venerdì 7 novembre 2014

La Chiesa, luogo dove si celebra la risposta all’amore e all’alleanza di Dio.

Rito Romano
Dedicazione della Basilica Lateranense
Ez 47, 1-2.8-9.12; Sal 45; 1Cor 3,9-11.16-17; Gv 2, 13-22

Rito Ambrosiano
Ultima Domenica dell’Anno Liturgico - Solennità di Nostro Signore Gesù Cristo Re dell’Universo
2 Sam 7,1-6.8-9.12-14a.16-17; Sal 44; Col 1,9b-14; Gv 18,33c-37

          1) La Chiesa è casa nostra
    Oggi si sarebbe dovuta celebrare la XXXII Domenica del Tempo ordinario. Poiché, quest’anno (2014), la domenica cade il 9 novembre1, la Liturgia ci chiede di solennizzare la dedicazione della chiesa-madre di Roma, la Basilica Lateranense, consacrata inizialmente al Santissimo Salvatore e in seguito anche ai santi Giovanni Battista e Giovanni Evangelista.
Le letture della Messa di oggi ci aiutano a cercare un rapporto vero e profondo di amore con il Signore, che si fa incontrare nelle chiese-templi di pietra, dedicati all’incontro con Lui, e specialmente in Cristo “Tempio del Dio vivente” e nella Chiesa edificata da noi. Tuttavia, prima di riflettere brevemente su tali testi, credo sia utile farsi questa domanda: “Perché è importante per i cristiani celebrare la dedicazione di una chiesa e l’esistenza stessa della chiesa, intesa come luogo di culto?” Per rispondere prendo spunto da queste parole del Vangelo: “È venuto il momento, in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità, perché il Padre cerca tali adoratori”.
Però, queste parole fanno sorgere altre domande, quali: “A che titolo, allora, noi cristiani diamo tanta importanza alla chiesa di pietra, se ognuno di noi può adorare il Padre in spirito e verità nel proprio cuore, o nella sua casa? Perché questo obbligo di andare in chiesa ogni domenica?”.
La risposta è che Gesù Cristo non ci salva separatamente gli uni dagli altri. Lui è venuto a formarsi un popolo, una comunità di persone, che sono in comunione con Lui e tra di loro.
In effetti, è da tener presente che da sempre l’uomo religioso ha cercato in tutti i modi rendere presente e visibile la divinità, anche quando la fede affermava che si trattava di un Dio invisibile ed inaccessibile alle umane facoltà. Il Popolo eletto, per volere divino, costruì il famoso tempio di Gerusalemme per dare una dimora a Dio, godere della sua presenza e testimoniare la reciproca fedeltà all'alleanza. Nella cristianità, la chiesa di mura, quale nuovo tempio del Dio tra noi, ha assunto un significato più profondo: è il luogo, dove i fedeli celebrano, in comunione di fede, i divini misteri. E’ il luogo, dove Dio stesso si rende presente in mezzo a noi per intessere un dialogo perenne con noi, suoi figli, e dove, sotto le specie eucaristiche, ci nutre con il suo corpo e il suo sangue. È il luogo dove i misteri divini si svelano nelle celebrazioni liturgiche e dove la chiesa come edificio rende visibile la Chiesa vera, quella intesa come comunione di fedeli che, in Cristo, sperimentano la fraternità. È perciò anche il luogo della festa, che trova la più alta espressione nella celebrazione eucaristica, memoriale della morte e risurrezione del Signore.
Fin dalle prime lezioni di catechismo abbiamo imparato che con il battesimo ognuno di noi è diventato tempio di Dio e che Gesù ha insegnato che il tempio di Dio è, innanzitutto, il cuore dell'uomo che ha accolto la sua parola. Riferendosi a sé e al Padre suo celeste disse di ogni credente cristiano: “Noi verremo in lui e prenderemo dimora presso di lui” (Gv 14, 23) e San Paolo scrive ai cristiani di Corinto: “Non sapete che voi siete il tempio di Dio?” (1 Cor 3, 16). Se, dunque, il tempio di Dio è il credente, non va dimenticato che il luogo della presenza di Dio e di Cristo è anche quello, “dove due o più sono riuniti nel suo nome” (Mt 18, 20). Dal Concilio Vaticano II la famiglia cristiana è chiamata “chiesa domestica” (Lumen gentium, 11), cioè divino tempio di famiglia, proprio perché, grazie al sacramento del matrimonio, essa è, per eccellenza, il luogo in cui “due o più” sono riuniti nel suo nome e lì c’è Lui.

