Domenica
di Pasqua di Risurrezione – Anno C - 31 marzo 2013.
Rito
romano
At
10, 34a. 37-43; Sal 117; Col 3, 1-4; Gv 20, 1-9
Rito
Ambrosiano
At
1,1-8a; Sal 117; 1Cor 15,3-10a; Gv 20,11-18
1)
La prima di tutte le Domeniche.
Il
primo giorno della settimana è la domenica, giorno in cui si celebra
il fatto che Cristo è risorto. Cristo risorge nella notte prima che
il sorgere del sole illumini questa giornata di festa.
La
prima di tutte le Domeniche è un giorno nato da due notti speciali:
quella dell'Incarnazione in cui il Verbo si fece carne, e quella
della Risurrezione in cui la carne indossò l'eternità, in cui si
aperse il sepolcro, vuoto del Corpo di Cristo che ha svuotato la
potenza della morte. Cristo risorto ci invita a mettere il nostro
respiro in sintonia con il suo, con quell'immenso soffio di vita, che
unisce incessantemente il visibile e l'invisibile, la terra e il
cielo, il Verbo e la carne, il presente e l’Eterno.
A
Pasqua, il primo di tutti i giorni del Signore, Dio rinnova il mondo
e dice di nuovo: “Sia la luce!”. Prima erano venute la notte del
Monte degli Ulivi, l’eclisse solare della passione e morte di Gesù,
la notte del sepolcro. Ma ora è di nuovo il primo giorno – la
creazione ricomincia tutta nuova. “Sia la luce!”, dice Dio, “e
la luce fu”.
Gesù
risorge dal sepolcro: la vita è più forte della morte, il bene è
più forte del male, l’amore è più forte dell’odio, la verità
è più forte della menzogna.
Il
buio dei giorni passati è dissipato nel momento in cui Gesù risorge
dal sepolcro e diventa, Egli stesso, pura luce di Dio. Questo, però,
non si riferisce soltanto a Lui e non si riferisce solo al buio di
quei giorni. Con la risurrezione di Gesù, la luce stessa è creata
nuovamente. Egli ci attira tutti dietro di sé nella nuova vita della
risurrezione e vince ogni forma di buio. Egli è il nuovo giorno di
Dio, che vale per tutti noi (cfr Benedetto XVI, 7 aprile 2012).
Preghiamo
il Signore, Creatore e Amore, perché faccia scaturire dall’oscurità
del mondo la luce del suo Figlio: nella notte del Natale, nella notte
della Risurrezione, nella notte della nostra umanità faccia
scaturire quello che noi speriamo: l’incontro con Cristo, la
vicinanza con Cristo, la conoscenza di Cristo e l’amore che ci
unisce a Lui.
Preghiamo
fissando in primo luogo le piaghe gloriose di Cristo e contempliamo
la Croce, sulla quale Cristo “ha
versato il sangue del suo Cuore per guadagnare il tuo cuore”
(S. Benedetta della Croce – Edith Stein). Poi con San Agostino, che
ha vissuto un’esperienza di peccato come la Maddalena, preghiamo:
“Ma
che cosa amo amando Te?
Non
la bellezza di un corpo,
non
il fascino passeggero della terra,
non
la candida luce amica di questi occhi,
non
la carezza di dolci melodie di canti d’ogni specie,
non
il profumo di fiori, di unguenti, di aromi,
non
la manna né il miele di abbracci carnali.
Non
amo queste cose,
quando amo il
mio Dio.
E
tuttavia nell’amare Lui
amo
una certa luce,
una
sorta di voce e di profumo e di cibo e un tipo di abbraccio
che
sono la luce, la voce, il profumo, il cibo,
l’abbraccio
dell’uomo interiore che è in me,
dove
splende alla mia anima
una
luce che nessun fluire di secoli può portar via,
dove
si espande un profumo
che
nessuna ventata può disperdere,
dove
si gusta un sapore
che
nessuna voracità può sminuire,
dove
si intreccia un rapporto
che
nessuna sazietà può spezzare.
