Rito Romano - X
Domenica del Tempo Ordinario – Anno C – 5 giugno 2016
1Re 17,17-24; Sal 29;
Gal 1,11-19; Lc 7,11-17
Rito
Ambrosiano
Gen 3,1-20; Sal 129; Rm
5,18-21; Mt 1,20b-24b
III Domenica dopo
Pentecoste
1)
La morte è
un sonno,
da cui la
compassione di
Cristo risveglia.
“Il nostro amico
Lazzaro s’è addormentato, ma io vado a svegliarlo” (Gv
11,11) – così Gesù parlò ai discepoli, esprimendo con la
metafora del sonno il punto di vista di Dio sulla morte fisica. Dio
la vede appunto come un sonno, da cui ci può risvegliare. Il Figlio
di Dio ha dimostrato un potere assoluto nei confronti di questa
morte.
Lo si vede nel Vangelo
di San Marco (5,35-43) che racconta la risurrezione di una ragazzina
di di dodici anni. Di lei il Messia disse: “Non è morta, ma dorme”
(Mc 5,39), e i presenti lo presero in giro per questa frase
umanamente assurda. Con la terza risurrezione, quella del figlio
della vedova di Nain, proposta nel Vangelo di oggi (Lc
7,11-17), Cristo insegna non solo che la morte del corpo è un sonno,
ma pure che da questo sonno Dio ci può ridestare in qualsiasi
momento, umanamente inatteso.
In tutti i tre “casi”,
si vede che la Signoria sulla morte non impedì a Gesù di provare
sincera compassione per il dolore del distacco fisico. “Il
cuore del Redentore è divino-umano: in Lui Dio e Uomo si sono
perfettamente incontrati, senza separazione e senza confusione”
(Benedetto XVI). Lui è l’incarnazione del Dio
che è amore, misericordia del Dio che è Vita.
“Ma la misericordia di Gesù non è solo un sentimento, è
una forza che dà vita, che risuscita l’uomo! Ce lo dice anche il
Vangelo di oggi, nell’episodio della vedova di Nain” (Papa
Francesco). Per questo Papa Francesco insegna che “la
compassione è l’amore di Dio per l’uomo, è la misericordia,
cioè l’atteggiamento di Dio a contatto con la miseria umana, con
la nostra indigenza, la nostra sofferenza, la nostra angoscia. Il
termine biblico compassione richiama le viscere materne: la madre,
infatti, prova una reazione tutta sua di fronte al dolore dei figli”.
E il frutto di questa compassione misericordiosa è la Vita. Per
questo Gesù disse alla madre vedova: “Non piangere!”, e poi
chiamò il ragazzo morto e lo risvegliò come da un sonno (cfr Lc
7, 13-15).
Nel Vangelo di questa
domenica quello che mi colpisce non è tanto il miracolo della
risurrezione di un morto, quanto il gesto di profonda umanità che
Gesù compie avvicinandosi con vera e sincera compassione a questa
vedova che piange il figlio morto. Gesù è straordinario in questa
compassione (com – patire cioè soffrire
con, provare lo stesso dolore) che lo muove a fare quello
che è in suo potere.
Noi non abbiamo questo
potere di risuscitare i morti, solo Dio può farlo, ma possiamo avere
la stessa capacità di Gesù di compatire e di non rimanere ciechi
difronte alle povertà e sofferenze di chi incrociamo sulla nostra
strada. E’ sufficiente che attraverso dei gesti piccoli e ordinari
compiamo compassionevolmente le opere di misericordia. Con queste
opere possiamo rendere “miracolosa” la nostra umanità, facendola
icona (immagine) di Cristo, vero Dio e vero uomo.
Se non agiremo ad
immagine di Cristo non sapremo mai amare. Gesù, il Signore della
vita, non è solo da ammirare, è da imitare.
Se pensassimo, come
alcuni, che conservare un cuore pulito, degno di Dio, significa non
immischiarlo, non contaminarlo con affetti umani, la conseguenza
logica sarebbe quella di renderci insensibili al dolore degli altri.
Saremmo allora capaci soltanto di una carità ufficiale, arida,
senz’anima, ma non della vera carità di Cristo, che è affetto e
calore umano.
2)
Parole che
stupiscono.
Gesù stupiva quando
andava a mangiare con i peccatori, quando si intratteneva con i
bambini, quando parlava con donne e con coloro che erano ritenuti
lontani da Dio. Gesù stupisce anche in questo com-piangere una
povera vedova a cui è morto pure il figlio. Stupisce anche e
soprattutto perché “osa” dire a questa donna: “Non piangere”.
