment. in Marc., 2

 

 

"Ed entrarono a Cafarnao" (Mc 1,21). Significativo e felice è questo cambiamento: abbandonano il mare, abbandonano la barca, abbandonano i lacci delle reti ed entrano a Cafarnao. Il primo cambiamento consiste nel lasciare il mare, la barca, il vecchio padre, nel lasciare i vecchi vizi. Infatti nelle reti, e nei lacci delle reti, sono lasciati i vizi. Osservate il cambiamento. Hanno abbandonato tutto questo: e perché lo hanno fatto, per trovare che cosa? «Entrarono - dice Marco - a Cafarnao»: cioè entrarono nel campo della consolazione. "Cafar" significa campo "Naum" significa consolazione. Oppure (dato che le parole ebraiche hanno vari significati, e, a seconda della pronunzia, hanno un senso diverso), "Naum" vuol dire non solo consolazione, ma anche bellezza. Cafarnao, quindi, può essere tradotto come campo della consolazione o campo bellissimo...

       "Entrarono in Cafarnao, e subito, entrato di sabato nella sinagoga, insegnava loro" (
Mc 1,21), insegnava affinché abbandonassero gli ozi del sabato e cominciassero le opere del Vangelo. "Egli li ammaestrava come uno che ha autorità, non come gli scribi" (Mc 1,22). Egli non diceva, cioè «questo dice il Signore», oppure «chi mi ha mandato così parla»: ma era egli stesso che parlava, come già prima aveva parlato per bocca dei profeti. Altro è dire «sta scritto», altro dire «questo dice il Signore», e altro dire «in verità vi dico». Guardate altrove. «Sta scritto -egli dice - nella legge: Non uccidere, non ripudiare la sposa». Sta scritto: da chi è stato scritto? Da Mosè, su comandamento di Dio. Se è scritto col dito di Dio, in qual modo tu osi dire «in verità vi dico», se non perché tu sei lo stesso che un tempo ci dette la legge? Nessuno osa mutare la legge, se non lo stesso re. Ma la legge l’ha data il Padre o il Figlio? Rispondi, eretico. Qualunque cosa tu risponda, l’accetterò volentieri: per me, infatti, l’hanno data ambedue. Se è il Padre che l’ha data, è lui che la cambia: dunque il Figlio è uguale al Padre, poiché la muta insieme a colui che l’ha data. Se l’uno l’ha data e l’altro la muta è con uguale autorità che essa è stata data e che viene ora mutata: infatti nessuno che non sia il re può mutare la legge.


       "Si stupivano della sua dottrina ()". Perché, mi chiedo, insegnava qualcosa di nuovo, diceva cose mai udite? Egli diceva con la sua bocca le stesse cose che aveva già detto per bocca dei profeti. Ecco, per questo si stupivano, perché esponeva la sua dottrina con autorità, e non come gli scribi. Non parlava come un maestro ma come il Signore: non parlava per l’autorità di qualcuno più grande di lui, ma parlava con la sua propria autorità. Insomma egli parlava e diceva oggi quello che già aveva detto per mezzo dei profeti. "Io che parlavo, ecco, sono qui" (
Is 52,6).



Lecture patristique

saint Jean Chrysostome(+ 407)

Homélies sur la Lettre aux Hébreux, 5,3

PG 63, 50.

 


Considérez Jésus Christ, apôtre et grand prêtre pour notre confession de foi, lui qui est digne de confiance pour celui qui l'a institué, tout comme Moïse, sur toute sa maison (
He 3,1-2). Que signifie: Il est digne de confiance pour celui qui l'a institué! Cela veut dire qu'il dirige par sa providence les êtres qui lui appartiennent, et ne les laisse pas périr par sa négligence.

Comme Moïse qui fut digne de confiance dans toute sa maison ; c'est-à-dire: apprenez qui est votre grand prêtre, apprenez son origine, et vous n'aurez pas besoin d'autres encouragements ni consolations. Le Christ est appelé apôtre parce qu'il a été envoyé. Il est appelé aussi grand prêtre pour notre confession,c'est-à-dire notre confession de foi. Jésus est comparé, ajuste titre, à Moïse puisqu'il a été chargé comme Moïse de gouverner un peuple, mais un peuple plus nombreux et chargé d'une mission plus importante. Moïse avait gouverné à titre de serviteur, le Christ gouverne en sa qualité de Fils. Ceux dont Moïse avait la charge n'étaient pas à lui, ceux que guide Jésus lui appartiennent.

Pour attester ce qui allait être dit (
He 3,5). Que dis-tu là? Est-il possible que Dieu accepte un témoignage humain? Oui, sans aucun doute, car il appelle le ciel, la terre et les collines à être ses témoins. Voici ce qu'il dit par son prophète: cieux, écoutez; terre, prête l'oreille, car le Seigneur parle (Is 1,2). Et encore: Écoutez, vous aussi, fondements inébranlables de la terre (Mi 6,2), c'est le procès du Seigneur avec son peuple. A plus forte raison prend-il des hommes à témoin.

Que signifie: Pour attester! Pour que les hommes attestent, même quand ils agissent impudemment, que le Christ nous parle vraiment en sa qualité de Fils, car ceux dont Moïse avait la charge n'étaient pas à lui, mais ceux que guide Jésus lui appartiennent.

 

 

Patristic reading

Golden Chain

on Mc 1:23-28

 


