Domenica
della Santa Famiglia, 28 dicembre – Anno B – 28 dicembre 2014
Rito Romano: Gen
15,1-6; 21,1-3; Eb 11,8.11-12.17-19; Lc 2,22-40
Rito Ambrosiano:
Ger
31,15-18. 20; Sal 123; Rm 8,14-21; Mt 2,13b-18
Domenica
- IV giorno dell’ottava di Natale
1) La Famiglia
Santa, dunque vera.
La liturgia ci propone
di celebrare la Santa Famiglia come modello di tutte le famiglie
umane e non solo di quelle cristiane1.
In un tempo di profonda crisi d‘identità delle famiglie
soprattutto occidentali, con separazioni, divorzi e convivenze di
ogni genere, proporre all’attenzione delle nostre famiglie questa
singolare famiglia di Nazareth significa “riscoprire la vocazione e
la missione della famiglia, di ogni famiglia. E, come accadde in quei
trent’anni a Nazareth, così può accadere anche per noi: far
diventare normale l’amore e non l’odio, far diventare comune
l’aiuto vicendevole, non l’indifferenza o l’inimicizia” (Papa
Francesco, Udienza Generale del 17 dicembre 2014).
La Santa Famiglia di
Nazareth mostra qual è l’inizio ed il centro di ogni famiglia
vera: Gesù Cristo. La Famiglia di Cristo fu santa, perché Sua,
perché Lo accolse e Lo donò al mondo. Le nostre famiglie sono
chiamate a fare altrettanto. Se si è radicati in Lui che ha vissuto
in essa, si può capire e vivere i grandi beni che sono il
matrimonio, la famiglia, il dono della vita. Si capirà anche quale
grande pericolo sia per l’uomo e la sua dignità, la loro
degradazione nelle istituzioni civili.
Credo
sia utile partire dall’episodio narrato dal San Marco al capitolo
3, in cui a chi gli dice “Ecco tua madre, i tuoi fratelli e
le tue sorelle sono fuori e ti cercano", Gesù risponde: "Chi
è mia madre e chi sono i miei fratelli?".
Girando lo sguardo su
quelli che gli stavano seduti attorno, disse: “Ecco mia madre e i
miei fratelli! Chi compie la volontà di Dio, costui è mio fratello,
sorella e madre” (Mc 3, 31-35). E’ come se Gesù Cristo
dicesse: “La mia famiglia è tutta qui. Non ho altre famiglie. I
rapporti di sangue non contano se non sono confermati nello spirito.
I miei fratelli sono i poveri che piangono, le mie sorelle sono le
donne che hanno detto sì all’Amore, che hanno purificato ed
elevato l’amore”.
Gesù non disprezzava
Sua Madre, San Giuseppe, suo padre legale, e la Sua parentela. Lui
non rinnegava la Madre del cui grembo Lui era il frutto: voleva dire
che Lui non apparteneva solo alla “piccola” Santa Famiglia di
Nazareth, ma alla Sua missione di Salvatore della “grande”
famiglia umana. Dio viene a ricostruire il senso vero della famiglia
umana, la vocazione di ogni uomo che è quella di figlio e fratello.
Dio riunisce la sua famiglia per insegnare ad essere familiari
davvero, perché vuole liberare dalla tentazione della solitudine.
Dio sa che non è mai buono per l’uomo essere solo. Dio stesso non
vuole stare solo. Per questo genera una famiglia per "tutte le
genti", come canta Simeone.
2) Pellegrini a
Nazareth.
Come Papa Francesco ha
recentemente proposto ad ogni famiglia, ad ogni mamma ad ogni papà,
ad ogni figlio, facciamo uno spirituale pellegrinaggio a Nazareth per
riempire il proprio spirito delle sublimi virtù di Maria, l’umile
Serva del Signore, di Giuseppe, l’uomo giusto, il falegname, il
Custode della santa famiglia e di Gesù, il Figlio di Dio, che era
loro sottomesso e cresceva in età, sapienza e grazia.
La liturgia di oggi ci
presenta una meditazione tutta centrata sul Cristo, che interessa in
modo particolare le famiglie cristiane; ci presenta il mistero della
vita di Gesù bambino con i suoi genitori.
Il brano del Vangelo
di oggi ci presenta un quadro familiare di grande efficacia per la
comprensione del mistero del Salvatore. Siamo al momento della
presentazione del Signore al tempio e ad aspettare questo grande e
atteso evento c’è il vecchio Simeone che oggi occupa la scena
principale del vangelo sulla Santa Famiglia. Il vecchio Simeone
riconosce in Gesù il vero ed atteso salvatore ed è felice che il
Signore gli abbia permesso di vedere questo giorno. E’ la persona
della gratitudine, ma anche della profezia, del coraggio e
dell’assenza di ogni paura soprattutto della morte che nel Bambino
Gesù già vede la vittoria su di essa. Ora questo santo uomo di Dio,
che aveva atteso per anni la venuta del messia, può lasciare felice
la terra per incontrare per sempre il Signore nell’eternità.