Il pianto
di quella
vedova era
causato dal
dolore per
la perdita
di suo
figlio e
per lei
in quel
momento il
dolore si
opponeva
alla
speranza.
Eppure
Cristo,
ancora
prima di
risuscitarle
il figlio,
le disse:
“Non
piangere”.
A memoria
d’uomo,
nella
storia
dell’umanità
non c’è
stato
nessuno che
abbia
manifestato
la sua
commozione,
la sua
tenerezza
compassionevole
rivolgendosi
ad una
persona
sola perché
vedova e
abbandonata
a causa
della morte
del solo ed unico figlio
dicendole queste parole di consolazione: “Donna, non piangere”.
Parole che non solamente asciugano le lacrime, ma le fermano perché
pronunciate da Colui che è Vita e dà la vita.
Tre parole pronunciate
da Chi solo poteva pronunciarle in verità. Da Chi solo poteva dare
davvero speranza al dolore apparentemente senza speranza, al dolore
di chi non aspetta più niente di buono dalla vita. Inoltre, non va
dimenticato che la compassione di Cristo è gratuita, non solamente
perché la madre vedova non gli chiese nulla, ma non chiede nulla
anche perché nessuna persona umana può meritare un miracolo.
Grazie a questo
intervento gratuito del Messia il corteo funebre sfocia così in
quello gioioso che accompagna Cristo: i due cortei si fondono in una
sola processione, in un fiume di acqua di vita. L’affluente che era
destinato a morire in uno stagno, confluisce in un fiume di acqua
viva, che conduce alla foce della Vita.
Per dare la vita,
Cristo vince la morte, affinché coloro che si amano restino vicini e
si amino nel Suo amore compassionevole.
Lui è la Vita
rivestita di Misericordia.
Lui è la Vita che
senza riserve si dona a noi, perché abbiamo la vita, e l’abbiamo
in abbondanza.
Lui è la Vita che
nessuna tomba può trattenere in se stessa.
Lui è la Vita che
annuncia la Verità che rende liberi anche dalla morte.
Lui è la Vita che
apre davanti a noi orizzonti infiniti.
Lui oggi ripete a noi
quello che disse al giovane morto: “Alzati”.
“Alzati”,
la parola che oggi arriva al nostro cuore è la stessa che Dio ha
usato per la creazione dell’uomo e che poi non di rado Dio ha
ripetuto nella Bibbia non solo per curare ma soprattutto per chiamare
a Lui, a vivere in comunione con Lui, perché la vita che Lui dà è
vocazione di comunione con Lui e con i Suoi fratelli e sorelle in
umanità.
Alle Vergini
consacrate nel mondo Gesù Vergine dice: “Alzati, amica mia,
mia bella, e vieni, presto! O mia colomba, che stai nelle fenditure
della roccia, nei nascondigli dei dirupi, mostrami il tuo viso, fammi
sentire la tua voce, perché la tua voce è soave, il tuo viso è
incantevole”. E la Vergine consacrata può rispondere sempre con il
Cantico dei Cantici: “Il mio amato è mio e io sono sua; mettimi
come sigillo sul tuo cuore, come sigillo sul tuo braccio; perché
forte come la morte è l’amore: le sue vampe sono vampe di fuoco,
una fiamma divina! Le grandi acque non possono spegnere l’amore né
i fiumi travolgerlo. Se uno desse tutte le ricchezze della sua casa
in cambio dell’amore, non ne avrebbe che disprezzo” (Ct 2,
8-10.14.16a; 8,
6-7a).
A
Cristo Sposo che le chiama invitandole ad alzarsi, le vergini
consacrate si alzano con la fede, si affrettano con l’offerta,
aprono il loro cuore mediante un’adesione completa ed un abbandono
totale.
L’amorosa
iniziativa di Cristo richiede la libera risposta delle persone
chiamate. Una risposta positiva che presuppone sempre l’accettazione
e la condivisione del progetto che Dio ha su ciascuna di loro (ma
questo vale anche per ciascuno di noi). La risposta delle vergini
consacrate nel mondo testimonia che l’iniziativa d’amore del
Signore deve essere accolta in atteggiamento sponsale ed esclusivo,
ed è pure un riconoscente omaggio a Dio e una totale collaborazione
al piano di salvezza che Lui persegue nella storia (cfr. CCC
n. 2062).
Lettura Patristica
Agostino d’Ippona
(354 – 430)
Sermo 98, 1-3
PL 38, 591-592
I
miracoli
del
Signore
e
Salvatore
nostro
Gesù
Cristo
commuovono
tutti
coloro
che
li
sentono,
ma
chi
in
un
modo
e
chi
in
un
altro.
Alcuni
si
fermano
stupiti
dinanzi
al
fatto
esteriore
e
non
penetrano
ciò
che
è
più
grande.