 Bede, in Marc., 1, 7: Since by the envy of the devil death first entered into the world 
Sg 2,24, it was right that the medicine of healing should first work against the author of death; and therefore it is said, "And there was in their synagogue a man, &c."
Pseudo-Chrys., Vict. Ant. e Cat. in Marc.: The word, Spirit, is applied to an Angel, the air, the soul, and even the Holy Ghost. Lest therefore by the sameness of the name we should fall into error, he adds, "unclean." And he is called unclean on account of his impiousness and far removal from God, and because he employs himself in all unclean and wicked works. 
Augustine, City of God, 21: Moreover, how great is the power which the lowliness of God, appearing in the form of a servant, has over the pride of devils, the devils themselves know so well, that they express it to the same Lord clothed in the weakness of flesh. For there follows, "And he cried out, saying, What have we to do we Thee, Jesus of Nazareth, &c." 
For it is evident in these words that there was in them knowledge, but there was not charity; and the reason was, that they feared their punishment from Him, and loved not the righteousness in Him.
Bede: For the devils, seeing the Lord on the earth, thought that they were immediately to be judged.
Pseudo-Chrys., Vict. Ant. e Cat. in Marc.: Or else the devil so speaks, as if he said, 'by taking away uncleanness, and giving (p. 26) to the souls of men divine knowledge, Thou allowest us no place in men.'
Theophylact: For to come out of man the devil considers as his own perdition; for devils are ruthless, thinking that they suffer some evil, so long as they are not troubling men.
There follows, "I know that Thou art the Holy One of God."
Pseudo-Chrys., Vict. Ant. e Cat. in Marc.: As if he said, Methinks that Thou art come; for he had not a firm and certain knowledge of the coming of God. But he calls Him "holy" not as one of many, for every prophet was also holy, but he proclaims that the was the One holy; by the article in Greek he shews Him to be the One, but by his fear he shews Him to be Lord of all.
Augustine: For He was known to them in that degree in which He wished to be known; and He wished as much as was fitting. He was not known to them as to the holy Angels, who enjoy Him by partaking of His eternity according as He is the Word of God; but as He was to be made known in terror, to those beings from whose tyrannical power He was about to free the predestinate.
He was known therefore to the devils, not in that He is eternal Life, (see 
1Jn 5,20 Jn 17,3) but by some temporal effects of His Power, which might be more clear to the angelic senses of even bad spirits than to the weakness of men.
Pseudo-Chrys., Vict. Ant. e Cat. in Marc.: Further, the Truth did not wish to have the witness of unclean spirits.
Wherefore there follows, "And Jesus threatened him, saying, &c."
Whence a healthful precept is given to us; let us not believe devils, howsoever they may proclaim the truth.
It goes on, "And the unclean spirit tearing him, &c."
For because the man spoke as one in his senses and uttered his words with discretion, lest it should be thought that he put together his words not from the devil but out of his own heart, He permitted the man to be torn by the devil, that He might shew that it was the devil who spoke. 
Theophylact: That they might know, when they saw it, from how great an evil the man was freed, and on account of the miracle might believe. 
Bede: But it may appear to be a discrepancy, that he should have gone out of him, tearing him, or, as some copies have it, vexing him, when, according to Luke, he did not hurt him. But Luke himself says, "When He had cast him into the midst, he came out of him, without hurting him." (
Lc 4,35) Wherefore it is inferred that Mark meant by vexing or tearing him, what Luke expresses [p. 27], in the words, "When He had cast him into the midst;" so that what he goes on to say, "And did not hurt him," may be understood to mean that the tossing of his limbs and vexing did not weaken him, as devils are wont to come out even with the cutting off and tearing away of limbs. But seeing the power of the miracle, they wonder at the newness of our Lord's doctrine, and are roused to search into what they had heard by what they had seen.
Wherefore there follows, "And they all wondered, &c."
For miracles were done that they might more firmly believe the Gospel of the kingdom of God, which was being preached, since those who were promising heavenly joys to men on earth, were shewing forth heavenly things and divine works even on earth. For before (as the Evangelist says) "He was teaching them as one who had power," and now, as the crowd witnesses, "with power He commands the evil spirits, and they obey Him." It goes on, "And immediately His fame spread abroad, &c." 
Gloss.: For those things which men wonder at they soon divulge, for "out of the abundance of the heart the mouth speaketh." (
Mt 12,34
Pseudo-Jerome: Moreover, Capernaum is mystically interpreted the town of consolation, and the sabbath as rest. The man with an evil spirit is healed by rest and consolation, that the place and time may agree with his healing. This man with an unclean spirit is the human race, in which uncleanness reigned from Adam to Moses; (
Rm 5,14) for "they sinned without law," and "perished without law." (Rm 2,12) and he, knowing the Holy One of God, is ordered to hold his peace, for they "knowing God did not glorify him as God," (Rm 1,21) but "rather served the creature than the Creator." (Rm 1,25)
The spirit tearing the man came out of him. When salvation is near, temptation is at hand also. Pharaoh, when about to let (ed. note: Al. 'dismissus ab Israel' 
Ex 14) Israel go, pursues Israel; the devil, when despised, rises up to create scandals.

 



[1] Sinagoga (σύν “con, insieme” e ἄγω “conduco”) è parola greca che vuole dire “luogo di riunione”.

A word that frees from evil and creates the new man.

Roman Rite - 4th Sunday of Ordinary Time - Year B - January 28th 2018

Dt 18.15-20; Ps 95; 1Cor, 32-35; Mk 1: 21-28

 

 

 

Ambrosian Rite

Is 45.14-17; Ps 84; Heb 2: 11-17; Lk 2, 41-52

Holy Family of Jesus, Mary and Joseph - Feast of the Lord

 

 

 

 

1) An authoritative, new and liberating word.

 Last Sunday we were invited to reflect on the vocation of Peter, Andrew, James and John. In the company of these four fishermen, whom Jesus called to become fishers of men, we continue the journey begun with the reading of the Gospel of St. Mark. In the passage we read today, the Evangelist tells us about the Messiah who goes to Capernaum. It is Saturday and even Jesus, like every Jew, goes to the synagogue for prayer and the reading of the Bible. Since, after the scribes and the elders, every Israelite could ask to intervene, Jesus takes the floor and teaches with an authority that amazes those who are present. This authority of teaching is then immediately followed by the authority of action that frees a possessed man. The devil is an intruder in man, who is a child of God. The word of the Son of God drives away evil and puts an end to a devastating and ruinous cohabitation.

Those who attend the scene in the synagogue "are amazed at the teaching of Jesus, because he taught as one who has authority and not as the scribes."

Jesus teaches as one who has authority. The one who has authority is the one who not only announces the good news, but makes it happen. We can see this from the following passage: "In their synagogue was a man with an unclean spirit; he cried out, "What have you to do with us, Jesus of Nazareth? Have you come to destroy us? I know who you are—the Holy One of God!" Jesus rebuked him and said, "Quiet! Come out of him!" The unclean spirit convulsed him and with a loud cry came out of him. shouting loudly, came out of him. "(Mk 1: 23-26). The good news is God who is among men and frees them by giving them back their healthy and holy life.

The gospel (= good news) that is Christ himself and that He brings to us, is a new teaching which does not simply mean something never said before or never heard elsewhere. This is not simply a chronological novelty. In the word of Jesus the presence of the newness of God is felt, it is a qualitative novelty: something that regenerates and renews.

The novelty of Jesus broke into the world: his teaching cannot be reduced to a doctrine, a sublime lesson in theology or ethics to be imposed on the weak shoulders of man. The novelty is He himself, who asks only to be welcomed as a liberating force. Christ, who "brings every novelty bringing himself" (Saint Irenaeus of Lyons) with his word pronounced with authority, manifests the love of God. His is a word that works and frees those who are the victims of evil, ripping them away from the power of the Evil One to restore them to their dignity and freedom as children of God.

This gospel is addressed to us today so that we welcome it by asking to be cleansed of our sins and to make our own the words of St. Bernard of Clairvaux: "I have committed a serious sin, the conscience will be disturbed but it will not be shaken because I will remember the wounds of the Lord. Therefore, if a remedy so powerful and efficacious comes to my mind, I can no longer be troubled by any disease, however malign ... My merit, therefore, is God's mercy, as long as He is full of mercy" (Discourse n.61 on the Song of Songs).

That of Christ is the authority of a person rich in divine mercy and humanity. While the scribes "teach" with the concern of interpreting the Law and elaborating a doctrine, Jesus "teaches" by showing the novelty of his life as the "fulfillment" of the Law. From this emerges an "authoritativeness" that generates amazement. It is not just a matter of a "doctrine" that is better, deeper or better constructed and directed towards intelligence, but of a force that, while being shown, mercifully transforms the ones who open themselves to accept it. That of Christ is a strong and, at the same time, sweet word that heals and frees from sin that is running away from God and from ourselves.

 

2) Meeting the authoritative love.

