venerdì 28 dicembre 2012

Epifania: un bambino affidato da sua Madre al nostro amore

Riflessioni su tre feste:
la Santa Famiglia, 30 dicembre 2012,
Maria, Madre di Dio e Regina della Pace, 1° gennaio 2013,
Epifania, la manifestazione di un bambino affidato al nostro amore, 6 gennaio 2013.

1) Un famiglia esemplare, perché santa.
Con il Natale l’avvento è diventato un’avventura. Facendosi carne, il Verbo di Dio ha posto la sua dimora in mezzo a noi e noi, come Maria, Giuseppe, i pastori e i Re Magi ci siamo messi sulla strada dell’avventura cristiana, della missione cioè di comunicare ciò che ci è accaduto, ciò che abbiamo incontrato: il Verbo della vita, della pace e della gioia.
Comunicare ciò che ci è accaduto è rendere perciò comunione la nostra presenza, è rendere comunione le presenze in cui ci imbattiamo, rinnovare il miracolo della sua Presenza, rinnovare il suo avvenimento, rinnovare con gli altri l’avvenimento che Egli ha realizzato con noi, con gli altri e con le cose, con tutto: la pace. Dio è la pace ed è in coloro che portano la pace.
L’andare a Betlemme permise ai pastori ed ai Re Magi non solo di incontrare il Figlio di Dio ma di vivere una familiarità con Cristo, entrando in quella precaria casa della santa famiglia. Certo all’inizio sono rimasti sulla soglia di quella povera dimora, dove si trovava la Santa Famiglia, poi sono andati più vicini a Cristo. Io spero che l’abbiamo anche toccato, accarezzato e sono certo che Cristo ha preso dimora in loro. Poi, L’hanno portato nel mondo: il piccolo mondo dei pastori ed il gran mondo dei Re.
I pastori e i Re Magi hanno lasciato la Grotta non tanto perché dovevano ritornare concretamente alla vita quotidiana, banale o grande che sia, ma per continuare da missionari il santo viaggio, in cui chi calcolava le cose non erano più loro. Più o meno coscientemente si erano messi nella mani tese di un bambino, mani di una Altro, “mani” di Dio.
Per aderire a questo fatto, a questa Presenza occorre mettersi in viaggio. Partire da se stessi più che dalla propria casa e dai propri affetti. Radicarsi in Cristo per potere estenderci al mondo, come i rami fioriti di un albero, che più affonda le sue radici nella terra più si eleva nel cielo.
Mettersi in viaggio: perché? Non solo per tornare a casa o alle regge, ma per annunciare che l’incontro con Cristo è una crescita in umanità: il neonato, l’Uomo- Dio non distrugge nulla, non lascia fuori nessuna realtà, consacra tutto, rivela tutto, dà a tutti i sentimenti, a tutte le vocazioni una dimensione infinità, incredibile, imprevedibile, meravigliosa.
A questo riguardo ci è di esempio stupendo, ma semplice e imitabile la Santa Famiglia, che fu una comunità missionaria. In effetti la missione di Gesù Cristo divenne la vocazione missionaria di Maria e di Giuseppe, che misero la loro libertà a disposizione del Figlio. Questi due santi, uniti nel rispetto e nell’amore di una comunione pura e feconda, intrapresero il viaggio della vita con Cristo e per Cristo. Per Lui e con Lui andarono da Nazareth (che vuol dire Giardino) a Betlemme ( che vuol dire Città del Pane, da Betlemme in Egitto, dall’Egitto a Nazareth: portarono Cristo sulle strade del mondo e furono i primi collaboratori della Redenzione.
La loro Santa Famiglia era l’Arca dell’Alleanza portata nell’esodo della vita, era ed è “una scuola del Vangelo, dove si impara ad osservare, ad ascoltare, a meditare, a penetrare il significato così profondo e così misterioso di questa manifestazione del Figlio di Dio tanto semplice, umile e bella.” (Paolo VI, Discorso a Nazareth, 5 gennaio 1964), per poi portarlo nel mondo come missionari di pace.

2) Una famiglia non normale come norma.
L’eccezionalità della Santa Famiglia (una madre Vergine, un padre adottivo e un figlio che è Dio) non deve sminuire il fatto che essa è e deve essere sempre più esempio di tutte le famiglie cristiane.
E’ evidente che non è una famiglia normale, ma è giustamente proposta come norma nella concretezza di una coppia che vede la propria vita ribaltata dall'azione di Dio e dal delirio degli uomini, nella loro capacità di mettersi da parte, sul serio, senza ricatti, senza patemi, per mettersi a servizio della missione di pace di Gesù, inserendosi in un progetto più grande, quello che Dio ha sul mondo. 

