Rito
Romano – XXX Domenica del Tempo Ordinario - Anno A – 26
ottobre 2014
Es
22,21-27; Sal 17; 1Ts 1,5-10; Mt 22,34-40
Rito
Ambrosiano - Domenica dopo la Dedicazione
– ‘Il
mandato missionario’
At
10,34-48a; Sal 95; 1Cor 1,17b-24; Lc 24,44-49a
1)L’Amore
totale.
Gesù
è stato tra gli uomini e Lui, l’Emmanuele, vi resta perché ci
ama. Per accorgerci di questo amore e viverne dobbiamo prima di tutto
essere semplici. I semplici, come i bambini, sentono “d’istinto”
chi li ama, gli credono, e sono felici quando arriva - anche il viso
diventa subito un altro - e il loro volto si intristisce quando
riparte. Questi semplici, questi poveri ascoltano Cristo perché
capiscono che è venuto apposta per loro, per annunziare loro la
buona e lieta novità dell’Amore di Dio. Nessuno aveva parlato di
loro come Lui. Nessuno aveva mostrato di amarli tanto.
Quando
Gesù aveva finito di parlare si accorgevano che gli anziani, i
farisei, gli uomini che sapevano leggere e guadagnare, scuotevano la
testa in atto di malaugurio, e si alzavano
storcendo la bocca e ammiccando tra loro, fra dispettosi e
scandalizzati, borbottando una cauta disapprovazione.
Ma
nessuno rideva, per paura degli ultimi: i Poveri, i Pastori, i
Contadini, gli Ortolani, i Fabbri, i Pescatori, i Lebbrosi, insomma i
Rifiutati. Questi non potevano staccare gli occhi da Gesù. Avrebbero
voluto che continuasse ancora a parlare, perché un sollievo di luce
veniva (e viene) dalle sue parole di sapiente amore.
Queste
parole d’amore Gesù le dice pure per chi lo interroga, anche se lo
fa per metterlo alla prova. Al dottore della Legge che Gli chiede:
“Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento1?”
Gesù dà una risposta semplice ed
efficace e cita due versetti della Torah che racchiudono l’esperienza
di Israele, ricordandoci che solo amando Dio con tutto noi stessi
saremo in grado di amare veramente il prossimo, perché lo ameremo
con lo stesso amore di Dio. Cristo ribadisce che tutto il cuore,
l’anima, la mente sono attratti dall'amore eterno di Dio, e ci dice
anche che dei due comandi, antichi e noti, il secondo è simile al
primo. Il prossimo allora diventa simile a Dio, e ha voce e cuore
“simili” a Dio. Dio non riserva lo spazio del nostro cuore solo
per Lui, ma lo amplifica e ci rende capaci di amare di un amore pieno
il prossimo: la moglie, il marito, i figli, gli amici, i fratelli e
le sorelle della comunità.
Al
sapiente della Legge Gesù risponde da Sapiente
del cuore. Lui sa che la creatura ha bisogno di molto amore per
vivere bene. E offre il suo Vangelo come via per la pienezza e la
felicità di questa vita. “Amerai il
Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con
tutta la tua mente” (Mt
22, 37). Per tre volte nel vangelo di
Matteo, quattro volte in quello di Marco che aggiunge “con tutte le
tue forze” (Mc
12, 30), Gesù ripete che l’unica misura dell’amore è
amare senza misura.. Se amiamo Dio senza mezze misure, il cuore è
capace di amare i tuoi familiari, gli amici, noi stessi, Dio non è
geloso, non ruba il cuore: lo moltiplica. Totalità non significa
esclusività, dunque:
Ama Dio
- con tutto il
cuore: Gesù non parla di “cuore” col
significato che oggi daremmo noi a questa parola. Egli la usa in
senso biblico, come termine che esprime la realtà più profonda
della persona umana. “Amare Dio con tutto il cuore” vuol dire
allora voltare tutto il proprio essere e il proprio agire verso Dio,
in uno slancio di amore.
-“Con
tutta l'anima”, che vuol dire la
vita, il nostro “spazio intimo” abitato da Dio.“L'amore
è l’ala, che Dio ha dato all’anima per salire sino a lui”
(Michelangelo Buonarroti). Chi ama con l’anima vede meglio che con
gli occhi e il suo amore è puro.
- Con tutta la
mente, la quale racchiude il pensiero e l’intelligenza. L’amore
rende intelligenti, fa capire prima, andare più a fondo e più
lontano.
- Con tutte le
forze, che vuole dire l’insieme di tutte
le energie. L’amore rende forti, capaci di affrontare
qualsiasi ostacolo e fatica.
