Rito
romano
XXXII
Domenica del Tempo Ordinario – Anno C – 10 novembre 2019
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Mac 7, 1-2. 9-14; Sal 16; 2 Ts 2,16-3,5; Lc 20, 27-38
1)La
morte è una nuova nascita, la possiamo paragonare al parto che dà
alla luce
Oggi
la liturgia della parola di Dio ci mette di fronte alla verità di
fede della risurrezione. Come recitiamo nel Credo: “Aspettiamo la
risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà”. A questa
verità molti non credono e al tempo di Gesù erano proprio i
Sadducei a non credere nella risurrezione finale e ironizzano su
questo argomento con Gesù, il quale dà a loro una risposta chiara,
che vedremo nel secondo paragrafo. In questo primo punto propongo
alcune riflessioni previe.
Papa
Francesco in un’Udienza ci ha ricordato che credere nella
resurrezione della carne non cambia solo il momento della nostra
morte, ma ci cambia tutta la vita: “Se riuscissimo ad avere più
presente questa realtà, saremmo meno affaticati dal quotidiano, meno
prigionieri dell’effimero e più disposti a camminare con cuore
misericordioso sulla via della salvezza”. E alla domanda, che tutti
ci poniamo, su cosa significhi resuscitare, il Santo Padre insiste
sul fatto che veramente Dio «restituirà la vita al nostro corpo
riunendolo all'anima... I nostri corpi saranno trasfigurati in corpi
gloriosi. Questa non è una bugia! Noi crediamo che Gesù è risorto,
che Gesù è vivo in questo momento. E se Gesù è vivo, voi pensate
che ci lascerà morire e non ci risusciterà? No! Lui ci aspetta, e
perché Lui è risorto, la forza della sua risurrezione risusciterà
tutti noi”. E ha aggiunto: “La trasfigurazione del nostro corpo
viene preparata in questa vita dal rapporto con Gesù, nei
Sacramenti, specialmente l'Eucaristia. Noi che in questa vita ci
siamo nutriti del suo Corpo e del suo Sangue risusciteremo come Lui,
con Lui e per mezzo di Lui». E bellezza ultima: «mediante il
Battesimo... già partecipiamo alla vita nuova, che è la sua
vita.... Abbiamo in noi stessi un seme di risurrezione, quale
anticipo della risurrezione piena che riceveremo in eredità... Il
corpo di ciascuno di noi è risonanza di eternità, quindi va sempre
rispettato». Queste considerazioni ci richiamano alla
responsabilità, ma insieme ci danno speranza: «Siamo in cammino
verso la risurrezione. Vedere Gesù, incontrare Gesù: questa è la
nostra gioia! Saremo tutti insieme - non qui in piazza, da un'altra
parte - ma gioiosi con Gesù. Questo è il nostro destino!”. E’
un destino di vita, donatoci da Dio. Nel Vangelo di oggi, ma anche in
quello di Matteo e di Marco Gesù prova il fatto della Risurrezione
dicendo: Dio è il Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe
(cfr Mt 22,31-32; Mc 12,26-27; Lc 20,37-38).
Lui non è Dio dei morti. Se Dio è Dio di questi, sono vivi. Chi è
scritto nel nome di Dio partecipa alla vita di Dio, vive. E così
credere è essere iscritti nel nome di Dio. E così siamo vivi. Chi
appartiene al nome di Dio non è un morto, appartiene al Dio vivente.
In questo senso dovremmo capire il dinamismo della fede, che è un
iscrivere il nostro nome nel nome di Dio e così un entrare nella
vita. Eleviamo a Cristo la preghiera perché questo succeda e perché
realmente, con la nostra vita, conosciamo Dio, perché il nostro nome
entri nel nome di Dio e la nostra esistenza diventi vera vita:
vita eterna, amore e verità.
2)
La vita non ci è tolta, ma trasformata.
Alcuni
sadducei[1] vanno da Gesù (Lc 20,27-38) per
metterLo contro le Scritture Sacre e, forse, perché anche il loro
cuore è attratto da Gesù. A Lui si accostano tutti, pur con
intenzioni diverse. Oggi sono gli appartenenti a questa corrente
politico-religiosa, che -a partire dalle loro teorie- fanno una
domanda importante circa la risurrezione dei morti, per difendere la
loro interpretazione delle Scritture. Il caso che sottopongono
riguarda una donna che è stata moglie di sette fratelli. Uno dopo
l'altro essi sono morti senza figli[2] e questa vedova,
presa e lasciata 7 volte, non solo è sterile ma è condannata ad una
vita incerta e infeconda. La conclusione dei sadducei è ironica e
tremenda: “Voi dite che c'è la risurrezione. E come la mettiamo
con questa donna? Ha avuto sette mariti. Di chi sarà moglie
nell’aldilà? Spetta a tutti e sette?”.
