Nel Battesimo di Cristo contempliamo il suo amore umile e una manifestazione della Trinità[1].
Rito Romano - Battesimo del Signore - Anno B - 7 gennaio 2024
Is 55,1-11; Sal Is 12; 1Gv 5,1-9; Mc 1,7-11.
Rito Ambrosiano
Is 55, 4-7; Sal 28; Ef 2,13-22; Mc 1,7-11.
Introduzione: uno strano modo di presentarsi.
Il racconto, preso oggi dall’evangelista Marco, del battesimo di Gesù mostra che, fin dall'inizio della sua vita pubblica, il Figlio di Dio si è presentato non vantandosi delle sue origini celesti ma seguendo la via dell’abbassamento e dell’umiltà.
Il trentenne Gesù iniziò il suo ministero pubblico andando al Giordano per ricevere il battesimo di penitenza e conversione da Giovanni. Ciò che vi accadde è umanamente paradossale. Già Giovanni il Battista ne fu sbalordito. Quando il Precursore vide Gesù che, in fila con i peccatori, veniva a farsi battezzare, rimane sbalordito. Riconoscendo in Lui il Messia, il Santo di Dio, Colui che è senza peccato, Giovanni manifesta il suo sconcerto: lui stesso, il battezzatore avrebbe voluto farsi battezzare da Cristo. Ma il Figlio di Dio lo esortò a non opporre resistenza, ad accettare di compiere questo atto, per operare ciò che era conveniente ad «adempiere ogni giustizia». Ma allora: “Il Figlio di Dio ha bisogno di penitenza e conversione?” Certamente no. Tuttavia, Colui che è senza peccato si colloca tra i peccatori per essere battezzato, per compiere questo gesto di penitenza.
Il Santo di Dio si unisce a coloro che riconoscono il loro bisogno di perdono e chiedono a Dio il dono della conversione, cioè la grazia di tornare a Lui con tutto il cuore, per essere totalmente suoi. Si tratta dell’inscindibile rapporto tra misericordia e conversione. In tale rapporto si incontrano, da una parte, il dono gratuito e sovrabbondante della salvezza e, dall'altra, tutto il nostro bisogno di cambiare e il riconoscimento del nostro peccato. Possiamo così ottenere il perdono mediante il quale con la riconciliazione la nostra libertà si avvicina a Gesù e domanda cosa fare. Dio ci restituisce il nostro volto originario, molto al di là di quanto possiamo immaginare e meritare.
Gesù vuole schierarsi dalla parte dei peccatori, unirsi a loro e mostrare loro la vicinanza di Dio. Gesù mostra solidarietà con noi, con il nostro sforzo di conversione, per lasciare il nostro egoismo, per distaccarci dai nostri peccati, per dirci che se lo accettiamo nella nostra vita, è in grado di elevarci e condurci all'altezza di Dio Padre. E questa solidarietà di Gesù non è “fatta” di sole parole e di semplici intenzioni. Il Figlio di Dio si è veramente immerso nella nostra condizione umana. L’ha vissuta pienamente, tranne il peccato, e quindi è in grado di comprenderne la debolezza e la fragilità. Per questo ha compassione degli uomini e sceglie di “soffrire con” gli uomini, di diventare penitente con noi.
È l’opera di Dio che Gesù vuole compiere: la missione divina di sanare i feriti e di guarire i malati, di prendere su di sé i peccati del mondo con la forza dell’amore umile e generoso.
Grazie a questo umile atto d’amore da parte del Figlio di Dio, i cieli si aprono e lo Spirito Santo si manifesta visibilmente sotto forma di colomba, mentre una voce dall’alto esprime la compiacenza del Padre che riconosce il suo unico Figlio, l’Amato. È una vera epifania (= manifestazione) della Santissima Trinità che testimonia la divinità di Gesù, il suo essere il Messia promesso, Colui che Dio ha mandato per liberare il suo popolo, perché sia salvato (cfr Is 40 , 2).
