Rito
Romano – XX Domenica del Tempo Ordinario – Anno A – 17
agosto2014
Is
56,1.6-7; Sal 66; Rm 11,13-15.29-32; Mt 15,21-28
Rito
Ambrosiano – X Domenica dopo Pentecoste
1Re
8,15-30; Sal 47; 1Cor 3,10-17; Mc 12,41-44
1)
La fede abolisce le distanze.
A
pochi giorni dalla Festa dell’Assunzione, in cui la protagonista è
la Madonna, la liturgia di questa domenica offre alla nostra
meditazione la figura di un’altra donna come protagonista con
Cristo di un miracolo. E’ originaria di Canaan, quindi per gli
Ebrei, Gesù compreso. è una straniera.
La
distanza da Cristo da parte della Cananea era esteriore. Doveva fare
un lungo cammino per superare secoli di paganesimo che la separavano
oggettivamente dalla salvezza. Fra noi battezzati e il Signore invece
c’è spesso una distanza interiore dovuta alla barriera della
nostra pigrizia spirituale e mediocrità a impedire il contatto. Se
solo riuscissimo a non chiuderci in noi stessi nei momenti di
difficoltà nella vita ma continuassimo invece a chiedere, cercare e
supplicare da Dio, avremmo la possibilità di vedere esaudite le
nostre domande e ottenere quello che serve al vero bene nostro e di
chi amiamo.
Così
infatti è accaduto alla Cananea. I segni che accompagnavano Gesù
l’hanno spinta da Lui. Lei ha saputo di Gesù, ha ascoltato
l'annuncio che dona la fede, perché la fede viene dalla predicazione
(Rm 10,17), si è sentita trafiggere il cuore, ed è corsa
alla fonte della Vita. Una pagana intraprende un cammino di salvezza
mossa dall’ascolto di un annuncio e spinta dal desiderio di ridare
la salute alla figlia. E’ il principio del passaggio dalla
schiavitù alla libertà. L’occasione l’ha resa audace.
L’amore per la figlia, sino allora impotente, incontrò l’Amore
che è Vita, salute e Salvezza. Molto cammino ha percorso questa
madre, umiliandosi tra il disprezzo dei “figli” d'Israele e la
vergognosa infermità della figlia. Lei ha visto che il suo amore di
madre è incapace di aiutare, di dare senso all'esistenza. Non c'è
sofferenza più grande di un amore di madre strozzato nell’impotenza
di farsi salvezza per i propri figli.
Questa
donna, che chiese il miracolo della guarigione per sua figlia, ebbe
un coraggio enorme, perché sapeva che il fatto di essere donna e
straniera era un grosso ostacolo all’accoglimento della sua domanda
di grazia.
Era
donna e questo per gli antichi, ma non per la Bibbia, era “un male
necessario”, e non solo non era ebrea, era Cananea, della
discendenza di Cam, il figlio che ebbe un atteggiamento di disprezzo
verso suo padre Noè e da questi maledetto1.
Per
Gesù il fatto che la Cananea fosse una donna non era
un’obiezione, ma una benedizione. Come fu
dall’inizio, e continua ad essere ancora, la donna è una
benedizione divina, per cui Lui “è nato da Donna (Gal
4,4,). La seconda obiezione è sciolta da Cristo come neve al sole in
un unico modo: Lui chiede, allora come oggi, la fede.
Non
è per caso che nel Nuovo Testamento la fede venga innanzitutto dalle
donne: la Vergine Maria- che è “il tipo”2
per eccellenza della fede, sua cugina Elisabetta, la profetessa Anna,
le discepole - in particolare Maria Maddalena - che seguono Gesù
ovunque vada, le donne incontrate da San Paolo (cfr Rm 16),
Lidia a Filippi, alla quale il Signore aprì il cuore al Vangelo
portato degli Apostoli (cfr At 16,14) e le “molte donne e i
non pochi uomini” (At 17, 12) di Tessalonica, come pure
Damaride, la donna ateniese che credette dopo il discorso di Paolo
all’Areopago (At 17, 34), e Priscilla con il marito Aquila a
Corinto (At 18, 2).