The repetitive succession of time in Capernaum is broken - in the synagogue[1] then and in the church today - by the meeting of Jesus of Nazareth with the locals among whom there is a man possessed by an impure spirit. Everyone was surprised and began to wonder: "What is this? A new teaching, full of authority. He commands the impure spirits and they obey him ".

Even today we are invited to meet, in the liturgy, the Lord who comes with his word, dictated with authority, to free us from the power of the Evil One who insinuates into us to take away what baptism has given us by making us children of God.

To steal the children from God, the devil insinuates the doubt in men by inducing them to think that God is not a Father but an enemy of our humanity.

The devil is an "impure spirit" because he aims to dirty our gaze by polluting it to the source; a stained gaze no longer sees the love of God, it loses its reasons for praising Him and therefore separates from Him.

Fortunately, even today Christ enters the "place where we are gathered" in prayer and comes to meet us. He "teaches with authority" during the liturgical celebrations, through the preaching and proclamation of the Word.

We need the "authority" of Jesus, so different from that of the "scribes". He does not speak with presumption, his chair is not far up, but next to the poor and sinners. Christ is authoritative because he brought the face of God to earth, gave flesh to his love for the Father and has "enclosed" his omnipotence in mercy.

Jesus does not speak in the name of God, as the scribes did. He is God. He descends with authority into the heart and heals it. Only He can heal us from evil by purifying the source of our evil attitudes.

The important thing is that our mind and our heart are turned towards Christ, namely converted towards Him together with our brothers and sisters. The journey that begins on this Sunday will end on the Cross. We walk looking at Christ, who, step by step, introduces us into the knowledge of his identity.

Let us be amazed at the unthinkable encounter with a God who does not crush man, but gives himself, loves him, and frees him so that he can live.

Let's make the amazement of the listeners of the time become ours.

In today's Gospel. St. Mark writes: "They were amazed at his teaching, because he taught as one who has authority and not as the scribes." Everyone was amazed, almost incredulous, but perceived in His words the superior strength of grace, as St. Luke also wrote: "they were astonished by the words of grace that he pronounced" (Lk 4:22).

In meeting Christ, the "definitive" prophet, the attitude to have is that of a listening full of amazement.  It is a listening that demands a climate of inner silence and of amazed tension, a sign of the desire for knowledge in which an attitude of welcome and dedication is born and grows.

An example of this welcome and dedication comes from the Consecrated Virgins who testify that it is practicable what St. Paul says in the second reading of today’s Mass.

The Apostle of the Gentiles writes: "Brothers, I would like you to be without worries: those who are not married are concerned with the things of the Lord, how they may please the Lord; those who are married, on the other hand, are concerned with the things of the world, how they can please their wife, and find themselves divided! Thus, the unmarried woman, like the virgin, is concerned with the things of the Lord and to be holy in body and in spirit; the married woman, on the other hand, worries about the things of the world and how she can please her husband. I then say this for your own good, not to throw you a snare, but to direct you to what is worthy and keep you united to the Lord without distractions "(1 Cor 7: 32-35).

Today there are so many opportunities and distractions that lead us to neglect our relationship with God and to satisfy only our material needs. The teaching of St. Paul and the testimony of the consecrated Virgins show an alternative path for those who conceive love only in the horizon of present time and corporeality. The abuse of the term love and its various meanings makes us understand how problematic it is to choose the right way to live in the love of God and, in this divine love, to virginally love all our brother despite limitations and deficiencies.

 

 

Patristic reading

Golden Chain

on Mc 1:23-28

 


 Bede, in Marc., 1, 7: Since by the envy of the devil death first entered into the world 
Sg 2,24, it was right that the medicine of healing should first work against the author of death; and therefore it is said, "And there was in their synagogue a man, &c."
Pseudo-Chrys., Vict. Ant. e Cat. in Marc.: The word, Spirit, is applied to an Angel, the air, the soul, and even the Holy Ghost. Lest therefore by the sameness of the name we should fall into error, he adds, "unclean." And he is called unclean on account of his impiousness and far removal from God, and because he employs himself in all unclean and wicked works. 
Augustine, City of God, 21: Moreover, how great is the power which the lowliness of God, appearing in the form of a servant, has over the pride of devils, the devils themselves know so well, that they express it to the same Lord clothed in the weakness of flesh. For there follows, "And he cried out, saying, What have we to do we Thee, Jesus of Nazareth, &c." 
For it is evident in these words that there was in them knowledge, but there was not charity; and the reason was, that they feared their punishment from Him, and loved not the righteousness in Him.
Bede: For the devils, seeing the Lord on the earth, thought that they were immediately to be judged.
Pseudo-Chrys., Vict. Ant. e Cat. in Marc.: Or else the devil so speaks, as if he said, 'by taking away uncleanness, and giving (p. 26) to the souls of men divine knowledge, Thou allowest us no place in men.'
Theophylact: For to come out of man the devil considers as his own perdition; for devils are ruthless, thinking that they suffer some evil, so long as they are not troubling men.
There follows, "I know that Thou art the Holy One of God."
Pseudo-Chrys., Vict. Ant. e Cat. in Marc.: As if he said, Methinks that Thou art come; for he had not a firm and certain knowledge of the coming of God. But he calls Him "holy" not as one of many, for every prophet was also holy, but he proclaims that the was the One holy; by the article in Greek he shews Him to be the One, but by his fear he shews Him to be Lord of all.
Augustine: For He was known to them in that degree in which He wished to be known; and He wished as much as was fitting. He was not known to them as to the holy Angels, who enjoy Him by partaking of His eternity according as He is the Word of God; but as He was to be made known in terror, to those beings from whose tyrannical power He was about to free the predestinate.
He was known therefore to the devils, not in that He is eternal Life, (see 
1Jn 5,20 Jn 17,3) but by some temporal effects of His Power, which might be more clear to the angelic senses of even bad spirits than to the weakness of men.
Pseudo-Chrys., Vict. Ant. e Cat. in Marc.: Further, the Truth did not wish to have the witness of unclean spirits.
Wherefore there follows, "And Jesus threatened him, saying, &c."
Whence a healthful precept is given to us; let us not believe devils, howsoever they may proclaim the truth.
It goes on, "And the unclean spirit tearing him, &c."
For because the man spoke as one in his senses and uttered his words with discretion, lest it should be thought that he put together his words not from the devil but out of his own heart, He permitted the man to be torn by the devil, that He might shew that it was the devil who spoke. 
Theophylact: That they might know, when they saw it, from how great an evil the man was freed, and on account of the miracle might believe. 
Bede: But it may appear to be a discrepancy, that he should have gone out of him, tearing him, or, as some copies have it, vexing him, when, according to Luke, he did not hurt him. But Luke himself says, "When He had cast him into the midst, he came out of him, without hurting him." (
Lc 4,35) Wherefore it is inferred that Mark meant by vexing or tearing him, what Luke expresses [p. 27], in the words, "When He had cast him into the midst;" so that what he goes on to say, "And did not hurt him," may be understood to mean that the tossing of his limbs and vexing did not weaken him, as devils are wont to come out even with the cutting off and tearing away of limbs. But seeing the power of the miracle, they wonder at the newness of our Lord's doctrine, and are roused to search into what they had heard by what they had seen.
Wherefore there follows, "And they all wondered, &c."
For miracles were done that they might more firmly believe the Gospel of the kingdom of God, which was being preached, since those who were promising heavenly joys to men on earth, were shewing forth heavenly things and divine works even on earth. For before (as the Evangelist says) "He was teaching them as one who had power," and now, as the crowd witnesses, "with power He commands the evil spirits, and they obey Him." It goes on, "And immediately His fame spread abroad, &c." 
Gloss.: For those things which men wonder at they soon divulge, for "out of the abundance of the heart the mouth speaketh." (
Mt 12,34
Pseudo-Jerome: Moreover, Capernaum is mystically interpreted the town of consolation, and the sabbath as rest. The man with an evil spirit is healed by rest and consolation, that the place and time may agree with his healing. This man with an unclean spirit is the human race, in which uncleanness reigned from Adam to Moses; (
Rm 5,14) for "they sinned without law," and "perished without law." (Rm 2,12) and he, knowing the Holy One of God, is ordered to hold his peace, for they "knowing God did not glorify him as God," (Rm 1,21) but "rather served the creature than the Creator." (Rm 1,25)
The spirit tearing the man came out of him. When salvation is near, temptation is at hand also. Pharaoh, when about to let (ed. note: Al. 'dismissus ab Israel' 
Ex 14) Israel go, pursues Israel; the devil, when despised, rises up to create scandals.

