Rito Romano – V
Domenica del Tempo Ordinario - Anno B – 8 febbraio 2015
Gb
7,1-4.6-7; Sal 146; 1Cor 9,16-19.22-23; Mc 1,29-391
Rito Ambrosiano –
Penultima Domenica dopo l’Epifania – detta “della divina
clemenza”
Os
6,1-6; Sal 50; Gal 2,19-3,7; Lc 7,36-50
1) La giornata
di Cristo.
Il Vangelo di oggi ci
descrive un sabato trascorso da Gesù a Cafarnao, che può essere
considerato come il paradigma di come Gesù viveva il giorno di
riposo ebraico, e che può essere un paradigma per noi per le nostre
domeniche ed anche per gli altri giorni della settimana se vivremo il
lavoro come costruzione di un mondo guarito, redento.
Questa giornata di
Gesù è cadenzata dalle Sue tre occupazioni prioritarie: immergersi
nella preghiera con il Padre, stare in famiglia e tra la gente e
guarire i malati. Gesù parla con l’uomo, tocca con la Sua mano,
che è la mano dell’Infinito, la mano della persona finita, in
questo caso quella della suocera di Pietro, ma tutto ciò è è
“intriso” di Dio, parte dalla preghiera e si conclude nella
preghiera.
Infatti, il Vangelo di
oggi ci riferisce di un sabato, che iniziato nella sinagoga, che
continua nella casa di Simone, dove Gesù gli guarisce la suocera, e
fuori di questa casa dove il Messia guarisce molti malati e
indemoniati. Ma facciamo attenzione al fatto che il racconto di oggi
non si conclude con la sera di questo sabato ma con la narrazione di
Gesù che prima che sorga l’alba va in un luogo solitario, dove
Lui, il Figlio parla con Dio Padre.
In riva al lago, in
una sinagoga, in una casa, in piazza o un luogo solitario: ogni posto
è buono per l’incontro tra noi e il Signore, che ci offre la sua
chiamata. Ogni ora può essere quella giusta e ogni posto è
conveniente per l’incontro con Dio: la sinagoga, la casa della
gente, il luogo desertico.
Cerchiamo di
immaginarci la scena descritta dal Vangelo: Gesù, dopo aver lasciato
la sinagoga e tra due ali di gente va a casa di Simon-Pietro, dove
trova la suocera di questi a letto, con la febbre. Subito la
guarisce, prendendola per mano. Mano nella mano, come forza trasmessa
a chi è stanco o malato, come mano di fratello e di amico per dare
fiducia al fratello e amico debole, infermo. Gesù rialza (il verbo
greco è quello usato dal Vangelo anche per parlare della
risurrezione) la suocera di Pietro. Gesù alza, eleva, fa rialzare
(ri-sorgere) questa donna, la riconsegna alla
sua andatura eretta, alla fierezza del fare, del prendersi cura degli
altri. La donna si alza e si mette a servire2.
Il
Signore prende per mano anche noi, anche noi facciamo lo stesso,
prendiamo per mano che si tende verso di noi. Quante cose contiene
una mano. Un gesto così può sollevare una vita. Questo, secondo il
Vangelo di Marco, è il primo miracolo
di Gesù, il più piccolo in apparenza, ma che dice il significato di
tutti gli altri: Gesù Cristo, la Parola fatta carne, ci libera dal
male fisico e spirituale e ci rende liberi per il bene. Allora
facciamo almeno come la suocera di Pietro, guarita dalla febbre, che
imita subito Gesù, che è venuto per servire perché ci ama. Servire
significa amare, non a parole, ma con i fatti.
Credo
che il senso di tutti i miracoli che Gesù fa è di cambiare
la vita dell’uomo, di riconsegnare l’uomo a se stesso e a Dio.
Secondo il Vangelo di Marco, il primo miracolo di Cristo è quello di
guarire la suocera di Pietro, poi durante la sua vita pubblica
- guarirà anche dei ciechi, perché l’uomo abbia occhi che vedono,
- guarirà dei sordi perché l’uomo abbia orecchi che ascoltano,
- guarirà i muti perché la bocca dell’uomo dica la verità,
- guarirà gli zoppi perché l’uomo abbia piedi che camminano alla sua sequela,
- guarirà le mani perché l’uomo a mani aperte e tese tocchi santamente il suo prossimo e soccorra i fratelli e sorelle in umanità,
- guarirà le mani del cuore perché si congiungano in preghiera e l’uomo entri in comunione con Dio. Lui stesso, di notte e fino all’alba, Gesù, anche “stanco” di guarire, andrà in luogo solitario per pregare.
