XIII Domenica del
Tempo Ordinario – Anno C – 26 giugno 2016
Rito Romano
1Re 19,16.19-21; Sal 15; Gal 5,1.13-18;
Lc 9,51-62
Rito Ambrosiano
Es 24,3-18; Sal 49; Eb 8,6-13a; Gv
19,30-35
VI Domenica dopo Pentecoste
1) Il
cammino definitivo verso Gerusalemme.
Nel
capitolo 9 di San Luca, di cui la liturgia della Messa di oggi ci propone l’ultima
parte, sono riferiti alcuni momenti importanti della vita di Cristo, che è
utile ricordare.
Li
richiamo brevemente.
Prima di
tutto Gesù invia in missione i Dodici Apostoli. Questi hanno ascoltato e
accolto il suo annuncio quindi, a loro volta, possono diffonderlo (cfr Lc 9,1-6). Al loro ritorno li coinvolge
nella moltiplicazione dei pani, che non è solamente un’anticipazione simbolica
dell’Eucaristia., ma una vera
e profonda rivelazione di Gesù e della sua esistenza e, quindi, di una vera
rivelazione del gesto eucaristico. Per l’evangelista San Luca la distribuzione
dei pani, l’ultima Cena e la cena di Emmaus sono i pilastri che manifestano la
logica dell’esistenza di Gesù: una vita in dono.(cfr Ibid.
9,10-17).
Poi,
Pietro riconosce Gesù come il Cristo, il Messia atteso dal popolo di Israele (cfr
Ibid.
9,18-21). E questo è un momento molto importante perché Gesù è
riconosciuto come il Cristo di Dio. Tuttavia per scoprirlo completamente sono
necessarie la morte e la risurrezione, quindi Gesù comincia ad annunciare ai
suoi il proprio destino di passione (cfr. Ibid.
9,22-23). E’ una vocazione che richiede certe rinunce. Chi vuole seguire Gesù deve
come Lui rinunciare alla propria vita, per poi ritrovarla (cfr Ibid. 9,23-26).
Inoltre,
per sostenere i suoi Apostoli in questo cammino, Gesù dà un “assaggio” della sua
gloria futura ai tre Apostoli da lui preferiti: è la Trasfigurazione (cfr. Ibid. 9,28-36). Disceso dal monte,
rivela ancora una volta la sua forza nei confronti del maligno (guarigione del
ragazzo epilettico: Ibid. 9,37-43) e
annuncia di nuovo la sua passione e morte (cfr. Ibid. 9,43-45), ma i discepoli non comprendono e si mettono a
discutere su chi sia il più grande tra di loro (cfr Ibid. 9, 46-50).
Ed eccoci alla fine del capitolo 9. In questo
brano (vv. 51-62), letto durante la liturgia per questa domenica, sono
descritte la ferma decisione di Cristo di compiere il suo esodo andando a
Gerusalemme e tre risposte di come il
discepolo debba seguire il Maestro.
Vale la
pena di notare che in questa parte definitiva dell’esodo di Cristo verso il
Padre, i gesti di misericordia, i miracoli e gli insegnamenti continuano.
2) Le
esigenze della sequela.
Gesù
intraprende la strada verso Gerusalemme dove -con consapevolezza, coraggio e
decisione - va per dare la vita per chi lo ammazza (cfr. Ibid. 9,51). Il Figlio
di Dio cammina risolutamente verso Gerusalemme, volge il suo volto, fermo e
deciso (in effetti il testo greco usa questa espressione: “Rese di pietra il
suo volto”, così il testo greco che è stato tradotto con: “Gesù prese la ferma
decisione”) verso la sua Pasqua di liberazione per noi. È un cammino, fatto non
senza gran fatica e con decisione ferma., ma è un cammino libero e di libertà.
Cristo ci
ha liberati per la libertà di figli di Dio. Per essere liberi, dietro Gesù,
bisogna camminare secondo lo Spirito e nell’osservanza dei comandamenti donati
da Dio per amore. I Dieci Comandamenti non sono un inno al
“no”, sono sul “sì”. Un “sì” a Dio, il “sì” all’amore, e poiché io dico di “sì”
all’amore, dico “no” al non amore, ma il “no” è una conseguenza di quel “sì” che
viene da Dio e ci fa amare.