Come ogni mamma, Maria stringe forte a sé il piccolo neonato, che sente il calore e l'odore della sua pelle. 

Nelle grotta, Giuseppe, ora, è sereno, perché se è vero che fu testimone oculare di questa nascita, avvenuta in condizioni umanamente umilianti, primo annuncio di quella «spoliazione» (cfr. Fil 2,5-8), è pure vero che fu testimone dell'adorazione dei pastori, giunti sul luogo della nascita di Gesù dopo che l'angelo aveva recato loro questa grande, lieta notizia (cfr. Lc 2,15-16). Più tardi fu anche testimone dell'omaggio dei magi, venuti dall'Oriente (cfr. Mt 2,11). 

L'avventura di far nascere il Figlio di Maria, sua sposa, lontano da casa l'ha duramente provato ma ora, dopo quella tumultuosa notte piena di emozioni e di segni, quando l’Angelo gli apparve per dire di continuare ad accogliere Maria ed il frutto del di lei grembo, il giovane Giuseppe si sente pieno di fiducia per il futuro. Quello che Giuseppe ha visto e udito è grande e lo conforta nel suo compito di essere il custode paterno, a cui è confidata tutta la vita « privata » o « nascosta » di Gesù.
Dopo la lunga e dolorosa permanenza in Egitto, Maria e Giuseppe tornano a Nazareth, dove Gesù cresce. 
Ed è un Gesù adolescente che scappa dai genitori, per discutere con i dottori della Legge. Che tenerezza trovare due genitori in difficoltà con il figlio che nella logica umana diremmo che è in piena crisi adolescenziale, perché contesta l’autorità dei genitori. In realtà, il “ragazzo” Gesù affermava l’autorità del Padre e la sua appartenenza alla Famiglia divina.
Non ci resta che ammirare la fede grande che hanno avuto Giuseppe e Maria per riconoscere nel Bambino, che cresceva in casa e che era identico a tutti i bambini, il Figlio di Dio.
La festa della Santa Famiglia ci spinge a guardare ai cari della nostra famiglia con sguardo di fede e di luce, riconoscendo il Mistero nascosto nelle persone che quotidianamente vivono con noi. Esse ci in-segnano Dio e ci fanno capire che l’eroico è diventato quotidiano, perché il quotidiano diventi eroico.
Sia questa la nostra preghiera non solo di oggi ma di sempre, per noi e le famiglie di tutto il mondo: “O Dio, nostro creatore e Padre, tu hai voluto che il tuo Figlio, generato prima dell'aurora del mondo, divenisse membro dell'umana famiglia; ravviva in noi la venerazione per il dono e il mistero della vita, perché i genitori si sentano partecipi della fecondità del tuo amore, e i figli crescano in sapienza, età e grazia, rendendo lode al tuo santo nome” (Colletta della Domenica 30 dicembre 2012), e portando a tutti gli uomini il lieto annunzio: “È nato per noi un bambino,
un figlio ci è stato donato:
principe della pace sarà il suo nome”.
(Is 9,5).

3) Dio è in coloro che portano la pace: è la pace.
La pace, anche se offesa e aggredita di continuo e forse proprio per questo, è desiderio comune perché la pace è vita. Per questa ragione, credo, Paolo VI volle che la pace fosse celebrata con una Giornata Mondiale. Era il 1° gennaio 1967, giorno che la liturgia dedica alla celebrazione della Madonne come Madre di Dio e madre degli uomini.
La pace, in senso biblico, è il dono messianico per eccellenza, è la salvezza portata da Gesù, è la nostra riconciliazione e pacificazione con Dio. La pace è anche un valore umano da realizzare sul piano sociale e politico, ma affonda le sue radici nel mistero di Cristo (cfr Gaudium et Spes, cap. V), che è «autore della salvezza e principio di unità e di pace» (Lumen Gentium, n. 9). Dunque è evidente che il cristiano debba partecipare agli sforzi della umanità per la pace del mondo.
Il primo modo di essere portatori di pace è il sacrificio, il cui frutto sulla terra è la pace. Dunque cerchiamo di fare dei sacrifici e di educare al sacrificio. Sono sicuro che almeno i miei coetanei e coetanee si ricordano di quanto le nostre mamme o il prete dell’oratorio ci insegnavano a fare per tutti i giorni di avvento un “fioretto”, un piccolo sacrificio (è importante capire che il sacrificio è un fiore) da portare al Bambino Gesù perchè Lui potesse essere più comodo, visto che la mangiatoia aveva della paglia rigida, così avremmo alleggerito la sua sofferenza. Le nostre mamme ed il prete , forse in un modo un po’ ingenuo, ci insegnavano che il vero senso della nascita di Dio nel mondo era la pacificazione della terra mediante il sacrificio.
La storia del Bambino di Betlemme è una storia di sacrificio, fino a quello della Croce: sigillo di pace.
La pace realizzata dal sacrificio è la manifestazione (=epifania) evidente di quel progetto di Dio che è la perfetta comunicazione di ciò che egli è: Amore che si dona.

