domenica 12 agosto 2012

XIX Domenica del Tempo Ordinario – Anno B – 12 agosto 2012


 Rito romano
1 Re 19, 4-8; Sal 33/34; Ef 4,30-5,2; Gv 6, 41-51

Rito ambrosiano
1Re 18,16b-40a; Sal 15; Rm 11,1-15; Mt 21, 33-46


1) Notizia di un fatto.
            Quando si riceve o trasmette una notizia, essa riguarda sempre un fatto avvenuto davvero.
            Nel Vangelo, qual è questo fatto? Gesù di Nazareth, un uomo morto dissanguato in croce, è ritornato alla vita e oggi è vivo, vivo per sempre in tutto il suo essere (corporeo e spirituale). Nel brano evangelico di oggi questo fatto viene indicato con l’espressione “Pane disceso dal Cielo”.
            Se vogliamo vivere, abbiamo il cibo di cui vivere. Mangiamo di questo Pane, saremo incorporati a Cristo e ne saremo vivificati.(cfr S. Agostino, Commento al Vangelo di Giovanni, Omelia 26, 1). E come dice sant’Ambrogio: «Cristo è tutto per noi» (De virginitate 99: «Omnia Christus est nobis»).
            Certo è comprensibile la reazione di quanti hanno ascoltato questa notizia: “Io sono il Pane del Cielo”, i quali reagirono mormorando e rifiutando la notizia di questo fatto.
            “Io capisco quelli che non accettano la rivelazione che Dio fa di se stesso in Cristo perché ha sempre dell'incredibile” (Divo Barsotti).
            Sembra una pazzia che Dio, l'Infinito, l'Eterno, l'Onnipotente, sia un Bambino debole e fragile, sia un Uomo come loro, e ora addirittura si offra come Cibo. Ma pazzia non è. E’ mistero. E’ solo la fede dischiude al mistero. Solo un cuore puro può «riconoscere» Dio sotto le specie del Pane e dire davanti a Gesù: «Tu sei il Figlio di Dio. Sei qui con noi, in mezzo a noi!». L’Eucaristia è la festa della fede.
            Certamente: «Io sono il Pane disceso dal cielo» è una tra le più stupefacenti e provocatorie frasi che siano mai state pronunciate da labbra umane.

2) Parole ripetute da …

            Il fatto ancora più stupefacente è che da allora in poi altre labbra umane hanno pronunciato e pronunciano frasi analoghe, altrettanto stupefacenti, quali: “Questo è il mio Corpo, questo è il mio Sangue”.
            Le prime furono le labbra della Madonna.
            La Madre di Cristo e di ciascuno di noi, quando il cadavere del Figlio fu deposto dalla Croce sulle sue ginocchia, disse piangendo: “Questo è il mio corpo, questo è il mio sangue”, ma non mormorò contro Dio, continuò a credere nel Figlio di Dio, certa di essere di fronte non ad un evento finale di morte, ma al Pane spezzato ed al Sangue versato. Perseverò nella fede nel Dio della Vita.
            Anche ogni prete dice a ogni Messa: “Questo è il mio Corpo, questo è il mio Sangue” e allora la Carità di Dio si unisce cosi profondamente al lavoro dell’uomo per farne il Pane disceso da Cielo.
            E il Fatto eucaristico riaccade, il Pane continua a discendere dal Cielo, dove la Croce l’ha seminato. La Croce, legno arido che con il Corpo di Cristo diventa Albero della Vita vera. Albero del cui frutto possiamo e dobbiamo cibarci.
            Ma Cristo non ha smesso di dire queste parole della consacrazione, non solo perché il Prete ad ogni Messa le ripete “in persona Christi”, e quindi l’Eucaristia riaccade, ma perché dal Cielo, guardandoci dopo che abbiamo ricevuto la comunione insieme con i nostri fratelli e sorelle, Lui ridice: “Questo è il mio corpo, questo è il mio sangue”.  “Ci identifichiamo con il suo corpo crocifisso, ci identifichiamo con l’Amore immolato e allora Cristo può identificarsi con noi e dire su noi: Questo è il mio Corpo, questo è il mio Sangue. Siamo scambiati con Lui” (Maurice Zundel). E’ davvero una notizia lieta di un fatto vero. La nostra fede poggia sulla cosa più bella del mondo: un atto d'amore perfetto.
            La croce è l'immagine più pura, più alta, più bella che Dio ha dato di se stesso. Da allora, «per sapere chi sia Dio devo solo inginocchiarmi ai piedi della Croce» (K. Rahner) e mangiare il Pane disceso dal Cielo non nonostante la Croce ma grazie alla Croce.
           
