venerdì 24 aprile 2020

Camminare con Cristo e condividere la sua vita

III Domenica di Pasqua – Anno A – 26 aprile 2020

Rito Romano
At 2,14a.22-33; Sal 15; 1 Pt 1,17-21; Lc 24,13-35


Rito Ambrosiano
At 19,1b-7; Sal 106; Eb 9,11-15; Gv 1,29-34
L’Agnello di Dio in cibo per noi

Una premessa.
L’episodio dei due discepoli di Emmaus è molto noto e personalmente mi piace molto perché esso è anche la narrazione della storia di ognuno di noi. Inoltre, la struttura di questo racconto è la stessa struttura che ha la Messa. Cosa fa Gesù? Si fa compagno di strada dei due discepoli che da fuggitivi diventano pellegrini facendo della locanda di Emmaus un “santuario”. In questo luogo reso sacro dalla presenza del Risorto, Cristo, dopo che lungo il cammino aveva parlato loro della Legge e dei Profeti – sono le prime letture della Bibbia –spiega il Vangelo della Passione e, infine a tavola spezza il Pane, che diventa Pane di vita.
E’ allo spezzare del pane che finalmente si aprono gli occhi, dei discepoli perché oggi come allora vediamo che tutte queste parole diventano pane di vita vera. E ancora oggi noi incontriamo il Signore, come ogni persona, e lo riconosciamo attraverso quel che ha fatto, attraverso la Parola che ce lo spiega e attraverso il cambiamento, l’esperienza che avviene in noi, che noi stessi risorgiamo incontrando il Risorto. Il nostro cuore cambia. La nostra vita cambia. I nostri occhi cambiano. Il nostro modo di vedere la realtà cambia. Il nostro modo di sentire e di vivere cambia.
Attraverso il Vangelo, vediamo Cristo Risorto,, lo conosciamo. La sua parola fa ardere il cuore, ci cambia la testa, ci cambia il volto, gli occhi, la bocca, le mani, i piedi; ci ha fatto risorgere. Ecco cosa vuol dire conoscere il Signore, il Vivente: che viviamo anche noi in Lui. Viviamo ormai della sua resurrezione; come siamo stati con-crocifissi con Lui sulla croce e con-sepolti nel sepolcro, così con-risorti con Lui e con-seduti alla destra del Padre con Lui.
Passiamo dalla tristezza alla gioia. Dall’egoismo all’amore. Dall’impossessarsi del pane al condividere il pane. Dal fuggire al camminare verso gli altri. Dal litigare all’andare d’accordo. Questa è la resurrezione, il vero miracolo. Prima eravamo morti come gli idoli morti che adoravamo. Ora diventiamo come il Vivente perché attraverso la Parola incontriamo il Vivente e ci nutriamo di Lui.
E adesso vediamo sinteticamente il cammino da percorrere in Cristo, con Cristo e per Cristo.


