Rito
Romano
1ª
Domenica di Avvento - Anno B - 30 novembre 2014
Is
63,16-17.19; 64,2-7; Sal 79; 1Cor 1,3-9; Mc 13,33-37
Rito
Ambrosiano
3ª
Domenica di Avvento – Le profezie adempiute
Is
51,1-6; Sal 45; 2Cor 2,14-16a; Gv 5,33-39
1)
L’attesa permette l’incontro con l’Amato.
L’Avvento, questo
tempo liturgico forte che nel rito romano comincia oggi, ci invita a
sostare in silenzio per accogliere e capire la presenza di Cristo. E’
un invito a comprendere che i singoli eventi della giornata sono
cenni che Dio ci rivolge, segni dell’attenzione che ha per ognuno
di noi. L’Avvento ci invita e ci stimola a contemplare il Signore
presente. La certezza della sua presenza ci aiuta a vedere il mondo
con occhi diversi; a considerare tutta la nostra esistenza come
“visita” di Dio, che ci viene vicino, che ci resta accanto in
ogni situazione. Perché questo ci accada “la liturgia dell’Avvento
ci ripete costantemente che dobbiamo destarci dal sonno
dell’abitudine e della mediocrità, dobbiamo abbandonare la
tristezza e lo scoraggiamento; occorre che rinfranchiamo i nostri
cuori perché ‘il Signore è vicino’” (Benedetto XVI).
Se
vivremo l’Avvento come il Papa emerito suggerisce,
il
Natale non sarà solamente una festa per ricordare un fatto del
passato, ma la presente e viva attuazione di un evento. In effetti,
ciò che è accaduto una volta nella storia si fa evento nella vita
del credente oggi. Come più di duemila anni fa, il Signore è venuto
per tutti, Lui viene sempre e di nuovo per ciascuno di noi. Per
questo, ognuno di noi deve sperimentare l’attesa e l’arrivo,
perché per ciascuno di noi nasca la salvezza.
Dunque, il primo
atteggiamento che qualifica il tempo dell’Avvento è quello
dell’attesa. Normalmente si attende con gioia una persona
conosciuta e questo periodo di quattro settimane ci è dato per
familiarizzarci con la persona di Cristo, il Salvatore reale. Lui
viene quale amico che di più grande non possiamo trovare al mondo:
Lui viene come amico vero perché non pensa tanto a se stesso quanto
agli amici.
Dovremmo vivere
l’attesa della venuta del bambino Gesù come una madre attende il
figlio che porta in grembo: meditando il miracolo dell’imminente
venuta di una persona desiderata ma sconosciuta, magari anche un po’
temuta anche se si tratta di una persona piccina quindi bisognosa di
tenerezza, frutto di un amore da accogliere a cuore aperto e senza
timore.
Se il cuore non è
ottuso, può e deve essere teso a Cristo. Dovremmo avere una viva
attenzione al Signore. Lui viene sempre, ma spesso l’incontro non
avviene perché viviamo una vita spirituale superficiale, con una
certa distrazione. Purtroppo raramente siamo nelle condizioni
spirituali di percepire questa “venuta” di Dio.
L’importante è
vivere l’avvento come attesa sicura della “venuta” di Dio, come
la Madre per eccellenza ha vissuto l’attesa della venuta del
Figlio, Gesù.
Io penso che Maria
Vergine passò i mesi dell’attesa –in primo luogo- cercando,
pensando e leggendo tutto ciò che poteva arricchire il suo sapere
sull’Atteso delle genti, sul Figlio dell’Altissimo da Lei
concepito, con umiltà e abbandono.
In secondo luogo, la
Madre di Dio pregò intensamente, cioè chiese che lo Spirito di Dio
La illuminasse nella ricerca del volto di suo Figlio e suo Signore.
Allora Lui, il Dio vicino, instaurò tra Sé e la Madonna un legame
di fedeltà, di fiducia, di accordo, in una parola sola: di fede
obbediente.
In terzo luogo, la
Vergine Madre si esercitò ad amare il Figlio che portava nel grembo.
Ma come si può amare Uno che non si conosce. Mise in pratica quello
che anni più tardi San Giovanni Apostolo scrisse nella sua prima
lettera: “Chi non ama il proprio fratello che non vede, non può
amare Dio che non vede”, e andò a visitare la cugina Elisabetta,
il cui figlio così ricevette la visita del Figlio di Dio. Maria amò
non a parole, ma con dei fatti; non con sentimenti, ma con l’agire,
facendosi pellegrina di carità, della pietà di Dio.
2) La gioia per
la presenza del Dio vicino.