Tutto
questo io amo, quando amo il mio Dio …”
(Sant’Agostino
d’Ippona, Le
Confessioni, X,
6, 8).
2)
I primi incontri con Cristo-Luce.
Ma
Maria Maddalena non sa ancora che il giorno della gioia senza fine
era già iniziato. Quindi piena di dolore va alla tomba di Gesù,
perché ha nostalgia di Lui (avessimo noi come lei questa nostalgia
del Cielo) e vuole completare l’unzione, che lei aveva iniziata
tempo prima quando lavò i piedi di Gesù con le sue lacrime e li
unse con un profumo che valeva 300 denari (dieci volte di più del
prezzo pagato a Giuda per il suo tradimento – con 30 denari
restituiti da Giuda i capi comprarono un campo per i pellegrini che
morivano a Gerusalemme).
Nell’alba
di questo giorno di festa -che per Maria Maddalena è ancora un
giorno di tristezza perché non sa ancora che il suo Gesù è
risorto- questa donna è consolata almeno dal pensiero che questo
“fraterno amico” è morto perché ha voluto bene a lei e a tutti
i discepoli, Giuda compreso. Maria va al sepolcro, preoccupata di
come togliere la lastra di pietra che chiudeva il sepolcro, per
potere completare l’unzione mortuaria, prescritta dalla legge
mosaica e dal suo amore di donna salvata da Redentore. E piange (si
veda il Vangelo ambrosiano di oggi) perché la tomba era vuota: non
sa ancora che era diventata come un tabernacolo da cui il Corpo di
Cristo risorto è uscito e può essere mangiato.
Non
immagina che il Cristo Signore, Luce d’eternità, aveva spazzato
via non una ma due lastre: quella di pietra sul sepolcro e quella,
ancora più pesante e inamovibile della morte sul suo corpo immolato
del Salvatore e sul cuore della Maddalena.
Questa
donna fu la prima a constatare che la morte aveva lasciato la sua
presa sulla preda.
Fu
la prima nella fede perché fu la prima nell’amore, ed ebbe il
premio dell’amore.
Ricevuta
la notizia stupefacente portata agli Apostoli dalla prediletta di
Cristo, da colei che la Liturgia delle Chiese Orientali chiama
Isoapostola (uguale
agli apostoli) della
Risurrezione, Pietro e
Giovanni corsero al sepolcro, perché sono quelli il cui amore è più
grande che corrono più veloci degli altri. Arrivati videro che
Cristo aveva mantenuto la parola profeticamente annunciata più
volte: “Come Giona
stette tre giorni e tre notti nel ventre della balena, così il
Figlio dell’uomo starà tre giorni e tre notti nel cuore della
terra” (Mt 12,40).“Lo consegneranno ai gentili per farlo
schernire, flagellare, e crocifiggere, e il terzo giorno risorgerà”
(Mt 20,19).“Distruggete questo Tempio, e in tre giorni lo
ricostruirò. Ma Egli parlava del Tempio del Suo Corpo” (Gv.
2,19-20).“Dopo che sarò risuscitato vi precederò in Galilea”
(Mc 14,28).“Comandò loro di non dire a nessuno le cose che avevano
visto finché il Figlio dell’uomo non fosse risorto dai morti. Ed
essi osservarono l’ordine, chiedendosi tuttavia fra di loro che
cosa significasse questo: ‘Quando fosse risorto dai morti’” (Mc
9,9-10).
Erano
stupefatti. Dopo giorni passati nella desolazione, perché sembrava
che tutto fosse irrimediabilmente perduto, ecco l’avvenimento di
luce, che mostra come la violenza, l’ingiustizia, l’infamia e la
morte non hanno avuto l’ultima parola. Un fatto che permette di
vedere chiaro: sono illuminati dalla luce di Cristo, luce santa e
colma dell’amore di Dio.
3)
Evangelizzatori della Luce, che salva.
Senza
la luce di Dio nessun uomo si salva.
