venerdì 23 dicembre 2016

Natale di Vita a Betlemme, che è la Chiesa

Is 9,1-6; Sal 95; Tt 2,11-14; Lc 2,1-14
Messa di Mezzanotte
25 dicembre 2016


  1. Enato a Betlemme, andiamo e inginocchiamoci.
Nella Messa di mezzanotte e del mattino la liturgia di Natale propone la narrazione della nascita di Gesù secondo San Luca1 che riporta lannuncio dellangelo ai pastori: Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore (Lc 2, 11).
Oggi, 25 dicembre 2016, per noi “è nato un Salvatore, che è Cristo Signore, nella città di Davide”. Questa città è Betlemme e, come fecero i pastori appena ebbero udito l’annuncio angelico, è là che dobbiamo affrettarci.
Oggi, come la santa notte di più di 2000 anni fa questo è il segno che è dato “un bambino avvolto in fasce e deposto nella mangiatoia” (Lc 2, 12). E’ un segno che colpisce per la sua totale semplicità. Ciò che meraviglia è l’assenza di ogni tratto meraviglioso. I pastori, e noi con loro, sono sì avvolti e intimoriti dalla gloria di Dio, ma il segno che ricevono è semplicemente: “Troverete un bambino avvolto in fasce e deposto nella mangiatoia” (id.). E quando giungono a Betlemme non vedono altro che un umile bambino in una povera greppia. La meraviglia del Natale sta qui. Senza la rivelazione degli angeli non capiremmo che quel bambino deposto in una mangiatoia è il Signore. E senza il bambino deposto nella mangiatoia non capiremmo che la gloria del vero Dio è diversa dalla gloria dell’uomo.
L’Amore onnipotente è “sotto le forme di un Bambino. L’Onnipotenza come non-potenza. Non-potenza come Amore, che supera tutto, che a tutto dà senso. (S. Giovanni Paolo II, Omelia del 24 dicembre 1985). Dio si è fatto piccolo Bambino perché potessimo comprenderLo, accoglierLo, amarLo.
Questo Piccolo ci chiede di essere amato: riveriamoLo come Signore degli angeli, ma amiamolo come tenero bambino. TemiamoLo come Signore della potenza, ma amiamolo avvolto in fasce. RispettiamLo come il Re del cielo, ma amiamoLo nella mangiatoia che è trono e altare. Amiamolo mettendoci in ginocchio e cerchiamo di scorgere nei suoi occhi ridenti di bambino gli occhi commossi del Crocifisso e quelli luminosi del Risorto, pregando: “Signore, Dio nostro, concedi a noi, che godiamo di celebrare con questi misteri la nascita di nostro Signore Gesù Cristo, di meritare con una degna condotta, di giungere alla comunione con Lui” (Or. dopo la Comunione). Lui è il Pane di Vita che nasce a Betlemme, che in ebraico vuole dire “casa del pane” .
“Questa casa del Pane è oggi la Chiesa, in cui si dispensa il corpo di Cristo, il vero pane. La mangiatoia di Betlemme è l’altare in chiesa. Qui si nutrono le creature di Cristo. Le fasce sono il velo del sacramento. Qui, sotto le specie del pane e del vino, c'è il vero corpo e sangue di Cristo. In questo sacramento noi crediamo che c’è Cristo vero, ma avvolto in fasce ossia invisibile. Non abbiamo nessun segno così grande e evidente della natività di Cristo come il corpo che mangiamo e il sangue che beviamo ogni giorno accostandoci all'altare: ogni giorno vediamo immolarsi colui che una sola volta nacque per noi dalla Vergine Maria. Affrettiamoci dunque, fratelli, a questo presepe del Signore; ma prima, per quanto ci è possibile, prepariamoci con la sua grazia a questo incontro, perché ogni giorno e in tutta la nostra vita, ‘con cuore puro, coscienza retta e fede sincera’ (2 Cor 6, 6), possiamo cantare insieme agli angeli : “Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama” (Lc 2, 14)” (Aelredo di Rievaulx, Discorso 2 per Natale).

