Rito
Romano
4ª
Domenica di Avvento - Anno B - 21 dicembre 2014
2
Sam 7,1-5.8-12.14.16; Sal 88; Rm 16,25-27; Lc 1,26-38
Rito
Ambrosiano
6ª Domenica di Avvento
– Domenica dell’Incarnazione o della Divina Maternità della
Beata Vergine Maria
Is 62,10-63,3b; Sal 71;
Fil 4,4-9; Lc 1, 26-38a
1) Il tempo del
“Sì”.
Nelle domeniche
precedenti la Liturgia ha attirato l’attenzione sulla figura di
Giovanni il Battista, il Precursore. Oggi è Maria, la Madre sua che
Lui ci ha donata e che è proposta come esempio di attesa di Cristo,
per accoglierlo nella nostra vita, nella nostra carne.
Quindi, è importante
cogliere l’atteggiamento della Vergine nei confronti di Colui che
viene per prendere casa tra noi, che si fa Carne per salvare la
nostra carne, perché anche noi “concepiamo” il Verbo di Dio
concretamente. Con il suo “fiat” (=sì), Maria concepì Gesù
sotto il suo cuore, con nostro fiat noi Lo concepiamo nel nostro
cuore. Ci insegni Maria Annunziata a dire la grande parola: “Sì,
fiat, sia fatta, o Signore, la Tua volontà”1.
Il
“sì”, il “fiat” della Madonna non fu pronunciato da un cuore
ottuso, addormentato, ma teso e vigile. Anche se pronunciato da
un’umile, giovanissima donna, questo “sì” sponsale fu
espressione di un cuore semplice e profondo. Maria è madre di Dio
non solo perché ha dato la vita fisica a Gesù, ma perché prima di
concepirLo nel suo ventre, L’ha ascoltato con l’orecchio e
concepito nel cuore. Lei è madre perché ascolta e accoglie il
Figlio e lo lascia vivere com’è, non solo perché Lo porta in
grembo e lo mette alla luce2.
Il “sì” di Maria
fu l’espressione della libertà di questa Vergine pura, feconda e
cosciente di appartenere ad una storia, a una storia grande, che
portava nel mondo Dio.
Un fatto è storico
non solo perché avviene nel tempo, ma perché avviene in un luogo.
Il
tempo è indicato così: “Era il sesto mese dal concepimento di San
Giovanni il Battista da parte di Elisabetta”. E’
l’episodio precedente a quello di cui parla il Vangelo di oggi.
Ora, al sesto mese uno non è completo. Il Battista rappresenta
l’Antico Testamento e la promessa. E importante notare che
l’Annunciazione compie la promessa con un certo anticipo. Quand’è
che avviene il compimento? Al sesto mese, cioè quando la promessa
non è ancora matura. Il che, secondo me vuole dire che realizzazione
di una promessa non dipende unicamente da Dio. Dio la promessa l’ha
fatta, la realizzerebbe anche subito, la realizza di fatto al sesto
mese, aspetta solo che uno dica “sì, avvenga di me secondo la tua
parola, accolgo la Parola”. Insomma, da sempre Dio è
“Sì” per
l’uomo. Quando finalmente anche noi diciamo sì come ha fatto la
Madonna, allora avviene il compimento. Anche noi diventiamo persone
mature, complete quando diciamo sì a Dio. Dunque non aspettiamo
domani per dire “Sì”.
Normalmente noi pensiamo al domani, aspettando tempi migliori. No.
L’unico tempo che abbiamo è il presente. Il presente è l’unico
momento nel quale tocchiamo l’eterno: il passato non c’è più,
il futuro non c’è ancora. Quello che stiamo vivendo è il tempo
dell’ascolto. Non dobbiamo aspettarne uno migliore, altrimenti
passiamo metà della vita a pensare al futuro e l’altra metà a
rimpiangere il passato, e così non viviamo mai. Dio invece è
“presente”3
e la sua proposta avviene “ora”. Non era per ieri, non era per
domani, è per oggi. Occorre
vivere il presente, come anche il Vangelo di Luca suggerisce
ricordando le prime parole di Gesù : "Oggi
si compie questa parola".
2) Il luogo e i
personaggi del Sì.
