Rito
Romano – III Domenica di Quaresima - Anno B – 4 marzo 2018
Es
20,1-17; Sal 18; 1Cor 1,22-25; Gv 2,13-25
Rito
Ambrosiano
Es
32,78-13b; Sal 105; 1Ts 2,20-3,8; Gv 8,31-59
Domenica
di Abramo - III di Quaresima
1)
Purificazione del Tempio.
Dopo
averci condotti nel deserto dove Cristo vince la tentazione (I
domenica di Quaresima), e sul Monte Tabor, dove la Gesù si manifesta
come Luce da Luce (II domenica di Quaresima), la Liturgia della
Parola della III domenica di Quaresima ci fa entrare con Gesù nel
tempio di Gerusalemme per purificarlo.
Poiché
trova “nel tempio gente che
vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i cambiamonete” (Gv
2, 14), Cristo purifica questo luogo sacro con un gesto
inaspettato, inatteso, quasi imprevedibile. Gesù prepara una
frusta, con essa percuote le cose, ma non ferisce le persone,
attraversa l’atrio dei gentili1
dove erano i mercanti del tempio, e - come un torrente impetuoso -
travolge uomini, animali, tavoli e monete.
Scacciando
mercanti e mercanzie dall’atrio, Cristo purifica il vecchio tempio,
poi presenta se stesso come il nuovo tempio di Dio che gli uomini
distruggeranno, ma che Dio farà risorgere in tre giorni. Lui
è il Redentore, venuto ad illuminare l’uomo con la Luce della
Verità, a purificare il tempio, a riaprire la ragione all’orizzonte
grande di Dio e a dare un cuore puro all’uomo, perché sia il suo
nuovo tempio. Lui è la Carità, che Crocifissa il Venerdì santo,
vedremo splendere il giorno di Pasqua e accoglierci dentro il nuovo
Tempio del Suo Corpo.
Dunque,
è da evitare un’interpretazione che cerchi di mettere in evidenza
solo le conseguenze “morali” soprattutto per la Chiesa mettendola
sotto accusa. Come ha giustamente ricordato Papa Francesco: “la
Chiesa è sempre da riformare, ‘Ecclesia semper reformanda’,
perché i membri della Chiesa sono sempre peccatori e hanno bisogno
di conversione”. Quindi siamo noi che dobbiamo purificarci. La
Chiesa è “il luogo dove Dio “arriva” a noi, e dove
noi “partiamo” verso di Lui” (Benedetto XVI). La Chiesa rimane
il luogo in cui Dio ci raggiunge; luogo della Presenza di Cristo
nella storia, sarà sempre tale, fino alla consumazione dei tempi.
Per questo dobbiamo amarla profondamente e guardarla per ciò che
Essa è. il Tempio della misericordia e della condiscendenza di Dio,
nel quale c’è posto per i peccatori, quindi c’è posto per
ciascuno di noi che siamo chiamati a purificarci mediante le
conversione. Soprattutto in questo tempo di Quaresima, siamo invitati
a purificare il cuore con la domanda di misericordia, che si esprime
in modo speciale con la confessione e che si pratica in particolare
con l’elemosina.
A
questo riguardo, Papa Francesco dice: “Vi faccio una confidenza
personale. La sera, prima di andare a letto, io prego questa breve
preghiera: “Signore, se vuoi, puoi purificarmi!”. E prego cinque
“Padre nostro”, uno per ogni piaga di Gesù, perché Gesù ci ha
purificato con le piaghe. Ma se questo lo faccio io, potete farlo
anche voi, a casa vostra, e dire: “Signore, se vuoi, puoi
purificarmi!” e pensare alle piaghe di Gesù e dire un “Padre
nostro” per ognuna di esse. E Gesù ci ascolta sempre”.
Mettiamo
in pratica questo invito del Papa unendolo ad opere di misericordiosa
carità, con le quali “toccare” il povero. In effetti possiamo
anche essere generosi, possiamo avere compassione, però di solito
“il povero non lo tocchiamo, cioè non condividiamo con lui la
nostra vita. Gli offriamo la moneta, la buttiamo lì, ma evitiamo di
toccare la mano. E dimentichiamo che quello è il corpo di Cristo!
Gesù ci insegna a non avere timore di toccare il povero e l’escluso,
perché Lui è in essi. Toccare il povero può purificarci
dall’ipocrisia e renderci inquieti per la sua condizione” (Papa
Francesco, 22 giugno 2016).