Con
la pazienza tipica di chi ama, Gesù risponde allargando la
prospettiva e portando pian piano alla logica della Vita. I criteri
della vita attuale non si possono applicare alla vita futura, perché
la differenza è sostanziale: “non è questione di cibo o di
bevanda, ma è giustizia, pace e gioia nello Spirito Santo”
(cfr Rm 14,17), per sempre: Cambia completamente la
dimensione dove “su ogni istante gravita l’eterno” (Ada
Negri), “La grandezza dell’uomo, la sua gloria e la sua
maestà consistono nel conoscere ciò che è veramente grande,
nell’attaccarsi ad esso e nel chiedere la gloria dal Signore della
gloria” (San Basilio, Omelia 20 sull’umiltà, cap.3).
Infatti
rispondendo, Gesù cita la Scrittura ma sorprendentemente fa
riferimento ad Esodo3,6 che è un testo su Dio e non
sulla risurrezione: “Che poi i morti risorgono, lo ha indicato
anche Mosè a proposito del roveto, quando chiama il Signore: Dio di
Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe. Dio non è Dio dei morti, ma
dei vivi; perché tutti vivono per lui”. Dove sta in ciò la
prova che i morti risorgono? Se Dio si definisce “Dio di Abramo,
di Isacco e di Giacobbe” ed è un Dio dei vivi, non dei morti,
allora vuol dire che Abramo, Isacco e Giacobbe vivono da qualche
parte, anche se, al momento in cui Dio parla a Mosè, essi sono morti
da secoli.
Rispondendo
ai sadducei, Gesù ne approfitta anche per correggere le idee di quei
farisei, che concepivano la risurrezione in termini materiali,
prestandosi in tal modo all'ironia degli spiriti più liberali,
ironia di cui il brano evangelico di oggi parla: Una donna
ebbe sette mariti, nella risurrezione di chi sarà moglie? Gesù
afferma che la vita dei morti sfugge agli schemi di questo mondo
presente: è una vita diversa perché divina ed eterna: verrebbe da
somigliarla a quella degli angeli (cfr Lc 20,36).
Gli
angeli[3] non sono le creature gentili e un po' evanescenti del
nostro immaginario. Nella Bibbia gli angeli hanno la potenza di Dio,
un dinamismo che trapassa, sale, penetra, che vola nella luce,
nell'amore, nella bellezza. Il loro compito è di custodire,
illuminare, reggere, rendere bello l'amore. Gli angeli, che
contemplano incessantemente Dio, sono gli stessi a cui la pietà
celeste ci ha affidati in custodia, che illuminano, ci proteggono
costantemente nella vita e ci conducono nelle vie del Signore verso
la dimora definitiva. Noi siamo chiamati ad una vita angelica qui e
ora, e per l’eternità. L’effimero[4] diventa eterno. Con la
Croce Cristo non si è liberato dall’effimero, per “fuggire”
verso l’eternità, ma ha seminato il seme dell’eternità nel
cielo del mondo, per far germogliare il Regno di Dio e introdurre nel
mondo una vita angelica.
3)
La vita angelica della vita consacrata.
Prima
di accennare a come la vita consacrata è vita angelica e trasforma
l’effimero in eterno vorrei precisare che quelli che sostengono che
il matrimonio non ha alcun seguito in cielo interpretano in modo
errato la risposta che Gesù da ai Sadducei. Con l’affermazione: “I
figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito; ma quelli
che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione dai
morti, non prendono né moglie né marito: infatti non possono più
morire, perché sono uguali agli angeli e, poiché sono figli della
risurrezione, sono figli di Dio” (Lc 20, 34-35)
Gesù rigetta l’idea caricaturale che i sadducei presentano dell’al
di là, come fosse un semplice proseguimento dei rapporti terreni tra
i coniugi; non esclude che essi possano ritrovare, in Dio, il vincolo
li ha uniti sulla terra[5].