 

 



[1] Synagogue is a Greek word that means ” meeting place”

Parole qui libère du mal et crée l’homme nouveau.

IV dimanche du Temps ordinaire – année B - 28 janvier 2024

 

 

Dt 18,15-20; Ps 94; 1Cor 7,32-35; Mc 1,21-28




            1) Parole faisant autorité, nouvelle et libératrice

            Dimanche dernier nous avons été invités à réfléchir sur la vocation de Pierre et André, de Jacques et de Jean. En compagnie de ces quatre pêcheurs que Jésus a appelés pour devenir pêcheurs d’hommes, nous poursuivons le chemin commencé avec la lecture de l’Evangile de Saint-Marc. Dans le récit que nous lisons aujourd’hui, cet évangéliste fait la narration du Messie qui va à Capharnaüm. C’est samedi, et, comme chaque juif, Jésus, se rend à la synagogue pour la prière et la lecture de la Bible. Comme chaque Israélite pouvait prendre la parole et intervenir après les scribes et les anciens du peuple, Jésus  prend la parole et enseigne avec une autorité qui surprend les personnes présentes.
            Cette autorité d’enseignement est immédiatement accompagnée par l’autorité d’action qui libère un homme tourmenté par un esprit impur. Le diable est un intrus dans l’homme qui est fils de Dieu. La parole du Fils de Dieu chasse le Mauvais et met fin à une cohabitation dévastatrice et ruineuse.
            Ceux qui assistent à la scène dans la synagogue « sont étonnés de l’enseignement de Jésus parce qu’il enseignait comme un homme qui a autorité et non pas comme les scribes ».
Jésus enseignait comme une personne qui a autorité. Celui qui a autorité annonce non seulement la bonne nouvelle, mais il la fait aussi advenir. Nous le voyons dans la suite du récit : « Or, il y avait dans leur synagogue un homme tourmenté par un esprit impur, qui se mit à crier : ‘Que nous veux-tu, Jésus de Nazareth ? Es-tu venu pour nous perdre ? Je sais qui tu es : tu es le Saint de Dieu.’  Jésus l’interpella vivement : ‘Tais-toi ! Sors de cet homme.’ L’esprit impur le fit entrer en convulsions, puis, poussant un grand cri, sortit de lui » (Mc 1,23-26). La bonne nouvelle est Dieu qui est parmi les hommes et les libère en leur redonnant la vie saine et sainte.
L’évangile (= bonne nouvelle) qu’est le Christ et qu’il porte, est un enseignement nouveau. Cela ne signifie pas simplement une chose jamais dite auparavant ou jamais entendue ailleurs. Il ne s’agit pas simplement d’une nouveauté chronologique. Dans la parole de Jésus nous percevons la présence de la nouveauté de Dieu, une nouveauté qualitative : quelque chose qui régénère et renouvelle.
            La nouveauté de Jésus a fait irruption dans le monde : son enseignement n’est pas réductible à une doctrine, à une leçon sublime de théologie ou d’éthique à imposer aux épaules faibles de l’homme. La nouveauté, c’est Lui-même qui demande seulement à être écouté comme force libératrice. Le Christ qui « porte chaque nouveauté en se portant soi-même « (Saint Irénée de Lyon) avec sa parole prononcée avec autorité, manifeste l’amour de Dieu. Sa parole est une parole qui ouvre, qui libère celui qui est victime du mal, qui l’arrache au pouvoir du Mauvais pour lui restituer sa dignité, liberté de fils de Dieu.
            Cet évangile s’adresse à nous aujourd’hui afin que nous l’accueillions en demandant la purification de nos péchés et fassions nôtres les paroles de Saint Bernard de Clairvaux: « J’ai commis un péché grave, ma conscience sera tourmentée, mais elle ne sera pas choquée parce que je me souviendrai des blessures du Seigneur. Donc, si un remède si efficace et si puissant me vient à l’esprit, je ne peux plus être choqué par aucune maladie, si maligne soit-elle. Mon mérite est donc la miséricorde de Dieu, puisqu’il sera riche en miséricorde » (Discours n.61 sur le Cantique des cantiques).
            L’autorité du Christ est l’autorité compétente d’une personne riche de miséricorde divine et d’humanité. Jésus « enseigne » en montrant la nouveauté de sa vie comme l’accomplissement de la Loi, pendant que les scribes « enseignent » avec l’angoisse de bien interpréter la Loi et d’élaborer une doctrine.
            Une autorité émerge de cela, ce qui génère de l’étonnement. Il ne s’agit pas seulement d’une doctrine meilleure, plus profonde et mieux construite, adressée à l’intelligence, mais d’une force qui pendant qu’elle se montre, transforme miséricordieusement les personnes qui s’ouvrent pour l’accueillir. La Parole du Christ est une parole forte et en même temps douce. Cette parole guérit et libère du péché qui est une fuite de Dieu et de nous mêmes.