2)
Due caratteristiche dell’amore vero: grato e gratuito.
Nel
Vangelo di Matteo, che la Liturgia ci propone oggi, ritroviamo Gesù
alle prese con i farisei, che vivevano nella tentazione di ridurre la
morale a una serie di norme esteriori preoccupandosi solo
dell'apparenza.
La risposta del Messia è semplice ed efficace e
cita due versetti della Legge dell’Antico Testamento, la Torah, che
racchiudono l’esperienza di Israele, ricordandoci che solo amando
Dio con tutto noi stessi saremo in grado d'amare veramente il
prossimo, perché lo ameremo con lo stesso amore di Dio.
Da
dove cominciare per amare? Dal lasciarsi amare da Lui, che entra,
dilata, allarga le pareti di questo piccolo vaso che è ciascuno di
noi. Noi siamo degli amati che diventano amanti di Cristo. La
conseguenza, come la si vede in una coppia di innamorati in cui uno
ama ciò che l’altro ama, è che dobbiamo amare quello che Cristo
ama. E non solo: dobbiamo amare come Lui ama.
Dunque
dobbiamo vivere Cristo come ideale della nostra vita. E cosa vuol
dire che Cristo è l’ideale della nostra vita? E’ l’ideale per
il modo con cui trattiamo le persone, per il modo con cui viviamo
l’affetto, con cui concepiamo la vita e guardiamo alle cose e alle
persone. Con cui viviamo i rapporti in famiglia, in parrocchia, in
comunità sul posto di lavoro. Cristo quale ideale della vita pone
due caratteristiche, non sono le sole ma oggi sottolineo queste: la
gratitudine e la gratuità.
Un
cuore grato è sempre un cuore fedele e la capacità di essere grati,
di dire: “grazie”, è il segno –secondo me- della maturità
cristiana.
Ci
sono momenti nella vita - credo valga per tutti- in cui si
sperimenta, già qui sulla terra, il ‘paradiso’, la vera
grandezza e bellezza dell’uomo, ed è stato quando ci si è sentiti
amati da qualcuno (mamma, papà, fidanzato/a, moglie, marito).
Un’esperienza di amore, quello vero, quello del cuore, che non ho
dubbi di poterla paragonare ad un ‘assaggio’ di Paradiso e di
dire che il modo migliore di gustarla è quella di dire : “Grazie”,
riconoscendo che non ci facciamo da noi, che tutto ci è donato. La
gratitudine poi innesta in noi la gratuità: ami senza pensare di
essere amato. Guardi all’Altro e all’altro, come la Madonna
guarda a Cristo: non perché è suo, ma perché c’è.
Questa
è la purezza assoluta. Facciamo umilmente lo sforzo di immedesimarci
in questa assolutezza della purezza. Una purezza di gratuità che
rende la vita incorruttibile: Nella gratuità il rapporto umano non è
caduco, perché con Cristo e in Cristo non si sta insieme per un
interesse, per un calcolo, per un tornaconto, ma per fede e per
amore.
Certo,
l’amore per Dio è il più grande e il primo: il primato di Dio è
affermato senza esitazione. L’amore per l’uomo viene per secondo.
Dicendo però che “il secondo è simile al primo”, Gesù afferma
che tra i due comandamenti c’è un legame molto stretto.
Certo
è diversa la misura: l’amore per Dio è “con tutto il cuore, con
tutta l'anima, con tutta la mente”. L'amore per l’uomo è “come
se stessi”. La totalità appartiene solo al Signore: Lui solo deve
essere adorato. Ma l’appartenenza al Signore non può essere senza
l’amore per l'uomo. Non si tratta di due comandamenti paralleli,
semplicemente accostati. E neppure basta dire che il secondo si fonda
sul primo. Molto di più: il secondo concretizza il primo.
Un esempio di come
vivere questi due comandamenti lo possiamo vedere nelle Vergini
consacrate nel mondo. Il loro stile di vita e il loro modo di essere
è quello di partire dalla loro consacrazione a Dio e parlare sempre
di Dio soprattutto con la testimonianza della vita. Queste donne
mostrano che Dio va sempre messo al primo posto e che l’essere
umano è fatto per Dio: ecco ciò che non va mai dimenticato, neppure
là dove la povertà e l’ingiustizia sono grandi, là dove la
società tende a costruirsi senza Dio e ciò è sempre contro l’uomo.