Se
viviamo l’Avvento di Cristo, come Maria Vergine visse l’attesa
della di lui nascita, educheremo il nostro cuore ad una attesa reale,
quotidiana, nella tensione alla presenza di Chi si è fatto uomo per
noi, per salvare la nostra vita. E saremo nella gioia, perché -come
la Madonna- avremo la certezza che Dio è vicino: era in Lei ed è in
noi, sempre: nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia,
come amico e sposo fedele. E questa gioia rimane anche nella prova,
nella stessa sofferenza, e rimane non in superficie, ma nel profondo
della persona che a Dio si affida e in Lui confida.
Gesù nascendo portò
la gioia a Maria, a Giuseppe, ai pastori, ai Re Magi e, poi alle
persone che lo accolsero. quindi anche a noi. Ciò nonostante, nasce
spontanea questa domanda: “E’ possibile questa gioia anche
oggi?”. La risposta ce la danno, con la loro vita, uomini e donne
di ogni età e condizione sociale, felici di consacrare la loro
esistenza agli altri per amore di Cristo, incarnato per noi. La beata
Madre Teresa di Calcutta non è stata forse, nei nostri tempi, una
testimone indimenticabile della vera gioia evangelica? Viveva
quotidianamente a contatto con la miseria, il degrado umano, la
morte. La sua anima ha conosciuto la prova della notte oscura della
fede, eppure ha donato a tutti il sorriso di Dio. Una volta,
Madre Teresa di Calcutta ha detto: “Noi aspettiamo con
impazienza il paradiso, dove c’è Dio, ma è in nostro potere stare
in paradiso fin da quaggiù e fin da questo momento. Essere felici
con Dio significa: amare come Lui, aiutare come Lui, dare come Lui,
servire come Lui”.
La gioia entra nel
cuore di chi si pone al servizio dei piccoli e dei poveri. In chi ama
così, Dio prende dimora - come la prese nel grembo della Madonna -
nella grotta, nella casa di Nazareth - e l’anima è nella gioia. Se
invece si fa della felicità un idolo, si sbaglia strada ed è
veramente difficile trovare la gioia di cui parla Gesù. E’ questa,
purtroppo, la proposta delle culture che pongono la felicità
individuale al posto di Dio, mentalità che trova un suo effetto
emblematico nella ricerca del piacere ad ogni costo. Anche a Natale
si può sbagliare strada, scambiare la vera festa con quella che non
apre il cuore alla gioia di Cristo, e riduca tutto ad uno scambio di
doni materiali.
3) L'Avvento è
Gesù che viene.
Quanti secoli di
attesa e quante anime consumate nel desiderio dell’attesa! Che Gesù
venga! “La Chiesa sposa aspetta il suo sposo! Dobbiamo chiederci
però, con molta sincerità: siamo davvero testimoni luminosi e
credibili di questa attesa, di questa speranza? Le nostre comunità
vivono ancora nel segno della presenza del Signore Gesù e
nell’attesa calorosa della sua venuta, oppure appaiono stanche,
intorpidite, sotto il peso della fatica e della rassegnazione?
Corriamo anche noi il rischio di esaurire l’olio della fede, e
l’olio della gioia? Stiamo attenti! Invochiamo la Vergine Maria,
madre della speranza e regina del cielo, perché ci mantenga sempre
in un atteggiamento di ascolto e di attesa, così da poter essere già
ora permeati dell’amore di Cristo e aver parte un giorno alla gioia
senza fine, nella piena comunione di Dio e non dimenticatevi, mai
dimenticare: «E così per sempre saremo con il
Signore!»” (1Ts 4,17)” (Papa Francesco, 14 ottobre 2014).
Sorge allora un’altra
domanda: “Come discernere i segni del “Veniente”?
“Ed accostatisi a Lui i Farisei e i Sadducei gli chiedevano di
mostrar loro un segno dal cielo. Ma Egli, rispondendo, dice loro: -
Quando si fa sera, voi dite: bel tempo, perché il cielo rosseggia! E
la mattina dite: oggi tempesta, perché il cielo rosseggia cupo.
L’aspetto del cielo lo sapete dunque discernere e i segni dei tempi
non arrivate a discernerli? » (Mt 16). “Così anche
voi, quando vedrete tutte queste cose, sappiate che Egli è vicino, è
proprio alle porte”. (Mt 24, 33).
