Rito
Romano
Gs 24,1-2a.15-17.18b; Sal 33; Ef
5,21-32; Gv 6,60-69
Rito
Ambrosiano
Domenica
che precede il Martirio di San Giovanni il Precursore.
2Mac
7,1-2. 20-41; Sal 16; 2Cor 4,7-14; Mt 10,28-42
1)
Andare: verbo di stato!
Domenica scorsa, abbiamo
meditato sui verbi “rimanere e dimorare” come verbi di moto o
movimento. Oggi mediteremo sul verbo “andare” come verbo di
stato. In effetti, se Cristo è la Via, se camminiamo su questa Via
che è Lui, “stiamo” con Lui.
Ma procediamo con ordine,
esaminiamo insieme e in maniera più approfondita la domanda di
Cristo ai suoi Apostoli: “Volete andarvene anche voi?”, e la
risposta di Pietro: “Maestro, da chi andremo, tu solo hai parole di
vita eterna!”, che si trovano nel vangelo “romano” di questa
domenica.
Per fare ciò, riandiamo
brevemente al Vangelo della domenica precedente, in cui abbiamo
ascoltato queste frasi: «La
mia carne è vero cibo»,
«Chi
mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui »,
che ci dicono che siamo fatti non per la morte, ma per la vita.
Vivendo nel tempo che passa, la vita se ne va, giorno dopo giorno.
Mangiando il Corpo di Cristo riceviamo la sua vita immutabile e
ferma. Vivendo di Lui e in Lui la nostra vita è immortale.
Come non
gioire di questo Evangelo, cioè di questa lieta e vera notizia, che
soddisfa il nostro desiderio di vita piena e duratura?
Eppure,
nel Vangelo di oggi, vediamo la reazione della gente e dei discepoli
al donarsi di Cristo come Pane di Vita e commentano: «Sono dure
questa parole».
Oggi
come allora, molti reagiscono negativamente a queste parole,
dichiarate “dure”, perché difficili da capire, da accettare. Si
potrebbe dire che, in fondo, la gente non voglia avere Dio così
vicino, così alla mano, così partecipe delle sue vicende. La gente
lo vuole grande e, in definitiva anche noi spesso lo vogliamo un po'
lontano da noi, per vivere più comodi, per condurre un’esistenza
con quello che chiamiamo buon senso.
Credo,
però, che questa reazione non sia dovuta solamente alla difficoltà
di questa parole dure, ma al fatto che Chi le dice è povero. In
effetti il figlio del falegname non ha neppure dove posare il capo.
Secondo la
mentalità corrente, secondo il cosiddetto buon senso non conviene
seguire un povero che dice parole dure. E’ paradossale, oggi come
allora si è più disposti a credere a chi è ricco e potente, anche
se fa promesse assurde, che al Povero che ci dichiara il suo amore,
che è Amore.
2)
Parole di un Povero a dei mendicanti.
Cristo è
povero non tanto perché è nato in una modesta famiglia, ma perché
Dio è Povero, cioè l’Amore che è dono completo di sé nella
Trinità e in noi. Dio non ha in mano le briglie del potere. «Dio
non vuole nessun potere, se non quello di donare e donarsi. In Lui
non c’è che l’amore. Lui non può toccarci che con il suo amore,
come noi non possiamo raggiungerlo che con il nostro amore… Per
incontrarlo, occorre ascoltarlo e fare del nostro essere un silenzio
inginocchiato e allora la sua voce risuona in noi»
(Maurice Zundel) e le sue parole ci diventano chiare.
Di fronte
alla contestazione di queste parole stupefacenti, Gesù avrebbe
potuto ripiegare su parole rassicuranti: «Amici -avrebbe potuto
dire- non preoccupatevi! Ho parlato in modo figurato di carne. Si
tratta soltanto di un simbolo. Ciò che intendo è solo una profonda
comunione di sentimenti».