Oltre
alla famiglia, c’è un altro “luogo” che è scuola dell’amore:
è la vita consacrata che “educa” trasformando l’esistenza
delle persone in un canto di pura lode al Signore: come la vita degli
angeli, come la vita dei santi. Ma perché tutto questo avvenga
bisogna accordare l'arpa, bisogna acquistare la purezza di cuore e le
persone consacrate lo fanno con il voto e la pratica della verginità.
La natura pretende dall’uomo che scriva qualcosa di definitivo
sulla superficie di un materiale effimero. Mediante l’Eucaristia
l’effimero del pane e del vino diventa eterno.
Analogamente
accade nella consacrazione verginale. Quando le vergini si consacrano
il loro ideale “in se stesso veramente alto, non esige tuttavia
alcun particolare cambiamento esteriore. Normalmente ciascuna
consacrata rimane nel proprio contesto di vita. È una via che sembra
priva delle caratteristiche specifiche della vita religiosa,
soprattutto dell’obbedienza. Ma per voi l’amore si fa sequela: il
vostro carisma comporta una donazione totale a Cristo, una
assimilazione allo Sposo che richiede implicitamente l’osservanza
dei consigli evangelici, per custodire integra la fedeltà a Lui (cfr
RCV, 47)… Vi esorto ad andare oltre il modo di apparire, cogliendo
il mistero della tenerezza di Dio che ciascuna porta in sé e
riconoscendovi sorelle, pur nella vostra diversità” (Benedetto
XVI, Discorso alle Partecipanti al Congresso dell’”Ordo
Virginum”, 15 maggio 2008).
In
questo modo testimoniano con la loro esistenza che la tenera grazia
di Dio vale più della vita (cfr Sal. 62/63, 4).
[1] I
Sadducei costituirono un'importante corrente spirituale del giudaismo
ed anche un preciso gruppo politico, composto dall'aristocrazia delle
antiche famiglie, nell'ambito delle quali venivano reclutati i
sacerdoti dei ranghi più alti, come anche, in particolare, il
Sommo Sacerdote. Cercavano di vivere un giudaismo illuminato, e
quindi di trovare un compromesso anche con il potere romano.
Non
conosciamo molto dei sadducei e della loro spiritualità, perché la
loro fazione, ritenuta colpevole di collaborazionismo nei confronti
dei Romani, fu letteralmente sterminata, durante la rivolta giudaica
del I secolo dopo Cristo. Sul piano dottrinale, si ritiene, in base
alle scarse informazioni pervenuteci, che i sadducei, a differenza
dei farisei, considerassero vincolante solamente la cosiddetta Legge
scritta, ossia quanto tramandato nei primi cinque libri
(Pentateuco) della Bibbia o Torah. Al contrario, i farisei
sostenevano che avesse pari importanza, la Legge orale ossia la
tradizione interpretativa della Torah, trasmessa in maniera verbale.
Al
contrario dei farisei, i sadducei non credevano alla resurrezione dei
morti. Tuttavia, è lecito dubitare che avessero, al riguardo, una
posizione di netta preclusione, sia perché ciò non si concilierebbe
con il contenuto della stessa Legge scritta, sia perché l'evidenza
archeologica delle modalità di sepoltura seguite dai sadducei
attesta, in ogni caso, una fede nella esistenza di un mondo
ultraterreno del quale il defunto, alla morte, entra a far parte.
[2] L’essere
senza figli per gli Ebrei era considerato come una vergogna grande
(cfr, per es,Lc 1, 25) e come un castigo di Dio (cfr, per
es., Os 9, 14)
[3] Il Catechismo
della Chiesa Cattolica (CCC) afferma l’esistenza degli
Angeli, come "verità di fede", testimoniata dalla
Scrittura e dalla Tradizione (CCC n.328). La loro creazione avvenne
dal nulla, secondo il pronunciamento del Concilio Lateranense IV del
1215 (CCC n.327).
Sempre il CCC specifica inoltre l’identità
degli Angeli: sono creature spirituali, dotate di intelligenza e
volontà e sono superiori alle creature visibili (CCC n.330). La
missione degli Angeli consiste nell’essere servitori e messaggeri
di Dio e potenti esecutori dei suoi comandi (CCC n.329).
