Rito
Romano
Dedicazione
della Basilica Lateranense
Ez
47, 1-2.8-9.12; Sal 45; 1Cor 3,9-11.16-17; Gv 2, 13-22
Rito
Ambrosiano
Ultima
Domenica dell’Anno Liturgico - Solennità
di Nostro Signore Gesù Cristo Re dell’Universo
2
Sam 7,1-6.8-9.12-14a.16-17; Sal 44; Col 1,9b-14; Gv 18,33c-37
Oggi
si sarebbe dovuta celebrare la XXXII Domenica del Tempo ordinario.
Poiché, quest’anno (2014), la domenica cade il 9 novembre1,
la Liturgia ci chiede di solennizzare la dedicazione della
chiesa-madre di Roma, la Basilica Lateranense, consacrata
inizialmente al Santissimo Salvatore e in seguito anche ai santi
Giovanni Battista e Giovanni Evangelista.
Le
letture della Messa di oggi ci aiutano a cercare un rapporto vero e
profondo di amore con il Signore, che si fa incontrare nelle
chiese-templi di pietra, dedicati all’incontro con Lui, e
specialmente in Cristo “Tempio del Dio vivente” e nella Chiesa
edificata da noi. Tuttavia, prima di riflettere brevemente su tali
testi, credo sia utile farsi questa domanda: “Perché è importante
per i cristiani celebrare la dedicazione di una chiesa e l’esistenza
stessa della chiesa, intesa come luogo di culto?” Per rispondere
prendo spunto da queste parole del Vangelo: “È venuto il momento,
in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità,
perché il Padre cerca tali adoratori”.
Però,
queste parole fanno sorgere altre domande, quali: “A che titolo,
allora, noi cristiani diamo tanta importanza alla chiesa di pietra,
se ognuno di noi può adorare il Padre in spirito e verità nel
proprio cuore, o nella sua casa? Perché questo obbligo di andare in
chiesa ogni domenica?”.
La
risposta è che Gesù Cristo non ci salva separatamente gli uni dagli
altri. Lui è venuto a formarsi un popolo, una comunità di persone,
che sono in comunione con Lui e tra di loro.
In
effetti, è da tener presente che da sempre l’uomo religioso ha
cercato in tutti i modi rendere presente e visibile la divinità,
anche quando la fede affermava che si trattava di un Dio invisibile
ed inaccessibile alle umane facoltà. Il Popolo eletto, per volere
divino, costruì il famoso tempio di Gerusalemme per dare una dimora
a Dio, godere della sua presenza e testimoniare la reciproca fedeltà
all'alleanza. Nella cristianità, la chiesa di mura, quale nuovo
tempio del Dio tra noi, ha assunto un significato più profondo: è
il luogo, dove i fedeli celebrano, in comunione di fede, i divini
misteri. E’ il luogo, dove Dio stesso si rende presente in mezzo a
noi per intessere un dialogo perenne con noi, suoi figli, e dove,
sotto le specie eucaristiche, ci nutre con il suo corpo e il suo
sangue. È il luogo dove i misteri divini si svelano nelle
celebrazioni liturgiche e dove la chiesa come edificio rende visibile
la Chiesa vera, quella intesa come comunione di fedeli che, in
Cristo, sperimentano la fraternità. È perciò anche il luogo della
festa, che trova la più alta espressione nella celebrazione
eucaristica, memoriale della morte e risurrezione del Signore.
Fin
dalle prime lezioni di catechismo abbiamo imparato che con il
battesimo ognuno di noi è diventato tempio di Dio
e che Gesù ha insegnato che il tempio
di Dio è, innanzitutto, il cuore dell'uomo che ha accolto la sua
parola. Riferendosi a sé e al Padre suo celeste disse di ogni
credente cristiano: “Noi verremo in lui e prenderemo dimora presso
di lui” (Gv 14, 23) e San Paolo scrive ai cristiani di Corinto:
“Non sapete che voi siete il tempio di Dio?” (1 Cor 3, 16). Se,
dunque, il tempio di Dio è il credente, non va dimenticato che il
luogo della presenza di Dio e di Cristo è anche quello, “dove due
o più sono riuniti nel suo nome” (Mt 18, 20). Dal Concilio
Vaticano II la famiglia cristiana è chiamata “chiesa domestica”
(Lumen gentium,
11), cioè divino tempio di famiglia, proprio perché, grazie al
sacramento del matrimonio, essa è, per eccellenza, il luogo in cui
“due o più” sono riuniti nel suo nome e lì c’è Lui.