Il rimprovero vale
anche per noi, perché la sensibilità cristiana incarnata e
redentrice è in diminuzione. Si corre dietro a fatti emozionanti,
miracolisti e non si riconosce l’eccezionalità della reale
presenza di Cristo nell’Ostia consacrata. Molti di noi vogliono
vedere folle inginocchiate e oranti, miracoli di ogni tipo: sono
fatti che hanno il loro significato, ma non sono gli unici segni del
Veniente. Bisogna avere un cuore proteso verso le voci più
delicate e quasi impercettibili della nostra generazione, che,
accanto ai violenti distacchi, conosce gli spasimi ineffabili di
un'attesa che, se non ha ancor un nome, dà però tanta speranza a
chi può vedere.
Le Vergini consacrate
nel mondo, imitando più da vicino la Vergine Maria, sono chiamate ad
incarnare lo spirito dell’Avvento, fatto di
ascolto di Dio, di desiderio profondo di fare la sua volontà, di
gioioso servizio al prossimo. Lasciamoci guidare dal loro esempio,
perché il Dio che viene non ci trovi chiusi o distratti, ma possa,
in ognuno di noi, estendere un po’ il suo regno di amore, di
giustizia e di pace.
Con il loro esempio
proclamano a un mondo spesso disorientato, ma in realtà sempre più
alla ricerca d'un senso, che Dio è il Signore dell'esistenza, che la
sua “grazia val più della vita2 (Sal
62,4). Scegliendo l’obbedienza, la povertà e la castità per il
Regno dei cieli, mostrano che ogni attaccamento ed amore alle cose e
alle persone è incapace di saziare definitivamente il cuore; che
l’esistenza terrena è un’attesa più o meno lunga dell’incontro
"faccia a faccia" con lo Sposo divino, attesa da vivere con
cuore sempre vigile per essere pronti a riconoscerlo e ad accoglierlo
quando verrà. Per natura sua, dunque, la vita consacrata costituisce
una risposta a Dio totale e definitiva, incondizionata e appassionata
(cfr Vita
consecrata,
17).
Infine non
dimentichiamo di pregare per tutte le persone consacrate, perché in
questa prima Domenica di Avvento 2014 si apre l’Anno della Vita
consacrata1,
che terminerà il 2 febbraio 2016. In quest’anno tutti i fedeli
sono invitati a riscoprire l’importanza di questa forma di vita per
la vita della Chiesa e per i circa 800.000 consacrati sarà
un’opportunità per approfondire il senso del loro impegno di
essere “Vangelo, Profezia e Speranza” per la Chiesa e per il
Mondo intero.
1
l’Em.mo
Card. João Braz de Aviz, Prefetto della Congregazione per gli
Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica ha
affermato “Prima di tutto va detto che questo Anno della vita
consacrata è stato pensato nel contesto dei 50 anni del Concilio
Vaticano II, e più in particolare nella ricorrenza dei 50 anni
dalla pubblicazione del Decreto conciliare Perfectae caritatis sul
rinnovamento della vita consacrata.
La
vita consacrata, come ricordava il Papa Francesco nell’incontro
con i Superiori generali, “è complessa, è fatta di peccato e di
grazia”. In questo Anno si vuole riconoscere e confessare la
debolezza di chi si è consacrato, ma anche "gridare" al
mondo con forza e con gioia la santità e la vitalità che sono
presenti nella vita consacrata. Quanta
santità, tante volte nascosta ma non per questo meno feconda, nei
monasteri, nei conventi, nelle case dei consacrati, che porta questi
uomini e donne ad essere “icone viventi” del Dio.
Il
secondo obiettivo di questo Anno è di abbracciare il futuro con
speranza. Di fronte a tanti "profeti di sventura" le
persone consacrate vogliono rimanere uomini e donne di speranza; una
speranza che non si basa sulle nostre forze umane, sui numeri dei
vari membri delle varie forme di vita religiosa, ma su Colui nel
quale i consacrati hanno riposto la loro fiducia. In Lui nessuno ci
ruberà la nostra speranza.
Il
terzo obiettivo di questo Anno della vita consacrata è quello di
vivere il presente con passione. La passione parla di innamoramento,
di vera amicizia, di profonda comunione… Di tutto questo si tratta
quando parliamo di vita consacrata, ed è questo che dà bellezza
alla vita di tanti uomini e donne che professano i consigli
evangelici e seguono "più da vicino" Cristo in questo
stato di vita. L’Anno della vita consacrata sarà un momento
importante per "evangelizzare" la propria vocazione e
testimoniare la bellezza della sequela Christi nelle molteplici
forme in cui si esprime la nostra vita. I consacrati raccolgono il
testimone lasciato loro dai rispettivi fondatori e fondatrici.
Spinti anche dal Papa Francesco, in questo Anno vogliono «svegliare
il mondo» con la loro testimonianza profetica, particolarmente con
la loro presenza nelle periferie esistenziali della povertà e del
pensiero.
