giovedì 18 gennaio 2024

Conversione all’Amore per rispondere a Cristo con il dono di se stessi.

Rito Romano – III Domenica del Tempo Ordinario - Anno B - 21 gennaio 2024

Gio 3,1-5.10; Sal 24; 1Cor 7,29-31; Mc 1,14-20

 

 

Rito Ambrosiano – III Domenica dopo l’Epifania

Nm 11, 4-7. 16a. 18-20. 31-32a; Sal 104; 1Cor 10,1-11b ; Mt 14,13b-21

 

1)    Conversione e lieta notizia.

Oggi la liturgia della Messa ci  propone un brano dell’evangelista San Marco, che -con stile scarno ed essenziale- sintetizza tutto il messaggio di Gesù Cristo  presentandolo come “Vangelo di Dio”. Questa divina, buona e lieta notizia è proclamata in Galilea, regione confinante  con la terra dei pagani. In questo modo, è sottolineata la dimensione perennemente missionaria dell’annuncio. La novità grandiosa di questa espressione: “Vangelo di Dio” rischia di sfuggire a noi, ormai lontani dall’esperienza dei primi lettori di San Marco,.

La parola d’origine greca “vangelo” è spiegata con l’espressione “buona novella”. Suona bene, ma resta molto al di sotto dell’ordine di grandezza inteso dalla parola “vangelo”. Questa parola appartiene al linguaggio degli imperatori romani che si consideravano signori del mondo, suoi salvatori e redentori. I proclami provenienti dall’imperatore si chiamavano “vangeli”, indipendentemente dal fatto che il loro contenuto fosse lieto oppure no. Ciò che viene dall’imperatore - era l’idea soggiacente – è messaggio salvifico, non è semplicemente notizia, ma trasformazione del mondo verso il bene. 

Scrivendo il “Vangelo di Dio”, San Marco insegna che gli imperatori non sono i salvatori del mondo. Il vero salvatore è Gesù, il cui nome vuol dire “Dio salva”. Cristo è il Verbo di Dio e si manifesta come parola efficace. In Lui e per Lui accade davvero quello che gli imperatori pretendevano, senza poterlo realizzare. 

Dunque, “Vangelo” non è più l’annuncio della vittoria di un potente sui propri nemici. Il “Vangelo di Dio” non è  la proclamazione della vittoria di un uomo forte che ha sconfitto un debole. Non riguarda  la gioia di qualcuno e il pianto di altri.  Il “Vangelo di Dio”, il lieto annuncio non riguarda più il potente di turno. La lieta “buona novella” è proclamata da Gesù, mite e umile di cuore. Questa buona notizia è proclamata in nome di Dio-Amore, è Dio stesso che in Cristo si fa presente nel mondo e nella storia:  

La frase “Proclamando il Vangelo, Gesù diceva: ‘Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo’” (Mc 1, 14) potrebbe essere riformulata così: “ Proclamando la buona novella, Gesù diceva: ‘il tempo propizio è venuto. Il Regno di Dio è vicino. Convertitevi e credete alla lieta novella”. 

Il senso di questa frase non è: “Fate la vostra conversione morale e poi credete anche alla buona notizia”, ma piuttosto è : “Accogliete la buona novella con fede viva. In questo modo tutto il vostro modo di pensare, di volere, di agire sarà cambiato”. Convertiamoci a Cristo riconoscendolo quale Via, Vita, Verità, quale persona nella quale i il Padre rende visibile tutto il suo amore.

In breve, se ci convertiamo cambiando la mente e il cuore possiamo credere alla lieta e buona notizia che Dio è in mezzo a noi. In un certo senso convertirsi è vedere oltre, avere uno sguardo che va oltre. In effetti, con la parola convertirsi si traduce quella  greca, che letteralmente significa “guardare oltre” quindi capire, oltre le apparenze, il senso vero delle cose.

            Anche San Giovanni Apostolo e Evangelista introduce il comandamento della conversione, che chiede di amare il prossimo come Cristo ci ha amato, con la forza del Vangelo della gioia, con l’annuncio della lieta novella: “Vi ho detto queste cose, affinché la mia gioia dimori in voi e la vostra gioia sia piena. Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io ho amato voi” (Gv 15, 11-12). 

Se ci convertiamo a Cristo che ci invita a dimorare in Lui per far dimorare in noi la sua lieta novella, capiremo sempre meglio che il significato vero del comandamento di Dio non è quello di essere una imposizione, ma di essere è una comunicazione di amore.  Il “comando” di convertirsi è un invito d’amore, che Cristo rivolge ai suoi discepoli perché entrino in comunione con lui, perché accolgano la sua offerta di amicizia.

