Solennità
della Madre di Dio – Anno B – 1 gennaio 2015
Rito Romano:
Nm 6, 22-27; Sal 66;
Gal 4,4-7; Lc 2,16-211
Maria Santissima, Madre
di Dio
Rito Ambrosiano:
Nm 6, 22-27; Sal 66;
Fil 2,5-11; Lc 2.18-21
Circoncisione del
Signore - Solennità
1) La Madre.
A Natale abbiamo
festeggiato la nascita del Figlio. Oggi festeggiamo la Madre. Non si
può separare la mamma dal suo bambino.
La Chiesa celebra la
Solennità di Maria, Madre di Dio, per ricordarci che abbiamo in Lei
una sicura e materna compagnia nel nostro cammino quaggiù. In Lei,
nel suo amore e nella sua obbedienza troviamo il sentiero per tornare
a Dio. Verso di Lei la Chiesa si rivolge, perché Maria, la Madre del
Signore, è in Cristo la Madre di tutta l’umanità, in quanto Lei
partecipa dell’estensione d’amore che nel Figlio Dio Padre ha
voluto donarci.
Stupiti dalla gioia,
celebriamo il fatto che dalla tenerezza della Madre di Dio nasce la
pace per tutti: Maria, per opera dello Spirito Santo, ha dato al
mondo il principe della pace, Gesù redentore dell'umanità.
La nostra Pace,
Cristo, è tra le braccia di una madre: Maria, una di noi. La Pace,
Gesù, nato da donna, è il dono natalizio per eccellenza messo in
braccio a noi. Lui è il volto della Pace che risplende per
illuminare i nostri volti, mendicanti la pace.
Mendichiamo questa
pace dalla Vergine Madre e l’avremo, come i pastori che “andarono,
senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato
nella mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del
bambino era stato detto loro.
Tutti quelli che udivano si
stupirono delle cose dette loro dai pastori. Maria, da parte sua,
custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore. I pastori se
ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano
udito e visto, com’era stato detto loro.” (Lc 2, 16-20 –
Vangelo di oggi). Avevano incontrato il Principe della Pace, che
faceva di loro uomini giusti.
Se vogliamo un mondo
con uomini giusti, con uomini che sentano e vivano la fraternità,
dobbiamo non dimenticare la strada del presepe.
Il presepe ci racconta
di Dio che si fa Bambino e di una Madre, che ce lo dona. Lo mette al
mondo di notte, perché l’amore è sempre un dono che fa nascere il
giorno.
E di fronte al presepe
l’uomo si scopre amato, atteso, cercato, scopre che val la pena
essere uomo se Dio stesso si è fatto uomo, ritrova la speranza e la
gioia di sentirsi fratello tra fratelli.
In questo presepe c’è
il Figlio di Dio. Senza Gesù il presepe è
poca cosa: una stalla con delle bestie, che scaldano una
povera coppia di genitori di un misero neonato. Senza che vi fosse il
Figlio di Dio, il Re dei re, i Re Magi non sarebbero entrati in una
stalla. Questi, come i pastori, videro, credettero, si
inginocchiarono e adorarono. Facciamo altrettanto.
Videro paglia e letame
veri, sentirono l’odore di stalla, ma, soprattutto videro la Parola
di Dio fatta carne, e furono stupefatti dall’Amore, la cui potenza
non ha bisogno della forza violenta per manifestarsi. Si “servì”
di un Bambino.
Lo stupore dei
pastori, dei Re Magi, di Giuseppe e di Maria non fu suscitato dal
loro essere impressionati - come succede nelle occasioni di
meraviglia, per qualche cosa bella o eccezionale o straordinaria o
maestosa e in genere impressionante - ma dalla presenza del Principe
della Pace, Gesù bambino, da cui traspariva un che di speciale se
tutti si misero in ginocchia davanti a Lui, che era deposto su della
paglia in una stalla.
2) Madre di
tutti, per tutti i giorni dell’anno.
E Maria?
Come ha vissuto la Madonna il primo Natale?