            2) Rencontre avec l’amour autoritaire
            Le déroulement répétitif du temps à Capharnaüm est interrompu – dans la synagogue de ce temps-là, dans l’église aujourd’hui – par la rencontre de Jésus de Nazareth avec les gens du lieu où vit un homme possédé par un esprit impur. Tous furent frappés de stupeur et se demandaient entre eux : « Qu’est-ce que cela veut dire ? Voilà un enseignement nouveau, donné avec autorité ! Il commande même aux esprits impurs, et ils lui obéissent ».
            Aujourd’hui nous aussi sommes invités à rencontrer, dans la liturgie, le Seigneur qui vient avec sa parole, prononcée avec autorité, pour nous libérer du Mauvais qui s’insinue en nous pour nous arracher ce que le baptême nous a donné en nous faisant fils de Dieu. Pour voler les enfants à Dieu, le diable insinue le doute aux hommes en les induisant à penser que Dieu n’est pas un Père mais un ennemi de notre humanité. Le démon est un « esprit impur » parce qu’il a pour objectif de salir le regard en le polluant à la source. Un regard sale ne voit plus l’amour de Dieu, il perd les raisons de louer Dieu et, donc, il s’en sépare.
            Heureusement aussi aujourd’hui le Christ entre dans “le lieu où nous sommes réunis”[1] en prière et vient à notre rencontre : il enseigne avec autorité pendant les célébrations liturgiques, à travers la prédication et la proclamation de la Parole.
            Nous avons besoin de « l’autorité » de Jésus, si différente de celle des scribes. Il ne parle pas avec présomption, sa chaire n’est pas placée en haut mais à côté des pauvres et des pécheurs. Le Christ est autorité parce qu‘il a porté le visage de Dieu sur la terre, il a donné la chair à son amour pour le Père, a « renfermé » son omnipotence dans sa miséricorde.
Jésus ne parle pas au nom de Dieu comme faisaient les scribes. Lui, il est Dieu. Lui, il descend jusqu’au coeur et il le guérit avec autorité, l’autorité de l’amour. Seulement Lui peut nous guérir du mal en purifiant la source de nos mauvais comportements.
            L’important est que notre esprit et notre coeur soient tournés vers le Christ, convertis, c’est-à-dire tournés vers Lui, avec nos frères et sœurs. Le chemin qui commence ce dimanche se conclura sur la croix. Marchons en regardant le Christ qui nous introduit, pas après pas, dans la connaissance de son identité.
            Etonnons-nous de la rencontre impensable avec un Dieu qui n’écrase pas l’homme mais qui se donne lui-même : il l’aime, il le libère pour qu’il vive. Faisons de sorte que l’étonnement de ceux qui écoutaient il y a presque deux mille ans devienne aussi le nôtre.
Dans l’évangile d’aujourd’hui, Saint Marc écrit : « On était frappé par son enseignement, car il enseignait en homme qui a autorité, et non pas comme les scribes ». Tous étaient stupéfaits, quasi incrédules, mais ils percevaient, dans ses paroles, la force supérieure de la grâce, comme Saint Luc aussi écrira : “ Ils s’étonnaient des paroles de grâce qui sortaient de sa bouche (Lc 4,22).
            En rencontrant le Christ, prophète définitif, le comportement à avoir est celui de l’écoute pleine d’étonnement. Ecoute qui exige un climat de silence intérieur et de tension étonnée, signe du désir de connaissance  dans lequel un comportement d’accueil et de dévouement naît et croît.
            Un exemple de cet accueil et dévouement nous vient des vierges consacrées qui témoignent que ce que Saint-Paul nous dit dans la seconde lecture de la messe d’aujourd’hui, est réellement praticable. L’Apôtre des gentils écrit : « J’aimerais vous voir libres de tout souci. Celui qui n’est pas marié a le souci des affaires du Seigneur, il cherche comment plaire au Seigneur. Celui qui est marié a le souci des affaires de ce monde, il cherche comment plaire à sa femme, et il se trouve divisé. La femme sans mari, ou celle qui reste vierge, a le souci des affaires du Seigneur, afin d’être sanctifiée dans son corps et son esprit. Celle qui est mariée a le souci des affaires de ce monde, elle cherche comment plaire à son mari. C’est dans votre intérêt que je dis cela ; ce n’est pas pour vous tendre un piège, mais pour vous proposer ce qui est bien, afin que vous soyez attachés au Seigneur sans partage. Si un jeune homme pense qu’il risque de ne pas respecter une jeune fille, s’il est plein d’ardeur et que l’issue devienne inévitable, qu’il fasse comme il veut : ils peuvent se marier, ce n’est pas un péché »  (1 Cor 7, 32-35).
            Beaucoup de distractions nous portent aujourd’hui à négliger notre rapport avec Dieu et à satisfaire seulement nos exigences matérielles. L’enseignement de Saint-Paul et le témoignage des vierges consacrées montrent un parcours alternatif à ceux qui conçoivent l’amour seulement dans l’horizon du temps présent et de la corporéité.  L’abus du mot « amour » et ses différentes significations nous font comprendre comment il est problématique de choisir le juste chemin pour vivre dans l’amour de Dieu, mais les femmes consacrées montrent qu’il est possible de vivre en cet amour divin et d’aimer d’une manière vierge chaque frère et soeur, malgré nos limites et nos défauts
.


 
Lecture patristique
Saint Jean Chrysostome(
344/354 - 407)
Homélies sur la Lettre aux Hébreux, 5,3
PG 63, 50.

 


Considérez Jésus Christ, apôtre et grand prêtre pour notre confession de foi, lui qui est digne de confiance pour celui qui l’a institué, tout comme Moïse, sur toute sa maison (
He 3,1-2). Que signifie: Il est digne de confiance pour celui qui l’a institué! Cela veut dire qu’il dirige par sa providence les êtres qui lui appartiennent, et ne les laisse pas périr par sa négligence.
Comme Moïse qui fut digne de confiance dans toute sa maison ; c’est-à-dire: apprenez qui est votre grand prêtre, apprenez son origine, et vous n’aurez pas besoin d’autres encouragements ni consolations. Le Christ est appelé apôtre parce qu’il a été envoyé. Il est appelé aussi grand prêtre pour notre confession,c’est-à-dire notre confession de foi. Jésus est comparé, ajuste titre, à Moïse puisqu’il a été chargé comme Moïse de gouverner un peuple, mais un peuple plus nombreux et chargé d’une mission plus importante. Moïse avait gouverné à titre de serviteur, le Christ gouverne en sa qualité de Fils. Ceux dont Moïse avait la charge n’étaient pas à lui, ceux que guide Jésus lui appartiennent.
Pour attester ce qui allait être dit (
He 3,5). Que dis-tu là? Est-il possible que Dieu accepte un témoignage humain? Oui, sans aucun doute, car il appelle le ciel, la terre et les collines à être ses témoins. Voici ce qu’il dit par son prophète: cieux, écoutez; terre, prête l’oreille, car le Seigneur parle (Is 1,2). Et encore: Écoutez, vous aussi, fondements inébranlables de la terre (Mi 6,2), c’est le procès du Seigneur avec son peuple. A plus forte raison prend-il des hommes à témoin.
Que signifie: Pour attester! Pour que les hommes attestent, même quand ils agissent impudemment, que le Christ nous parle vraiment en sa qualité de Fils, car ceux dont Moïse avait la charge n’étaient pas à lui, mais ceux que guide Jésus lui appartiennent.
 
[1] Synagogue (σ
ν “avec, ensemble” e γω “je conduis” est un mot grecque qui signifie “lieu de réunion”

 

giovedì 18 gennaio 2024

Conversione all’Amore per rispondere a Cristo con il dono di se stessi.

Rito Romano – III Domenica del Tempo Ordinario - Anno B - 21 gennaio 2024

Gio 3,1-5.10; Sal 24; 1Cor 7,29-31; Mc 1,14-20

 

 

Rito Ambrosiano – III Domenica dopo l’Epifania

Nm 11, 4-7. 16a. 18-20. 31-32a; Sal 104; 1Cor 10,1-11b ; Mt 14,13b-21

 

1)    Conversione e lieta notizia.