1) La strada da Gerusalemme a Gerusalemme, passando per Emmaus.
Il Vangelo di San Luca è incorniciato dal racconto di due fatti: l’annunciazione dell’Angelo a Maria, all’inizio, e l’incontro di Gesù con i due discepoli di Emmaus, alla fine.
Il primo è come una prefazione che ci spiega cosa capiterà ascoltando il Vangelo: la Parola si incarna in noi, come si è incarnata nella Madonna.
Il secondo è la conclusione, che sintetizza che cosa è capitato a chi ha “letto” il Vangelo, ascoltando la Parola con attenzione e seguendola con costanza: si diventa figli nel Figlio di Dio, che spezza il pane di vita con noi e per noi.
In tutto l’anno liturgico, particolarmente nella Settimana Santa e in quella di Pasqua, il Signore è in cammino con noi e ci spiega le Scritture, ci fa capire questo mistero: tutto parla di Lui. E questo dovrebbe far ardere anche i nostri cuori, così che possano aprirsi anche i nostri occhi. Il Signore è con noi, ci mostra la vera via. Anche noi riconosciamo la Sua presenza come i due discepoli riconobbero Gesù nello spezzare il pane, così oggi. Cleopa e l’altro discepolo, di cui il Vangelo non ci dice il nome e che può essere il rappresentante di ciascuno di noi, riconobbero il Messia e si ricordarono dei momenti in cui Lui aveva spezzato il pane. E questo spezzare il pane ci fa pensare proprio alla prima Eucaristia celebrata nel contesto dell’Ultima Cena, dove il Redentore spezzò il pane e così anticipò la sua morte e la sua risurrezione, dando se stesso ai discepoli.
Gesù spezza il pane anche con noi e per noi, si fa presente con noi nell’Eucaristia, ci dona se stesso e apre i nostri cuori.
Nell’Eucaristia, nell’incontro con la sua Parola, possiamo anche noi incontrare e conoscere Gesù, in questa duplice Mensa della Parola e del Pane e del Vino consacrati.
La Parola ha acceso il cuore dei discepoli, il Pane apre loro gli occhi: Lo riconobbero allo spezzare del pane. Il segno di riconoscimento di Gesù è il suo Corpo spezzato, vita consegnata per nutrire la vita. La vita di Gesù è stata un continuo appassionato consegnarsi. Fino alla croce e dalla croce.
La Parola e il Pane cambiarono la direzione del cammino dei due discepoli. La notte non era più un’obiezione al cammino e senza indugio lasciarono un rifugio umano, la locanda di Emmaus, e fecero ritorno al Cenacolo di Gerusalemme, dove la comunità degli apostoli li accolse nella comunione e li confermò nella fede rinata dall’incontro col il Risorto.
Almeno ogni domenica la comunità cristiana rivive così la Pasqua del Signore e raccoglie dal Salvatore il suo testamento di amore al Padre e di servizio ai fratelli, soprattutto con la Santa Messa, che ebbe come primo nome “fractio panis” (frazione, “spezzamento” del Pane di Vita nuova).
Grazie a questo “spezzare il Pane” che non è solamente preghiera, ma atto, gesto di Dio e della Chiesa, l’esistenza umana acquisisce una dimensione eucaristica, perché unisce la fatica umana alla carità di Dio, che ci accoglie come figli nel Figlio. Ci accoglie perché è Padre da sempre e per sempre e ricco di misericordia.
Ai due discepoli di Emmaus Gesù spiegò le Scritture (fractio Verbi = frazione, condivisione della Parola), poi spezzo il Pane (fractio Panis= frazione, condivisione del Pane) e condivise la Vita (fractio Vitae = frazione della Vita nuova e, quindi, definitiva). Oggi Lui fa tutto ciò per noi, noi imitiamo questi due discepoli e non smettiamo di essere pellegrini dell’Infinito.

2) Da viandanti a pellegrini.
Penso che sia corretto affermare anche che San Luca ha costruito il racconto dei due discepoli di Emmaus attorno all'immagine del cammino.
Dapprima un cammino che allontana da Gerusalemme, dagli avvenimenti della passione e dal ricordo di Gesù: potremmo dire un cammino dalla speranza alla delusione (“Noi speravamo che egli fosse colui che avrebbe liberato Israele”), un cammino carico di tristezza (“Si fermarono col volto triste”).
Poi - dopo il cammino con lo Sconosciuto - un cammino di ritorno, dalla delusione alla speranza: “Partirono senza indugio e fecero ritorno a Gerusalemme”.
L'inversione di marcia è dovuta alla nuova lettura degli eventi che lo sconosciuto ha loro suggerito. Gli eventi sono rimasti quelli di prima (la croce e il sepolcro vuoto), ma ora sono letti con cuore, mente e occhi nuovi.
A questo punto sorge, secondo me, una domanda molto importante: “Come riconoscere il Signore che cammina con noi?”
Ai due discepoli di Emmaus, che avevano ascoltato con commozione la spiegazione di Gesù circa la sua passione e morte, gli occhi si aprirono quando Gesù si sedette a tavola, accettando l’invito a stare in loro compagnia, e compì quattro gesti (prese il pane, ringraziò, lo spezzò e lo distribuì).
Questi gesti riportano indietro, alla cena eucaristica, alla vita terrena di Gesù (una vita in dono come pane spezzato), alla croce che di quella vita è il compimento.
Questi stessi gesti riportano anche in avanti, alla vita della Chiesa, al tempo in cui i cristiani continueranno a “spezzare il pane”. Spezzare il pane è dunque un gesto, in un certo senso riassuntivo, nel quale si concentrano, sovrapponendosi, le tre tappe dell'esistenza di Gesù: il Gesù terreno, il Risorto e il Signore ora presente nella comunità. Lo spezzare il pane, cioè la dedizione, è sempre la modalità riconoscibile della presenza del Signore: è la modalità del Crocifisso, del Risorto e del Signore glorioso presente nella Chiesa. È questo il tratto che fa riconoscere il Signore Gesù.
Quindi noi dobbiamo fare lo stesso percorso dei due discepoli.
In primo luogo dobbiamo riconoscere di aver bisogno di qualcuno che li guidi verso la luce e la verità e questo Qualcuno è lo stesso Gesù che si fa compagno di viaggio nella loro esistenza segnata, in quel momento, dallo scoraggiamento e dalla delusione più nera.
In secondo luogo, abbiamo bisogno di ritrovarsi insieme ed è Gesù stesso a darci l'occasione per farlo con un altro spirito ed in un altro contesto, quello appunto della celebrazione dell'eucaristia. Infatti è Gesù che spezza il pane e i due discepoli riconoscono il Signore e rileggono la loro esperienza di gioia vissuta poche ore prima, insieme a quello Sconosciuto, che gli fa ardere il cuore mentre li catechizza ed insegna loro a guardare la vita nel segno della speranza e della gioia senza fine.
In terzo luogo, come i primi discepoli, noi discepoli del giorno d’oggi, come i primi discepoli abbiamo bisogno di portare agli altri l’annuncio di ciò che abbiamo visto con gli occhi della fede: Gesù stesso. Sull’esempio dei discepoli di Emmaus sentiamo l’urgenza di partire senza indugio per riferire ciò che avevano vissuto, l'esperienza di gioia e fede che facciamo nell'incontrare il Risorto nell’Eucaristia (ma anche negli altri Sacramenti), nella Sacra Scrittura, nella Comunità Cristiana. Per poterlo riconoscere nel povero, poi, ci vuole una purezza angelica (M. Teresa di Calcutta).
Non dobbiamo dimenticare che le prime a portare l’annuncio della risurrezione di Cristo furono le donne. Loro le prime nell’amore, andando al sepolcro di prima mattina, furono le prime nella fede.
Il “genio femminile” da loro vissuto in modo maturo permise loro di “vedere lontano” al di là delle apparenze, di “intuire” e di “vedere con gli occhi e con il cuore1 (l). Nelle Vergini consacrate che vivono nel mondo questo genio femminile si esprime anche in un costante ascolto della Parola, che poi è custodita, creduta, messa in pratica e annunciata. Con la loro verginità esse sono completamente a disposizione dell’Evangelizzazione, Spose di Cristo a servizio del Vangelo. Esse mettono in pratica « Felici coloro che regolano i propri passi sulla parole di Dio », è questa un’antifona che si può cantare dopo la consegna delle insegne di consacrazione (Rituale di consacrazione della Vergini, n. 30).