In questa giornata del
Sì, è importante capire anche il luogo dove esso è stato
pronunciato. La localizzazione che l’Evangelista Luca presenta in
voluta contrapposizione con la precedente storia di Giovanni
Battista.
L’annuncio della
nascita del Battista avviene nel Tempio di Gerusalemme, è fatto a un
sacerdote che sta svolgendo la sua funzione e avviene, per così
dire, nell’ordinamento ufficiale, come è prescritto dalla legge,
in conformità al culto, al luogo e alle funzioni ebraiche.
L’annuncio della
nascita del Messia è fatto a Maria, una donna che vive a Nazareth,
un piccolo, insignificante paese della semi-pagana Galilea, a
Nazareth, che per noi oggi vuol dire: il luogo della vita quotidiana.
E’ come per insegnarci che il luogo della Parola è dove
quotidianamente viviamo. E’ nella nostra vita quotidiana, che
possiamo e dobbiamo vivere da figli di Dio e ascoltiamo la Parola.
Poi sarà utile andare nei Santuari, nelle Basiliche e nei luoghi in
cui ci si riunisce in tanti, perché questo ci richiama ad una vita
di comunione nella Chiesa. Ma l’importante è il “qui e ora”:
il presente e il luogo della vita quotidiana. E’ lì che
quotidianamente la Parola si fa carne, come nel quotidiano di Maria,
divenuta il “luogo” di accoglienza, la vita nuova ha inizio.
Questa vita cominciò non nel tempio ma nell’umanità semplice di
Gesù Cristo, che divenne il vero tempio, la tenda dell'incontro.
Dopo aver considerato
il “luogo” dove Dio ama rivelare il suo amore: la povera casa
dell’umile Maria, guardiamo i personaggi di questo annuncio.
Cominciamo dall’angelo
Gabriele, il cui nome vuol dire “Potenza di Dio”, che si rivolge
a Maria, che con il suo “sì” porterà frutto per la potenza
della grazia di Dio.
Il saluto dell’Angelo
a Maria è “Gioisci, piena di Grazia”, che potremmo parafrasare
così: “Sii nella gioia tu, donna amata gratuitamente e per sempre
da Dio”. La Madonna è chiamata per una missione, ma prima è
invitata alla gioia, è sollevata dall’angoscia perché il Signore
“è con lei” per salvare lei e l’umanità intera.
Fissiamo ora gli occhi
del cuore su Maria, che si autodefinisce “serva” e che l’Angelo
di Dio definisce piena di grazia. Grazia e servizio: in questi due
termini è racchiusa tutta la comprensione cristiana dell'esistenza.
Il dono ricevuto continua a farsi dono.
Maria rimane turbata
dalle parole dell’Angelo. Però, il suo turbamento non deriva dalla
non comprensione o dalla paura. Deriva dalla commozione prodotta
dall’incontro con Dio, che attraverso l’Angelo le dice che
l’“essere amata gratuitamente” da Dio è il suo nuovo nome.
Quando Dio chiama
qualcuno per farne uno strumento di salvezza, non soltanto lo chiama
per nome, ma gli dà un nome nuovo, capace veramente di esprimere la
sua identità e la sua vocazione. Per Maria il nome nuovo è “Piena
di Grazia” cioè “amata gratuitamente e per sempre da
Dio”. Questo nome nuovo di Maria dice immediatamente la
gratuità e la fedeltà dell'amore di Dio, radice di ogni corretta
comprensione di Dio, dell'uomo e del mondo. Di questa radice Maria è
l’icona luminosa e trasparente. E questo è già la lieta notizia
del miracolo del Natale, che ormai è imminente.
“Accettare,
accogliere il miracolo del Natale, è accettare che Maria sia
realmente la ‘Madre di Dio’ e ‘Madre Vergine’; niente qui
contro la sessualità, contro l’amore umano. Il senso è
tutt’altro. Noi sappiamo bene che la vita che diamo, che
trasmettiamo, è una vita per la morte. Occorreva un intervento di
Dio, ci voleva che la catena delle nascite per morte fosse spezzata
perché sorgesse con Gesù un vivente totalmente vivo, un
vivente che non sarebbe più all'interno della morte come noi, ma si
sarebbe volontariamente lasciato afferrare da essa per distruggerla.
