Is 9,1-6; Sal 95; Tt
2,11-14; Lc 2,1-14
Messa di Mezzanotte
25
dicembre
2016
- E’ nato a Betlemme, andiamo e inginocchiamoci.
Nella
Messa
di
mezzanotte
e
del
mattino
la
liturgia
di
Natale
propone
la
narrazione
della
nascita
di
Gesù
secondo
San
Luca1
che
riporta
l’annuncio
dell’angelo
ai
pastori:
“Non
temete:
ecco,
vi
annuncio
una
grande
gioia,
che
sarà
di
tutto
il
popolo:
oggi,
nella
città
di
Davide,
è
nato
per
voi
un
Salvatore,
che
è
Cristo
Signore”
(Lc
2,
11).
Oggi, 25
dicembre 2016, per noi “è nato un Salvatore, che è Cristo
Signore, nella città di Davide”. Questa città è Betlemme e, come
fecero i pastori appena ebbero udito l’annuncio angelico, è là
che dobbiamo affrettarci.
Oggi, come la santa
notte di più di 2000 anni fa questo è il segno che è dato “un
bambino avvolto in fasce e deposto nella mangiatoia” (Lc 2, 12). E’
un segno che colpisce per la sua totale semplicità. Ciò che
meraviglia è l’assenza di ogni tratto meraviglioso. I pastori, e
noi con loro, sono sì avvolti e intimoriti dalla gloria di Dio, ma
il segno che ricevono è semplicemente: “Troverete un bambino
avvolto in fasce e deposto nella mangiatoia” (id.). E quando
giungono a Betlemme non vedono altro che un umile bambino in una
povera greppia. La meraviglia del Natale sta qui. Senza la
rivelazione degli angeli non capiremmo che quel bambino deposto in
una mangiatoia è il Signore. E senza il bambino deposto nella
mangiatoia non capiremmo che la gloria del vero Dio è diversa dalla
gloria dell’uomo.
L’Amore onnipotente
è “sotto le forme di un Bambino. L’Onnipotenza come non-potenza.
Non-potenza come Amore, che supera tutto, che a tutto dà senso. (S.
Giovanni Paolo II, Omelia del 24
dicembre 1985). Dio si è fatto piccolo
Bambino perché potessimo comprenderLo, accoglierLo, amarLo.
Questo Piccolo ci
chiede di essere amato: riveriamoLo come Signore degli angeli, ma
amiamolo come tenero bambino. TemiamoLo come Signore della potenza,
ma amiamolo avvolto in fasce. RispettiamLo come il Re del cielo, ma
amiamoLo nella mangiatoia che è trono e altare. Amiamolo mettendoci
in ginocchio e cerchiamo di scorgere nei suoi occhi ridenti di
bambino gli occhi commossi del Crocifisso e quelli luminosi del
Risorto, pregando: “Signore, Dio nostro, concedi a noi, che godiamo
di celebrare con questi misteri la nascita di nostro Signore Gesù
Cristo, di meritare con una degna condotta, di giungere alla
comunione con Lui” (Or. dopo la
Comunione). Lui è il Pane di Vita che nasce a Betlemme,
che in ebraico vuole dire “casa del pane” .
“Questa casa del
Pane è oggi la Chiesa, in cui si dispensa il corpo di Cristo, il
vero pane. La mangiatoia di Betlemme è l’altare in chiesa. Qui si
nutrono le creature di Cristo. Le fasce sono il velo del sacramento.
Qui, sotto le specie del pane e del vino, c'è il vero corpo e sangue
di Cristo. In questo sacramento noi crediamo che c’è Cristo vero,
ma avvolto in fasce ossia invisibile. Non abbiamo nessun segno così
grande e evidente della natività di Cristo come il corpo che
mangiamo e il sangue che beviamo ogni giorno accostandoci all'altare:
ogni giorno vediamo immolarsi colui che una sola volta nacque per noi
dalla Vergine Maria. Affrettiamoci dunque, fratelli, a questo presepe
del Signore; ma prima, per quanto ci è possibile, prepariamoci con
la sua grazia a questo incontro, perché ogni giorno e in tutta la
nostra vita, ‘con cuore puro, coscienza retta e fede sincera’ (2
Cor 6, 6), possiamo cantare insieme agli angeli : “Gloria a Dio nel
più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama” (Lc
2, 14)” (Aelredo di Rievaulx, Discorso 2
per Natale).
- Umiltà del Natale.
Senza la rivelazione
portata con gioia e umiltà dagli Angeli non capiremmo che il bambino
deposto in una mangiatoia è il Signore. E senza il bambino deposto
nella mangiatoia non capiremmo che la gloria del vero Dio è diversa
dalla gloria dell'uomo.