I
consacrati e le consacrate sono coscienti che, oltre a raccontare la
grande storia che hanno scritto nel passato, sono chiamati a
scrivere una non meno bella e grande storia nel futuro (cf. Vita
Consecrata 110). Tutto questo porterà i religiosi e i consacrati a
continuare il rinnovamento proposto dal Concilio, potenziando la
loro relazione con il Signore, la vita fraterna in comunità, la
missione, e curando una formazione adeguata alle sfide del nostro
tempo, in modo da «riproporre con coraggio» e con «fedeltà
dinamica» e creativa (cf. Vita Consecrata 37) l’esperienza dei
loro fondatori e fondatrici.”
Lettura Patristica
Beda il Venerabile2
In Evang. Marc.,
4, 13, 33-37
La vigilanza cristiana
"State
attenti! Vegliate e pregate, perché non sapete quando verrà il
momento"
(Mc
13,33-34).
«È
come un uomo che, partito per un lungo viaggio, ha lasciato la sua
casa e ha conferito ai suoi servi l’autorità di compiere le
diverse mansioni, e ordini al guardiano di vigilare. Chiaramente
rivela il perché delle parole: «Riguardo poi a quel giorno o a
quell’ora nessuno sa nulla, né gli angeli che sono in cielo, né
il Figlio, ma solo il Padre". Non giova agli apostoli saperlo
affinché, stando nell’incertezza, credano con assidua attesa che
stia sempre per venire quel giorno di cui ignorano il momento
dell’arrivo. Inoltre non ha detto "noi non sappiamo" in
quale ora verrà il Signore, ma "voi non sapete" (Mt
24,42).
Coll’esempio del padrone di casa spiega con maggiore chiarezza
perché taccia sul giorno della fine. Questo è quanto dice:
"Vigilate
dunque; non sapete infatti quando viene il padrone di casa, se di
sera, se a mezzanotte, se al canto del gallo, se di mattina; questo
affinché, venendo all’improvviso, non vi trovi a dormire
(Mc
13,35-36).
«L’uomo
- che è partito per un viaggio e ha lasciato la sua casa, - non v’è
dubbio che sia Cristo, il quale, ascendendo vittorioso al Padre dopo
la risurrezione, ha abbandonato col suo corpo la Chiesa, che tuttavia
mai è abbandonata dalla sua divina presenza poiché egli rimane in
lei per tutti i giorni fino alla fine dei secoli. Il luogo proprio
della carne è infatti la terra, ed essa viene guidata come in un
paese straniero quando è condotta e alloggiata in cielo dal nostro
Redentore» (Mt
28,20).
Egli
ha dato ai suoi servi l’autorità per ogni mansione, in quanto ha
donato ai suoi fedeli, con la grazia concessa dello Spirito Santo, la
facoltà di compiere opere buone. Ha ordinato poi al guardiano di
vegliare, in quanto ha stabilito che incombe alla categoria dei
pastori e delle guide spirituali di prendersi cura con abile impegno
della Chiesa loro affidata.
"Ciò
che dico a voi, lo dico a tutti: Vigilate!"
(Mc
13,37).
Non
solo agli apostoli e ai loro successori, che sono le guide della
Chiesa, ma anche a tutti noi ha ordinato di vigilare. Ha ordinato a
tutti noi con insistenza di custodire le porte dei nostri cuori, per
evitare che in essi irrompa l’antico nemico con le sue malvagie
suggestioni. Ed affinché il Signore, venendo, non ci trovi
addormentati, dobbiamo tutti stare assiduamente in guardia. Ciascuno
infatti renderà a Dio ragione di se stesso.
«Ma
veglia chi tiene aperti gli occhi dello spirito per guardare la vera
luce; veglia chi conserva bene operando ciò in cui crede; veglia chi
respinge da sé le tenebre del torpore e della negligenza. Per questo
Paolo dice: Vegliate giusti e non peccate; e aggiunge È ormai il
momento di destarci dal sonno» (1Co
15,34
Rm
13,11).
2
Il Venerabile Beda nacque verso
il 673. Dall’età di otto anni, trascorse tutta la sua vita nel
monastero di Jarrow nella Northumbria in Inghilterra, dedito alla
meditazione e alla spiegazione delle Scritture; tra l’osservanza
della disciplina monastica e l’esercizio quotidiano del canto in
chiesa. A 30 anni fu ordinato prete e divenne celebre per la sua
erudizione. E’ conosciuto soprattutto per le sue opere storiche
che gli valsero il titolo di Padre della Storia d'Inghilterra. Mori
nel 735.
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