La verginità feconda di Maria, così come le apparizioni del Risorto
tutte a porte chiuse, segnalano questa vita più vivente della
nostra, una materialità trasfigurata”4.
L’esempio di Maria,
che dà la vita al totalmente vivo, oggi è in modo particolare
portato avanti dalle Vergini consacrate. Nella verginità liberamente
scelta, queste donne confermano se stesse come persone mature e
capaci di vita. Al tempo stesso realizzano il valore personale della
propria femminilità, diventando “un dono sincero e totale” a
Cristo, Redentore dell’uomo e Sposo delle anime. La naturale
disposizione sponsale della personalità femminile trova una risposta
nella verginità così intesa. La donna, chiamata fin dal “principio”
ad essere amata e ad amare, trova nella vocazione alla verginità,
anzitutto, il Cristo come il Redentore che “amò sino alla fine”
per mezzo del dono totale di sé, ed essa risponde a questo dono con
un “dono sincero” di tutta la sua vita (cfr. S. Giovanni Paolo
II, Mulieris dignitatem, 34).
Le vergini consacrate
nel mondo ci mostrano come sia possibile seguire l’esempio fecondo
di Maria, vivendo come lei la grazia della semplicità. In effetti,
esse testimoniano con semplice umiltà che non dobbiamo forzare noi
stessi a pensare cose grandi, né tanto meno a farle, perché
diventiamo ridicoli nella nostra presunzione, ma come la Madonna
dobbiamo riconoscere ed accettare la presenza del Verbo di Dio in
noi.
Preghiamo la Madonna
perché quello che è accaduto in lei, accada in noi. Chiediamo al
Signore che il Suo amore attecchisca come un fiore dentro la
fragilità della nostra carne.
E tutti facciamoci
forza ad imitare l’atteggiamento di Maria di Nazareth la quale ci
mostra che “l’essere viene prima del fare, e che
occorre lasciar fare a Dio per essere veramente come
Lui ci vuole. E’ Lui che fa in noi tante meraviglie. Maria è
ricettiva, ma non passiva. Come, a livello fisico, riceve la potenza
dello Spirito Santo ma poi dona carne e sangue al Figlio di Dio che
si forma in Lei, così, sul piano spirituale, accoglie la grazia e
corrisponde ad essa con la fede” (Papa Francesco, Angelus, 8
dicembre 2014).
1
Se per
caso uno dice il Rosario, per 50 volte di fila ripete quello che è
il nocciolo del brano evangelico di questa domenica. E tre volte al
giorno suonano le campane; le aveva introdotte dal ritorno
dall’Oriente San Francesco d’Assisi, proprio in ricordo
dell’Annunciazione. L’Incarnazione del Verbo, il sì di Maria
sta al principio e alla fine della giornata e nel cuore della
giornata.
2
A questo
riguardo ricordiamo quando
dicono a Gesù: “Tua madre e i tuoi fratelli sono fuori che ti
cercano”, Gesù dice: “Chi è mia madre, chi sono i miei
fratelli? Chi ascolta e fa la Parola”. Maria è sua madre perché
ascolta la Parola e fa la Parola. E a una donna gli dice: beato il
ventre che ti ha portato e il seno che ti ha allattato, Gesù dice:
beati piuttosto quelli che ascoltano e fanno la Parola. Quindi Maria
è sempre presentata come il prototipo di chi ascolta e attraverso
l’ascolto fa ciò che ascolta.
3
Fra
l’altro, oltre a vivere spiritualmente bene quanto Cristo dice “A
ogni giorno basta la sua pena”, il vivere il presente è pure
questione di sanità mentale. Invece, viviamo pensando al futuro, in
ansia, sospesi nel vuoto dell’incertezza, e al passato, annegati
nel rimpianto e nella frustrazione.
4
Olivier
Clément. La
mère de Dieu, un éclairage orthodoxe”,in
Jean Comby (ed), Théologie, histoire et piété mariale. Actes du
colloque de la faculté de théologie de Lyon, 1-3 octobre 1996,
Lyon, Profac (1997), 209-221.