Questa gloria si
manifesta nell’umiltà ed è capita dall’umiltà. Per questo il
Vangelo ci chiede di imitare l’umiltà dei pastori che,
riconoscendo in un povero bambino ancora senza parola il Logos, la
Parola, senso pieno della loro vita, Lo adorarono come Re dei re che,
però aveva come trono una povera mangiatoia. Ed è per questo che
dobbiamo imitare l’umiltà degli angeli, che nella notte stellata e
benedetta cantavano: “Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla
terra pace agli uomini, che egli ama”.
Secondo San Bernardo
di Chiaravalle gli angeli sono inseriti vitalmente nel piano
salvifico, attuato da Cristo. Non solo perché accettano questo
disegno redentivo e vi collaborano attivamente con il loro amore
pieno e incondizionato.
A ben riflettere, già
prima della incarnazione del suo Verbo, Dio si è “servito” degli
angeli per preparare gli uomini al grande evento della venuta di suo
Figlio sulla Terra. Anche dopo l’incarnazione del Verbo,
durante la sua passione morte e resurrezione, gli Angeli furono
presenti ed attivi. Ed anche quando Gesù ritornerà nella gloria
alla fine dei tempi, saranno ancora gli angeli ad annunciare il suo
avvento finale.
A questo punto,
ispirandomi ancora a San Bernardo, faccio una precisazione circa la
relazione degli Angeli con Cristo. Questi è Dio, quindi gli angeli
sono sottomessi a lui, ma il Figlio di Dio ha preso la debolezza
umana e in quanto uomo è inferiore ad essi. Qui si vede la
loro umiltà: servono il Verbo anche come uomo, si sottomettono alla
sua signoria, anche umana, perché in questo evento si attua, si
concretizza, si concentra il volere superiore di Dio Padre.
Così ha voluto il Padre e loro accolgono la sua altissima volontà,
prostrandosi davanti al bambino che nasce a Betlemme. Gesù è un
bambino, un uomo in tutto uguale a noi eccetto il peccato, quindi un
essere debole, fragile, rispetto a loro che sono puri spiriti,
tuttavia in quella carne umana sussiste il Verbo eterno di Dio,
il loro Signore. Per questa ragione si inchinano, lo
adorano, si prostrano e cantano la sua gloria, lo servono con grande
disponibilità e umiltà. Facciamo altrettanto, perché l’umiltà
di Cristo è servita dall’umiltà degli angeli e dei pastori, per
primi, poi arriveranno gli umili Re Magi.
Il
Natale è un mistero di umiltà ed è buono se è interiore, se è
celebrato nel silenzio del cuore umile, nella coscienza fatta attenta
e pensosa. Ed è interiore e rinnovatore, se ci fa cogliere il
discorso che, entrando nel mondo, Gesù ha pronunciato non con le
parole, ma con i fatti. Quale discorso? Quello dell’umiltà; è
questa la lezione fondamentale del mistero di Dio fatto uomo, ed è
questa la medicina prima di cui abbiamo bisogno (cfr. S. Agostino
d’Ippona, De Trin. 8, 5,
7, P.L. 42, 952). È da questa radice che può rinascere
la vita buona.
L’invito
all’umiltà sarà più tardi ripetuto da Cristo adulto quando dirà:
“Se non vi farete piccoli come bambini, non potrete entrare nel
Regno dei cieli” (Mt 18, 2).
Oggi, parafraserei
questa frase così: “Se non diventerete come questo Bambino, non
entrerete nel Regno dei Cieli”.
3)
Umiltà e
Verginità.
I
pastori hanno capito col cuore che -nel bambino che vedevano nella
grotta - la promessa del profeta Isaia era diventata realtà: “Un
bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio. Sulle sue spalle
è il segno della sovranità” (Is 9,5 - I Lettura della
Messa della Notte).
L’angelo di Dio
invita anche noi ad incamminarci col cuore per vedere il bambino che
giace nella mangiatoia. Anche per noi il segno di Dio è la
semplicità. Il segno di Dio è il bambino. Il segno di Dio è che
Egli si fa piccolo per noi. Questo è il suo modo di regnare: amando
e lasciandosi amare con umile semplicità
Da noi Cristo non
vuole nient’altro che il nostro amore. Mediante questa carità
impariamo ad entrare nei suoi sentimenti, nel suo pensiero e nella
sua volontà; impariamo a vivere con Gesù e a praticare con Lui
anche l’umiltà della rinuncia che fa parte dell’essenza
dell’amore. “L’amore cristiano o è umile o non è amore di
Dio” (Papa Francesco, 8 aprile 2013).