2) Il giorno e
la sera per pensare all’uomo, la notte e l’alba per pensare a
Dio.
Gesù assediato dal
dolore, in un crescendo turbinoso (la sera fuori dalla casa di
Simon-Pietro la folla con il suo dolore si affretta da Gesù, Gli
consegna il suo dolore e ritrova la vita) sa trovare spazi e tempi
per stare con Padre. Gesù ci insegna a inventare quegli spazi
segreti che danno salute all’anima, spazi di preghiera, dove niente
sia più importante di Dio, dove dirgli: Sto davanti a te; per un
tempo che so breve non voglio mettere niente prima di te; niente per
questi pochi minuti viene prima di te. Ed è la nostra dichiarazione
d’amore.
Nella narrazione
evangelica, l’ambientazione della preghiera di Gesù si colloca
all’incrocio tra l’inserimento nella tradizione del suo popolo e
la novità di una relazione personale unica con Dio. “Il luogo
deserto” (cfr Mc 1,35) in cui si ritira, “la notte” che
gli permette la solitudine (cfr Mc 1,35; 6,46-47; Lc 6,12) richiamano
momenti del cammino della rivelazione di Dio nell’Antico
Testamento, indicando la continuità del suo progetto salvifico. Ma
al tempo stesso, segnano momenti di particolare importanza per Gesù,
che consapevolmente si inserisce in questo piano, pienamente fedele
alla volontà del Padre.
Anche nella nostra
preghiera noi dobbiamo imparare, sempre di più, ad entrare in questa
storia di salvezza di cui Gesù è il vertice, rinnovare davanti a
Dio la nostra decisione personale di aprirci alla sua volontà,
chiedere a Lui la forza di conformare la nostra volontà alla sua, in
tutta la nostra vita, in obbedienza al suo progetto di amore per noi.
La preghiera di Gesù
tocca tutte le fasi del suo ministero e tutte le sue giornate. Le
fatiche non la bloccano. I Vangeli, anzi, lasciano trasparire una
consuetudine di Gesù a trascorrere in preghiera parte della notte.
Guardando alla
preghiera di Gesù, chiediamoci: come prego io? Quale e quanto tempo
dedico al rapporto con Dio? Chi può essermi maestro?
Il primo Maestro in
ciò è Gesù, che ci insegna il Padre nostro e rivela la novità del
nostro dialogo con Dio: la preghiera filiale, che il Padre aspetta
dai suoi figli. E da Gesù impariamo come la preghiera costante ci
aiuti ad interpretare la nostra vita, ad operare le nostre scelte, a
riconoscere e ad accogliere la nostra vocazione.
Poi noi, discepoli
piccoli di questo grande Maestro, siamo chiamati a essere testimoni
della preghiera, proprio perché il nostro mondo è spesso chiuso
all'orizzonte divino e alla speranza che porta l’incontro con Dio.
Nell’amicizia profonda con Gesù e vivendo in Lui e con Lui la
relazione filiale con il Padre, possiamo aprire finestre verso il
Cielo di Dio attraverso la nostra preghiera fedele e costante.
A chi non ha tempo e
modo di pregare con la Liturgia delle Ore, suggerisco di recitare
l’Angelus al mattino, per ricordare la risurrezione di
Cristo, a mezzogiorno per celebrare la sua crocifissione, a sera per
far memoria della sua nascita. Oppure di iniziare la giornata con
questa due preghiere: “Ascolta Israele, il Signore è il nostro
Dio, il Signore è uno solo”, tratta dal Deuteronomio 6,4, e
“Padre nostro, che sei nei cieli...”. La prima preghiera è
ascolto, la seconda è risposta. Nell'ascolto io imparo che Dio è
Uno solo, e nella riposta dico subito: “Padre mio...” (cfr Divo
Barsotti).