Riscopriamo
e viviamo le Dieci Parole di Dio (in greco c’è “logoi” che di solito è tradotto
con comandamenti ma letteralmente significa “parole”). Diciamo “sì” a queste
“dieci vie d’amore” perfezionate da Cristo, per difendere l’uomo e guidarlo
alla vera libertà.
Se
poi vogliamo vivere con pienezza queste vie non ci resta che seguire Cristo nel
suo esodo a Gerusalemme, che non è solo quella in Terra santa, ma è quella nel
Cielo.
Questa
sequela ha almeno tre caratteristiche.
La
prima caratteristica è quella del distacco o del vero rapporto con i beni
materiali.
In
effetti, nel vangelo di oggi vediamo che un
uomo, lungo la strada verso la libertà, chiede a Gesù
di volerlo seguire. Quest’uomo è già consapevole che la sequela comporti una
vita itinerante: “Ti seguirò
dovunque tu vada” (Ibid. 9,
57). Ma c’è qualcosa in più che deve sapere: non semplicemente la povertà materiale
ci è richiesta, né semplicemente la fatica di una vita pellegrinante. Il
primo dono che Gesù ci fa se lo seguiamo poveramente è quello della libertà dalle cose: se vogliamo
possederle ci possiedono, se ne facciamo il fine della nostra vita siamo usati
come mezzi di produzione di cose. Se invece non sono fini, ma mezzi, li
possiamo usare e servono. Servono, per fare una vita umana che è una vita da
figli e da fratelli. E’ la vita di comunione, mentre troppo spesso si lotta
anche fino alla morte. La prima condizione per seguire Cristo ed essere persone
libere, il primo dono che Dio vuole farci è la povertà spirituale e se qualcuno
è chiamato, anche la povertà materiale, che è un gran dono di Dio. Questa
povertà significa che non siamo ciò che abbiamo, altrimenti ci identifichiamo
con le cose, che diventano il nostro dio o, per essere più precisi, il nostro
idolo, il nostro fine, a causa del quale
distruggiamo gli altri e, infine, noi stessi.
La seconda caratteristica
è quella del rapporto con le persone e che nulla sia anteposto a Dio.
Di fronte alla richiesta di Gesù: “Seguimi” per
vivere nella luce e nell’amore, il secondo uomo del Vangelo di oggi chiede un rinvio.
La risposta di Gesù è categorica: “Lascia che i morti seppelliscano i loro
morti” (Ibid. 9, 59 -60). Certamente
si tratta di un linguaggio paradossale. Non è questione di seppellire o no i
propri cari. È questione di accorgersi che è arrivata una novità che tutto fa
impallidire.
Spero di non sbagliarmi se affermo che è
un invito alla castità, a cui tutti siamo chiamati:
nessuna persona, nessun dovere, nessun affetto è assoluto. Solo Dio, che non
abbiamo mai visto, è assoluto. Tutto il resto è relativo e soprattutto non è
mai da possedere. Quella relazione di amore reciproco, cioè quello stesso amore
che Dio ha per noi gratuito, di dono, è lo stesso amore che abbiamo con
l’altro, di dono reciproco e di perdono.
Se la prima caratteristica della sequela è il distacco dalle
cose e la seconda è il distacco dalle persone, la terza è il distacco da se
stessi, che non si riduce alla storia passata. L’essere umano è struttura di
domanda, desiderio di infinito, apertura alla promessa di Dio.
In effetti, nel terzo dialogo leggiamo di un altro sconosciuto che è
disposto a seguire Gesù ma chiede il tempo di salutare quelli di casa. Il verbo
greco significa salutare e lasciare. Gesù risponde con una specie di proverbio:
“Chi ha messo mano all'aratro e poi si volge indietro, non è adatto per il
regno di Dio”. Se il contadino vuole arare va diritto, non può permettersi di
guardare indietro. In altre parole, la sequela non sopporta rinvii, né
distrazioni, né nostalgie,
Detto
sinteticamente: il seguire Cristo è una scelta di libertà che deriva dal distacco
dalle cose e dalle persone, il distacco dalle cose, e dalla fiducia in Dio.
3) La
sequela della vergini consacrate nel mondo.
Capiamo
con la mente ed anche con il cuore che seguire Gesù vuol dire quindi radicarsi
nella sua parola e accogliere la sua Persona di Messia e Figlio di Dio senza
riserve, senza anteporre a lui i nostri pensieri e i nostri affetti famigliari
A questo
riguardo le Vergini consacrate nel mondo testimoniano che nessun affetto viene prima di Dio. È la castità dell'anima e del corpo, il loro essere
"spose" di un Dio da amare in modo assoluto. Al primo posto è Dio.