Si adempie così la profezia di Isaia che ascoltiamo nella prima lettura della Messa di oggi: il Signore Dio viene con il potere di distruggere le opere del peccato e le sue braccia esercitano la sua forza per disarmare il diavolo. Non dimentichiamo però che questo braccio è il braccio steso sulla croce e che il potere di Cristo è il potere di Colui che soffre per noi: è il potere amoroso di Dio, diverso dal potere violento del mondo. Dio viene con un potere paterno che distrugge il peccato e trasfigura il peccatore.
Davvero, il Redentore agisce da vero buon pastore che nutre il gregge e lo raduna, perché non si disperdano (cfr.Is 40,10-11), e offre la propria vita perché abbia vita. È attraverso la sua morte redentrice che l’uomo è liberato dal dominio del peccato e si riconcilia con il Padre. È mediante la sua risurrezione che l’uomo viene salvato dalla morte eterna e reso vittorioso sul diavolo.
1) Il Battesimo di Gesù e il nostro battesimo.
In questa domenica si celebra il fatto che Gesù fu battezzato[2] da Giovanni il Battista nelle acque del fiume Giordano in Terra Santa. Questo Giovanni chiama i peccatori perché si lavassero nel fiume prima di fare penitenza. Gesù si presenta a Giovanni per esser battezzato: “Si confessa dunque Peccatore?”. Certamente, no.
Ma allora perché Cristo, l’Innocente, andò al Giordano per farsi battezzare?
A questa domanda possiamo rispondere con San Girolamo: “Per una triplice ragione il Salvatore riceve il battesimo da Giovanni. Primo, perché essendo nato uomo come gli altri deve rispettare la Legge con giustizia e umiltà. Secondo, per dimostrare con il suo battesimo l’efficacia del battesimo di Giovanni. Terzo per mostrare, santificando le acque del Giordano per mezzo della discesa della colomba, l’avvento dello Spirito Santo nel lavacro dei credenti” (Girolamo, Commento a Mt 1,3,13).
Ma sorge spontanea un’altra domanda: perché festeggiare e vivere questo mistero del Battesimo di Gesù?
Per esprimere la nostra riconoscenza a Gesù. Nel suo Battesimo il Cristo, il senza peccato, assunse tutti i nostri peccati e, mostrando la vicinanza di Dio al cammino di conversione dell’uomo, si fece solidale con noi e ci redime. Il valore redentivo viene dal fatto che Gesù innocente si è fatto, per puro amore, solidale con i colpevoli ed ha trasformato così, dall’interno, la loro situazione. Infatti, quando una situazione catastrofica come quella provocata dal peccato viene assunta a favore dei peccatori per puro amore, allora questa situazione non sta più sotto il segno dell’opposizione a Dio, ma, al contrario, sotto quello della docilità all’amore che viene da Dio (cfr. Gal 1,4), e diventa quindi sorgente di benedizione.
Questo atto di straordinaria umiltà fu dettato dal voler stabilire una comunione piena con ciascuno di noi, dal desiderio di realizzare una vera solidarietà con noi, con la nostra condizione.
Questo atto di Gesù anticipò la Croce, l’accettazione della morte per i peccati nostri e di tutta l’umanità. Gesù prende sulle sue spalle il peso della colpa dell’intera umanità, inizia la sua missione mettendosi al posto dei peccatori, nella prospettiva della croce.
Questo atto di abbassamento, con cui Gesù volle uniformarsi totalmente al disegno d’amore di Dio Padre.
Se, poi, volessimo riformulare le domande espresse poco sopra così: “Ma perché dunque il Padre ha voluto questo? Perché ha mandato il suo Figlio unigenito nel mondo come Agnello a prendere su di sé il peccato del mondo (cfr Gv 1,29)?”, la risposta sarebbe: per donare all’umanità la vita di Dio, il suo Spirito d’amore, perché ogni uomo possa attingere da questa sorgente inesauribile di salvezza. Ecco perché i genitori cristiani portano appena possibile i loro figli al fonte battesimale, sapendo che la vita, che essi hanno loro comunicato, invoca una pienezza, una salvezza che solo Dio può dare. E in questo modo i genitori diventano collaboratori di Dio nel trasmettere ai loro figli non solo la vita fisica ma anche quella spirituale.
