XXIII
Domenica del Tempo Ordinario – Anno C – 4 settembre 2016
Rito Romano
Sap 9,13-18; Sal 89; Fm
1,9-10.12-17; Lc 14,25-33
Rito
Ambrosiano
Is 30,8-15b; Sal 50; Rm
5,1-11; Mt 4,12-17
I Domenica dopo il
martirio di San Giovanni il Precursore
1) Esigenze
paradossali per un cammino paradossale.
Lasciato il banchetto,
dove aveva detto che occorre vivere nell’umiltà e nella gratuità
(cfr. il Vangelo di domenica scorsa), Gesù riprende la sua strada
verso Gerusalemme. Il suo, più che un cammino “geografico”, é
un cammino del cuore, che lo condurrà ad aprire le mani e
lasciarsele inchiodare.
Su questa strada, che
sale verso Gerusalemme, il Redentore è accompagnato da “una folla
numerosa andava con Lui” (cfr. Lc 14,25). Questo “andare”
è il cammino della vita. L’andare con Lui è il senso della nostra
vita, perché tra numerosa gente, che va con Lui, ci siamo anche noi.
Anche noi, come i primi discepoli e la folla, che lo seguiva, siamo
chiamati a deciderci, a fare il passo decisivo, a diventare Suoi
discepoli, seguendoLo.
Spesso nel Vangelo,
non solo nel brano di oggi, Cristo chiama ad andare con Lui,
invitando a seguirlo nel percorso del suo cuore, che è un cuore, che
salva, guarisce e perdona: è un cuore di misericordia. Tuttavia
nessuno dei suoi insegnamenti sembra così duro, per non dire
sconcertante, come quelli che riascoltiamo oggi: “Egli si voltò e
disse loro: Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo
padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino
la propria vita, non può essere mio discepolo. Colui che non porta
la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio
discepolo” (Lc 14 25-27). Per tre volte Cristo afferma
decisamente che si può essere suoi discepoli, solo 1) se odiamo1
le persone care e perfino la propria vita, 2) portiamo la croce, 3)
rinunziamo a tutti i nostri averi.
Viene spontaneo
chiedersi: com’è possibile che Gesù, modello di mitezza, abbia
pronunciato parole così dure, che sembrano in contraddizione con
altre raccomandazioni da Lui stesso più volte ripetute, per esempio:
quelle che indicano di onorare i genitori e di amare non solo il
prossimo, ma anche i nemici?
Non si tratta di
contraddizioni ma di paradossi2.
In effetti, anche in vari altri passi di tutti e quattro i Vangeli ci
sono insegnamenti paradossali: “Beati voi, poveri … …”; “Se
uno vuol essere il primo, sia l’ultimo e il servo di tutti”; “Chi
vuole salvare la propria vita la perderà”, ecc. Sono queste
espressioni paradossali come le tre richieste-indicazioni oggi
ricordate dal Messia quali condizioni necessarie per seguirLo. Sono
indicazioni sconcertanti, che esprimono la necessità di un
comportamento, che va ben al di là di quello che è chiamato buon
senso. Tuttavia, questi paradossi evangelici non sono irragionevoli,
ma hanno una logica vera e profonda.
2) Il paradosso
cristiano.
Per capire la verità
e la ragionevolezza dei “paradossi” di Cristo per seguirLo è
importante ricordare che, per andare dietro a Lui, c’è bisogno di
un amore superiore, di “un di più”, che non può venire da noi,
ma assume sempre lo spessore della Croce. Per seguire Gesù bisogna
avere per Lui un amore superiore a quello verso i nostri famigliari,
un amore più grande di quello che ognuno di noi ha per la sua
propria vita. E bisogna portare la propria croce.
Ma chi è capace di
questo? Gesù ci invita a far bene i conti. Ma sono conti strani.
Meno uno ha, più è sicuro di riuscire. Più uno conta su Gesù in
totale abbandono e amorosa fiducia, è allora che è forte della
forza del Signore (cfr. 2 Cor 12,10). Più si è poveri di sé
stessi, più si è ricchi di Cristo e pieni della sua forza, che
sostiene e perdona. Per seguire Gesù occorre quindi “rinunziare a
tutti i nostri averi”.
Più che una
contraddizione, questa chiamata di Cristo sembra una follia. La
chiamata di Cristo non è folle, irragionevole. E’ logica. In
effetti, il Salvatore chiede di “rinunciare a tutto”, perché non
si possono fare compromessi, non si può avere il cuore strabico e
diviso, altrimenti si morirebbe dilaniati. E’ necessario
“rinunciare a tutto”, perché per essere suoi “discepoli” e
salvare il mondo dobbiamo avere unicamente “tutto” il suo amore e
“tutta” la sua Grazia. Mischiare queste con le risorse infette
della nostra fragilità carnale significherebbe rendere tutto
inservibile. Siamo chiamati a “rinunciare a tutti gli averi”, dal
denaro e dai beni sino alla propria volontà, per lasciare campo
libero all’amore ed alla grazia di Dio.