Volgersi indietro è rimpianto, esitazione. La scelta per Cristo è la
conversione continua che la verginità rende costante e trasforma in offerta, in
sacrificio gradito a Dio.
Seguire
Gesù verginalmente vuol dire seguirlo incondizionatamente. Il seguire Cristo esige una fedeltà ed un amore, che mettano
sempre al primo posto Dio e il Suo regno. L’esito è una vita feconda e gioiosa.
Infatti, il Redentore ha detto: “Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi
se stesso, prenda la propria croce ogni giorno, e mi segua; perché, chi vorrà
salvare la propria vita la perderà, ma chi perderà la propria vita per causa
mia, la salverà” (Lc 9,23-24).
Dunque, la sequela di Cristo è una via Crucis non perché il dolore e la morte
debbano essere l'approdo ultimo della vita, ma perché, come fu per Cristo,
mistico chicco di grano caduto nella terra, da quella morte redentrice nascesse
nuova vita.
Così ogni
rinuncia fatta per seguire il Figlio di Dio, non segna semplicemente un cammino
di sterile mortificazione, ma apre la via ad un’esistenza che, incessantemente,
si rinnova nella grazia e rende la persona capace di percorrere il cammino
della libertà più vera, quella che ci è donata in Cristo. Le persone vergini ce
lo testimoniano in modo significativo, perché tutti i cristiani rispondano a
questa vocazione: “Voi, fratelli siete stati chiamati a libertà, purché questa
libertà non divenga un pretesto per vivere secondo la carne, ma mediante la
carità siate a servizio gli uni degli altri...Vi dico dunque: camminate secondo
lo Spirito ...”
Dunque la vocazione di ciascuno di noi alla sequela di
Cristo è vocazione alla libertà autentica, che è dono del Padre nel Figlio per
mezzo dello Spirito, il quale illumina e conduce alla pienezza della vita.
Lettura Patristica
Sant’Ambrogio di Milano
In Luc.,
7, 27 s.
Come seguire Gesù
E se egli
rimprovera i discepoli che volevano far discendere il fuoco su coloro che non
avevano voluto accogliere Cristo (Lc 9,55), questo ci indica che
non sempre si devono colpire coloro che hanno peccato: spesso giova di più la
clemenza, sia a te, perché fortifica la tua pazienza, sia al colpevole, perché
lo spinge a correggersi.
Ma il Signore
agisce mirabilmente in tutte le sue opere. Egli non accoglie colui che si offre
con presunzione, mentre non si adira contro coloro che, senza nessun riguardo,
respingono il Signore. Egli vuole così dimostrare che la virtù perfetta non ha
alcun desiderio di vendetta, che non c’è alcun posto per la collera laddove c’è
la pienezza della carità, e che, infine, non bisogna respingere la debolezza ma
aiutarla.
L’indignazione
stia lungi dalle anime pie, il desiderio della vendetta sia lontano dalle anime
grandi; e altrettanto lontano stia dai sapienti l’amicizia sconsiderata e
l’incauta semplicità. Perciò egli dice a quello: «Le volpi hanno tane»; il suo
ossequio non è accettato perché non è trovato effettivo. Con circospezione si
usi dell’ospitalità della fede, nel timore che aprendo agli infedeli l’intimità
deUa nostra dimora si finisca col cadere, per la nostra imprevidente credulità,
nella rete della cattiva fede altrui.
Nerses Snorhali
Jesus, 502-505
La sequela di Gesù
Non ho ascoltato la voce che vivifica
che non permette di seppellire il padre;
ma ancora sono morto con la morte
per le opere di morte del Maligno.
All’aratro della parola posi mano,
però non come il lavoratore;
egli, infatti, non si gira indietro
ma verso il solco che gli sta davanti.
Da parte mia, il consiglio dall’alto ho trascurato
la retta via che conduce al cielo;
di nuovo alla terra vile mi son volto,
dalla qual m’avevi tratto con la tua venuta.
Ora, nuovamente elevami,
verso di Te nel ciel dei cieli io ascenda;
non permettermi di rivolgermi al Nemico,
per tema che non mi getti nelle tenebre.
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