2) Il nostro battesimo.
Certamente il battesimo di Gesù fu un battesimo diverso da quello che da bambini o da adulti abbiamo ricevuto, ma non è privo di un profondo rapporto con esso. In fondo, tutto il mistero di Cristo nel mondo si può riassumere con questa parola, “battesimo”, che in greco significa “immersione”. Il Figlio di Dio, che condivide dall’eternità con il Padre e con lo Spirito Santo la pienezza della vita, è stato “immerso” nella nostra realtà di peccatori, per renderci partecipi della sua stessa vita: si è incarnato, è nato come noi, è cresciuto come noi e, giunto all’età adulta, ha manifestato la sua missione iniziando proprio con il “battesimo di conversione” dato da Giovanni il Battista. Il suo primo atto pubblico, come i Vangeli ci dicono, è stato quello di scendere al Giordano, confuso tra i peccatori penitenti, per ricevere quel battesimo. Giovanni naturalmente non voleva, ma Gesù insistette, perché quella era la volontà del Padre (cfr Mt 3,13-15).
In estrema sintesi, alla domanda: “Cosa vuol dire allora per noi vivere questa festività del Battesimo di Gesù?”. La risposta è: “Vuol dire vivere nel Battesimo di Gesù fintanto che Egli abbia preso tutto da ciascuno di noi e ci abbia dato ogni cosa”. E come Egli prende tutto da noi? Attraverso il nostro Battesimo.
Dunque, da quando Gesù Cristo, il Figlio unigenito del Padre si è fatto battezzare, il cielo è realmente aperto e continua ad aprirsi, e possiamo affidare ogni nuova vita che sboccia o che, ormai adulta vuole immergersi nel Dio vero, alle mani di Colui che è più potente dei poteri oscuri del male. Questo, in effetti, comporta il Battesimo: restituiamo a Dio quello che da Lui è venuto.
Il Battesimo, infatti, è più di un lavaggio, di una purificazione. È più dell’assunzione in una comunità. È una nuova nascita. È un nuovo inizio della vita. Nel Battesimo ci doniamo a Cristo – Egli ci assume in sé, affinché poi non viviamo più per noi stessi, ma grazie a Lui, con Lui e in Lui; affinché viviamo con Lui e così per gli altri. Nel Battesimo abbandoniamo noi stessi, deponiamo la nostra vita nelle sue mani, così da poter dire con san Paolo: “Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me” (Gal 2,20)
Il Battesimo implica questa novità: la nostra vita appartiene a Cristo, non più a noi stessi. Ma proprio per questo non siamo soli neppure nella morte, ma siamo con Lui che vive sempre. Accolti da Cristo nel suo amore, siamo liberi dalla paura e viviamo nel e dell’amore di Lui, Che è la Vita.
3) Il Battesimo dell’Autore del Battesimo.
Il brano del Vangelo, proposto in questa domenica che ricorda il battesimo del Signore, si apre con due affermazioni di Giovanni Battista: “Dopo di me viene Colui che è più forte di me: io vi battezzo nell'acqua, ma Egli vi battezzerà in Spirito Santo» (Mc 1,7-8). La predicazione del Battista è tutta racchiusa nella funzione di attirare l’attenzione su Gesù. Nella sua estrema essenzialità (si veda la nota 1), il racconto del battesimo di Gesù è ricco di significati importanti.
Primo: Gesù - in Marco 1, 7-11 - è presentato nella duplice dimensione del suo mistero: l’uomo dalle umili origini(“venne da Nazareth di Galilea”) e l’amato Figlio di Dio.
Secondo: l’aprirsi dei cieli, la discesa dello Spirito, la voce celeste, tutto converge nell’indicare che, con la manifestazione di Gesù sulle rive del Giordano, irrompono i tempi messianici. L’invocazione accorata di Isaia 63,19 (“Se tu squarciassi i cieli e discendessi!”) è stata ascoltata: dopo essere rimasto a lungo chiuso e silenzioso, il cielo torna ad aprirsi, lo Spirito di Dio torna a essere in mezzo al popolo e la parola del Signore torna a risuonare.