Anche Maria sentì le parole, che spiegavano l’evento che
ella stessa vide e visse. Parole e fatti che Lei custodì2
nel suo cuore, dentro di sé, in un ascolto consapevole, pensoso e
intelligente: il cuore indica tutto questo. L’ascolto interiore di
Maria è prolungato, non di un solo momento. La frase evangelica
‘custodisce tutto, meditandolo nel suo cuore’ dice che il
custodire di Maria non fu un conservare passivo, inerte, bensì un
custodire attivo e vivo, che collega e confronta una cosa con
l’altra, cercando di comprendere la logica profonda, la direzione e
la verità di cose che possono sembrare slegate o addirittura in
contrasto fra loro. Ed è appunto ciò che fece Maria sentendo, da
una parte, le parole che proclamavano la gloria del Bambino (parole
da lei stessa sentite dall'angelo nell'annunciazione) e, dall’altra,
vedendo “un bambino avvolto in fasce e deposto in una mangiatoia”.
È la solita tensione fra grandezza e piccolezza, gloria e povertà
che costituisce l’ossatura dell’evento cristiano. L’ascolto di
Maria diventa dunque un’interpretazione vera e propria che fa luce
sul mistero di Gesù.
Maria non è solamente
la Madre di Gesù, ne è anche la più profonda interprete. Lei ci
spiega il Natale, perché non è facile da capire il Natale. Dunque,
facciamoci guidare da Maria, che custodiva e meditava tutte queste
cose nel suo cuore. Il suo cuore e la sua mente cercavano il filo
d’oro che tenesse insieme gli opposti: una stalla e «una
moltitudine di angeli», una mangiatoia e un “Regno che non avrà
fine”. Come lei, come i pastori e i Re Magi, anche noi salviamo
almeno lo stupore: a Natale il Verbo è un neonato che non sa
parlare, l’Eterno è appena il mattino di una vita, l’Onnipotente
è un bimbo capace solo di piangere. Dio ricomincia sempre così, con
piccole cose e in profondo silenzio.
Dio ha deciso di
rivelarsi nascendo bambino. Questa è la profondità del mistero del
Natale raccontato dal Presepe di Betlemme, delle nostre Chiese e
delle nostre case.
Per trent’anni
Cristo continuò a vivere questa vita umile e semplice per salvarci.
Questa vita Sua Madre abbracciò. Questa vita di nascondimento è
abbracciata oggi, quotidianamente, dalle Vergini Consacrate nel
mondo. Collocando la loro speranza nella Beata Vergine Maria, le
Vergini Consacrate nel mondo guardano a Maria come “il prototipo
della Vita Consacrata perché è la Madre che accoglie, ascolta,
intercede e contempla il suo Signore con la lode del cuore"
(Messaggio del Sinodo sulla Vita Consacrata). Maria è modello, guida
e Madre in tutti gli elementi fondamentali della vita consacrata:
nella sequela evangelica, a modo di sposalizio con Cristo (Gv
2,4-5. 11 12), con “cuore indiviso” (1Cor 7,32s); nella
povertà evangelica secondo la vita a Betlemme e a Nazareth (Lc
1-2; Mt 1-2); nell’obbedienza ai disegni salvifici di Dio
(Lc 1,38); nella verginità spiritualmente feconda, sotto
l’azione della Spirito Santo, per essere “la Donna” associata a
Cristo (Lc 1, 35; Gv 2, 4); nella disponibilità per il
servizio e missione della Chiesa per una nuova maternità (Gv 19,
25 27; Apoc 12, 1ss); nella vita della Chiesa fraterna come
vincolo di comunione e di aiuto per la vita spirituale, apostolica,
intellettuale e umana (At 1, 14).