Altri
invece
dalle
grandi
cose
operate
nei
corpi
arrivano
ad
ammirare
l’opera
ancora
più
grande
che
è
nelle
anime.
Il
Signore
stesso
dice:
"Come
il
Padre
risuscita
i
morti
e
li
vivifica,
così
anche
il
Figlio
vivifica
chi
vuole"
(Jn
5,21).
Non
dice
che
altri
siano
i
risuscitati
del
Padre
e
altri
i
risuscitati
del
Figlio,
ma
gli
stessi
li
risuscita
il
Padre
e
il
Figlio;
perché
il
Padre
fa
tutto
attraverso
il
Figlio.
Nessuno,
dunque,
che
sia
cristiano,
metta
in
dubbio
che
anche
oggi
i
morti
vengano
risuscitati.
Ogni
uomo
ha
gli
occhi
per
veder
risorgere
i
morti,
come
fu
risuscitato
il
figlio
della
vedova;
ma
gli
occhi
per
veder
risorgere
coloro
che
son
morti
nel
cuore,
li
hanno
solo
quelli
che
son
già
risorti
nel
loro
cuore.
È
cosa
molto
più
grande
risuscitare
uno
che
non
morrà
più,
che
risuscitare
uno
che
morirà
di
nuovo.
Di
quel
giovane
risuscitato
si
rallegrò
la
madre
vedova;
degli
uomini
che
risuscitano
spiritualmente
ogni
giorno
si
rallegra
la
madre
Chiesa.
Quello
era
morto
nel
corpo;
questi
nell’anima.
La
morte
di
quello
era
visibile
ed
era
visibilmente
pianta;
la
morte
di
questi
è
invisibile
e
non
è
vista.
Ma
la
cerca
colui
che
riconosce
i
morti;
e
riconosce
i
morti
solo
colui
che
li
può
restituire
alla
vita.
Se,
infatti,
il
Signore
non
fosse
venuto
per
risuscitare
i
morti,
l’Apostolo
non
potrebbe
dire:
"Alzati,
tu
che
dormi,
sorgi
dai
morti
e
t’illuminerà
il
Cristo"
(Ep
5,14).
Pensi
a
un
addormentato,
quando
dice:
"Alzati,
tu
che
dormi",
ma
comprendi
che
è
un
morto,
quando
senti:
"Sorgi
dai
morti".
Spesso
si
parla
di
morte
con
la
parola
«sonno».
E,
veramente,
per
chi
li
può
risuscitare,
essi
dormono.
È
morto,
infatti,
per
te,
uno
che,
per
quanto
lo
tocchi,
stuzzichi
o
dilanii,
non
si
sveglia.
Per
Cristo,
invece,
dormiva
quel
tale,
cui
disse:
"Alzati",
e
subito
egli
s’alzò.
Nessuno
sveglia
così
facilmente
uno
che
dorme,
come
Cristo
richiama
uno
dal
sepolcro.
Abbiamo
tre
risuscitati
visibilmente
da
Cristo,
migliaia
invisibilmente.
Ma,
veramente,
chi
può
dire
quanti
furono
visibilmente
risuscitati?
Non
è
stato
scritto
tutto
ciò
ch’egli
fece.
Giovanni
dice:
"Fece
Gesù
molte
altre
cose,
che
se
fossero
state
scritte,
penso
che
il
mondo
non
potrebbe
contenerne
i
libri"
(Jn
21,25).
Certamente,
dunque,
molti
altri
furono
risuscitati;
ma
non
a
caso
solo
tre
ne
sono
stati
registrati.
Il
Signore
Gesù
voleva
che
i
fatti
fisici
avessero
una
portata
spirituale.
Non
faceva
il
miracolo
per
il
miracolo;
voleva
che
ciò
che
destava
meraviglia
a
chi
vedeva,
insegnasse
una
verità
a
chi
la
comprendeva.
Come
uno
che
vede
le
lettere
di
un
codice
scritto
bene
se
non
sa
leggere,
loda
la
bellezza
della
scrittura;
ma
che
cosa
dicano
quei
segni,
non
lo
sa
dire.
Un
altro,
invece,
apprezza
la
bella
scrittura
e
ne
capisce
il
senso;
ma
questo
deve
saper
leggere.
Così
quelli
che
videro
i
miracoli
di
Cristo,
senza
capirne
il
senso
e
che
cosa
volessero
suggerire
a
chi
li
comprendeva,
ammirarono
solo
l’avvenimento;
altri,
invece,
ammirarono
il
fatto
e
ne
compresero
il
valore.
Questi
dobbiamo
essere
noi
nella
scuola
di
Cristo.
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