Nel Battesimo è il movimento del Natale che si ripete: Dio scende ancora, entra in ciascuno di noi, nasce in noi perché noi nasciamo in Dio e Cristo diventa il centro di ogni vita cristiana. Fatto che le Vergini consacrate nel mondo sono chiamate a testimoniare in modo particolare.
In effetti le Vergini consacrate portano a compimento la vocazione cristiana ricevuta nel battesimo con l’accoglienza della propria vocazione particolare e vivono il loro essere donna come donazione completa a Dio.
Nel percorso della loro maturazione umana e spirituale, la consacrazione nell’Ordo Virginum offre loro una modalità per vivere in pienezza la loro umanità, che il battesimo aveva innestato in Cristo.
In questa modalità di vita sviluppano l’originalità personale come dono per sé e per gli altri. La loro vita posta totalmente in Dio diventa esempio di relazione con se stesse, con gli altri, con Dio, nella Chiesa, in un determinato contesto sociale e culturale.
Nel rito di consacrazione le vergine consacrate, chiamate da Dio Padre per un disegno di amore (Rito di Consacrazione delle Vergini, 34), ricevono una “nuova unzione spirituale” (RCV, 29) che le radica nella consacrazione battesimale. Con la celebrazione della consecratio queste donne sperimentano un nuovo modo di partecipare alla vita trinitaria, in cui già il battesimo le aveva inserite e Dio le sostiene di giorno in giorno nella fedeltà (RCV, 53).
Lettura Patristica
Girolamo, Comment. in Marc., l
"Viene dopo di me uno che è più forte di me, e io non sono degno di prostrarmi per sciogliergli la correggia dei calzari" (Mc 1,7). Siamo di fronte a una grande prova di umiltà: è come se avesse dichiarato di non essere degno di essere servo del Signore...
"Io vi battezzo con acqua" (Mc 1,8), cioè sono solamente un servo: egli è il creatore e il Signore: Io vi offro l’acqua, sono una creatura e vi offro una cosa creata: egli che non è stato creato, vi porge una cosa increata. Io vi battezzo con acqua, cioè vi offro una cosa visibile; egli invece vi offre l’invisibile. Io che sono visibile, vi do l’acqua visibile; egli che è invisibile, vi dà lo Spirito invisibile.
"E accadde che in quei giorni venne Gesù da Nazaret della Galilea" (Mc 1,9). Osservate il collegamento e il significato delle parole. L’evangelista non dice, venne Cristo, e neppure venne il Figlio di Dio, ma venne Gesù. Qualcuno potrebbe chiedere: perché non ha detto che venne Cristo? Parlo secondo la carne: evidentemente Dio è da sempre santo e non ha bisogno di santificazione, ma ora parliamo di Cristo secondo la carne. Allora non era stato ancora battezzato e non era stato ancora unto dallo Spirito Santo. Nessuno si scandalizzi: parlo secondo la carne, parlo secondo la forma del servo che egli aveva assunto, cioè parlo di Colui che venne al battesimo quasi fosse un peccatore. Così dicendo non intendo affatto dividere il Cristo, come se una persona fosse il Cristo, un’altra Gesù e un’altra il Figlio di Dio: ma intendo dire che, pur essendo uno solo e essendo sempre lo stesso, apparve però a noi diverso a seconda dei diversi momenti.
«Gesù da Nazareth della Galilea», dice Marco. Considerate il mistero. Dapprima accorsero da Giovanni Battista la Giudea e gli abitanti di Gerusalemme: nostro Signore che dette inizio al battesimo del Vangelo e mutò in sacramenti del Vangelo i sacramenti della legge, non venne dalla Giudea né da Gerusalemme, ma dalla Galilea delle genti. Gesù viene infatti da Nazareth, villaggio della Galilea. Nazara significa fiore: cioè il fiore, che è Gesù, viene dal fiore.