3) Madre Teresa
di Calcutta: un esempio attuale di sequela.
Un esempio recente e
attualissimo di come è possibile seguire Cristo, prendendo sul serio
le tre esigenze logiche, ragionevoli, espresse nel vangelo di oggi:
1) “odiare” le persone care e perfino la propria vita, 2) portare
la croce, 3) rinunziare a tutti i propri averi, ci è offerto da M.
Teresa di Calcutta, che oggi -4 settembre 2016- Papa Francesco
proclama Santa.
Questa Santa ha fatto
una fortissima esperienza dell’amore di Dio, che la chiamava,
amandola. Per lei, nel quotidiano di una vita, su cui pesava la
coscienza della propria debolezza e dell’aridità spirituale,
l’esperienza dell’amore di Dio ha sempre avuto il sopravvento.
Aveva capito che la sua vita era lo stare con Cristo, che ha sete
della nostra sete.
Santa Teresa di
Calcutta rispose con totale abbandono, amorosa fiducia e gioia alla
vocazione che il Signore le fece direttamente. In questo modo è
diventata testimone esemplare a cristiani e non cristiani di queste
parole del Discepolo prediletto: “Carissimi, se Dio ci ha amato,
anche noi dobbiamo amarci gli uni gli altri. Nessuno mai ha visto
Dio; se ci amiamo gli uni gli altri, Dio rimane in noi e l’amore di
lui è perfetto in noi” (1 Gv 4, 11-12)”. Questo Amore
continui a ispirarci per essere come Missionari e Missionarie della
Carità a donarci con tutto il cuore a Gesù, da servire nei poveri,
nei malati, nelle persone sole e abbandonate.
La sete che Cristo ha
di noi in Croce fece comprendere a Madre Teresa di Calcutta che
l’umanità di Gesù è il segno supremo della rivelazione di Dio
all’uomo, è il portale attraverso cui è necessario passare per
comprendere cosa sia la carità, cosa sia la vita divina. La carità
è Dio che scende tra noi, che si curva su di noi ed estingue la
nostra sete di amore e di senso della vita. Al tempo stesso, da parte
nostra, la carità è abbracciare l’umanità di Gesù. Accogliendo
i poveri, i fratelli accogliamo Gesù. Noi siamo Gesù gli uni per
gli altri.
Dio, che è l’acqua
viva, ha bisogno della nostra povera acqua, ha bisogno del nostro sì
a lui per donarci la sua vita. In questo modo, il Redentore ci
introduce in un cammino di progressiva immedesimazione con Lui.
Attraverso la sua sete ci rende coscienti della nostra sete, dei
nostri veri bisogni.
Con l’acqua della
sua misericordia Lui ci disseta. Da parte nostra, sull’esempio e
per l’intercessione di Madre Teresa, anche noi dobbiamo rispondere
al grido di Cristo in Croce: “Ho sete”. Se
ascoltiamo con il cuore, sentiremo, capiremo, sperimenteremo in
profondità che Gesù ha sete di noi, di ciascuno di noi e accogliamo
l’invito della nuova Santa: "Segui le Sue orme in cerca di
anime. Porta Lui e la Sua luce nelle case dei poveri, specialmente
alle anime più bisognose. Diffondi la carità del Suo Cuore ovunque
vai, così da saziare la Sua sete di anime”. E la Madre dei poveri
dei più poveri aggiunge: “Vi rendete conto?! Dio ha sete che tu e
io ci offriamo per saziare la Sua sete”.
Come
rispondono le Vergini consacrate nel mondo e nella Chiesa a questa
sete? La forma specifica di consacrazione nell’Ordo
Virginum, con la quale queste donne vergini rispondono alla sete
di Cristo, è caratterizzata dall’impegno a condurre una vita di
fede e di radicalità evangelica, nelle condizioni ordinarie
dell’esistenza. Le vergini consacrate nel mondo e totalmente donate
a Cristo si conformano a Cristo vivendo radicalmente il vangelo e, in
tal modo, rispondo alla Sua sete di noi.
Con i loro “proposita”
si impegnano per sempre a “seguire Cristo più da vicino... unite
in mistiche nozze al Figlio di Dio” (can 604, § 1) a
servizio della Chiesa nel mondo. In questo
mondo, queste vergini consacrate pregano nel lavoro, “facendolo
con Lui, facendolo per Lui, facendolo a Lui. E ciò facendo, Lo
amano. E amandoLo, diventano sempre più una sola cosa con Lui, e Gli
consentono di vivere in loro la Sua Vita. E questo vivere di Cristo
in noi è la santità”(cfr. S.