  1. Umiltà del Natale.
Senza la rivelazione portata con gioia e umiltà dagli Angeli non capiremmo che il bambino deposto in una mangiatoia è il Signore. E senza il bambino deposto nella mangiatoia non capiremmo che la gloria del vero Dio è diversa dalla gloria dell'uomo.
Questa gloria si manifesta nell’umiltà ed è capita dall’umiltà. Per questo il Vangelo ci chiede di imitare l’umiltà dei pastori che, riconoscendo in un povero bambino ancora senza parola il Logos, la Parola, senso pieno della loro vita, Lo adorarono come Re dei re che, però aveva come trono una povera mangiatoia. Ed è per questo che dobbiamo imitare l’umiltà degli angeli, che nella notte stellata e benedetta cantavano: “Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini, che egli ama”.
Secondo San Bernardo di Chiaravalle gli angeli sono inseriti vitalmente nel piano salvifico, attuato da Cristo. Non solo perché accettano questo disegno redentivo e vi collaborano attivamente con il loro amore pieno e incondizionato.
A ben riflettere, già prima della incarnazione del suo Verbo, Dio si è “servito” degli angeli per preparare gli uomini al grande evento della venuta di suo Figlio sulla Terra.  Anche dopo l’incarnazione del Verbo, durante la sua passione morte e resurrezione, gli Angeli furono presenti ed attivi. Ed anche quando Gesù ritornerà nella gloria alla fine dei tempi, saranno ancora gli angeli ad annunciare il suo avvento finale.
A questo punto, ispirandomi ancora a San Bernardo, faccio una precisazione circa la relazione degli Angeli con Cristo. Questi è Dio, quindi gli angeli sono sottomessi a lui, ma il Figlio di Dio ha preso la debolezza umana e in quanto uomo  è inferiore ad essi. Qui si vede la loro umiltà: servono il Verbo anche come uomo, si sottomettono alla sua signoria, anche umana, perché in questo evento si attua, si concretizza, si concentra  il volere superiore di Dio Padre.  Così ha voluto il Padre e loro accolgono la sua altissima volontà, prostrandosi davanti al bambino che nasce a Betlemme. Gesù è un bambino, un uomo in tutto uguale a noi eccetto il peccato, quindi un essere debole, fragile, rispetto a loro che sono puri spiriti, tuttavia in quella carne umana sussiste il Verbo eterno di Dio, il loro Signore.  Per questa ragione si inchinano, lo adorano, si prostrano e cantano la sua gloria, lo servono con grande disponibilità e umiltà. Facciamo altrettanto, perché l’umiltà di Cristo è servita dall’umiltà degli angeli e dei pastori, per primi, poi arriveranno gli umili Re Magi.
Il Natale è un mistero di umiltà ed è buono se è interiore, se è celebrato nel silenzio del cuore umile, nella coscienza fatta attenta e pensosa. Ed è interiore e rinnovatore, se ci fa cogliere il discorso che, entrando nel mondo, Gesù ha pronunciato non con le parole, ma con i fatti. Quale discorso? Quello dell’umiltà; è questa la lezione fondamentale del mistero di Dio fatto uomo, ed è questa la medicina prima di cui abbiamo bisogno (cfr. S. Agostino d’Ippona, De Trin. 8, 5, 7, P.L. 42, 952). È da questa radice che può rinascere la vita buona.
L’invito all’umiltà sarà più tardi ripetuto da Cristo adulto quando dirà: “Se non vi farete piccoli come bambini, non potrete entrare nel Regno dei cieli” (Mt 18, 2).
Oggi, parafraserei questa frase così: “Se non diventerete come questo Bambino, non entrerete nel Regno dei Cieli”.

3) Umiltà e Verginità.
I pastori hanno capito col cuore che -nel bambino che vedevano nella grotta - la promessa del profeta Isaia era diventata realtà: “Un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio. Sulle sue spalle è il segno della sovranità” (Is 9,5 - I Lettura della Messa della Notte).
L’angelo di Dio invita anche noi ad incamminarci col cuore per vedere il bambino che giace nella mangiatoia. Anche per noi il segno di Dio è la semplicità. Il segno di Dio è il bambino. Il segno di Dio è che Egli si fa piccolo per noi. Questo è il suo modo di regnare: amando e lasciandosi amare con umile semplicità
Da noi Cristo non vuole nient’altro che il nostro amore. Mediante questa carità impariamo ad entrare nei suoi sentimenti, nel suo pensiero e nella sua volontà; impariamo a vivere con Gesù e a praticare con Lui anche l’umiltà della rinuncia che fa parte dell’essenza dell’amore. “L’amore cristiano o è umile o non è amore di Dio” (Papa Francesco, 8 aprile 2013).
Un modo significativo di vivere questo umile amore è quello delle Vergini consacrate nel mondo. Queste donne sull’esempio di Maria Vergine e Madre stanno accanto a Cristo imitando in modo particolare la Madonna, il cui cuore e mente sono pienamente umili. Fu per la sua singolare umiltà che Dio chiese il ‘sì’ di questa  giovane donna, per realizzare il suo disegno di amore e di misericordia.
La verginità di Maria è unica e irripetibile, ma le vergini consacrate nel mondo ci testimoniano che il suo significato spirituale riguarda ogni cristiano. Le persone vergini mostrano che chi confida profondamente e umilmente nell’amore di Dio, accoglie in sé Gesù, e lo dona al mondo in un Natale quotidiano.
Nel nascondimento della loro vita accolgono anche e soprattutto l’insegnamento della grande umiltà di un Maestro che ancora non parla ma che per loro è davvero Tutto.