Non va
dimenticata la relazione degli Angeli con il mistero di Cristo:
"Cristo è il centro del mondo angelico" (CCC n.331). Gli
Angeli, insieme all’intera creazione, sono stati creati per mezzo
di Lui e in vista di Lui, e inoltre, essi sono messaggeri del suo
disegno di salvezza (CCC n.331).
Il CCC delinea una catechesi
biblica sugli angeli e sulla loro missione nell’AT e nel NT. Gli
episodi scelti dall’AT (CCC n.332) nominano i Cherubini che, dopo
la cacciata dell’uomo, custodiscono il giardino dell’Eden e
l’albero della vita (Gn 3,24); gli Angeli che proteggono Lot (Gn
19); l’Angelo che salva Agar e il suo bambino assetati e smarriti
nel deserto (Gn 21,17); quello che ferma la mano di Abramo in
procinto di immolare Isacco (Gn 22,11-12); l’Angelo che guida il
popolo nel deserto (Es 23,20-23); quello che annuncia la nascita di
Sansone (Gdc 13); l’Angelo che annunzia la vocazione di Gedeone
(Gdc 6,11-24); l’Angelo che assiste Elia in fuga e impaurito, con
una focaccia e un orcio d’acqua (1Re 19,5-7).
Gli episodi scelti
dal NT menzionano, anzitutto, Gabriele che annuncia la nascita del
Battista e di Gesù (CCC n332). Si ricordano poi gli interventi degli
Angeli che cantano l’inno di lode per la nascita del Salvatore, ne
proteggono l’infanzia, lo servono nel deserto, lo confortano
nell’agonia, annunciano la buona novella della resurrezione, lo
serviranno nell’ultimo giudizio (CCC n.333).
Per
una buona e sintetica presentazione si veda la
voce Angeli nel Dizionario critico di
Teologia (Roma 2006 – [Paris 2007 3ème édition])
pubblicato sotto la direzione di Jean-Yves Lacoste.
[4] effìmero
(o efìmero) è un aggettivo [dal latino tardo ephemĕrus,
gr. ἐϕήμερος, comp. di ἐπί «sopra» e ἡμέρα
«giorno»], che indica ciò che dura un solo giorno e, per
estensione, ciò che ha breve durata: fama, gloria, grandezza
effimera; illusioni, speranze effimere le
ricchezze materiali sono effimere.
[5] A
questo riguardo P. Raniero Cantalamessa, OFM Capp., Predicatore della
Casa Pontificia scrive: “È possibile che due sposi, dopo una
vita che li ha associati a Dio nel miracolo della creazione, nella
vita eterna non abbiamo più niente in comune, come se tutto fosse
dimenticato, perduto? Non sarebbe questo in contrasto con la parola
di Cristo che non si deve dividere ciò che Dio ha unito? Se Dio li
ha uniti sulla terra, come potrebbe dividerli in cielo? Può tutta
una vita insieme finire nel nulla senza che si smentisca il senso
stesso della vita di quaggiù che è di preparare l’avvento del
regno, i cieli nuovi e la terra nuova?”. È la Scrittura stessa –
non solo il naturale desiderio degli sposi -, ad appoggiare questa
speranza. Il matrimonio, dice la Scrittura, è “un grande
sacramento” perché simboleggia l’unione tra Cristo e la Chiesa
(Ef 5, 32). Possibile dunque che esso sia cancellato proprio nella
Gerusalemme celeste, dove si celebra l’eterno banchetto nuziale tra
Cristo e la Chiesa, di cui esso è immagine?
Secondo
questa visione, il matrimonio non finisce del tutto con la morte, ma
viene trasfigurato, spiritualizzato, sottratto a tutti quei limiti
che segnano la vita sulla terra, come, del resto, non sono
dimenticati i vincoli esistenti tra genitori e figli o tra amici. Nel
prefazio della Messa dei defunti la liturgia dice che con la morte
“la vita è mutata, non è tolta”; lo stesso si deve dire del
matrimonio che è parte integrante della vita.”
Lettura
Patristica
Sant’Agostino
d’Ippona
ESPOSIZIONE
SUL SALMO 65
DISCORSO AL POPOLO
DISCORSO AL POPOLO
La
resurrezione del Capo anticipa la resurrezione delle membra.