Come
la preghiera sia il “lavoro” più importante, lo si può capire
anche dal fatto che il primo e irrinunciabile impegno delle
vergini consacrate nel mondo è quello della preghiera, come viene
espressamente richiesto loro durante il rito di consacrazione
(Cfr
Consacrazione delle Vergini, Premesse, n. 2). In
effetti, consegnando il
libro della Liturgia delle Ore, il Vescovo si rivolge alla consacrata
con queste parole: “La preghiera della Chiesa risuoni senza
interruzione nel tuo cuore e sulle tue labbra come lode perenne al
Padre e viva intercessione per la salvezza del mondo”
(Cfr ib., Riti
esplicativi, n. 48).
Con
particolare affetto e devozione le vergini coltivano con la Vergine
Maria, modello di ogni sequela e di ogni consacrazione, l’umile
confidenza filiale, la preghiera di intercessione, la contemplazione
dei misteri del suo Figlio Gesù.
Ogni
vergine appartenente all’Ordo inoltre tiene costantemente presente
che la preghiera non è solo personale, generosa risposta alla voce
dello Sposo e umile richiesta di aiuto per mantenersi fedele al santo
proposito e al dono ricevuto, ma è intima partecipazione alla vita
del corpo mistico di Cristo, intercessione instancabile per la Chiesa
e per il mondo.
1
“In
quel tempo, Gesù, uscito dalla sinagoga, subito andò nella casa di
Simone e Andrea, in compagnia di Giacomo e Giovanni. La suocera di
Simone era a letto con la febbre e subito gli parlarono di lei. Egli
si avvicinò e la fece alzare prendendola per mano; la febbre la
lasciò ed ella li serviva.
Venuta
la sera, dopo il tramonto del sole, gli portavano tutti i malati e
gli indemoniati. Tutta la città era riunita davanti alla porta.
Guarì molti che erano affetti da varie malattie e scacciò molti
demòni; ma non permetteva ai demòni di parlare, perché lo
conoscevano.
Al
mattino presto si alzò quando ancora era buio e, uscito, si ritirò
in un luogo deserto, e là pregava. Ma Simone e quelli che erano con
lui si misero sulle sue tracce. Lo trovarono e gli dissero: «Tutti
ti cercano!». Egli disse loro: «Andiamocene altrove, nei villaggi
vicini, perché io predichi anche là; per questo infatti sono
venuto!».
E
andò per tutta la Galilea, predicando nelle loro sinagoghe e
scacciando i demòni.”
(Mc
1,29-39).
2
Il
miracolo è per il servizio; aggiungo qualcosa che leggevo in un
commentario e che mi è piaciuto molto: il verbo servire (diakoneo)
è lo stesso che esprimerà il servizio del dare la vita da parte di
Gesù. Questo, che per tanti è il primo miracolo di Gesù nel
vangelo di Marco, ci dice che questa donna, della quale poi non si
parlerà più, da subito è entrata nella logica che guida la vita e
le scelte di Gesù: il dono della vita! L'incontro, la relazione
avviene così: Dio in Gesù ci visita, guarisce la nostra vita e ci
rende “liberi per servire”. Non è tanto per essere acclamato
che Gesù fa un miracolo, non è tanto per essere riconosciuto come
Dio: è perché l’uomo non resti chiuso ma si apra ai fratelli in
una relazione gratuita e continuata di servizio.
Lettura
Patristica
San Girolamo,
Comment. in Marc.,
2
"Ora
la suocera di Simone stava a letto con la febbre"
(Mc
1,30).
Dio voglia ch’egli venga ed entri nella nostra casa, e guarisca con
un suo ordine la febbre dei nostri peccati. Ciascuno di noi è
febbricitante. Quando sono colto dall’ira, ho la febbre ogni vizio
è una febbre. Preghiamo dunque gli apostoli affinché supplichino
Gesù, ed egli venga a noi e tocchi la nostra mano: se la sua mano ci
tocca, subito la febbre è scacciata. E il Signore un grande medico,
un vero archiatra. Un medico era Mosè, un medico era Isaia, medici
sono tutti i santi: ma questo è il maestro di tutti i medici. Egli
sa toccare con cura le vene, sa scrutare nei segreti del male. Non
tocca le orecchie, non tocca la fronte, né tocca alcuna altra parte
del corpo: tocca soltanto la mano. Quella donna, infatti, aveva la
febbre, perché non aveva opere di bene. Prima viene dunque sanata
nelle opere e poi viene liberata dalla febbre. Non può liberarsi
della febbre se non è guarita nelle opere. Quando la nostra mano
opera il male, è come se fossimo costretti a stare a letto; non
possiamo alzarci, non possiamo camminare: è come se fossimo ammalati
in ogni parte del corpo.