1 Le parole tra virgolette e in corsivo sono di S. Giovanni Paolo II e si trovano nella “Mulieris dignitatem”.


Lettura Patristica
Sant’Agostino d’Ippona
Consenso Evang. 325


Delle apparizioni del Signore risorto ai discepoli è necessario trattare non solo per mettere in luce l'accordo che sull'argomento esiste fra i quattro evangelisti (Mt 28,1-20 Mc 16,1-20 Lc 24,1-53 Jn 20,1-21,25), ma anche per sottolineare com'essi concordino con l'apostolo Paolo, il quale nella Prima Lettera ai Corinzi scrive cosi: Vi ho trasmesso dunque, anzitutto, quello che anch'io ho ricevuto: che cioè Cristo mori per i nostri peccati secondo le Scritture, fu sepolto ed è risuscitato il terzo giorno secondo le Scritture, e che apparve a Cefa e quindi ai Dodici. In seguito apparve a più di cinquecento fratelli in una sola volta: la maggior parte di essi vive ancora, mentre alcuni sono morti. Inoltre apparve a Giacomo, e quindi a tutti gli Apostoli. Ultimo fra tutti apparve anche a me come a un aborto (1Co 15,3-8). Quest'ordine nel succedersi dei fatti non è seguito da nessuno degli evangelisti. Occorre quindi porsi il problema se l'ordine presentato dagli evangelisti non contrasti per caso con quello di Paolo.

Ricordiamoci tuttavia che il racconto non è completo in nessuna delle fonti: per cui la ricerca è da estendersi solo alle cose riferite da più narratori, per rilevare se ci siano contrapposizioni nei loro racconti. Orbene, fra gli evangelisti il solo Luca non riferisce che il Signore fu visto dalle donne, le quali avrebbero visto soltanto gli angeli (Lc 24,4). Matteo afferma che egli si fece loro incontro mentre se ne tornavano via dal sepolcro. Marco in più dice che il Signore fu visto per primo da Maria Maddalena (Mc 16,9), e in ciò s'accorda con Giovanni; solo che sul modo dell'apparizione descritto ampiamente da Giovanni (Jn 20,14), Marco non dice nulla. Diverso il racconto di Luca: egli non solo omette di narrare - come notavo sopra - le apparizioni del risorto alle donne ma nel riportare le parole che quei due discepoli (uno dei quali si chiamava Cleopa) a lui rivolsero prima di riconoscerlo, dà l'impressione che le donne non raccontarono ai discepoli nient'altro se non che avevano visto degli angeli, a detta dei quali egli era vivo. Leggiamo il testo: Ed ecco che in quello stesso giorno due di loro erano in cammino per un villaggio distante circa sessanta stadii da Gerusalemme, di nome Emmaus, e conversavano di tutto quello che era accaduto.