Insomma conversione cristiana non è tanto una nuova relazione ad un imperativo o a nuove idee, quanto una relazione personale con Gesù, che propone la sua amicizia che permette un'accoglienza festosa, umile, riconoscente della verità salvifica. 

 

 

2)    Conversione e sequela di Cristo.

Se la conversione è il dimorare in Cristo e seguirLo, vuol dire che questo “stare in Lui” è un verbo di movimento.C'è un'idea di movimento nella conversione, come nel moto del girasole che ogni mattino rialza la sua corolla e la mette in cammino sui sentieri del sole. Allora, “convertirsi” vuol dire “girarsi verso” la luce perché la Luce è già qui.

In effetti la comunione con Lui, implica un seguirLo. Cristo non è tanto una Parola da ascoltare o da leggere. Lui è il Logos, cioè la Parola che dà significato e senso (inteso come direzione) alla vita e dà luce ai nostri passi.

Quando San Marco scrive che Gesù “passando lungo il mare di Galilea vide Simone e Andrea, fratello di Simon disse loro: ‘seguitemi’”. Non disse: “Imparate”, perché la prima caratteristica del discepolo cristiano è quella di “seguire”. In effetti Il verbo, che abitualmente si accompagna alla parola discepolo, è imparare. Usando, invece, il verbo seguire, il vangelo sottolinea che al primo posto non c'è una dottrina, ma un modo di vivere che implica un camminare con il Maestro, immedesimandosi in lui. 

La sequela evangelica non è mai una chiamata a star fermi, ma a camminare. La chiamata evangelica è un invito a uscire, ad andare verso il mondo  e la missione. Se il seguire non  implica un “andare dietro Cristo”, vuol dire che si segue se stessi. La sequela evangelica è diversa da tutte quelle sequele che invitano invece a separarsi e a rinchiudersi.

Comincia così la novità dell’esistenza: andando dietro a Cristo che chiama e si propone come strada per la vita dei suoi discepoli, noi compresi.

 Gesù vede e parla a due persone, la qualità della relazione a cui dà inizio, è segno della novità dell'Amore. “Venite dietro a me, e vi farò diventare pescatori di uomini”: il che vuol dire che Gesù chiede a Simone e ad Andrea di convertirsi non facendo chissà che cosa, ma seguendolo e facendo sì che la missione di salvezza di Cristo diventi la loro vocazione.

La vocazione alla conversione è  quella di entrare in relazione con lui, di lasciarsi amare da lui e di portare il suo amore e la sua verità nel mondo. Gesù chiede di rispondere al suo Amore: Gesù ama e chiede di essere amato. Ecco: la novità della storia è l’inizio della relazione d’Amore, finalizzata a gustare l’Amore e ad immettere l’Amore in ogni attimo, in ogni azione in cui la vita si dipana. Questa è la “conversione” che Gesù chiede: non fare della vita un mezzo per fare delle cose, ma vivere la vita in un tale Amore che ogni cosa viva.

 

3) La sequela delle Vergini consacrate.

            Un esempio di vivere il fatto di essere discepoli seguendo Cristo ci è dato dalle Vergini consacrate. Con il loro gesto di offerta di se stesse al Signore Gesù, queste donne testimoniano che la sequela di Cristo è imitare Gesù casto, povero, obbediente, pregandolo di essere rese capaci di amare con il Suo amore, di donare con il Suo Cuore, di servire con la Sua luce, di operare con i Suoi doni.

Con la loro vita consacrata testimoniano, in primo luogo, che l’iniziativa è di Cristo, e che il suo appello è gratuito. In secondo luogo, mostrano che è possibile rispondere alla chiamata di Gesù anche se questo appello comporta un distacco così radicale e profondo che San Marco parla di abbandono del padre e del lavoro. Abbandonare il mestiere e la famiglia è come sradicarsi. Ma vale la pena, perché così ci si può radicare in Cristo.

La loro vita ci spinge a fare nostra la preghiera che il Sacerdote oggi dice all’inizio della Messa: “O Padre, che nel tuo Figlio ci hai dato la pienezza della tua parola e del tuo dono, fa' che sentiamo l’urgenza di convertirci a te e di aderire con tutta l'anima al Vangelo, perché la nostra vita annunzi anche ai dubbiosi e ai lontani l’unico Salvatore, Gesù Cristo”.