3) Parole nutrienti
            Dire da parte di Cristo e nostra: “Questo è il mio Corpo, questo è il mio Sangue, Io sono il Pane disceso dal Cielo” non è solo dare delle informazioni ma donare il Cibo e il Vino di Vita, come aveva già intuito San Pietro che alla domanda di Gesù: “Volete andarvene anche voi?” rispose: “Signore dove andremo, Tu solo hai parole di vita eterna”.
            In effetti, la sola cosa che interessa a Pietro è la vita eterna. Ed è ciò che Gesù ha promesso. Questo semplice Pescatore di Galilea, che Cristo poi scelse con Roccia della Sua Chiesa, avrà avuto in quel momento una comprensione confuse e poco chiare del messaggio di Cristo, ma aveva capito l’essenziale che Cristo gli voleva bene e lui amava Cristo. La realtà dell’amore era una Presenza con cui dimorare. Pietro, forse, non è ancora in grado di dire che Cristo è Dio, ma riconosce in Cristo l’Amico che è Via alla Vera Vita.
            Le parole di Gesù non solo informano, ma consacrano e ci danno come nutrimento l’Ostia, che riceviamo con devozione, con pietà, con certezza.
            Basta la certezza di quel bambino a cui “un prete, durante le Messa, presentò l’Ostia e gli domandò: “Che cos’è?”. Il bambino rispose: “E’ Gesù”. “Perché dici questo?”. “Perché l’ha detto Gesù”, replicò il bambino. “E tu ci credi?”. “Sì, Gesù non dice bugie!”.
            Basta la pietà di quel contadino, parrocchiano di Ars, che quando tornava stanco dal lavoro dei campi, si fermava lungamente in chiesa, in silenzio. Il Santo Curato d’Ars, incuriosito, un giorno gli chiese: “Che fai lì, in silenzio, davanti al tabernacolo?”. Il contadino rispose: “Io guardo Lui e Lui guarda me”.
            Basta la devozione di quella mamma analfabeta, che dopo il battesimo del suo bambino, lo baciò sul petto. Io le domandai: “Perché lo baci così?”. Lei mi rispose: “Perché ora mio figlio è Tempio dello Spirito Santo!”.
            Come sarebbe bello noi ricevessimo l’Ostia consacrata con la stessa devozione di quella mamma illetterata, ma sapiente della saggezza di Dio.

            4) Parole come pietre.
            Come ricorda il Vangelo “ambrosiano” di oggi (Mt 21, 33-46), il Tempio che siamo ha Gesù Cristo come Pietra angolare: La pietra che i costruttori hanno scartato è diventata la pietra d’angolo; questo è stato fatto dal Signore ed è una meraviglia ai nostri occhi”.
            Non ci resta che pregare così: “Tu, Cristo Gesù, sei la "pietra angolare" scelta da Dio, per edificare il suo santo tempio. Rendimi, a mia volta, pietra viva che, cementata dallo Spirito, rende testimonianza al tuo nome con la santità della vita”.
            Non ci resta che vivere l’offerta come la Messa ce l’insegna. “Prima di Cristo, l’umanità offriva a  Dio i frutti della terra.  Ora noi offriamo a Dio un frutto di Dio stesso, un frutto del Suo seno, che è anche un frutto prodotto dalla terra verginale di Maria. Per questa ragione, già dal Profeta Isaia (Is 4,2) è chiamato simultaneamente frutto della terra e germe del Cielo” (cf De Berulle).
            Non ci resta che adorare per aderire a questa stabile Presenza, il cui primo nome è Parola di Dio (Ap. 19;13), Parola così forte da essere Pietra angolare.
            Non ci resta che fare di Cristo il nostro Pane quotidiano, mangiato e adorato, in questo modo diventiamo Colui Che ci abita e dà forma al nostro pensare, sentire e amare.

Come aiuto alla pietà eucaristica propongo due preghiere, una di Sant’Ignazio di Loyola e l’altra di San Francesco, che possono essere usate come ringraziamento dopo la comunione:

Anima di Cristo, santificami.
Corpo di Cristo, salvami.
Sangue di Cristo, inebriami.
Acqua del costato di Cristo, lavami.
Passione di Cristo, confortami.
O buon Gesù, esaudiscimi.
Nelle tue piaghe, nascondimi.
Non permettere che io mi separi da te.

Dal nemico maligno difendimi.
Nell'ora della mia morte chiamami

e comandami di venire a te

a lodarti con i tuoi santi
nei secoli dei secoli.

Amen!

Signore,
fammi strumento della tua pace:
dov'è odio, ch'io porti amore,
dov'è offesa, ch'io porti il perdono,
dov'è discordia, ch'io porti l'unione,
dov'è dubbio, ch'io porti la fede,
dov'è errore, ch'io porti la verità,
dov'è disperazione, ch'io porti la speranza,
dove sono le tenebre, ch'io porti la luce.
Signore,
fa che io cerchi
di consolare più che di essere consolato,
di comprendere più che di essere compreso,
di amare più che di essere amato,
poiché dando si riceve,
perdonando si è perdonati,
morendo si resuscita a vita nuova.
                                         (S. Francesco)
 

Nessun commento:

Posta un commento