Mentre discorrevano e discutevano insieme, Gesù in persona si accosto e camminava con loro; ma i loro occhi erano incapaci di riconoscerlo. Ed egli disse loro: " Che sono questi discorsi che state facendo fra voi durante il cammino e perché siete tristi? ". Uno di loro, di nome Cleopa, gli disse: " Tu solo sei cosi forestiero in Gerusalemme da non sapere ciò che vi è accaduto in questi giorni? ". Domando: " Che cosa? ". Gli risposero: " Tutto ciò che riguarda Gesù Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo; come i sommi sacerdoti e i nostri capi lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e poi l'hanno crocifisso. Noi speravamo che fosse lui a liberare Israele; con tutto ciò sono passati tre giorni da quando queste cose sono accadute. Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; recatesi al mattino al sepolcro e non avendo trovato il suo corpo, sono venute a dirci di avere avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo. Alcuni dei nostri sono andati al sepolcro e hanno trovato come avevano detto le donne, ma lui non l'hanno visto " (Lc 24,13-24).

Stando a Luca, i due di Emmaus narrarono le cose in modo che gli altri condiscepoli potessero ricordare o ravvivare il ricordo di quanto riferito dalle donne o da coloro che di corsa si erano recati alla tomba appena seppero che il suo corpo era stato portato via dal sepolcro. Luca, per l'esattezza, dice che a correre alla tomba fu il solo Pietro: egli si prostro verso l'interno, vide che c'erano soltanto i lenzuoli sistemati a parte e poi se ne torno indietro stupito in cuor suo per quello che era accaduto (Lc 24,12). Questi particolari nei confronti di Pietro Luca li colloca prima del racconto dei due che il Signore incontro lungo la via e dopo aver narrato delle donne che avevano visto gli angeli dai quali appresero la notizia della resurrezione di Gesù. Pare che Pietro proprio in quel frattempo corse al sepolcro; ma il racconto di Luca su Pietro è da prendersi come una ricapitolazione. Pietro infatti si reco frettolosamente al sepolcro quando vi si reco anche Giovanni, e ciò accadde dopo che dalle donne, e soprattutto da Maria Maddalena, avevano avuto la notizia della scomparsa della salma. Ora questa Maria Maddalena reco la notizia dopo aver visto la pietra rotolata via dal sepolcro; e dopo ancora accadde la visione degli angeli e dello stesso nostro Signore. Gesù dunque dovette apparire due volte alle donne: una volta presso la tomba e un'altra facendosi loro incontro mentre si allontanavano dalla tomba (Mt 28,10 Lc 24,24 Jn 20,14): e tutto questo dovette succedere prima che egli si mostrasse lungo la strada a quei due discepoli, uno dei quali si chiamava Cleopa.

Tant'è vero che questo Cleopa, parlando col Signore che ancora non aveva riconosciuto, non disse che Pietro era andato al sepolcro ma: Alcuni dei nostri si sono recati al sepolcro e hanno trovato le cose come avevano descritto le donne. E dunque verosimile che anch'egli descriva i fatti in forma riassuntiva soffermandosi un poco su quel che da principio le donne riferirono a Pietro e Giovanni riguardo al trafugamento della salma del Signore. Se pertanto Luca dice che Pietro corse al sepolcro riportando le parole di Cleopa, secondo il quale alcuni discepoli si erano recati al sepolcro, il racconto del terzo evangelista va completato con Giovanni il quale afferma che ad andare al sepolcro furono in due; e se in un primo tempo fa menzione del solo Pietro è perché Maria aveva portato la notizia soltanto a lui (Jn 20,6-8). può anche sorprendere quanto riferito da Luca e cioè che Pietro non entro nel sepolcro ma si prostro e vide soltanto i lenzuoli; dopo di che se ne andò via stupefatto (Lc 24,12). Ciò appare in contrasto con Giovanni, il quale attribuisce la cosa a se stesso, cioè al discepolo che Gesù amava, e scrive che fu lui a vedere le cose cosi. Egli, sebbene arrivato per primo, non entro nel sepolcro ma si chino e vide i lenzuoli collocati da una parte. Tuttavia in un secondo momento entro anche lui (Jn 20,6), di modo che i fatti si sarebbero svolti cosi: in un primo momento Pietro si prostro [fuori del sepolcro] e vide (ciò è ricordato da Luca e omesso da Giovanni), ma più tardi entro anche lui ed entro prima che entrasse Giovanni. In questa maniera i due racconti contengono la verità né vi è fra loro alcuna opposizione.”

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