Sull’esempio delle Vergini consacrate, ognuno di noi, ogni mattino, ad ogni risveglio, è in grado di dire: “anch'io posso ‘convertirmi’, posso e devo muovere pensieri e sentimenti e scelte verso Dio perché entri di più nel mio cuore e in quello del mondo”.

 

 

Lettura Patristica

San Girolamo

Comment. in Marc., 1


       "E camminando lungo il mare di Galilea, vide Simone e suo fratello Andrea che gettavano le reti in mare: infatti essi erano pescatori " (
Mc 1,16). Simone, che non ancora si chiamava Pietro, perché non ancora aveva seguita la Pietra (cf. Ex 17,5-6 1Co 10,4) tanto da meritarsi il nome di Pietro, Simone, dunque, e suo fratello Andrea, erano sulla riva e gettavano le reti in mare. La Scrittura non precisa se, dopo aver gettato le reti, presero dei pesci. Dice soltanto: «Vide Simone e suo fratello Andrea che gettavano le reti in mare: infatti essi erano pescatori». Il Vangelo riporta che essi gettavano le reti, ma non aggiunge che cosa presero con esse. Cioè, ripeto, prima della passione essi gettarono le reti, ma non sta scritto se catturarono dei pesci. Invece, dopo la passione, gettano le reti e prendono i pesci: tanti ne prendono che le reti si rompono (Lc 5,6 Jn 1,11). Qui, invece, si dice soltanto che gettavano le reti, perché erano pescatori.

       "E Gesù disse loro: «Seguitemi, e vi farò pescatori di uomini»" (
Mc 1,17). Oh, felice trasformazione della loro pesca! Gesù li pesca, affinché essi a loro volta peschino altri pescatori. Dapprima essi son fatti pesci, per poter essere pescati da Cristo: poi essi pescheranno altri. E Gesù dice loro: «Seguitemi, e vi farò pescatori di uomini».

       "E quelli, subito, abbandonate le reti, lo seguirono" (
Mc 1,18). «Subito», dice Marco. La vera fede non conosce esitazioni: subito ode, subito crede, subito segue e subito fa diventare pescatore. E subito, dice Marco, «abbandonate le reti». Credo che con le reti essi abbiano abbandonato le passioni del mondo. «E lo seguirono»: non avrebbero infatti potuto seguire Gesù se si fossero portati dietro le reti, cioè i vizi terreni.

       "E andato un poco avanti, vide Giacomo di Zebedeo e Giovanni suo fratello, anch’essi nella barca che riattavano le reti" (
Mc 1,19). Dicendo che riattavano le reti, si fa capire che esse erano rotte. Essi gettavano le reti in mare: ma poiché le reti erano rotte, non potevano prendere pesci. Aggiustavano, stando in mare, le reti: sedevano sul mare, cioè sedevano nella barca insieme al padre Zebedeo e riattavano le reti della legge. Abbiamo spiegato tutto questo secondo il suo significato spirituale. Essi aggiustavano le reti, ed erano nella barca. Erano nella barca, non sulla riva, non sulla terra ferma: erano nella barca, che era scossa dai flutti del mare.

       "E subito li chiamò: e quelli, lasciato il loro padre Zebedeo nella barca con i garzoni, lo seguirono" (
Mc 1,20). Qualcuno potrebbe dire: - Ma questa fede è troppo temeraria. Infatti, quali segni avevano visto, da quale maestà erano stati colpiti, da seguirlo subito dopo essere stati chiamati? Qui ci vien fatto capire che gli occhi di Gesù e il suo volto dovevano irradiare qualcosa di divino, tanto che con facilità si convertivano coloro che lo guardavano (Mc 11,5). Gesù non dice nient’altro che «seguitemi», e quelli lo seguono. È chiaro che se lo avessero seguito senza ragione, non si sarebbe trattato di fede ma di temerarietà. Infatti, se il primo che passa dice a me, che sto qui seduto, vieni, seguimi, e io lo seguo, agisco forse per fede? Perché dico tutto questo? Perché la stessa parola del Signore aveva l’efficacia di un atto: qualunque cosa egli dicesse, la realizzava. Se infatti "egli disse e tutto fu fatto, egli comandò e tutto fu creato" (Ps 148,5), sicuramente, nello stesso modo, egli chiamò e subito essi lo seguirono.