"E fu battezzato da Giovanni nel Giordano" (Mc 1,9). È un grande atto di misericordia: si fa battezzare come un peccatore colui che non aveva commesso alcun peccato. Nel battesimo del Signore tutti i peccati vengono rimessi: ma, in un certo senso, il battesimo del Signore precede la vera remissione dei peccati che ha luogo nel sangue di Cristo, nel mistero della Trinità.
"E subito, risalendo dall’acqua, vide i cieli aperti" (Mc 1,10). Tutto quanto è stato scritto, è stato scritto per noi: prima di ricevere il battesimo abbiamo gli occhi chiusi e non vediamo il cielo. "E vide lo Spirito come colomba, discendere e fermarsi su di lui. E una voce venne dal cielo: «Tu sei il mio dilettissimo Figlio, in cui io mi compiaccio»" (Mc 1,10-11). Gesù Cristo è battezzato da Giovanni, lo Spirito Santo discende sotto forma di colomba e il Padre dai cieli rende la sua testimonianza. Guarda o Ariano, guarda o eretico: anche nel battesimo di Gesù c’è il mistero della Trinità. Gesù è battezzato, lo Spirito discende come colomba, e il Padre parla dal cielo.
«Vide i cieli aperti», scrive Marco. Così, dicendo «vide» mostra che gli altri non videro: non tutti infatti vedono i cieli aperti. Che dice infatti Ezechiele all’inizio del suo libro (Ez 1,2)? «E accadde - dice - che mentre stavo seduto lungo il fiume Cabar in mezzo ai deportati, vidi i cieli aprirsi «. Io vidi, dice: quindi gli altri non vedevano. E non si creda che i cieli si aprano così, materialmente e semplicemente: noi stessi che qui sediamo, vediamo i cieli aperti o chiusi a seconda dei nostri meriti. La fede piena vede i cieli aperti, la fede esitante li vede chiusi.
[1] In effetti, il Padre dà testimonianza al Figlio, lo Spirito Santo in icona di colomba discende dal cielo, il Figlio china il proprio capo immacolato per essere battezzato per manifestarsi all’uomo come redentore dalla schiavitù del peccato. “Che grande mistero in questo Battesimo celeste! Il Padre si fa sentire dal cielo, il Figlio appare sulla terra, lo Spirito Santo si manifesta sotto forma di colomba: non si può parlare infatti di vero Battesimo, né di vera remissione dei peccati dove non sia la verità della Trinità, né si può concedere la remissione dei peccati ove non si creda alla Trinità perfetta.” (Cromazio di Aquileia, Discorso 34, 1-3).
[2] Tutti gli evangelisti ci hanno tramandato l'evento (Mt 3,13-17; Mc 1,9-11; Lc 3,21-22; Gv 1,29-34). Leggiamo il testo di Marco (1,9-10): “In quei giorni (Gesù) venne da Nazareth di Galilea e fu battezzato nel Giordano da Giovanni. E, uscendo dall'acqua, vide aprirsi il cielo e lo Spirito Santo discendere su di lui come una colomba”. Gesù era venuto al Giordano da Nazareth, dove aveva trascorso gli anni della sua vita “nascosta”. Prima della sua venuta, egli era stato annunziato da Giovanni, che al Giordano esortava al “battesimo di penitenza”. “E predicava: “Dopo di me viene uno che è più forte di me e al quale io non sono degno di chinarmi per sciogliere i legacci dei suoi sandali. Io vi ho battezzati con acqua, ma egli vi battezzerà con lo Spirito Santo”” (Mc 1,7-8). Si era ormai sulla soglia dell’era messianica. Con la predicazione di Giovanni si conchiudeva la lunga preparazione, che si era svolta sul filo di tutta l'antica alleanza, e si può dire di tutta la storia umana, narrata dalle sacre Scritture. Giovanni sentiva la grandezza di quel momento decisivo, che interpretava come l'inizio di una nuova creazione, nella quale scopriva la presenza dello Spirito che aleggiava sulla prima creazione (Gn 1,2). Egli sapeva e confessava di essere un semplice annunciatore, precursore e ministro di colui che sarebbe venuto a “battezzare con lo Spirito Santo”.
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