Un modo significativo
di vivere questo umile amore è quello delle Vergini consacrate nel
mondo. Queste donne sull’esempio di Maria Vergine e Madre stanno
accanto a Cristo imitando in modo particolare la Madonna, il cui
cuore e mente sono pienamente umili. Fu per la sua singolare umiltà
che Dio chiese il ‘sì’ di questa giovane donna, per
realizzare il suo disegno di amore e di misericordia.
La verginità di Maria
è unica e irripetibile, ma le vergini consacrate nel mondo ci
testimoniano che il suo significato spirituale riguarda ogni
cristiano. Le persone vergini mostrano che chi confida profondamente
e umilmente nell’amore di Dio, accoglie in sé Gesù, e lo dona al
mondo in un Natale quotidiano.
Nel nascondimento
della loro vita accolgono anche e soprattutto l’insegnamento della
grande umiltà di un Maestro che ancora non parla ma che per loro è
davvero Tutto.
1 “In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse ilcensimento di tutta la terra. Questo primo censimento fu fatto quando Quirinioera governatore della Siria. Tutti andavano a farsi censire, ciascuno nella propria città. Anche Giuseppe, dalla Galilea, dalla città di Nazareth, salì in Giudea allacittà di Davide chiamata Betlemme: egli apparteneva infatti alla casa e allafamiglia di Davide. Doveva farsi censire insieme a Maria, sua sposa, che eraincinta. Mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in unamangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio.
C’erano in quella regione alcuni pastori che, pernottando all’aperto, vegliavanotutta la notte facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore sipresentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi dagrande timore, ma l’angelo disse loro: «Non temete: ecco, vi annuncio unagrande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato pervoi un Salvatore, che è Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete unbambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia” (Lc 2, 1 – 15, Vangelodella Messa della Notte, Lc 15 – 20, Vangelo della Messa dell’aurora)
Lettura Patristica
San
Basilio Magno (329-379)
Omelia
Dio sulla terra, Dio in
mezzo agli uomini: non un Dio che consegna la legge tra bagliori di
fuoco e suoni di tromba su un monte fumante, o in densa nube fra
lampi e tuoni, seminando il terrore tra coloro che lo ascoltano; ma
un Dio incarnato, che con soavità e dolcezza parla a creature che
hanno la sua stessa natura. Un Dio incarnato, che non agisce da
lontano o per mezzo di profeti, ma attraverso l'umanità che ha
assunto in proprio a rivestire la sua persona, per ricondurre a sé,
nella nostra stessa carne fatta sua, tutto il genere umano. In che
modo, per mezzo di uno solo, lo splendore raggiunse tutti? In che
modo la divinità risiede nella carne?Come il fuoco nel ferro: non
per trasfor-mazione, ma per partecipazione. Il fuoco, infatti, non
passa nel ferro, ma rimanendo dov'è, gli comunica la sua virtù;
né per questa comunicazione diminuisce, ma pervade di sé tutto
quello a cui si comunica. Così il Dio-Verbo, senza mai separarsi da
se stesso, «venne ad abitare in mezzo a noi»; senza subire alcun
mutamento, «si fece carne»: il cielo che lo conteneva non rimase
privo di lui mentre la terra lo accoglieva nel suo seno.
2. Cerca
di penetrare nel mistero: Dio assume la carne proprio per distruggere
la morte in essa nascosta. Come gli antidoti di un veleno, una volta
ingeriti, ne annullano gli effetti, e come le tenebre di una casa si
dissolvono alla luce del sole, così la morte che dominava
sull'umana natura fu distrutta dalla presenza di Dio. E come il
ghiaccio rimane solido nell'acqua finché dura la notte e regnano le
tenebre, ma tosto si scioglie al calore del sole, così la morte che
aveva regnato fino alla venuta di Cristo, appena apparve la grazia di
Dio Salvatore e sorse il sole di giustizia, «fu ingoiata dalla
vittoria» (1 Cor 15,54), non potendo coesistere con la Vita. O
grandezza della bontà e dell'amore di Dio per gli uomini! Diamogli
gloria insieme ai pastori, esultiamo con gli angeli «perché oggi
ci è nato il Salvatore, che è Cristo Signore» (Le 2,11). Anche a
noi il Signore non è apparso nella forma di Dio, che avrebbe
sgomentato la nostra fragilità, ma in quella di servo, per
restituire alla libertà coloro che erano in schiavitù. Chi è
così tiepido, così poco riconoscente che non gioisca, non esulti,
non porti doni? Oggi è festa per tutte le creature. Nessuno vi sia
che non offra qualcosa, nessuno si mostri ingrato. Esplodiamo anche
noi in un canto di esultanza.
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