1
In questa solennità ci
soffermiamo insieme sul mistero di Maria che è madre di Dio. Il
Vangelo che ci viene proposto è quello della Messa dell'aurora del
giorno di Natale, cioè la visita dei pastori al bambino Gesù. Il
brano però ha due piccole variazioni: viene eliminata la menzione
degli angeli che si allontanano dopo aver dato l'annuncio ai pastori
e al termine viene aggiunto il v. 21, che parla della circoncisione
del Bambino e dell'imposizione del nome. I bambini ebrei infatti
venivano sottoposti a questa pratica che era il segno della loro
appartenenza al popolo di Israele e insieme ricevevano il nome con
cui sarebbero stati riconosciuti per tutta la vita. Prima della
riforma liturgica del Concilio Vaticano II in questo giorno si
celebrava la festa della Circoncisione di Gesù e il Santo Nome,
come la Liturgia del Rito Ambrosiano continua ancora oggi a
celebrare. Dopo il Concilio Vaticano II, nel Rito Romano si è
voluto spostare la festa dedicata a Maria riconosciuta come Madre di
Dio, un dogma di fede che era stato affermato nel concilio di Efeso
del 431.
2
Il verbo “custodire” –
è il solo verbo all'indicativo e che, perciò, regge tutta la frase
– non dice semplicemente il ricordare, ma sottolinea la cura e
l'attenzione, come quando si ha fra le mani una cosa preziosa.
Dalle «Lettere» di
sant'Atanasio, vescovo
(Ad
Epitetto 5-9; PG 26, 1058. 1062-1066)
Il
Verbo ha assunto da Maria la natura umana
Il Verbo di Dio, come
dice l'Apostolo, «della stirpe di Abramo si prende cura. Perciò
doveva rendersi in tutto simile ai fratelli» (Eb 2, 16. 17) e
prendere un corpo simile al nostro. Per questo Maria ebbe la sua
esistenza nel mondo, perché da lei Cristo prendesse questo corpo e
lo offrisse, in quanto suo, per noi.
Perciò la Scrittura
quando parla della nascita del Cristo dice: «Lo avvolse in fasce»
(Lc 2, 7). Per questo fu detto beato il seno da cui prese il latte.
Quando la madre diede alla luce il Salvatore, egli fu offerto in
sacrificio.
Gabriele aveva dato
l'annunzio a Maria con cautela e delicatezza. Però non le disse
semplicemente «colui che nascerà in te», perché non si pensasse a
un corpo estraneo a lei, ma: «da te» (cfr. Lc 1, 35), perché si
sapesse che colui che ella dava al mondo aveva origine proprio da
lei.
Il Verbo, assunto in sé
ciò che era nostro, lo offrì in sacrificio e lo distrusse con la
morte. Poi rivestì noi della sua condizione, secondo quanto dice
l'Apostolo: «Bisogna che questo corpo corruttibile si vesta di
incorruttibilità e che questo corpo mortale si vesta di immortalità»
(cfr. 1 Cor 15, 53).
Tuttavia ciò non è
certo un mito, come alcuni vanno dicendo. Lungi da noi un tale
pensiero. Il nostro Salvatore fu veramente uomo e da ciò venne la
salvezza di tutta l'umanità. In nessuna maniera la nostra salvezza
si può dire fittizia. Egli salvò tutto l'uomo, corpo e anima. La
salvezza si è realizzata nello stesso Verbo.
Veramente umana era la
natura che nacque da Maria, secondo le Scritture, e reale, cioè
umano, era il corpo del Signore; vero, perché del tutto identico al
nostro; infatti Maria è nostra sorella poiché tutti abbiamo origine
in Adamo.
Ciò che leggiamo in
Giovanni «il Verbo si fece carne» (Gv 1, 14), ha dunque questo
significato, poiché si interpreta come altre parole simili.
Sta scritto infatti in
Paolo: «Cristo per noi divenne lui stesso maledizione» (cfr. Gal 3,
13). L'uomo in questa intima unione del Verbo ricevette una ricchezza
enorme: dalla condizione di mortalità divenne immortale; mentre era
legato alla vita fisica, divenne partecipe dello Spirito; anche se
fatto di terra, è entrato nel regno del cielo.
Benché il Verbo abbia
preso un corpo mortale da Maria, la Trinità è rimasta in se stessa
qual era, senza sorta di aggiunte o sottrazioni. E' rimasta assoluta
perfezione: Trinità e unica divinità. E così nella Chiesa si
proclama un solo Dio nel Padre e nel Verbo.