2) La Chiesa luogo di una Presenza.

        Ormai il “luogo” nuovo in cui adorare il Padre è il corpo del Cristo risorto. Già l’accennava Gesù stesso nella discussione con i giudei, offesi grandemente per aver scacciato dal tempio i venditori di animali e cambiavalute. Come si legge nel Vangelo di oggi, gli Ebrei chiedevano un segno che spiegasse perché il Messia avesse fatto quel gesto così violento. E Gesù rispose con un segno profetico: “Distruggete questo tempio e io in tre giorni lo farò risorgere”. Ma egli parlava del tempio del suo corpo, così ricordarono i discepoli dopo la sua risurrezione. Nel colloquio con la donna samaritana riaffiora il medesimo concetto. Alla domanda dove si doveva adorare Dio: sul monte Garizim o in Gerusalemme, Gesù, pur sapendo che la salvezza verrà dai giudei, si mette al di sopra di quelle questioni. Il luogo in cui l’uomo può entrare in contatto con Dio non è il monte Sion a Gerusalemme in Giudea, né il monte Garizim in Samaria, ma la persona di Gesù, che ha dedicato il suo Corpo sulla Croce e da allora ogni altare è monte sacrificale. “E’ giunto il momento, ed è questo, in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità” (cfr. Vangelo di oggi). Dio è Spirito e Vita, come è Amore e Luce. I suoi adoratori non si prostrano con sacrifici di sangue e di animali bruciati (olocausti), ma si elevano a lui in Spirito, come figli amati che sanno amare. 
 
         3) Festa di Cristo e nostra. 

              Quella di oggi è una festa del Figlio di Dio che si è fatto uomo, ha messo la sua tenda – il suo corpo - tra noi. Le Chiese di pietra sono un segno di questa sua presenza: è lui che ci parla, dà se stesso in cibo, presiede la comunità raccolta in preghiera. Nella festa della dedicazione della Basilica Lateranense, ogni comunità locale, oltre a esprimere la propria comunione con la Sede di Pietro, ricorda e celebra anche la dedicazione della propria chiesa locale, piccola o grande che sia. Gesù insegna che il tempio di Dio è, innanzitutto, il cuore dell'uomo che accoglie la sua Parola. E ogni qual volta questa Parola sarà accolta, dice Gesù: “Noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui”.
Dunque, non è una festa strana quella di oggi, anche se sembra onorare delle “mura” antiche e importanti, quelle della Basilica di San Giovanni in Laterano, mentre le letture della Messa ci invitano a spostare l’attenzione sul loro significato simbolico. Certo, questa festa ci ricorda il valore simbolico di questa particolare Cattedrale, che ci rimanda alla Cattedra di Pietro e dei suoi successori, i Papi, come punto di riferimento e garanti dell’unità della fede. Tuttavia oggi celebriamo, soprattutto, la Chiesa quale edificio spirituale, di cui, come ci ricorda San Paolo nella seconda lettura, siamo noi le pietre vive, costruite sopra il fondamento che è Cristo.
“Se casa di Dio siamo noi stessi, noi veniamo edificati in questa vita per essere dedicati alla fine del tempo. L’edificio o, meglio, la costruzione comporta fatica, la dedicazione è motivo di gioia. Quello che si è verificato mentre la chiesa veniva costruita, avviene ora che i credenti si sono radunati in Cristo. Come dal legno dei boschi e dalla pietre dei monti è nata la chiesa, dal battesimo e dalla catechesi le pietre vive sono state sgrossate, squadrate, levigata quasi trovandosi in mani di muratori e di artigiani” (S. Agostino, Serm. 336, In dedicatione Ecclesiae).
Le Vergine consacrate nel mondo vivono con particolare intensità questa dedicazione, offrendosi corpo e anima completamente a Cristo sull’esempio della Vergine Maria, Madre della Chiesa. La Madonna fu la prima tenda del Verbo di Dio, colei che, per prima e in modo unico, diede corpo al Corpo di Cristo. Suggerisco quindi di chiedere a Maria Santissima di poter custodire fedelmente nel nostro cuore Colui Che lei custodì anche sotto il suo cuore. La nostra preghiera alla Madonna e l’esempio delle Vergini consacrate ci aiuterà ad abbandonarci allo Spirito, perché soltanto nell’abbandono allo Spirito Santo si compie il mistero di questo prolungamento dell'Incarnazione che è la vita cristiana, di questo prolungamento di Incarnazione divina, che è il mistero stesso della Chiesa e della santità di ciascuno di noi.