Questa
“benedetta donna” cananea va incontro a Gesù e Gli grida “Pietà
di me” (Mt 15, 22). Traducendo letteralmente, questa
preghiera suona così: “Impietosisciti di me, Signore, figlio di
Davide”. Tuttavia sembra quasi che il Messia non si lasci
commuovere da questo grido e dà una risposta dura, almeno
all’apparenza, paragonando questa donna e sua figlia indemoniata ai
“cagnolini”. La Cananea riconosce la sua situazione di miseria e
di estraneità, ma l’amore materno la spinge ed osa una risposta
intelligente e piena di fede, che si può tradurre così: “Ma sì,
Signore. Infatti anche i cagnolini mangiano dalle briciole che cadono
dalla tavole dei loro padroni”, perciò anche quelli che sono
considerati come cani hanno “diritto” al “pane dei padroni”.
La
Cananea ha superato l’esame, offrendo a Cristo la confessione che
nasce dal suo cuore di madre. Il cuore di Gesù non attendeva che
questo e si rivolge alla Cananea con il titolo nobiliare di: “Donna
(= Signora)”.
Con
la sua fede questa donna ha recuperato la sua dignità di figlia di
Dio nel Figlio di Dio e, in forza della sua fede, questa dignità è
stata comunicata al frutto del suo grembo: sua figlia è stata
liberata dal demonio che ne deturpava l’immagine e somiglianza.
Domandiamo
al Signore questa stessa fede e ricordiamo che le donne sono poste
come benedizione dal Signore. A commento di questa frase cito quanto
San Giovanni Paolo II ha scritto nella sua Lettera alle donne:
“La
Chiesa - affermavo nella Lettera apostolica Mulieris dignitatem -
desidera ringraziare la santissima Trinità per il “mistero della
donna”, e, per ogni donna, per ciò che costituisce l'eterna misura
della sua dignità femminile, per le “grandi opere di Dio” che
nella storia delle generazioni umane si sono compiute in lei e per
mezzo di lei » (n. 31).
Il grazie al Signore per il suo disegno
sulla vocazione e la missione della donna nel mondo, diventa anche un
concreto e diretto grazie alle donne, a ciascuna donna, per ciò che
essa rappresenta nella vita dell'umanità.
Grazie
a te, donna-madre, che ti fai grembo dell'essere umano nella gioia e
nel travaglio di un'esperienza unica, che ti rende sorriso di Dio per
il bimbo che viene alla luce, ti fa guida dei suoi primi passi,
sostegno della sua crescita, punto di riferimento nel successivo
cammino della vita.
Grazie
a te, donna-sposa, che unisci irrevocabilmente il tuo destino a
quello di un uomo, in un rapporto di reciproco dono, a servizio della
comunione e della vita.
Grazie
a te, donna-figlia e donna-sorella, che porti nel nucleo familiare e
poi nel complesso della vita sociale le ricchezze della tua
sensibilità, della tua intuizione, della tua generosità e della tua
costanza.
Grazie
a te, donna-lavoratrice, impegnata in tutti gli ambiti della vita
sociale, economica, culturale, artistica, politica, per
l'indispensabile contributo che dai all'elaborazione di una cultura
capace di coniugare ragione e sentimento, ad una concezione della
vita sempre aperta al senso del « mistero », alla edificazione di
strutture economiche e politiche più ricche di umanità.
Grazie
a te, donna-consacrata, che sull'esempio della più grande delle
donne, la Madre di Cristo, Verbo incarnato, ti apri con docilità e
fedeltà all'amore di Dio, aiutando la Chiesa e l'intera umanità a
vivere nei confronti di Dio una risposta « sponsale », che esprime
meravigliosamente la comunione che Egli vuole stabilire con la sua
creatura.
(A questo riguardo è utile per le Vergine consacrate
nel mondo meditare costantemente le risposte che hanno dato al
Vescovo durante il rito della consacrazione: ‘Volete perseverare
tutta la vostra vita nella decisione della verginità consacrata al
servizio del Signore e della Sua Chiesa?’ - ‘Sì, lo vogliamo’.
‘Volete seguire Cristo secondo il Vangelo in modo tale che la
vostra vita appaia come una testimonianza d’amore e segno del Regno
che verrà?’ – ‘Sì, lo vogliamo’. ‘Volete essere
consacrate al Signore Gesù Cristo, Figlio del Dio Altissimo, e
riconoscerlo come vostro sposo?’ – ‘Sì, lo vogliamo’. Allora
il Vescovo e l’Assemblea dicono: ‘Rendiamo grazie a Dio’ –
Rituale della Consacrazione delle vergini, n. 17).