       «E subito li chiamò: e quelli subito, lasciato il loro padre Zebedeo...» ecc. "Ascolta, figlia, e guarda, e porgi il tuo orecchio, dimentica il tuo popolo e la casa di tuo padre: il re desidera la tua bellezza" (
Ps 44,11ss). Essi dunque lasciarono il loro padre nella barca. Ascolta, monaco, imita gli apostoli: ascolta la voce del Salvatore, e trascura la voce carnale del padre. Segui il vero Padre dell’anima e dello spirito, e abbandona il padre del corpo. Gli apostoli abbandonano il padre, abbandonano la barca, in un momento abbandonano ogni loro ricchezza: essi, cioè, abbandonano il mondo e le infinite ricchezze del mondo. Ripeto, abbandonarono tutto quanto avevano: Dio non tiene conto della grandezza delle ricchezze abbandonate, ma dell’animo di colui che le abbandona. Coloro che hanno abbandonato poco perché poco avevano, sono considerati come se avessero abbandonato moltissimo.

       Lasciato il padre Zebedeo nella barca con i garzoni, gli apostoli dunque lo seguirono. È giunto ora il momento di spiegare ciò che prima abbiamo detto in modo oscuro, a proposito degli apostoli che aggiustavano le reti della legge. La rete era rotta, non poteva prendere i pesci, era stata corrosa dalla salsedine marina, ed essi non sarebbero mai stati in grado di ripararla se non fosse venuto il sangue di Gesù a rinnovarla completamente.

       

 

Lecture Patristique

Saint Césaire d'Arles(+ 543)
Sermon 144, 1-4

CCL 104, 593-595


La lecture de l'évangile, frères bien-aimés, nous a fait entendre ces paroles du Seigneur: Convertissez-vous, car le Royaume des cieux est tout proche (
Mt 4,17). Le Royaume des cieux est le Christ qui, nous en avons la certitude, connaît les actes bons et mauvais et juge tous les motifs de nos actes.

Aussi nous faut-il devancer Dieu en confessant nos fautes et réprimer tous les dérèglements de l'âme avant le jugement. Nous nous exposons au danger si nous ne savons quel traitement suivre pour nous guérir du péché. Nous devons faire pénitence avant tout parce que nous savons que nous aurons à rendre compte des raisons de nos errements.

Voyez, frères bien-aimés, combien la bonté de notre Dieu est grande envers nous, si grande qu'il veut remettre le péché de celui qui s'en reconnaît coupable et le répare avant le jugement. Car lui, le juste juge, fait toujours précéder le jugement d'un avertissement, pour n'avoir jamais à exercer une justice sévère. Si Dieu veut tirer de nous des ruisseaux de larmes, ce n'est pas pour rien, frères bien-aimés, mais pour que nous puissions recouvrer par le repentir ce que nous avions perdu par la négligence.

Car notre Dieu sait que l'homme n'a pas toujours une volonté droite, et qu'il peut souvent pécher dans sa chair ou commettre des écarts de langage. Au ssi nous a-t-il appris la voie du repentir par laquelle nous pouvons réparer les dommages que nous avons causés, et nous corriger de nos fautes. Pour être sûrs d'en obtenir le pardon, nous ne devons donc jamais cesser de regretter nos péchés.

Si affaiblie que soit la nature humaine par tant de blessures, personne ne doit désespérer. Car le Seigneur est d'une générosité si grande qu'il répand de bon coeur sur tous ceux qui sont à bout de force les dons de sa miséricorde. <>

Mais l'un de vous dira peut-être: "Pourquoi craindrais-je, puisque je ne fais aucun mal?" Sur ce point, écoutez ce que dit l'apôtre Jean: Si nous disons que nous n'avons pas de péché, nous nous égarons nous-mêmes, et la vérité n'est pas en nous (
1Jn 1,8). Que personne donc ne vous égare, mes bien-aimés, car la pire espèce de péché est de ne pas apercevoir ses péchés. Alors que tous ceux qui reconnaissent leurs fautes peuvent se réconcilier avec Dieu en se repentant, aucun pécheur ne mérite davantage notre pitié que celui qui croit n'avoir rien à se reprocher. <>

Je vous exhorte donc, mes bien-aimés, avec les paroles de l'Écriture, à vous tenir humblement sous la main toute-puissante de Dieu (
1P 5,6). Et que personne ne refuse de réparer son péché, puisque personne n'en est exempt, car ce serait déjà une faute que de prétendre être sans péché. Il peut se faire que l'un soit moins coupable que l'autre, mais nul n'est exempt de tout péché. Les hommes sont certes pécheurs à des degrés divers; il n'y en a pourtant aucun qui soit net de toute souillure.