Nelle nostre famiglie
si educhi al senso dell’eterno e della comunione. I bambini
crescono osservando come gli adulti vivono. Perciò educare i figli
significa farli partecipare alla realtà della comunione del papà e
della mamma, che hanno dato loro la vita. Educare i figli significa
introdurli nella vita insegnando loro la gratitudine.
3) Un
protagonista dimenticato.
La Santa Famiglia non
era una famiglia senza problemi. Maria e Giuseppe hanno condiviso la
condizione di quel figlio sconcertante, seguendolo passo per passo
nella rivelazione del suo mistero. Ed è proprio per questa loro
disponibilità totale che meritano tutta la nostra ammirazione. Non è
semplice sapere di aver in custodia il Figlio di Dio e fuggire in
Egitto, ritornare in patria e vivere a Nazareth, villaggio periferico
per gli Ebrei, vedere crescere in sapienza e grazia Gesù, che
conduceva una vita ordinaria, senza manifestazioni eccezionali fino a
trent’anni.
Si vorrebbe saperne di
più, sulla vita di quella straordinaria famiglia; in fondo, però,
San Luca dice quanto basta a delinearne la fisionomia. Pur se
straordinaria, per tanti aspetti è una famiglia come tutte, con le
sue gioie, i suoi dolori, i suoi segreti: conduce una vita secondo la
fede, prova la gioia di un bambino che nasce e cresce sano e forte, è
colpita da profezie che annunciano un futuro difficile. In tutte le
famiglie non sempre gli anni scorrono tranquilli; prima o poi si
affacciano problemi, sofferenze, preoccupazioni, tanto più dolorosi
se provocati dalla mancanza di amore. La Famiglia di Nazareth
affrontò le gioie e le difficoltà della vita sotto la guida e
custodia di San Giuseppe.
- E’ importante comprendere la grandezza di quest’uomo unico che è stato lo sposo di Maria e che è stato spesso ridotto a essere il procuratore dei beni materiali, come se nella Santa Famiglia lui avesse avuto solamente il ruolo “esterno” dell’uomo al quale si affidano compiti non importanti, che non esigono le virtù più alte. In effetti, se ci si mette nella situazione in cui si trovava Maria, quando lei portava nel suo seno l’incipiente vita carnale del Figlio di Dio, se ci si mette dal punto di vista legale, questa situazione è qualcosa di scioccante per Giuseppe, perché –umanamente e legalmente parlando- la sua fidanzata doveva essere considerata un’adultera degna di castigo e, quindi, della lapidazione.
- Come ha potuto Giuseppe ammettere che Maria era innocente? Eppure lui non è stato neppure sfiorato dal dubbio. Il suo amore per la Madonna non è stato ferito e ha voluto proteggerne la reputazione anche per non farle correre nessun rischio di vita. Giuseppe crede fermamente all’Angelo e prende con sé Maria, perché in ogni caso lei non corra alcun rischio. Lei ed il di lei Bambino hanno bisogno di lui, Giuseppe, che con il suo amore sponsale accetta di restare anche lui vergine perché Colui che è in Maria per opera dello Spirito Santo, nasca, cresca e salvi il mondo. L’annuncio angelico: “Non temere di prendere Maria come tua sposa” è il sigillo di dio su questo matrimonio unico, al cuore dell’amore umano più profondo, più autentico, più divino. Ebbene, un uomo che è capace di una tale grandezza, appartiene alla razza dei giganti, dei santi. Giuseppe accetta di vivere verginalmente il suo amore per non infliggere la benché minima ferita alla sua amata. Il matrimonio di Maria e Giuseppe ha permesso a Cristo di entrare nel mondo con onore, ha consentito a Cristo di vivere la vita nascosta di Nazareth ben protetto, crescendo in sapienza e grazia. A Nazareth Giuseppe, Maria e Gesù hanno vissuto il quotidiano in modo eroico, così che l’eroico diventasse quotidiano e anche noi potessimo imitarli nel nostro quotidiano.
- Giuseppe si impegnò con tutta la sua persona nell’opera di Redenzione del Figlio di Maria: ha donato a Dio la sostanza della sua tenerezza e del suo cuore, sacrificando il suo amore.
- Che si sia genitori grazie al matrimonio o che si sia padri e madri spiritualmente, l’esempio della Santa Famiglia ci chiede di essere pronti al sacrificio che fa vera la vita.
- Prego San Giuseppe, che è il custode e protettore delle vergini, come lo fu di Maria, che ottenga per le vergini consacrate nel mondo di saper far fruttare le ricchezze del loro cuore perché perseverino nella via della santità mediate il dono totale di se stesse al Signore, che ci ama di amore infinito, paziente: tenero.
1
Papa
Francesco: “Ho
deciso perciò di riflettere con voi, in questo anno, proprio sulla
famiglia, su questo grande dono che il Signore ha fatto al mondo fin
dal principio, quando conferì ad Adamo ed Eva la missione di
moltiplicarsi e di riempire la terra (cfr Gen 1,28). Quel dono che
Gesù ha confermato e sigillato nel suo vangelo.