Grazie
a te, donna, per il fatto stesso che sei donna! Con la percezione che
è propria della tua femminilità tu arricchisci la comprensione del
mondo e contribuisci alla piena verità dei rapporti umani.
[…]
Vegli Maria, Regina dell'amore, sulle donne e sulla loro
missione al servizio dell'umanità, della pace, della diffusione del
Regno di Dio!” (Lettera alle donne, 1995).
1
Come
emerge, per esempio, da questa citazione: “Maledetto Canaan! Servo
dei servi dei fratelli suoi sussista. Benedetto il Signore Dio di
Sem, e sia Cam servi di essi. Jafet, Dio lo estenda, ed abiti nelle
tende di Sem e sia Canaan servo di essi” (Gn
9, 25-27). Questa maledizione fu confermata lungo i tempi, come si
legge, per es., in
Deuteronomio
7, 2, dove c’è
scritto di non
fare grazia ai Cananei.
2
La Madonna è l’esempio più alto della fede e dell’umiltà,
virtù
che
devono caratterizzare il nostro accostarci al Mistero
dell'Incarnazione.
Letture
Patristiche
San
Giovanni Crisostomo (circa 345-407),
Vescovo
d'Antiochia poi di Costantinopoli, Dottore della Chiesa
Omelia
« Cristo sia annunziato », 12-13; PG 51, 319-320
La
preghiera umile e insistente
Una
donna Cananèa, si avvicinò a Gesù e si mise a supplicarlo a gran
voce per sua figlia posseduta da uno spirito immondo... Che altro era
questa donna, straniera, barbara, senza alcun legame con la comunità
ebraica, se non una cagna indegna di ottenere ciò che domandava ? «
Non è bene, dice Gesù, prendere il pane dei figli e gettarlo ai
cagnolini ». Eppure la sua perseveranza le ha meritato di essere
esaudita. Colei che era considerata non più di una cagna, è stata
innalzata da Gesù alla dignità dei figli ; anzi egli l'ha colmata
di elogi. Le disse, mentre la congedava : « Donna, davvero grande è
la tua fede ! Ti sia fatto come desideri » (Mt 15, 28). Quando
udiamo Cristo dire : « La tua fede è grande », non dobbiamo
cercare altrove altre prove della grandezza di animo di questa donna.
Vedi come lei ha cancellato la sua indegnità con la sua
perseveranza. Inoltre, nota che otteniamo di più dal Signore con la
nostra preghiera che con la preghiera degli altri.
San
Beda il Venerabile (circa 673-735),
Monaco,
Dottore della Chiesa
Omelie
sui Vangeli I, 22
CCL
122, 156-160 ; PL 94, 102-105
La
fede della donna sirofenicia
«Donna,
davvero grande è la tua fede! Ti sia fatto come desideri» (Mt
15,28). Sì, la donna sirofenicia possiede una grandissima fede. Pur
non conoscendo né gli antichi profeti, né i recenti miracoli del
Signore, né i suoi comandamenti né le sue promesse, anzi, respinta
da lui, persevera nella sua domanda e non si stanca di bussare alla
porta di colui che per fama gli era stato indicato come salvatore.
Perciò la sua preghiera viene esaudita in modo visibile e
immediato...
Quando
uno di noi ha la coscienza macchiata dall'egoismo, dalla superbia,
dalla vana gloria, dal disprezzo, dall'ira, dalla gelosia o da
qualche altra passione, ha proprio, come quella donna di Canaan, «una
figlia crudelmente tormentata da un demonio». Che corra dunque a
supplicare il Signore affinché egli la guarisca... Che faccia questo
con umile sottomissione; che non ritenga se stesso degno di
condividere la sorte delle pecore di Israele, cioè delle anime pure,
invece che giudichi se stesso indegno delle ricompense del cielo. La
disperazione, tuttavia, non lo spinga ad allentare l'insistenza della
sua preghiera, ma che il suo cuore abbia una fiducia incrollabile
nell'immensa bontà del Signore. Infatti, colui che ha potuto fare
dal ladrone un confessore della fede (Lc 23,39), dal persecutore un
apostolo (Ac 9), e da pietre dei figli di Abramo (Mt 3,1), è anche
capace di trasformare un cagnolino in una pecora di Israele.
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