2)
La Chiesa luogo di una Presenza.
Ormai
il “luogo” nuovo in cui adorare il Padre è il corpo del Cristo
risorto. Già l’accennava Gesù stesso nella discussione con i
giudei, offesi grandemente per aver scacciato dal tempio i venditori
di animali e cambiavalute. Come si legge nel Vangelo di oggi, gli
Ebrei chiedevano un segno che spiegasse perché il Messia avesse
fatto quel gesto così violento. E Gesù rispose con un segno
profetico: “Distruggete questo tempio e io in tre giorni lo farò
risorgere”. Ma egli parlava del tempio del suo corpo, così
ricordarono i discepoli dopo la sua risurrezione. Nel colloquio con
la donna samaritana riaffiora il medesimo concetto. Alla domanda dove
si doveva adorare Dio: sul monte Garizim o in Gerusalemme, Gesù, pur
sapendo che la salvezza verrà dai giudei, si mette al di sopra di
quelle questioni. Il luogo in cui l’uomo può entrare in contatto
con Dio non è il monte Sion a Gerusalemme in Giudea, né il monte
Garizim in Samaria, ma la persona di Gesù, che ha dedicato il suo
Corpo sulla Croce e da allora ogni altare è monte sacrificale. “E’
giunto il momento, ed è questo, in cui i veri adoratori adoreranno
il Padre in spirito e verità” (cfr. Vangelo di oggi). Dio è
Spirito e Vita, come è Amore e Luce. I suoi adoratori non si
prostrano con sacrifici di sangue e di animali bruciati (olocausti),
ma si elevano a lui in Spirito, come figli amati che sanno amare.
3)
Festa di Cristo e nostra.
Quella
di oggi è una festa del Figlio di Dio che si è fatto uomo, ha messo
la sua tenda – il suo corpo - tra noi. Le Chiese di pietra sono un
segno di questa sua presenza: è lui che ci parla, dà se stesso in
cibo, presiede la comunità raccolta in preghiera. Nella festa della
dedicazione della Basilica Lateranense, ogni comunità locale, oltre
a esprimere la propria comunione con la Sede di Pietro, ricorda e
celebra anche la dedicazione della propria chiesa locale, piccola o
grande che sia. Gesù insegna che il tempio di Dio è, innanzitutto,
il cuore dell'uomo che accoglie la sua Parola. E ogni qual volta
questa Parola sarà accolta, dice Gesù: “Noi verremo a lui e
prenderemo dimora presso di lui”.
Dunque,
non è una festa strana quella di oggi, anche se sembra onorare delle
“mura” antiche e importanti, quelle della Basilica di San
Giovanni in Laterano, mentre le letture della Messa ci invitano a
spostare l’attenzione sul loro significato simbolico. Certo,
questa festa ci ricorda il valore simbolico di questa particolare
Cattedrale, che ci rimanda alla Cattedra di Pietro e dei suoi
successori, i Papi, come punto di riferimento e garanti dell’unità
della fede. Tuttavia oggi celebriamo, soprattutto, la Chiesa quale
edificio spirituale, di cui, come ci ricorda San Paolo nella seconda
lettura, siamo noi le pietre vive, costruite sopra il fondamento che
è Cristo.
“Se
casa di Dio siamo noi stessi, noi veniamo edificati in questa vita
per essere dedicati alla fine del tempo. L’edificio o, meglio, la
costruzione comporta fatica, la dedicazione è motivo di gioia.
Quello che si è verificato mentre la chiesa veniva costruita,
avviene ora che i credenti si sono radunati in Cristo. Come dal legno
dei boschi e dalla pietre dei monti è nata la chiesa, dal battesimo
e dalla catechesi le pietre vive sono state sgrossate, squadrate,
levigata quasi trovandosi in mani di muratori e di artigiani” (S.
Agostino, Serm. 336, In dedicatione Ecclesiae).