Essa fa muovere all’uomo i
primi, timorosi passi: “Il
Signore è mia luce e mia salvezza, di chi avrò paura?”
(Sal
26/27, 1);
essa lo conduce nel pellegrinaggio della fede verso
l’alto: “Manda la
tua verità e la tua luce, siano esse a guidarmi, mi portino al tuo
monte santo alle tue dimore”
(Sal
42/43, 3).
Se vogliamo continuare a possedere questa luce di Dio,
preghiamo.
Cristo
è risorto non per allontanarsi da noi, ma per farci risorgere
insieme con lui nel suo Regno, i cui confini sono la luce e l’amore.
Più
guarderemo a Cristo risorto, più i nostri occhi rifletteranno la
luce dei suoi occhi. L’importante che il nostro sguardo si faccia
preghiera (=contemplazione), riconoscenza (=eucaristia) e dono di
amore che perdona le offese.
E
ciò accadrà se, come Maria Maddalena, andremo da Cristo addolorati
per averLo perduto. Allora le lacrime purificheranno i nostri occhi
che tersi, puliti potranno riflettere la Luce di Cristo, Luce che
libera, Amore che redime, Bene che colma i nostri cuori. A noi che
meschinamente e frequentemente ci accontentiamo di promesse di
felicità, di parole di amore, di righe di luce, Cristo Luce ci fa
uomini e
donne di luce, testimoni della Luce, che dà vita piena. Noi che non
solo siamo affascinati dalla luce, la Luce è la nostra vocazione.
Questa
vocazione è vissuta in modo particolare dalle Vergini consacrate,
che ricevono il cero o la lampada illuminata per aver cura di
conservare la luce del Vangelo che salva ed essere sempre pronte
all’incontro con lo Sposo che viene (cfr Rito
di Consacrazione delle Vergini,
n. 28). Queste donne sono chiamate ad evangelizzare mediante la
santità e la preghiera. Il modo di Evangelizzazione che le Vergini
Consacrate sono chiamate a vivere e vivono è quello di comunicare la
Sua luce, divenendo lampada che porta la luce della Presenza
adorabile dell’eterno amore, mediante la loro sollecitudine umana
di donne dedicate a Dio.
Letture
Patristiche
dalla PRIMA
APOLOGIA DI S. GIUSTINO (100-165 d.C), Martire e Filosofo.
“Sull’Eucaristia
domenicale”
“1.
Da allora, la domenica, giorno della Risurrezione, noi ci ricordiamo
a vicenda questo fatto. E quelli che possiedono, aiutano tutti i
bisognosi e siamo sempre uniti gli uni con gli altri.
2.
Per tutti i beni che riceviamo ringraziamo il creatore dell'universo
per il Suo Figlio e lo Spirito Santo.
3.
E nel giorno chiamato "del Sole" ci si raduna tutti
insieme, abitanti delle città o delle campagne, e si leggono le
memorie degli Apostoli o gli scritti dei Profeti, finché il tempo
consente.
4.
Poi, quando il lettore ha terminato, il preposto con un discorso ci
ammonisce ed esorta ad imitare questi buoni esempi.
5.
Poi tutti insieme ci alziamo in piedi ed innalziamo preghiere; e,
come abbiamo detto, terminata la preghiera, vengono portati pane,
vino ed acqua, ed il preposto, nello stesso modo, secondo le sue
capacità, innalza preghiere e rendimenti di grazie, ed il popolo
acclama dicendo: "Amen". Si fa quindi la spartizione e la
distribuzione a ciascuno degli alimenti consacrati, ed attraverso i
diaconi se ne manda agli assenti.
6.
I facoltosi, e quelli che lo desiderano, danno liberamente ciascuno
quello che vuole, e ciò che si raccoglie viene depositato presso il
preposto. Questi soccorre gli orfani, le vedove, e chi è indigente
per malattia o per qualche altra causa, e i carcerati e gli stranieri
che si trovano presso di noi: insomma, si prende cura di chiunque sia
nel bisogno.