Voilà pourquoi, mes bien-aimés, il faut que ceux qui se sont rendus coupables d'offenses plus graves implorent leur pardon avec plus de foi. Quant à ceux qui se sont préservés des fautes les plus honteuses, qu'ils prient afin de ne pas les commettre. Par la grâce de Jésus Christ notre Seigneur, qui vit et règne avec le Père et l'Esprit Saint pour les siècles des siècles. Amen.

 

 

Patristic reading

Golden Chain

on Mc 1:16-20


Gloss.: The Evangelist, having mentioned the preaching of Christ to the multitude, goes on to the calling of the disciples, whom He made ministers of His preaching, whence it follows, "And passing along the sea of Galilee, &c."
Theophylact: As the Evangelist John relates, Peter and Andrew were disciples of the Forerunner, but seeing that John had borne witness to Jesus, they joined themselves to him; afterwards, grieving that John had been cast into prison, they returned to their trade.
Wherefore there follows, "casting nets into the sea, for they were fishers."
Look then upon them, living on their own labours, not on the fruits of iniquity; for such men were worthy to become the first disciples of Christ; whence it is subjoined, "And Jesus said unto them, Come ye after Me."
Now He calls them for the second time; for this is the second calling in respect of that, of which we read in John. But it is shewn to what they were called, when it is added, "I will make you become fishers of men."
Remig.: For by the net of holy preaching they drew fish, that is, men, from the depths of the sea, that is, of infidelity, to the light of faith. Wonderful indeed is this fishing! for fishes when they are caught, soon after die; when men are caught by the word of preaching, they rather are made alive.
Bede, in Marc., 1, 6: Now fishers and unlettered men are sent to preach, that the faith of believers might be thought to lie in the power of God, not in eloquence or in learning. It goes on to say, "and immediately they left their nets, and followed Him."
Theophylact: For we must not allow any time to lapse, but at once follow the Lord. After these again, He catches James and John, because they also, though poor, supported the old age of their father.
Wherefore there follows, "And when He had gone a little farther thence, He saw James, the son of Zebedee, &c."
But they left their father, because he would have hindered them in following Christ. Do thou, also, when thou art hindered by thy parents, leave them, and come to God. It is shewn by this that Zebedee was not a believer; but the mother of the Apostles believed, for she followed Christ, when Zebedee was dead. (p. 23)
Bede: It may be asked, how he could call two fishers from each of the boats, (first, Peter and Andrew, then having gone a little further, the two others, sons of Zebedee,) when Luke says that James and John were called to help Peter and Andrew, and that it was to Peter only that Christ said, "Fear not, from this time thou shalt catch men;" (
Lc 5,10) he also says, that "at the same time, when they had brought their ships to land, they followed Him."
We must therefore understand that the transaction which Luke intimates happened first, and afterwards that they, as their custom was, had returned to their fishing. So that what Mark here relates happened afterwards; for in this case they followed the Lord, without drawing their boats ashore, (which they would have done had they meant to return,) and followed Him, as one calling them, and ordering them to follow.
Pseudo-Jerome: Further, we are mystically carried away to heaven, like Elias, by this chariot, drawn by these fishers, as by four horses. On these four corner-stones the first Church is built; in these, as in the four Hebrew letters, we acknowledge the tetragrammation, the name of the Lord, we who are commanded, after their example, to "hear" the voice of the Lord, and "to forget" the "people" of wickedness, and "the house of our fathers' " (
Ps 45,10) conversation, which is folly before God, and the spider's net, in the meshes of which we, like gnats, were all but fallen, and were confined by things vain as the air, which hangs on nothing; loathing also the ship of our former walk.
For Adam, our forefather according to the flesh, is clothed with the skins of dead beasts; but now, having put off the old man, with his deeds, following the new man we are clothed with those skins of Solomon, with which the bride rejoices that she has been made beautiful (
Ct 1,4).
Again, Simon, means obedient; Andrew, manly; James, supplanter (ed. note: Cf. vol i, 139, 140, 364); John, grace; by which four names, we are knit together into God's host (ed. note: Al. 'in imaginem'); by obedience, that we may listen; by manliness, that we do battle; by overthrowing, that we may persevere; by grace, that we may be preserved. Which four virtues are called cardinal; for by prudence, we obey; by justice, we bear ourselves manfully; by temperance, we tread the serpent underfoot; by fortitude, we earn the grace of (p. 24) God.
Theophylact: We must know also, that action is first called, then contemplation; for Peter is the type of the active life, for he was more ardent than the others, just as the active life is the more bustling; but John is the type of the contemplative life, for he speaks more fully of divine things.

 

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