Le
Vergine consacrate nel mondo vivono con particolare intensità questa
dedicazione, offrendosi corpo e anima completamente a Cristo
sull’esempio della Vergine Maria, Madre della Chiesa. La Madonna fu
la prima tenda del Verbo di Dio,
colei che, per prima e in modo unico, diede corpo al Corpo di Cristo.
Suggerisco quindi di chiedere a Maria Santissima di poter custodire
fedelmente nel nostro cuore Colui Che lei custodì anche sotto il suo
cuore. La nostra preghiera alla Madonna e l’esempio delle Vergini
consacrate ci aiuterà ad abbandonarci allo Spirito, perché
soltanto nell’abbandono allo Spirito Santo si compie il mistero di
questo prolungamento dell'Incarnazione che è la vita cristiana, di
questo prolungamento di Incarnazione divina, che è il mistero stesso
della Chiesa e della santità di ciascuno di noi.
1
Oggi,
la liturgia celebra la ‘Dedicazione della Basilica Lateranense’,
costruita dall'imperatore Costantino, sul colle Laterano e, a quanto
risulta, questa festa, già dal XII secolo era celebrata il 9
novembre. Inizialmente fu una festa solo della città di Roma. In
seguito la celebrazione fu estesa a tutte le Chiese dell'Urbe e
dell'Orbe, come segno di comunione e di unità verso la cattedra di
Pietro che, secondo S. Ignazio di Antiochia, ‘presiede a tutta
l'assemblea della carità’ e, secondo S. Clemente di Alessandria,
‘presiede alla verità’.
Lettura
Patristica
Sant’Agostino
d’Ippona (354-430)
DISCORSO 337
NELLA DEDICAZIONE DELLA
CHIESA
La costruzione della
Chiesa va assai apprezzata al motivo di fede e di carità di chi la
realizza.
1.
Questo vede la fede, che ha nel cuore l'occhio della pietà
religiosa: come si ripongono nei tesori del cielo le opere buone dei
fedeli, realizzate con le loro sostanze temporali e terrene. Con
esse, anche questi edifici, costruiti per accogliere le assemblee
religiose, quando la fede li avrà osservati con l'occhio del corpo,
si compiace intimamente di ciò che scorge all'esterno e, dalla luce
visibile, riceve di che rallegrarsi della verità invisibile. La fede
infatti non si preoccupa di esaminare quale sia la bellezza degli
elementi di questo edificio, ma da quale esuberante bellezza
dell'uomo interiore vengano in luce queste opere di misericordia. Il
Signore perciò ricompenserà i suoi fedeli che realizzano tali opere
in tanto fervore religioso, così piacevolmente e con devozione
sincera, in modo da compaginarli, essi stessi, nella struttura della
propria costruzione; ad essa concorrono, quali pietre vive, cui ha
dato forma la fede, consistenza la speranza, compattezza la carità.
L'Apostolo, da sapiente architetto, vi ha posto a fondamento Cristo
Gesù 1,
egli stesso sceltissima pietra
angolare, come
rievoca anche Pietro dagli scritti dei Profeti, scartata
dagli uomini, ma scelta e preziosa davanti a Dio.
Con l'aderire fortemente ad essa, ci viene comunicata la pace;
saldamente appoggiati su di essa, passa in noi una corrente di forza.
Egli è, ad un tempo, pietra di fondamento - perché a sorreggerci è
lui - e pietra d'angolo, quale principio di connessione in unità.
Egli è pure quella pietra, sulla quale, costruendo la sua casa,
l'uomo prudente resiste, nella massima sicurezza, contro tutte le
tentazioni di questa vita: né con l'irrompere di pioggia torrenziale
viene rimossa, né è travolta dallo straripare delle acque, né la
sua stabilità risente della violenza dei venti. Egli
è - anche
- la nostra pace, colui che ha fatto dei due un popolo solo;
in lui infatti non
è la circoncisione che conta, né la non circoncisione, ma l'essere
nuova creatura.
Infatti questi due popoli sono simili a muri che avanzano in
direzione opposta da una grande, reciproca distanza iniziale, finché,
convergendo verso di lui, come verso un angolo, pure in lui si
congiungono l'uno all'altro.