E
"avvicinatosi"
(Mc
1,31)
a lei che era ammalata... Essa non poteva alzarsi, giaceva nel letto;
quindi, non poteva venire incontro al Signore che entrava: ma questo
misericordioso medico, che la teneva sulle sue spalle come fosse una
morbida pecorella, va lui al letto. «E avvicinatosi...». Si
avvicina spontaneamente, per guarirla di sua propria volontà. «E
avvicinatosi...». Stai attento a che cosa dice. È come se dicesse:
Avresti dovuto correre incontro a me, venire alla porta per
accogliermi, affinché la tua guarigione non fosse soltanto opera
della mia misericordia, ma anche della tua volontà: ma, poiché sei
in preda ad una violenta febbre e non ti puoi alzare, vengo io.
E
"avvicinatosi
la fece alzare".
Ella non poteva alzarsi, ed è alzata dal Signore. "E
la fece alzare prendendola per mano"
(Mc
1,31).
Giustamente la prende per mano. Quando anche Pietro era in pericolo
in mare e stava per essere sommerso, è toccato dalla sua mano e
subito si alza. «E la fece alzare prendendola per la mano»: con la
sua mano prese la mano di lei. O beata amicizia, o dolcissimo bacio!
La fece alzare dopo averla presa per mano: la mano di lui guarì la
mano di lei. La prese per mano come medico, sentì le sue vene,
costatò la violenza della febbre, egli che è medico e medicina.
Gesù tocca, e la febbre fugge. Tocchi anche le nostre mani, per
rendere pure le nostre opere. Che entri nella nostra casa: alziamoci
dal letto non restiamo sdraiati. Gesù sta dinanzi al nostro letto e
noi non ci alziamo? Leviamoci, stiamo in piedi: è ignominioso per
noi giacere dinanzi a Gesù. Ma qualcuno dirà: - Dov’è Gesù?
Gesù è qui. "Sta
in mezzo a voi uno che voi non conoscete"
(Jn
1,26).
"Il
regno di Dio è dentro di voi"
(Lc
17,21).
Crediamo, e vedremo Gesù qui oggi. E se non possiamo toccare la sua
mano, corriamo ai suoi piedi. Se non possiamo giungere alla sua
testa, almeno laviamo con le nostre lacrime i suoi piedi. Il nostro
pentimento è profumo per il Salvatore. Osserva quanto è grande la
misericordia del Signore. I nostri peccati mandano un cattivo odore,
sono putredine: tuttavia, se ci pentiamo dei nostri peccati, se
piangiamo, i nostri puzzolenti peccati diventano il profumo del
Signore. Preghiamo dunque il Signore affinché ci prenda per la
mano...
Che
dice ancora David? "Mi
laverai e io sarò più bianco della neve"
(Ps
50,9).
Poiché mi hai lavato con le mie lacrime le mie lacrime e la mia
penitenza hanno agito per me come ii battesimo. Potete costatare da
qui quanto sia efficace la penitenza. Egli si pentì e pianse: perciò
fu purificato. Che cosa dice subito dopo? "Insegnerò
agli iniqui la tua via, e gli empi si convertiranno a te"
(Ps
50,15).
Il penitente è diventato maestro.
Perché
ho detto tutto questo? Perché qui sta scritto: "E
subito la febbre la lasciò ed ella si mise a servirli"
(Mc
1,31).
Non si accontenta di essere stata liberata dalla febbre, ma subito si
mette al servizio di Cristo. «E si mise a servirli». Li serviva con
i piedi, li serviva con le mani, correva di qua e di là, e venerava
colui dal quale era stata guarita. Serviamo anche noi Gesù. Egli
accoglie volentieri il nostro servizio, anche se abbiamo le mani
sporche: infatti egli si degna di guardare ciò che si è degnato di
guarire. Sia a lui gloria nei secoli dei secoli. Amen.
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