2)
Purificazione del cuore2
Dalla
lettura del Vangelo di oggi nasce spontaneamente queste due domande:
- “Perché Gesù se la prende così tanto con i cambia valute e i venditori di animali per i sacrifici?”. Dopo tutto il loro era un servizio prezioso: cambiavano le monete agli stranieri permettendo loro di pagare il tributo al tempio
- “Cosa fa arrabbiare così tanto Gesù da spingerlo addirittura a fabbricarsi una frusta per scacciare dal tempio i commercianti?”
In
questo gesto apparentemente esagerato, il Figlio di Dio è animato
dal desiderio che la casa del Padre non diventi un casa di mercato,
un emporio (è il nome che viene dal greco per dire mercato e che è
usato nel vangelo di oggi) del sacro, un luogo religioso di scambi
tra domanda e offerta a Dio.
Quello
che addolora Gesù è vedere la degenerazione di un luogo religioso
causata da una logica di mercanteggio del sacro, come se Dio potesse
essere comperato. E’ davvero una riduzione meschina di Dio. Invece
di adorare Dio, Amore gratuito, con offerte che mostrano una
riconoscenza per questo amore provvidente,
c'è un grave impoverimento
del volto di Dio, che è Amore gratuito. Dio Padre non è un
funzionario da corrompere o un venditore da tener buono con una
abbondante donazione. Con Dio, insomma, non si può mercanteggiare.
Da
un Dio lontano e da piegare alla nostra volontà con sacrifici e
preghiere siamo chiamati ad andare al Padre che ci ama e anticipa
ogni nostro desiderio: questa è la conversione vera. A questo
riguardo, accogliamo l’invito di San Paolo: “Non
conformatevi alla mentalità di questo secolo, ma trasformatevi
rinnovando la vostra mente, per poter discernere la volontà di Dio,
ciò che è buono, a lui gradito e perfetto” (Rm 12, 2).
Purificando
con la frusta il Tempio e scacciando da esso gli animali, Cristo
indica che il vecchio culto con i
sacrifici degli animali nel tempio di Gerusalemme è finito. Questo
culto simbolico, culto di
desiderio, che spesso degenerava in un mercato, è ora sostituito dal
culto reale: l’amore di Dio incarnato in Cristo e portato alla sua
completezza nella morte sulla croce.
Purifichiamo
noi stessi, nuovo e definitivo Tempio di Dio e mettiamo in pratica
l’invito di San Paolo che anche a noi dice: “Vi
esorto dunque, fratelli, per la misericordia di Dio, ad offrire i
vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio; è
questo il vostro culto spirituale” (Rm
12,1).
E
quando i nostri corpi possono essere offerti a Dio come sacrificio
vitale? Quando siamo santi e graditi al Dio della vita?
Quando
abbiamo un cuore puro, perché purificato da Dio con il suo perdono
unito alla sua verità ed al
suo amore, e quando riconosciamo
che i nostri corpi sono membra di Cristo e, quindi, non apparteniamo
a noi stessi, ma al Dio di misericordia e di bontà.
Un
esempio molto significativo di ciò è quello dato dalle vergini
consacrate. Con il “propositum” della verginità, queste donne
testimoniano come la loro casta scelta sia saggia
e feconda
e fonte di maturità.
Di
maturità
perché si realizza il dominio di sé. Questo non consiste solo nel
governare le proprie passioni con la forza. Il dominio di sé
evangelico sta nel consegnarsi con fiducia a chi ci ha creati, ci ama
e ci conosce meglio di noi stessi. È fare spazio dentro sè stessi
alla signoria di Cristo, cioè sentirsi amati da Lui e desiderare di
crederGli e di ricambiarLo osservando quanto ci chiede.
Di
fecondità
perché La verginità cristiana rende la persona così attraente che
lo Spirito Santo scende per abitarvi, come ha fatto con la Madonna,
rendendola Madre.
Di
saggezza
perché gli occhi del cuore purificato sono occhi nuovi per vedere il
mondo e Dio al di là delle apparenze. Sono occhi limpidi che sanno
scorgere ciò che è bello e ciò che è brutto, ciò che è verità
e ciò che è menzogna, ciò che è vita e ciò che è morte. Occhi,
insomma, come quelli di Gesù… La purezza non consiste più,
allora, nel dire «no» alle creature, ma nel dire ad esse “sì”,
sì in quanto creature di Dio che erano, e restano, “molto buone”
perché create da Lui. Per poter dire questo “sì”, bisogna
tuttavia passare attraverso la croce perché, dopo il peccato, il
nostro sguardo sulle creature si è intorpidito.