1 “In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse ilcensimento di tutta la terra. Questo primo censimento fu fatto quando Quirinioera governatore della Siria. Tutti andavano a farsi censire, ciascuno nella propria  città. Anche Giuseppe, dalla Galilea, dalla città di Nazareth, salì in Giudea allacittà di Davide chiamata Betlemme: egli apparteneva infatti alla casa e allafamiglia di Davide. Doveva farsi censire insieme a Maria, sua sposa, che eraincinta. Mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto.  Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in unamangiatoia, perché per loro non cera posto nellalloggio.
Cerano in quella regione alcuni pastori che, pernottando allaperto, vegliavanotutta la notte facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore sipresentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi dagrande timore, ma langelo disse loro: «Non temete: ecco, vi annuncio unagrande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato pervoi un Salvatore, che è Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete unbambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia” (Lc 2, 1 – 15, Vangelodella Messa della Notte, Lc 15 – 20, Vangelo della Messa dellaurora)


Lettura Patristica
San Basilio Magno (329-379)
Omelia

Dio sulla terra, Dio in mezzo agli uomini: non un Dio che consegna la legge tra bagliori di fuoco e suoni di tromba su un monte fumante, o in densa nube fra lampi e tuoni, seminando il terrore tra coloro che lo ascoltano; ma un Dio incarnato, che con soavità e dolcezza parla a creature che hanno la sua stessa natura. Un Dio incarnato, che non agisce da lontano o per mezzo di profeti, ma attraverso l'umanità che ha assunto in proprio a rivestire la sua persona, per ricondurre a sé, nella nostra stessa carne fatta sua, tutto il genere umano. In che modo, per mezzo di uno solo, lo splendore raggiunse tutti? In che modo la divinità risiede nella carne?Come il fuoco nel ferro: non per trasfor-mazione, ma per partecipazione. Il fuoco, infatti, non passa nel ferro, ma rimanendo dov'è, gli comunica la sua virtù; né per questa comunicazione diminuisce, ma pervade di sé tutto quello a cui si comunica. Così il Dio-Verbo, senza mai separarsi da se stesso, «venne ad abitare in mezzo a noi»; senza subire alcun mutamento, «si fece carne»: il cielo che lo conteneva non rimase privo di lui mentre la terra lo accoglieva nel suo seno.
2. Cerca di penetrare nel mistero: Dio assume la carne proprio per distruggere la morte in essa nascosta. Come gli antidoti di un veleno, una volta ingeriti, ne annullano gli effetti, e come le tenebre di una casa si dissolvono alla luce del sole, così la morte che dominava sull'umana natura fu distrutta dalla presenza di Dio. E come il ghiaccio rimane solido nell'acqua finché dura la notte e regnano le tenebre, ma tosto si scioglie al calore del sole, così la morte che aveva regnato fino alla venuta di Cristo, appena apparve la grazia di Dio Salvatore e sorse il sole di giustizia, «fu ingoiata dalla vittoria» (1 Cor 15,54), non potendo coesistere con la Vita. O grandezza della bontà e dell'amore di Dio per gli uomini! Diamogli gloria insieme ai pastori, esultiamo con gli angeli «perché oggi ci è nato il Salvatore, che è Cristo Signore» (Le 2,11). Anche a noi il Signore non è apparso nella forma di Dio, che avrebbe sgomentato la nostra fragilità, ma in quella di servo, per restituire alla libertà coloro che erano in schiavitù. Chi è così tiepido, così poco riconoscente che non gioisca, non esulti, non porti doni? Oggi è festa per tutte le creature. Nessuno vi sia che non offra qualcosa, nessuno si mostri ingrato. Esplodiamo anche noi in un canto di esultanza.


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