1 Oggi, la liturgia celebra la ‘Dedicazione della Basilica Lateranense’, costruita dall'imperatore Costantino, sul colle Laterano e, a quanto risulta, questa festa, già dal XII secolo era celebrata il 9 novembre. Inizialmente fu una festa solo della città di Roma. In seguito la celebrazione fu estesa a tutte le Chiese dell'Urbe e dell'Orbe, come segno di comunione e di unità verso la cattedra di Pietro che, secondo S. Ignazio di Antiochia, ‘presiede a tutta l'assemblea della carità’ e, secondo S. Clemente di Alessandria, ‘presiede alla verità’.


Lettura Patristica
Sant’Agostino d’Ippona (354-430)
DISCORSO 337
NELLA DEDICAZIONE DELLA CHIESA

La costruzione della Chiesa va assai apprezzata al motivo di fede e di carità di chi la realizza.
1. Questo vede la fede, che ha nel cuore l'occhio della pietà religiosa: come si ripongono nei tesori del cielo le opere buone dei fedeli, realizzate con le loro sostanze temporali e terrene. Con esse, anche questi edifici, costruiti per accogliere le assemblee religiose, quando la fede li avrà osservati con l'occhio del corpo, si compiace intimamente di ciò che scorge all'esterno e, dalla luce visibile, riceve di che rallegrarsi della verità invisibile. La fede infatti non si preoccupa di esaminare quale sia la bellezza degli elementi di questo edificio, ma da quale esuberante bellezza dell'uomo interiore vengano in luce queste opere di misericordia. Il Signore perciò ricompenserà i suoi fedeli che realizzano tali opere in tanto fervore religioso, così piacevolmente e con devozione sincera, in modo da compaginarli, essi stessi, nella struttura della propria costruzione; ad essa concorrono, quali pietre vive, cui ha dato forma la fede, consistenza la speranza, compattezza la carità. L'Apostolo, da sapiente architetto, vi ha posto a fondamento Cristo Gesù 1, egli stesso sceltissima pietra angolare, come rievoca anche Pietro dagli scritti dei Profeti, scartata dagli uomini, ma scelta e preziosa davanti a Dio. Con l'aderire fortemente ad essa, ci viene comunicata la pace; saldamente appoggiati su di essa, passa in noi una corrente di forza. Egli è, ad un tempo, pietra di fondamento - perché a sorreggerci è lui - e pietra d'angolo, quale principio di connessione in unità. Egli è pure quella pietra, sulla quale, costruendo la sua casa, l'uomo prudente resiste, nella massima sicurezza, contro tutte le tentazioni di questa vita: né con l'irrompere di pioggia torrenziale viene rimossa, né è travolta dallo straripare delle acque, né la sua stabilità risente della violenza dei venti. Egli è - anche - la nostra pace, colui che ha fatto dei due un popolo solo; in lui infatti non è la circoncisione che conta, né la non circoncisione, ma l'essere nuova creatura. Infatti questi due popoli sono simili a muri che avanzano in direzione opposta da una grande, reciproca distanza iniziale, finché, convergendo verso di lui, come verso un angolo, pure in lui si congiungono l'uno all'altro.