Queste consacrate vivono la vita come missione e con la grazia di Dio
mostrano che è possibile amare castamente, perdonare completamente,
servire gratuitamente e gioiosamente. In loro il cuore ha preso il
comando, ma è il Cuore di Cristo.
1
E’ utile ricordare che i
rabbini avevano ricavato dalla Torah ben 613 precetti, così da
applicare a tutte le situazioni possibili della vita le norme sempre
prioritarie dei 10 comandamenti. Ovviamente anche il giudeo più
rigorosamente osservante doveva smarrirsi in quella selva di
prescrizioni e quindi i maestri ebrei cercavano di individuare una
gerarchia, opportune distinzioni e soprattutto un principio
unificatore di tanti dettami; di qui la domanda a Gesù.
Lettura
Patristica
Sant’Agostino
d’Ippona (+ 430)
Sermo
34, 7-8
Bene, fratelli miei,
interrogate voi stessi, scuotete le celle interiori: osservate, e
vedete bene se avete un po’ di carità, e quel tanto che avrete
trovato accrescete. Fate attenzione ad un tale tesoro, perché siate
ricchi dentro. Certamente, le altre cose che hanno un grande valore,
vengono definite «care»; e non invano. Esaminate la consuetudine
del vostro linguaggio: questa cosa è più cara di quella. Che vuol
dire è più cara, se non che è più preziosa? Se si dice più cara,
cos’è più prezioso; cos’è più caro della carità stessa,
fratelli miei? Qual è, riteniamo, il suo valore? Da dove deriva il
suo valore? Il valore del frumento: il tuo danaro, il valore di un
fondo: il tuo argento; il valore di una gemma: il tuo oro; il valore
della carità sei tu stesso. Tu chiedi peraltro di sapere come
possedere il fondo, la gemma, il frumento; come comprare e tenere
presso di te il fondo. Ma se vuoi avere la carità, cerca te e trova
te. Hai paura infatti di darti per non consumarti? Anzi, se non ti
doni, ti perdi. La stessa carità parla per bocca della Sapienza, e
ti dice qualcosa perché non ti spaventi quanto vien detto: Dona te
stesso. Se uno infatti ti vuol vendere un fondo, ti dirà: Dammi il
tuo oro; e chi ti vuol vendere qualcos’altro: Dammi il tuo danaro,
o dammi il tuo argento. Ascolta ciò che ti dice la carità per bocca
della Sapienza: "Dammi
il tuo cuore, figlio mio"
(Pr
23,26).
«Dammi», dice: cosa? «Il tuo cuore, figlio mio». Era male quando
era da te, quando ti apparteneva: infatti eri portato alle futilità
ed agli amori lascivi e perniciosi. Toglilo di là. Dove lo porti?
Dammi,
egli dice, il
tuo cuore.
Sia per me, e non si perda per te. Osserva, infatti, cosa ti dice,
allorché vuole rimettere in te qualcosa, perché tu ami soprattutto
te stesso: "Amerai
il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima,
con tutta la tua mente"
(Mt
23,37
Dt
6,5).
Cosa rimane del tuo cuore, per amare te stesso? Cosa della tua anima?
E cosa della tua mente? Con
tutto,
egli dice. Tutto te stesso esige, colui che ti ha fatto.
Però, non esser triste
quasi non ti resti nulla di che rallegrarti in te stesso. "Gioisca
Israele",
non in sè, "bensì
in colui che lo ha fatto"
(Ps
149,2)
"Il
prossimo quanto deve essere amato?"
Risponderei e direi: Se nulla mi è rimasto, come mi amerò; poiché mi
si ordina di amare con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutta
la mente colui che mi ha fatto, in che modo mi si ordina il secondo
precetto di amare il prossimo come me stesso? Il che è più che il
dire di amare il prossimo con tutto il cuore, con tutta l’anima e
con tutta la mente. In che modo? "Ama
il prossimo tuo come te stesso"
(Mt
22,37
Mt
22,39).
Dio con tutto me stesso: il prossimo come me. Come me, così te? Vuoi
sentire come ti ami? Per questo ti ami, poiché ami Dio con tutto te
stesso. Ritieni infatti di avanzare con Dio, perché ami Dio? E
poiché ami Dio, si aggiunga qualcosa a Dio? E se non ami, avrai di
meno? Quando ami, tu progredisci: lì tu sarai dove non perirai. Ma
mi risponderai e dirai: Quando infatti non mi sono amato? Non ti
amavi affatto, quando non amavi Dio che ti ha fatto. Anzi quando ti
odiavi credevi di amarti. "Chi
infatti ama l’iniquità, odia la sua anima"
(Ps
10,6).
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