Oggi la liturgia della Messa ci  propone un brano dell’evangelista San Marco, che -con stile scarno ed essenziale- sintetizza tutto il messaggio di Gesù Cristo  presentandolo come “Vangelo di Dio”. Questa divina, buona e lieta notizia è proclamata in Galilea, regione confinante  con la terra dei pagani. In questo modo, è sottolineata la dimensione perennemente missionaria dell’annuncio. La novità grandiosa di questa espressione: “Vangelo di Dio” rischia di sfuggire a noi, ormai lontani dall’esperienza dei primi lettori di San Marco,.

La parola d’origine greca “vangelo” è spiegata con l’espressione “buona novella”. Suona bene, ma resta molto al di sotto dell’ordine di grandezza inteso dalla parola “vangelo”. Questa parola appartiene al linguaggio degli imperatori romani che si consideravano signori del mondo, suoi salvatori e redentori. I proclami provenienti dall’imperatore si chiamavano “vangeli”, indipendentemente dal fatto che il loro contenuto fosse lieto oppure no. Ciò che viene dall’imperatore - era l’idea soggiacente – è messaggio salvifico, non è semplicemente notizia, ma trasformazione del mondo verso il bene. 

Scrivendo il “Vangelo di Dio”, San Marco insegna che gli imperatori non sono i salvatori del mondo. Il vero salvatore è Gesù, il cui nome vuol dire “Dio salva”. Cristo è il Verbo di Dio e si manifesta come parola efficace. In Lui e per Lui accade davvero quello che gli imperatori pretendevano, senza poterlo realizzare. 

Dunque, “Vangelo” non è più l’annuncio della vittoria di un potente sui propri nemici. Il “Vangelo di Dio” non è  la proclamazione della vittoria di un uomo forte che ha sconfitto un debole. Non riguarda  la gioia di qualcuno e il pianto di altri.  Il “Vangelo di Dio”, il lieto annuncio non riguarda più il potente di turno. La lieta “buona novella” è proclamata da Gesù, mite e umile di cuore. Questa buona notizia è proclamata in nome di Dio-Amore, è Dio stesso che in Cristo si fa presente nel mondo e nella storia:  

La frase “Proclamando il Vangelo, Gesù diceva: ‘Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo’” (Mc 1, 14) potrebbe essere riformulata così: “ Proclamando la buona novella, Gesù diceva: ‘il tempo propizio è venuto. Il Regno di Dio è vicino. Convertitevi e credete alla lieta novella”. 

Il senso di questa frase non è: “Fate la vostra conversione morale e poi credete anche alla buona notizia”, ma piuttosto è : “Accogliete la buona novella con fede viva. In questo modo tutto il vostro modo di pensare, di volere, di agire sarà cambiato”. Convertiamoci a Cristo riconoscendolo quale Via, Vita, Verità, quale persona nella quale i il Padre rende visibile tutto il suo amore.

In breve, se ci convertiamo cambiando la mente e il cuore possiamo credere alla lieta e buona notizia che Dio è in mezzo a noi. In un certo senso convertirsi è vedere oltre, avere uno sguardo che va oltre. In effetti, con la parola convertirsi si traduce quella  greca, che letteralmente significa “guardare oltre” quindi capire, oltre le apparenze, il senso vero delle cose.

            Anche San Giovanni Apostolo e Evangelista introduce il comandamento della conversione, che chiede di amare il prossimo come Cristo ci ha amato, con la forza del Vangelo della gioia, con l’annuncio della lieta novella: “Vi ho detto queste cose, affinché la mia gioia dimori in voi e la vostra gioia sia piena. Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io ho amato voi” (Gv 15, 11-12). 

Se ci convertiamo a Cristo che ci invita a dimorare in Lui per far dimorare in noi la sua lieta novella, capiremo sempre meglio che il significato vero del comandamento di Dio non è quello di essere una imposizione, ma di essere è una comunicazione di amore.  Il “comando” di convertirsi è un invito d’amore, che Cristo rivolge ai suoi discepoli perché entrino in comunione con lui, perché accolgano la sua offerta di amicizia.

Insomma conversione cristiana non è tanto una nuova relazione ad un imperativo o a nuove idee, quanto una relazione personale con Gesù, che propone la sua amicizia che permette un'accoglienza festosa, umile, riconoscente della verità salvifica. 

 

 

2)    Conversione e sequela di Cristo.

Se la conversione è il dimorare in Cristo e seguirLo, vuol dire che questo “stare in Lui” è un verbo di movimento.C'è un'idea di movimento nella conversione, come nel moto del girasole che ogni mattino rialza la sua corolla e la mette in cammino sui sentieri del sole. Allora, “convertirsi” vuol dire “girarsi verso” la luce perché la Luce è già qui.

In effetti la comunione con Lui, implica un seguirLo. Cristo non è tanto una Parola da ascoltare o da leggere. Lui è il Logos, cioè la Parola che dà significato e senso (inteso come direzione) alla vita e dà luce ai nostri passi.

Quando San Marco scrive che Gesù “passando lungo il mare di Galilea vide Simone e Andrea, fratello di Simon disse loro: ‘seguitemi’”. Non disse: “Imparate”, perché la prima caratteristica del discepolo cristiano è quella di “seguire”. In effetti Il verbo, che abitualmente si accompagna alla parola discepolo, è imparare. Usando, invece, il verbo seguire, il vangelo sottolinea che al primo posto non c'è una dottrina, ma un modo di vivere che implica un camminare con il Maestro, immedesimandosi in lui. 

La sequela evangelica non è mai una chiamata a star fermi, ma a camminare. La chiamata evangelica è un invito a uscire, ad andare verso il mondo  e la missione. Se il seguire non  implica un “andare dietro Cristo”, vuol dire che si segue se stessi. La sequela evangelica è diversa da tutte quelle sequele che invitano invece a separarsi e a rinchiudersi.

Comincia così la novità dell’esistenza: andando dietro a Cristo che chiama e si propone come strada per la vita dei suoi discepoli, noi compresi.

 Gesù vede e parla a due persone, la qualità della relazione a cui dà inizio, è segno della novità dell'Amore. “Venite dietro a me, e vi farò diventare pescatori di uomini”: il che vuol dire che Gesù chiede a Simone e ad Andrea di convertirsi non facendo chissà che cosa, ma seguendolo e facendo sì che la missione di salvezza di Cristo diventi la loro vocazione.

La vocazione alla conversione è  quella di entrare in relazione con lui, di lasciarsi amare da lui e di portare il suo amore e la sua verità nel mondo. Gesù chiede di rispondere al suo Amore: Gesù ama e chiede di essere amato. Ecco: la novità della storia è l’inizio della relazione d’Amore, finalizzata a gustare l’Amore e ad immettere l’Amore in ogni attimo, in ogni azione in cui la vita si dipana. Questa è la “conversione” che Gesù chiede: non fare della vita un mezzo per fare delle cose, ma vivere la vita in un tale Amore che ogni cosa viva.

 

3) La sequela delle Vergini consacrate.

            Un esempio di vivere il fatto di essere discepoli seguendo Cristo ci è dato dalle Vergini consacrate. Con il loro gesto di offerta di se stesse al Signore Gesù, queste donne testimoniano che la sequela di Cristo è imitare Gesù casto, povero, obbediente, pregandolo di essere rese capaci di amare con il Suo amore, di donare con il Suo Cuore, di servire con la Sua luce, di operare con i Suoi doni.