Teresa di Calcutta).
1 Naturalmente, San Luca non intende il verbo “odiare” nel vero senso della parola. Lui sa bene che i genitori devono essere amati e rispettati. Si tratta, anche per lui, non di odio, ma di distacco, di preferenza del Regno: tuttavia egli ha conservato il verbo “misein” che indica, senza dubbio, un distacco particolarmente radicale. Non si tratta, soltanto, di rompere i legami con la famiglia, né basta un generico distacco da se stessi: l’esempio di Gesù è molto concreto e preciso: occorre essere disposti a portare la croce (Lc 14, 27), cioè all'effettivo e totale sacrificio di sé.
2 L’etimologia della parola “paradosso” ci aiuta a capirne meglio il significato: si tratta di una parola di origine greca “para-doxos" (=contrario alla comune opinione e dunque inaspettato, stupefacente), che indica un’affermazione in palese contrasto con le aspettative e le esperienze più comuni e abituali, ma che - sottoposta ad esame critico e approfondito - si dimostra invece molto valida, anzi, manifesta una verità particolarmente ricca e profonda, e appunto “inaspettata”, stupefacente.
Per
questa domenica, invece dalla lettura patristica si propone una bella
preghiera composta dai Padri Missionari della Carità a partire dagli
insegnamenti della nuova Santa.
PREGHIERA DI MADRE
TERESA:
“HO SETE DI TE”
“E’ vero. Sto alla
porta del tuo cuore, giorno e notte. Anche quando tu non stai
ascoltando, anche quando tu dubiti che possa essere Io. Io sono lì.
Aspetto anche il più piccolo segno di una tua risposta, anche
l’invito sussurrato nel modo più lieve che Mi permetta di entrare.
E voglio che tu sappia
che, ogni volta che Mi inviti, Io vengo – sempre, non c’è
dubbio. Vengo in silenzio e senza essere visto, ma con potere e amore
infinito, e portando i frutti abbondanti del Mio Spirito. Vengo con
la Mia misericordia, con il Mio desiderio di perdonarti e guarirti, e
con un amore per te oltre quello che puoi comprendere – un amore
grande come quello che ho ricevuto dal Padre (“Come il Padre ha
amato me, così anch’io ho amato voi” – Gv 15,9).
Io vengo – con il
desiderio ardente di consolarti e di darti forza, di risollevarti e
di fasciare tutte le tue ferite. Ti porto la Mia luce, per dissolvere
le tue tenebre e tutti i tuoi dubbi. Vengo con il Mio potere, così
che Io possa portare te e ogni tuo fardello; vengo con la Mia grazia,
per toccare il tuo cuore e trasformare la tua vita; ed offro la mia
pace per pacificare la tua anima. Io ti conosco in pienezza –
conosco tutto ciò che ti riguarda. Tutti i capelli del tuo capo ho
contato.
Non importa quanto
lontano tu sia andato vagando, non importa quante volte ti dimentichi
di Me, non importa quante croci potrai portare in questa vita; c’è
una cosa che voglio tu ricordi sempre, una cosa che non cambierà
mai: HO SETE DI TE – così come tu sei. Non c’è bisogno che tu
cambi per credere nel Mio amore, perché sarà la fiducia nel Mio
amore che cambierà te. Tu ti dimentichi di Me, eppure Io ti cerco in
ogni momento – sto alla porta del tuo cuore e busso. Lo trovi
difficile da credere? Allora guarda la Croce, guarda al mio Cuore che
è stato trafitto per te. Non hai capito la Mia Croce? Allora ascolta
di nuovo le parole che ho detto da lì – ti dicono chiaramente
perché ho sofferto tutto questo per te: “HO SETE!” (Gv 19,28).
Sì, ho sete di te –
come dice di Me il resto del Salmo che stavo pregando: “Ho atteso
compassione, ma invano, consolatori, ma non ne ho trovati” (Sal
69,21) Per tutta la tua vita ho cercato il tuo amore – non ho
smesso mai di cercare di amarti e di essere amato da te. Hai provato
tante altre cose alla ricerca della felicità; perché non cerchi di
aprirMi il tuo cuore, proprio adesso, più di quanto tu abbia mai
fatto prima d’ora? Ogni volta che aprirai la porta del tuo cuore,
ogni volta che sarai abbastanza vicino, Mi sentirai ripeterti senza
posa, non in parole puramente umane, ma in spirito: “Non importa
quello che hai fatto, Io ti amo per te stesso. Vieni a Me con la tua
miseria ed i tuoi peccati, con le tue preoccupazioni e le tue
necessità, e con tutto il tuo ardente desiderio di essere amato. Sto
alla porta del tuo cuore e busso... ApriMi perché HO SETE DI TE .”
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