La vicinanza del
Natale accende su questo mistero una grande luce. L’incarnazione
del Figlio di Dio apre un nuovo inizio nella storia universale
dell’uomo e della donna. E questo nuovo inizio accade in seno ad
una famiglia, a Nazaret. Gesù nacque in una famiglia. Lui poteva
venire spettacolarmente, o come un guerriero, un imperatore… No,
no: viene come un figlio di famiglia, in una famiglia. Questo è
importante: guardare nel presepio questa scena tanto bella.” (17
dicembre 2014)
Lettura Patristica
di Sant'Agostino
d’Ippona, Vescovo (354 – 430)
Sermo 51, 10.17; 11,
18-19; 12, 19-20
"Il Signore
vuole che il padre sia onorato dai figli...
Chi onora la madre è
come chi accumula tesori".
(Sir 3, 2.4)
Il mondo è
sottomesso a Cristo, Cristo è sottomesso ai genitori
Il Signore Gesù Cristo
essendo, in quanto uomo, nell'età di dodici anni, egli che, in
quanto Dio, esiste prima del tempo ed è fuori del tempo, rimase
separato dai genitori nel tempio a disputare con gli anziani, che
rimanevano stupiti della sua scienza. I genitori, invece, ripartiti
da Gerusalemme, si misero a cercarlo nella loro comitiva, cioè tra
coloro che facevano il viaggio con loro ma, non avendolo trovato,
tornarono a Gerusalemme angosciati e lo trovarono che disputava con
gli anziani, avendo egli - come ho detto - solo dodici anni. Ma che
c'è da stupirsi? Il Verbo di Dio non tace mai, sebbene la sua voce
non sempre si senta. Viene dunque trovato nel tempio e sua madre gli
dice: Perché ci hai fatto una simile cosa? Tuo padre ed io,
angosciati, ti cercavamo. Ed egli: Non sapevate che io debbo
occuparmi delle cose del Padre mio? (Lc 2, 48-49). Egli rispose
così, poiché il Figlio di Dio era nel tempio di Dio. "Ecco -
dice qualcuno - non ammise d'essere figlio di Giuseppe". In
realtà Egli non voleva far credere d'essere loro figlio senza essere
nello stesso tempo Figlio di Dio. Difatti, in quanto Figlio di Dio,
egli è sempre tale ed è creatore dei suoi stessi genitori; in
quanto invece figlio dell'uomo a partire da un dato tempo, nato dalla
Vergine senza il concorso d'uomo, aveva un padre e una madre. In qual
modo proviamo quest'asserzione? L'ha già detto Maria: Tuo padre
ed io, angosciati, ti cercavamo.
In primo luogo,
fratelli, non è da passare sotto silenzio la modestia tanto santa
della Vergine Maria, perché sia norma di vita per le donne, nostre
sorelle. Aveva partorito il Cristo, era andato da lei l'angelo e le
aveva detto: Ecco, concepirai nel seno e darai alla luce un figlio
che chiamerai Gesù. Egli sarà grande e sarà chiamato Figlio
dell'Altissimo (Lc 1, 31-32). Aveva meritato di dare alla luce il
Figlio dell'Altissimo, eppure era umilissima; nemmeno parlando di se
stessa prende il primo posto anteponendosi al marito, col dire: "Io
e tuo padre", ma: Tuo padre - dice - e io. Non
tiene conto della propria dignità di madre, ma bada a rispettare il
diverso grado proprio dei coniugi. Il Cristo umile non avrebbe certo
insegnato alla propria madre a insuperbirsi.
Essendo poi sceso
con loro, [Gesù] si recò a Nazaret ed era loro sottomesso
(Lc 2, 49-51). La Scrittura non dice: "Era sottomesso
alla madre", oppure: "Era sottomesso a lei", ma: Era
sottomesso loro. Chi sono questi, ai quali era sottomesso? Non
erano forse i suoi genitori? Erano entrambi i suoi genitori coloro ai
quali Cristo era sottomesso per la degnazione per cui era figlio
dell'uomo.
Finora le donne hanno
sentito le norme loro proprie; sentano adesso le loro i ragazzi,
perché ubbidiscano ai genitori e siano loro sottomessi. Il mondo è
sottomesso a Cristo, Cristo è sottomesso ai genitori.
Vedete dunque,
fratelli, che Cristo, dicendo: "Occorre che mi occupi delle cose
del Padre mio", non voleva che noi intendessimo le sue parole
presso a poco in questo senso: "Voi non siete miei genitori",
ma nel senso ch'essi erano genitori nel tempo, il Padre invece da
tutta l'eternità. Quelli erano genitori del Figlio dell'uomo, il
Padre invece lo era del proprio Verbo e Sapienza, era Padre della sua
Potenza, grazie alla quale ha creato tutte le cose. Se tutte le cose
sono create dalla Potenza che si estende da un'estremità all'altra
del mondo con forza e regge l'universo con bontà, per mezzo del
Figlio di Dio furono creati anche coloro ai quali egli medesimo si
sarebbe sottomesso come figlio dell'uomo.
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