Con la loro vita consacrata testimoniano, in primo luogo, che l’iniziativa è di Cristo, e che il suo appello è gratuito. In secondo luogo, mostrano che è possibile rispondere alla chiamata di Gesù anche se questo appello comporta un distacco così radicale e profondo che San Marco parla di abbandono del padre e del lavoro. Abbandonare il mestiere e la famiglia è come sradicarsi. Ma vale la pena, perché così ci si può radicare in Cristo.

La loro vita ci spinge a fare nostra la preghiera che il Sacerdote oggi dice all’inizio della Messa: “O Padre, che nel tuo Figlio ci hai dato la pienezza della tua parola e del tuo dono, fa' che sentiamo l’urgenza di convertirci a te e di aderire con tutta l'anima al Vangelo, perché la nostra vita annunzi anche ai dubbiosi e ai lontani l’unico Salvatore, Gesù Cristo”.

Sull’esempio delle Vergini consacrate, ognuno di noi, ogni mattino, ad ogni risveglio, è in grado di dire: “anch'io posso ‘convertirmi’, posso e devo muovere pensieri e sentimenti e scelte verso Dio perché entri di più nel mio cuore e in quello del mondo”.

 

 

Lettura Patristica

San Girolamo

Comment. in Marc., 1


       "E camminando lungo il mare di Galilea, vide Simone e suo fratello Andrea che gettavano le reti in mare: infatti essi erano pescatori " (
Mc 1,16). Simone, che non ancora si chiamava Pietro, perché non ancora aveva seguita la Pietra (cf. Ex 17,5-6 1Co 10,4) tanto da meritarsi il nome di Pietro, Simone, dunque, e suo fratello Andrea, erano sulla riva e gettavano le reti in mare. La Scrittura non precisa se, dopo aver gettato le reti, presero dei pesci. Dice soltanto: «Vide Simone e suo fratello Andrea che gettavano le reti in mare: infatti essi erano pescatori». Il Vangelo riporta che essi gettavano le reti, ma non aggiunge che cosa presero con esse. Cioè, ripeto, prima della passione essi gettarono le reti, ma non sta scritto se catturarono dei pesci. Invece, dopo la passione, gettano le reti e prendono i pesci: tanti ne prendono che le reti si rompono (Lc 5,6 Jn 1,11). Qui, invece, si dice soltanto che gettavano le reti, perché erano pescatori.

       "E Gesù disse loro: «Seguitemi, e vi farò pescatori di uomini»" (
Mc 1,17). Oh, felice trasformazione della loro pesca! Gesù li pesca, affinché essi a loro volta peschino altri pescatori. Dapprima essi son fatti pesci, per poter essere pescati da Cristo: poi essi pescheranno altri. E Gesù dice loro: «Seguitemi, e vi farò pescatori di uomini».

       "E quelli, subito, abbandonate le reti, lo seguirono" (
Mc 1,18). «Subito», dice Marco. La vera fede non conosce esitazioni: subito ode, subito crede, subito segue e subito fa diventare pescatore. E subito, dice Marco, «abbandonate le reti». Credo che con le reti essi abbiano abbandonato le passioni del mondo. «E lo seguirono»: non avrebbero infatti potuto seguire Gesù se si fossero portati dietro le reti, cioè i vizi terreni.

       "E andato un poco avanti, vide Giacomo di Zebedeo e Giovanni suo fratello, anch’essi nella barca che riattavano le reti" (
Mc 1,19). Dicendo che riattavano le reti, si fa capire che esse erano rotte. Essi gettavano le reti in mare: ma poiché le reti erano rotte, non potevano prendere pesci. Aggiustavano, stando in mare, le reti: sedevano sul mare, cioè sedevano nella barca insieme al padre Zebedeo e riattavano le reti della legge. Abbiamo spiegato tutto questo secondo il suo significato spirituale. Essi aggiustavano le reti, ed erano nella barca. Erano nella barca, non sulla riva, non sulla terra ferma: erano nella barca, che era scossa dai flutti del mare.

       "E subito li chiamò: e quelli, lasciato il loro padre Zebedeo nella barca con i garzoni, lo seguirono" (
Mc 1,20). Qualcuno potrebbe dire: - Ma questa fede è troppo temeraria. Infatti, quali segni avevano visto, da quale maestà erano stati colpiti, da seguirlo subito dopo essere stati chiamati? Qui ci vien fatto capire che gli occhi di Gesù e il suo volto dovevano irradiare qualcosa di divino, tanto che con facilità si convertivano coloro che lo guardavano (Mc 11,5). Gesù non dice nient’altro che «seguitemi», e quelli lo seguono. È chiaro che se lo avessero seguito senza ragione, non si sarebbe trattato di fede ma di temerarietà. Infatti, se il primo che passa dice a me, che sto qui seduto, vieni, seguimi, e io lo seguo, agisco forse per fede? Perché dico tutto questo? Perché la stessa parola del Signore aveva l’efficacia di un atto: qualunque cosa egli dicesse, la realizzava. Se infatti "egli disse e tutto fu fatto, egli comandò e tutto fu creato" (Ps 148,5), sicuramente, nello stesso modo, egli chiamò e subito essi lo seguirono.

       «E subito li chiamò: e quelli subito, lasciato il loro padre Zebedeo...» ecc. "Ascolta, figlia, e guarda, e porgi il tuo orecchio, dimentica il tuo popolo e la casa di tuo padre: il re desidera la tua bellezza" (
Ps 44,11ss). Essi dunque lasciarono il loro padre nella barca. Ascolta, monaco, imita gli apostoli: ascolta la voce del Salvatore, e trascura la voce carnale del padre. Segui il vero Padre dell’anima e dello spirito, e abbandona il padre del corpo. Gli apostoli abbandonano il padre, abbandonano la barca, in un momento abbandonano ogni loro ricchezza: essi, cioè, abbandonano il mondo e le infinite ricchezze del mondo. Ripeto, abbandonarono tutto quanto avevano: Dio non tiene conto della grandezza delle ricchezze abbandonate, ma dell’animo di colui che le abbandona. Coloro che hanno abbandonato poco perché poco avevano, sono considerati come se avessero abbandonato moltissimo.

       Lasciato il padre Zebedeo nella barca con i garzoni, gli apostoli dunque lo seguirono. È giunto ora il momento di spiegare ciò che prima abbiamo detto in modo oscuro, a proposito degli apostoli che aggiustavano le reti della legge. La rete era rotta, non poteva prendere i pesci, era stata corrosa dalla salsedine marina, ed essi non sarebbero mai stati in grado di ripararla se non fosse venuto il sangue di Gesù a rinnovarla completamente.

       

 

Lecture Patristique

Saint Césaire d'Arles(+ 543)
Sermon 144, 1-4

CCL 104, 593-595


La lecture de l'évangile, frères bien-aimés, nous a fait entendre ces paroles du Seigneur: Convertissez-vous, car le Royaume des cieux est tout proche (
Mt 4,17). Le Royaume des cieux est le Christ qui, nous en avons la certitude, connaît les actes bons et mauvais et juge tous les motifs de nos actes.