La costruzione nella
fatica, la dedicazione nella gioia.
2.
Pertanto, come questo edificio visibile è stato costruito per
radunarci materialmente, così quell'edificio, che siamo noi stessi,
è costruito per Dio che vi abiterà spiritualmente. Dice l'Apostolo:
Santo
è infatti il tempio di Dio che siete voi.
A quel modo che costruiamo questo con ammassi di pietre, edificheremo
quello mediante atteggiamenti di vita che vi corrispondano
adeguatamente. Questo si dedica ora, nel corso di questa nostra
visita, quello sarà dedicato alla fine del tempo con la venuta del
Signore, quando questo nostro, corruttibile, si vestirà di
incorruttibilità, e questo nostro, mortale, si vestirà di
immortalità: conformerà infatti il corpo della nostra umiliazione
al suo corpo glorioso. Considerate infatti il senso che vuole
esprimere nel Salmo della dedicazione: Hai
mutato il mio lamento in festa per me; hai lacerato la mia veste di
sacco, mi hai rivestito di un abito di gioia: perché la mia gioia
sia per te un canto, ed io non sia ferito. Infatti,
mentre veniamo edificati, la nostra miseria rivolge a lui i suoi
gemiti; ma quando saremo dedicati, la nostra gloria sarà un canto
per lui: in realtà la costruzione comporta fatica, la dedicazione
apporta letizia. Finché si cavano le pietre dai monti e gli alberi
dai boschi, si dà loro forma, si sgrossano, si combinano insieme, è
fatica e preoccupazione; ma quando si celebra la dedicazione
dell'edificio compiutamente realizzato, al posto delle fatiche e
delle preoccupazioni, c'è gioia e sicurezza. Così pure quanto alla
costruzione spirituale: chi l'inabita, Dio, non sarà presente per
qualche tempo, ma per l'eternità. Mentre gli uomini sono allontanati
da una vita di infedeltà e portati alla fede, mentre viene reciso e
portato via tutto ciò che in essi è l'opposto del bene e
perversione, mentre si fanno connessure appropriate, senza attrito e
con devozione, quante tentazioni non si temono, quante tribolazioni
non si tollerano? Però, al sopraggiungere del giorno della
dedicazione del tempio dell'eternità, quando ci si dirà: Venite,
benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per
voi fin dalla fondazione del mondo,
quale mai sarà l'esultanza, quale la perfetta sicurezza? Sarà il
canto della gloria, la debolezza non si sentirà ferita. Quando ci si
rivelerà colui che ci ha amato e ha dato se stesso per noi, quando
colui che si mostrò agli uomini in quel che si fece nella Madre, si
manifesterà loro Dio Creatore secondo quel che era nel Padre, quando
egli, eternamente presente nella sua casa, all'entrarvi la troverà
perfetta, adorna, costituita nell'unità, nella veste
dell'immortalità, colmerà di sé tutte le cose e in tutte
risplenderà, così
che
Dio sia tutto in tutti.
Il desiderio di
abitare nella casa di Dio; quanti vi abitano sono tempio di Dio.
3. Un uomo
chiese al Signore soltanto una visione; quest'uomo appunto, se
vogliamo, siamo noi. Fu stremato dal suo gemere per il desiderio di
essa, per questo, ogni notte, inondò di pianto il suo letto e irrorò
di lacrime il suo cuscino. A motivo di essa, infatti, le lacrime
furono il suo pane giorno e notte, mentre di giorno in giorno gli si
dice: Dov'è il tuo Dio? Egli stesso affermò: Una cosa ho
chiesto al Signore, questa sola io cerco, abitare nella casa del
Signore tutti i giorni della mia vita, per gustare la dolcezza del
Signore ed esser protetto quale suo tempio. Per i suoi, egli che
inabita, essi, la dimora. Infatti quanti abitano nella casa di Dio
sono al tempo stesso dimora di Dio, che gusta la dolcezza di lui, ed
è al riparo quale suo tempio e nascosto nel segreto del suo volto.
Abbiamo questa speranza, non vediamo ancora la realtà. Ma se
speriamo quello che non vediamo, lo attendiamo con perseveranza,
e con la perseveranza siamo edificati come tempio.
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