1 Entrato nel tempio, Gesù vede che lo spazio chiamato “atrio dei gentili”, in quanto riservato ai non-ebrei che volevano conoscere la fede e il culto di Israele e “avvicinarsi” al Signore (cfr. Is 45,20), è stato trasformato in luogo di commercio, di vendita degli animali per i sacrifici. Sappiamo inoltre che lì i cambiavalute scambiavano le monete per consentire ai pellegrini di pagare il tributo al tempio, e che molti attraversavano quel cortile per accorciare il cammino verso la valle del Cedron. Insomma, un luogo che Dio aveva voluto come “casa di preghiera per tutte le genti” (Is 56,7) era diventato un luogo di mercato.
2 Biblicamente il cuore non dice soltanto slancio e amore, ma anche ragione, pensiero e volontà. La castità è un preciso modo di vivere tutto ciò: i sentimenti, i pensieri, l’amore, l’intelligenza.
Lettura
patristica
Sant’Agostino
d’Ippona (354 - 430)
Comment.
in Ioan., 10, 4.6
"Ed
essendo prossima la Pasqua dei giudei, Gesù salì a Gerusalemme".
L’evangelista racconta poi un altro fatto, così come se lo
ricordava: "E
trovò nel tempio venditori di buoi, di pecore e di colombe, e
cambiavalute seduti al banco, e fatta una sferza di funicelle li
cacciò tutti dal tempio con le pecore ed i buoi; e sparpagliò la
moneta dei cambisti e rovesciò i loro banchi. E ai venditori di
colombe intimò: «Portate via di qui queste cose e non fate della
casa del Padre mio una casa di traffico» (Jn
2,13-16).
Che cosa abbiamo ascoltato, fratelli? Quel tempio era ancora una figura, e purtuttavia da esso il Signore cacciò tutti coloro che eran venuti a fare i loro interessi, come a un mercato. Che cosa vendevano costoro? Le vittime di cui gli uomini avevano bisogno per i sacrifici di quel tempo. Sapete bene che i sacrifici rituali dati a quel popolo, e per la sua mentalità carnale e per il suo cuore ancora di pietra, erano tali che lo trattenessero dal precipitare nell’idolatria; e nel tempio questo popolo immolava i suoi sacrifici, buoi, pecore e colombe. Lo sapete bene, perché lo avete letto. Non era, quindi, un gran peccato vendere nel tempio ciò che si acquistava per essere offerto nel tempio stesso; eppure, Gesù li cacciò. Che avrebbe fatto, il Signore, qualora avesse trovato nel tempio degli ubriachi, se cacciò coloro che vendevano ciò che era lecito e non era contro giustizia (infatti, è lecito vendere ciò che è lecito comprare), e se non tollerò che la casa della preghiera si trasformasse in un mercato? Se la casa di Dio non deve diventare un mercato, può diventare una taverna?...
Chi sono, poi, quelli che nel tempio vendono i buoi? Cerchiamo di capire nella figura il mistero racchiuso in questo fatto. Chi sono quelli che vendono le pecore e le colombe? Sono coloro che nella Chiesa cercano i loro interessi e non quelli di Cristo (Ph 2,21).
Quelli che non vogliono essere redenti, considerano ogni cosa come roba d’acquisto: non vogliono essere acquistati, quel che vogliono è vendere. Eppure, niente di meglio, per loro, che essere redenti dal sangue di Cristo e giungere così alla pace di Cristo. Del resto, a che serve acquistare, in questo mondo, beni temporali e transitori, siano il denaro siano i piaceri del ventre e della gola siano gli onori della lode umana? Che altro sono, tutte queste cose, se non fumo e vento? e passano tutte, corrono via. Guai a chi si sarà attaccato alle cose che passano, perché insieme passerà anche lui. Non sono, tutte queste cose, un fiume precipite che corre al mare? Guai a chi vi cade dentro, perché sarà trascinato nel mare. Insomma, dobbiamo trattenere i nostri affetti da simili concupiscenze.
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