Aussi nous faut-il devancer Dieu en confessant nos fautes et réprimer tous les dérèglements de l'âme avant le jugement. Nous nous exposons au danger si nous ne savons quel traitement suivre pour nous guérir du péché. Nous devons faire pénitence avant tout parce que nous savons que nous aurons à rendre compte des raisons de nos errements.

Voyez, frères bien-aimés, combien la bonté de notre Dieu est grande envers nous, si grande qu'il veut remettre le péché de celui qui s'en reconnaît coupable et le répare avant le jugement. Car lui, le juste juge, fait toujours précéder le jugement d'un avertissement, pour n'avoir jamais à exercer une justice sévère. Si Dieu veut tirer de nous des ruisseaux de larmes, ce n'est pas pour rien, frères bien-aimés, mais pour que nous puissions recouvrer par le repentir ce que nous avions perdu par la négligence.

Car notre Dieu sait que l'homme n'a pas toujours une volonté droite, et qu'il peut souvent pécher dans sa chair ou commettre des écarts de langage. Au ssi nous a-t-il appris la voie du repentir par laquelle nous pouvons réparer les dommages que nous avons causés, et nous corriger de nos fautes. Pour être sûrs d'en obtenir le pardon, nous ne devons donc jamais cesser de regretter nos péchés.

Si affaiblie que soit la nature humaine par tant de blessures, personne ne doit désespérer. Car le Seigneur est d'une générosité si grande qu'il répand de bon coeur sur tous ceux qui sont à bout de force les dons de sa miséricorde. <>

Mais l'un de vous dira peut-être: "Pourquoi craindrais-je, puisque je ne fais aucun mal?" Sur ce point, écoutez ce que dit l'apôtre Jean: Si nous disons que nous n'avons pas de péché, nous nous égarons nous-mêmes, et la vérité n'est pas en nous (
1Jn 1,8). Que personne donc ne vous égare, mes bien-aimés, car la pire espèce de péché est de ne pas apercevoir ses péchés. Alors que tous ceux qui reconnaissent leurs fautes peuvent se réconcilier avec Dieu en se repentant, aucun pécheur ne mérite davantage notre pitié que celui qui croit n'avoir rien à se reprocher. <>

Je vous exhorte donc, mes bien-aimés, avec les paroles de l'Écriture, à vous tenir humblement sous la main toute-puissante de Dieu (
1P 5,6). Et que personne ne refuse de réparer son péché, puisque personne n'en est exempt, car ce serait déjà une faute que de prétendre être sans péché. Il peut se faire que l'un soit moins coupable que l'autre, mais nul n'est exempt de tout péché. Les hommes sont certes pécheurs à des degrés divers; il n'y en a pourtant aucun qui soit net de toute souillure.

Voilà pourquoi, mes bien-aimés, il faut que ceux qui se sont rendus coupables d'offenses plus graves implorent leur pardon avec plus de foi. Quant à ceux qui se sont préservés des fautes les plus honteuses, qu'ils prient afin de ne pas les commettre. Par la grâce de Jésus Christ notre Seigneur, qui vit et règne avec le Père et l'Esprit Saint pour les siècles des siècles. Amen.

 

 

Patristic reading

Golden Chain

on Mc 1:16-20


Gloss.: The Evangelist, having mentioned the preaching of Christ to the multitude, goes on to the calling of the disciples, whom He made ministers of His preaching, whence it follows, "And passing along the sea of Galilee, &c."
Theophylact: As the Evangelist John relates, Peter and Andrew were disciples of the Forerunner, but seeing that John had borne witness to Jesus, they joined themselves to him; afterwards, grieving that John had been cast into prison, they returned to their trade.
Wherefore there follows, "casting nets into the sea, for they were fishers."
Look then upon them, living on their own labours, not on the fruits of iniquity; for such men were worthy to become the first disciples of Christ; whence it is subjoined, "And Jesus said unto them, Come ye after Me."
Now He calls them for the second time; for this is the second calling in respect of that, of which we read in John. But it is shewn to what they were called, when it is added, "I will make you become fishers of men."
Remig.: For by the net of holy preaching they drew fish, that is, men, from the depths of the sea, that is, of infidelity, to the light of faith. Wonderful indeed is this fishing! for fishes when they are caught, soon after die; when men are caught by the word of preaching, they rather are made alive.
Bede, in Marc., 1, 6: Now fishers and unlettered men are sent to preach, that the faith of believers might be thought to lie in the power of God, not in eloquence or in learning. It goes on to say, "and immediately they left their nets, and followed Him."
Theophylact: For we must not allow any time to lapse, but at once follow the Lord. After these again, He catches James and John, because they also, though poor, supported the old age of their father.
Wherefore there follows, "And when He had gone a little farther thence, He saw James, the son of Zebedee, &c."
But they left their father, because he would have hindered them in following Christ. Do thou, also, when thou art hindered by thy parents, leave them, and come to God. It is shewn by this that Zebedee was not a believer; but the mother of the Apostles believed, for she followed Christ, when Zebedee was dead. (p. 23)
Bede: It may be asked, how he could call two fishers from each of the boats, (first, Peter and Andrew, then having gone a little further, the two others, sons of Zebedee,) when Luke says that James and John were called to help Peter and Andrew, and that it was to Peter only that Christ said, "Fear not, from this time thou shalt catch men;" (
Lc 5,10) he also says, that "at the same time, when they had brought their ships to land, they followed Him."
We must therefore understand that the transaction which Luke intimates happened first, and afterwards that they, as their custom was, had returned to their fishing. So that what Mark here relates happened afterwards; for in this case they followed the Lord, without drawing their boats ashore, (which they would have done had they meant to return,) and followed Him, as one calling them, and ordering them to follow.
Pseudo-Jerome: Further, we are mystically carried away to heaven, like Elias, by this chariot, drawn by these fishers, as by four horses. On these four corner-stones the first Church is built; in these, as in the four Hebrew letters, we acknowledge the tetragrammation, the name of the Lord, we who are commanded, after their example, to "hear" the voice of the Lord, and "to forget" the "people" of wickedness, and "the house of our fathers' " (
Ps 45,10) conversation, which is folly before God, and the spider's net, in the meshes of which we, like gnats, were all but fallen, and were confined by things vain as the air, which hangs on nothing; loathing also the ship of our former walk.
For Adam, our forefather according to the flesh, is clothed with the skins of dead beasts; but now, having put off the old man, with his deeds, following the new man we are clothed with those skins of Solomon, with which the bride rejoices that she has been made beautiful (
Ct 1,4).
Again, Simon, means obedient; Andrew, manly; James, supplanter (ed. note: Cf. vol i, 139, 140, 364); John, grace; by which four names, we are knit together into God's host (ed. note: Al. 'in imaginem'); by obedience, that we may listen; by manliness, that we do battle; by overthrowing, that we may persevere; by grace, that we may be preserved. Which four virtues are called cardinal; for by prudence, we obey; by justice, we bear ourselves manfully; by temperance, we tread the serpent underfoot; by fortitude, we earn the grace of (p. 24) God.
Theophylact: We must know also, that action is first called, then contemplation; for Peter is the type of the active life, for he was more ardent than the others, just as the active life is the more bustling; but John is the type of the contemplative life, for he speaks more fully of divine things.