1.[v
1.] Questo salmo reca nel titolo: Sino
alla fine, cantico del salmo della resurrezione. Quando
si canta un salmo, se udite le parole sino
alla fine, intendetele
" fino a Cristo ". Dice infatti l'Apostolo: Fine
della legge è Cristo, a giustificazione di ogni
credente 1. Ascoltate
dunque quale sia la resurrezione di cui si canta nel salmo, e chi sia
il risorto. Ve ne parleremo apertamente nella misura di cui egli
stesso ce ne avrà fatto dono. Noi cristiani sappiamo che la
resurrezione si è già compiuta nel nostro capo, e che si compirà
nelle membra. Capo della Chiesa è Cristo,
membra di Cristo è la Chiesa 2. Ciò
che
prima è accaduto nel capo accadrà poi nel corpo. Questa è la
nostra speranza; per la quale preghiamo, per la quale resistiamo e
perseveriamo pur in mezzo alla dilagante malvagità di questo mondo.
Questa speranza ci consola, finché la stessa speranza non sia
divenuta realtà. Sarà infatti realtà quando anche noi risorgeremo,
e, trasformati in esseri celesti, diverremo uguali agli angeli. Chi
avrebbe osato sperare tanto, senza la promessa della Verità? Una
tale speranza, loro promessa, i giudei tenevano gelosamente per se
stessi, e si gloriavano assai delle loro opere buone e quasi giuste.
Avevano infatti ricevuto la legge e, se fossero vissuti secondo
questa legge, avrebbero qui posseduto beni materiali e poi, nella
resurrezione dei morti, potevano sperarne altri, analoghi a quelli di
cui qui avevano goduto. Per questo i giudei non erano capaci di
rispondere ai sadducei, che negavano la futura resurrezione, quando
proponevano loro la stessa questione che più tardi avrebbero
proposta anche al Signore. Ci rendiamo conto che essi non erano stati
capaci di risolvere tale questione dal fatto che ammirarono il
Signore quando la risolse. Proponevano dunque i sadducei la questione
di una donna che aveva avuto sette mariti, non tutti insieme, ma uno
dopo l'altro. Infatti la legge per assicurare la diffusione del
popolo stabiliva che, se qualcuno fosse morto senza figli, il
fratello di lui, se ne aveva, doveva prendere in sposa la moglie, per
dare una discendenza al fratello defunto 3.
Proposero dunque la questione di una donna che aveva avuto sette
mariti, tutti morti senza figli, i quali, uno dopo l'altro, avevano
sposato la moglie del fratello per adempiere al precetto della legge.
Chiedendo un chiarimento della difficoltà, dissero: Di
quale di loro sarà sposa dopo la resurrezione? Senza
dubbio, i giudei non sarebbero rimasti frastornati né si sarebbero
arresi in tale questione, se nella resurrezione non avessero sperato
di godere gli stessi beni di cui godevano in questa vita. Ma il
Signore, che prometteva l'uguaglianza con gli angeli, non un'altra
vita umana carnale e corruttibile, poté senza esitazione
rispondere: Sbagliate,
non conoscendo né le Scritture né la potenza di Dio. Nella
resurrezione, infatti, non prenderanno marito né prenderanno moglie:
e neppure moriranno, ma saranno uguali agli angeli di Dio 4. Dimostrò
così che l'avvicendamento è necessario solo là ove si danno i
luttuosi casi di morte; mentre lassù, dove nessuno morrà, non ci si
dovrà neppure preoccupare dei successori. Per questo aggiunse: Non
moriranno. I giudei
pertanto, i quali speravano, anche se carnalmente, nella futura
resurrezione, si rallegrarono per la risposta data ai sadducei, con i
quali essi discutevano su tale dubbiosa ed oscura questione. I giudei
speravano dunque nella resurrezione dei morti; ma speravano di
risorgere essi soli alla vita eterna: in forza delle opere della
legge e delle giustificazioni delle Scritture, che i soli giudei
possedevano e i gentili non possedevano. Da quando però Cristo è
stato crocifisso, una specie
di cecità
è capitata a una parte di Israele, affinché entrasse la totalità
delle genti 5, come
dice l'Apostolo. Da allora la resurrezione dei morti si è cominciato
a prometterla anche alle genti, purché credano in Gesù Cristo e
alla sua resurrezione. Ecco perché questo salmo si oppone alla
presunzione e alla superbia dei giudei, schierandosi a favore delle
genti chiamate, per la fede, a quella stessa speranza nella
resurrezione.
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