Lettura Patristica
Bernardo di
Chiaravalle,
Oratio IV de B.M.V.,
8 s.
Hai sentito [o Maria]
che concepirai e partorirai un figlio; hai sentito che ciò avverrà
senza concorso di uomo, bensì per opera dello Spirito Santo.
L’angelo aspetta la risposta: è ormai tempo che a Dio faccia
ritorno colui che egli ha inviato.
Anche noi aspettiamo, o
Signora, la parola di misericordia, noi cui pesa miserevolmente la
sentenza di condanna.
Ecco che ti si offre il
prezzo della nostra salvezza; se acconsenti, saremo liberati sul
momento.
Nel Verbo eterno di Dio
tutti siamo stati creati, ed ecco che moriamo; nella tua breve
risposta siamo destinati ad essere ricreati, sì da esser richiamati
alla vita. È ciò che ti chiede supplichevole, o pia Vergine, il
fedele Adamo, esule dal paradiso con la sua progenie; è ciò che ti
chiedono Abramo e David. Lo sollecitano del pari gli altri santi
Padri, o meglio i tuoi padri, che pure popolano la regione dell’ombra
di morte. Lo attende tutto il mondo, prostrato ai tuoi ginocchi. E
non a torto, dal momento che dalla tua bocca dipende la consolazione
dei miseri, il riscatto degli schiavi, la liberazione dei condannati,
e per finire, la salvezza di tutti i figli di Adamo, di tutta la tua
stirpe.
Da’ in fretta, o
Vergine, la tua risposta. Pronuncia, o Signora, la parola che la
terra, gli inferi e i cieli aspettano.
Lo stesso Re e Signore
di tutti, tanto desidera il tuo cenno di risposta, quanto ha bramato
il tuo splendore: risposta in cui, certamente, ha stabilito di
salvare il mondo. E a chi piacesti nel silenzio, ora maggiormente
piacerai per la parola, quando ti chiamerà dal cielo: «O bella tra
tutte le donne, fammi udire la tua voce!».
Se tu dunque gli fai
sentire la tua voce, egli ti farà vedere la nostra salvezza.
Non è forse questo che
chiedevi, che gemevi, che giorno e notte, pregando, sospiravi? Che
dunque? Sei tu colei cui tutto questo è stato promesso, o dobbiamo
aspettarne un’altra? Sì, sei proprio tu, e non un’altra. Tu,
voglio dire, la promessa, tu la attesa, tu la desiderata, dalla quale
il santo padre tuo Giacobbe, già vicino a morire, sperava la vita
eterna, quando diceva: "Aspetterò
la tua salvezza, o Signore"
(Gn
49,18).
Colei, nella quale e per la quale, finalmente, lo stesso Dio e nostro
Re dispose prima dei secoli di operare la nostra salvezza.
Speri forse da un’altra
ciò che è offerto a te? Aspetti attraverso un’altra ciò che
tosto verrà operato per tuo tramite, purché tu esprima l’assenso,
pronunci la tua risposta?
Rispondi perciò al più
presto all’angelo, o meglio al Signore tramite l’angelo.
Pronuncia la parola, e
accogli la Parola; proferisci la tua, e concepirai la divina; emetti
la transeunte, e abbraccia l’eterna!
Perché indugi? Perché
trepidi? Credi, confida, e accetta!
L’umiltà assuma
l’audacia e fiducia la verecondia. Mai come ora si conviene che la
verginale semplicità dimentichi la prudenza.
Solo in questo caso non
temere, o Vergine prudente, la presunzione; infatti, anche se è
gradita la verecondia nel silenzio, è ora tuttavia più necessaria
la pietà nella parola.
Apri, o Vergine beata,
il cuore alla fede, le labbra alla confessione, il grembo al
Creatore.
Ecco, il desiderato di
tutte le genti è fuori e bussa alla porta. O se, per il tuo
indugiare, dovesse egli passare oltre; dolente, tu cominceresti di
nuovo a cercare colui che la tua anima ama!
Alzati, corri, apri.
Alzati per fede; corri per devozione; apri per confessione.
"Eccomi",
rispose, "sono
la serva del Signore, avvenga di me secondo la tua parola"
(Lc
1,38).
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