7.
Ci raccogliamo tutti insieme nel giorno del Sole, poiché questo è
il primo giorno nel quale Dio, trasformate le tenebre e la materia,
creò il mondo; sempre in questo giorno Gesù Cristo, il nostro
Salvatore, risuscitò dai morti. Infatti Lo crocifissero la vigilia
del giorno di Saturno, ed il giorno dopo quello di Saturno, che è il
giorno del Sole, apparve ai suoi Apostoli e discepoli, ed insegna
proprio queste dottrine che abbiamo presentato anche a voi perché le
esaminiate.
Nel
giorno chiamato del Sole si fa l'adunanza di tutti nello stesso
luogo, dimorino in città o in campagna, e si leggono le memorie
degli apostoli e gli scritti dei profeti, finché il tempo lo
permette. Quando il lettore ha terminato, chi presiede con un sermone
ci ammonisce ed esorta all'imitazione di quei begli esempi. Poi tutti
insieme ci leviamo e innalziamo preghiere; e, avendo noi terminato le
preghiere, si porta pane, vino ed acqua e il capo della comunità fa
similmente orazioni e azioni di grazie con tutte le sue forze, e il
popolo acclama dicendo l'Amen, e si fa a ciascuno la distribuzione e
la spartizione delle cose consacrate e se ne manda per mezzo
dei diaconi anche ai non presenti. I ricchi, invero, e quelli che
vogliono, ciascuno a suo piacere dà ciò che vuole, e quello che si
raccoglie viene depositato presso il capo; ed egli soccorre gli
orfani e le vedove, e quelli che sono bisognosi per malattia o per
altra ragione, quelli che sono carcerati e gli ospiti forestieri, e
senza eccezione ha cura di tutti quelli che hanno bisogno. Ci
aduniamo tutti nel giorno del sole, perché è il primo giorno in cui
Dio, avendo mutato la tenebra e la materia, creò il mondo e Gesù
Cristo nostro salvatore nello stesso giorno risuscitò dai morti;
infatti la vigilia del giorno di Saturno lo crocifissero e nel giorno
dopo quello di Saturno, il quale è il giorno del sole, comparso agli
apostoli suoi e discepoli insegnò queste cose, che abbiamo
presentate anche al vostro esame”
(Giustino, Prima
Apologia, 67, 3-7: M.
Simonetti - E. Prinzivalli, Letteratura cristiana antica, Casale
Monferrato, 1996, I, pp. 223-225)
Breve
biografia di San Giustino (n. ca 100 – m. ca 165 d.C).
Questo
Padre della Chiesa nacque intorno all’anno 100 presso l’antica
Sichem, in Samaria, in Terra Santa. Cercò a lungo la verità,
pellegrinando nelle varie scuole della tradizione filosofica greca.
Finalmente – come egli stesso racconta nei primi capitoli del suo
Dialogo con Trifone – un misterioso personaggio, un vegliardo
incontrato lungo la spiaggia del mare, lo mise dapprima in crisi,
dimostrandogli l’incapacità dell’uomo a soddisfare con le sole
sue forze l’aspirazione al divino. Poi gli indicò negli antichi
profeti le persone a cui rivolgersi per trovare la strada di Dio e la
«vera filosofia». Nel congedarlo, l’anziano lo esortò alla
preghiera, perché gli venissero aperte le porte della luce. Il
racconto adombra l’episodio cruciale della vita di Giustino: al
termine di un lungo itinerario filosofico di ricerca della verità,
egli approdò alla fede cristiana. Fondò una scuola a Roma, dove
gratuitamente iniziava gli allievi alla nuova religione, considerata
come la vera filosofia. In essa, infatti, aveva trovato la verità e
quindi l’arte di vivere in modo retto. Fu denunciato per questo
motivo e venne decapitato intorno al 165, sotto il regno di Marco
Aurelio, l’imperatore filosofo a cui Giustino stesso aveva
indirizzato una sua Apologia
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