No, Gesù
non ha fatto ricorso a simili compromessi per trattenere il suo
“pubblico” che fino a poco prima lo applaudiva. Ha mantenuto
ferma la propria affermazione, tutto il suo realismo, anche di fronte
al rischio del rifiuto di molti suoi discepoli. Anzi, Egli si è
dimostrato disposto ad accettare persino la defezione degli stessi
suoi apostoli, pur di non mutare in nulla la concretezza del suo
discorso. «Volete andarvene?», domandò allora e domanda a noi
oggi. E noi oggi, come Pietro allora, possiamo dare la risposta:
«Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna» (Gv
6,66-68), Tu solo hai parole per una vita non effimera e piena di
significato, ricca di amore che dura.
Come fare
nostra, con piena consapevolezza, questa risposta? Come non cadere
nell’incredulità,
che non è più solo della folla, o dei giudei, ma coinvolge anche la
cerchia dei discepoli. Essi «mormorano» esattamente come Israele
nel deserto e come i giudei che si scandalizzano di fronte a Gesù
che pretende essere disceso dal cielo ed essere la salvezza del
mondo, offrendosi come cibo e bevanda.
Qual è la ragione di questa
loro e nostra incredulità? La causa di questa mancanza di fede è
che non siamo medicanti, che non siamo affamati di eternità, e
sostituiamo la domanda di infinito con la pretesa di una infinità di
cose da possedere.
Gesù, l’Amore incarnato,
costringe i dodici, la cerchia più ristretta della sua comunità, a
non sfuggire il problema e chiede: «Volete andarvene anche voi?» A
nome dell'intero gruppo, Pietro risponde con parole che esprimono la
fede di ogni discepolo: «Tu solo hai parole di verità!». Gesù è
l'unico salvatore, l'unico che rende la salvezza di Dio presente in
mezzo a noi. Dio non si impone si propone. Per accoglierlo occorre un
sano realismo.
3)
Il Realismo cristiano.
Dobbiamo
avere il senso concreto di Pietro, povero pescatore di Galilea, che
aveva capito che la proposta cristiana è una proposta realista.
Il
Papa ha descritto il realismo cristiano nel modo seguente:
«All’inizio
dell’essere cristiano non c’è una decisione etica o una grande
idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà
alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva»
(Lett. Enc. Deus
Caritas est,
1).
La
proposta di Cristo non è solo parola che informa o narra o
istruisce. E’ una proposta che realizza in chi la accoglie ciò che
dice. L’importante che ci sia la nostra adesione di fede, che ha le
sua radici nel cuore. San Paolo scrive: «E’
con il cuore che si crede per ottenere la giustizia » e aggiunge: «e
con la bocca si fa la professione per avere la salvezza»
(Rm 10,10). E’ dalle radici del cuore che sorge la professione di
fede (cfr s. Agostino, Comm
al Vangelo d Giovanni,
Om. 26, 12) ed è col cuore alimentato dal Pane vero che ci si radica
nella comunità dei santi, delle persone che dimorano in Cristo e
nella quali Cristo dimora, stabilmente.
Una
comunità che ripresenta oggi la Persona di Gesù Signore, che viene
per insegnare ad ogni uomo come si ascolta il Padre, come lo si ama,
come lo si adora in spirito e verità, come si consegna a Lui la vita
per intero perché Lui ne faccia uno strumento del suo amore e della
sua verità (come indica il Vangelo “ambrosiano” di oggi:
Matteo 10, 28-42) per
sempre.
Della Chiesa e dell’Eucaristia si può dire: «O
sacramento di pietà, o segno di unità, o vincolo di carità. Chi
vuol vivere, ha dove vivere, ha donde attingere la vita. Si accosti,
creda, sarà incorporato, sarà vivificato»
(S.
Agostino, Comm.
al Vangelo d Giovanni,
Om. 26, 1) .
Nella sua Provvidenza Dio ci non solo ci sostiene
nell'essere, ma ci dona giorno per giorno una forza che ci fa stare
nel suo Amore, per procedere sulla Via della Vita.
Paul
Claudel disse che «le
grandi verità si comunicano soltanto nel silenzio»,
mi permetto di aggiungere che si colgono nell’adorazione e si
comprendono mangiando il Pane del Cielo.
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