La costruzione nella fatica, la dedicazione nella gioia.
2. Pertanto, come questo edificio visibile è stato costruito per radunarci materialmente, così quell'edificio, che siamo noi stessi, è costruito per Dio che vi abiterà spiritualmente. Dice l'Apostolo: Santo è infatti il tempio di Dio che siete voi. A quel modo che costruiamo questo con ammassi di pietre, edificheremo quello mediante atteggiamenti di vita che vi corrispondano adeguatamente. Questo si dedica ora, nel corso di questa nostra visita, quello sarà dedicato alla fine del tempo con la venuta del Signore, quando questo nostro, corruttibile, si vestirà di incorruttibilità, e questo nostro, mortale, si vestirà di immortalità: conformerà infatti il corpo della nostra umiliazione al suo corpo glorioso. Considerate infatti il senso che vuole esprimere nel Salmo della dedicazione: Hai mutato il mio lamento in festa per me; hai lacerato la mia veste di sacco, mi hai rivestito di un abito di gioia: perché la mia gioia sia per te un canto, ed io non sia ferito. Infatti, mentre veniamo edificati, la nostra miseria rivolge a lui i suoi gemiti; ma quando saremo dedicati, la nostra gloria sarà un canto per lui: in realtà la costruzione comporta fatica, la dedicazione apporta letizia. Finché si cavano le pietre dai monti e gli alberi dai boschi, si dà loro forma, si sgrossano, si combinano insieme, è fatica e preoccupazione; ma quando si celebra la dedicazione dell'edificio compiutamente realizzato, al posto delle fatiche e delle preoccupazioni, c'è gioia e sicurezza. Così pure quanto alla costruzione spirituale: chi l'inabita, Dio, non sarà presente per qualche tempo, ma per l'eternità. Mentre gli uomini sono allontanati da una vita di infedeltà e portati alla fede, mentre viene reciso e portato via tutto ciò che in essi è l'opposto del bene e perversione, mentre si fanno connessure appropriate, senza attrito e con devozione, quante tentazioni non si temono, quante tribolazioni non si tollerano? Però, al sopraggiungere del giorno della dedicazione del tempio dell'eternità, quando ci si dirà: Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo, quale mai sarà l'esultanza, quale la perfetta sicurezza? Sarà il canto della gloria, la debolezza non si sentirà ferita. Quando ci si rivelerà colui che ci ha amato e ha dato se stesso per noi, quando colui che si mostrò agli uomini in quel che si fece nella Madre, si manifesterà loro Dio Creatore secondo quel che era nel Padre, quando egli, eternamente presente nella sua casa, all'entrarvi la troverà perfetta, adorna, costituita nell'unità, nella veste dell'immortalità, colmerà di sé tutte le cose e in tutte risplenderà, così che Dio sia tutto in tutti.
Il desiderio di abitare nella casa di Dio; quanti vi abitano sono tempio di Dio.
3. Un uomo chiese al Signore soltanto una visione; quest'uomo appunto, se vogliamo, siamo noi. Fu stremato dal suo gemere per il desiderio di essa, per questo, ogni notte, inondò di pianto il suo letto e irrorò di lacrime il suo cuscino. A motivo di essa, infatti, le lacrime furono il suo pane giorno e notte, mentre di giorno in giorno gli si dice: Dov'è il tuo Dio? Egli stesso affermò: Una cosa ho chiesto al Signore, questa sola io cerco, abitare nella casa del Signore tutti i giorni della mia vita, per gustare la dolcezza del Signore ed esser protetto quale suo tempio. Per i suoi, egli che inabita, essi, la dimora. Infatti quanti abitano nella casa di Dio sono al tempo stesso dimora di Dio, che gusta la dolcezza di lui, ed è al riparo quale suo tempio e nascosto nel segreto del suo volto. Abbiamo questa speranza, non vediamo ancora la realtà. Ma se speriamo quello che non vediamo, lo attendiamo con perseveranza, e con la perseveranza siamo edificati come tempio.





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