3) Epifania di pace.
Di per sé, l’Epifania celebra tre manifestazioni divine: la manifestazione ai Magi, quella sulle rive del Giordano per il Battesimo di Gesù e quella delle nozze di Cana.
Oggi la manifestazione del Salvatore ai pagani, nella persona dei Magi, prende il sopravvento: essi rappresentano la vocazione nostra alla luce del Vangelo, che loro fissavano fino a far lacrimare gli occhi del cuore, e il trionfo della fede generosa e dicono: “Abbiamo veduto la Sua stella e siamo venuti...”. Lasciando le loro regge e le loro certezze, questi uomini saggi seguirono la “certezza” della stella di Cristo, e poterono arrivare al Bambino che portava l’eterno Amore nel mondo, per sempre. Non solo sono arrivati a Cristo, ma in Cristo.
Quando i Re Magi, pellegrini del Cielo, arrivarono alla grotta presero coscienza che la loro ricerca era finita. Cominciava la loro missione.
Cosa videro di così stupefacente da dare loro una missione nuova?
Un Bambino in braccio alla Madre, che con il suo sì ha messo Dio alla nostra portata: il “velo” dell'umanità impedisce al fulgore infinito e abbagliante della divinità di accecarci. Questa manifestazione di Dio all'umanità è un mistero di misericordia, che umanamente nessuno poteva concepire.
Con l’aiuto della liturgia bizantina continuo dicendo che
Videro la Vergine Maria qualerondine spirituale che porta la primavera della carità che deve dissipare l’inverno ateo, la nube luminosa che reca la pioggia spirituale che deve rinfrescare la terra bruciata. Il suo grembo è come un paradiso spirituale in cui cresce il piano divino”.
Videro Gesù la cui: “invisibile natura, nascendo dalla Vergine Figlia di Dio, divenendo simile a noi, si rende visibile per noi. Portato sulle ali dei cherubini, viene ad abitare tra di noi. In un modo che sorpassa ogni immaginazione, il Signore vivificante viene secondo la carne per salvare la nostra razza. Il sole senza tramonto viene da una tenera Vergine per illuminare tutto ciò che si trova sotto il sole”.
Videro Giuseppe quale paterno custode di: “Colui che è fasciato come un bambino, tiene nelle sue mani l’universo”; “È posto in una mangiatoia, ma essa è come il trono incandescente del Verbo che appare sotto la forma di bambino”.
Dopo aver visto, adorato e offerto i doni, questi Re lasciarono la Grotta, ma il loro non fu un semplice ritorno a casa. La Luce, che avevano contemplata, era nel loro cuore e la portarono nel mondo.
Oggi, tramite i cristiani la luce di Betlemme continua a risplendere in tutto il mondo. A quanti l’hanno accolta Sant’Agostino ricorda: “Anche noi, riconoscendo Cristo nostro re e sacerdote morto per noi, lo abbiamo onorato come se avessimo offerto oro, incenso e mirra; ci manca soltanto di testimoniarlo prendendo una via diversa da quella per la quale siamo venuti” (Sermo 202. In Epiphania Domini, 3,4).
Una via di giustizia e di pace perché manifesta la luce di un Dio che ci mostra il suo volto, che ci appare nella mangiatoia di Betlemme. Solo lui può rendere il cuore umano aperto alla pace e operatore di pace.
Naturalmente questo vale in modo particolare per le Vergini consacrate. L’Epifania, celebrazione della manifestazione del Signore, richiama ciascuna di loro a vivere la vocazione, realizzando precisamente l'impegno che hanno assunto in forza della consacrazione. La loro consacrazione di fatto non le mette immediatamente a servizio di alcune opere particolari, ma esige da loro una testimonianza di vita perfetta, esige da loro una testimonianza che le renda, secondo le parole stesse della formula della Consacrazione, rivelatrici del Padre, che “le chiama a stare alla Sua presenza come angeli davanti al Suo volto” (Rituale della Consacrazione delle Vergini, n. 64), come i Re Magi davanti a Gesù, che la Vergine Madre confidò al loro amore.
Che Dio, velato agli occhi degli uomini, si disveli, appaia, si manifesti nella santità di vita delle Sue serve consacrate.




Come consigli “pratici” propongo una breve esortazione di San Beda il Venerabile e la preghiera di San Francesco per la pace.

Amiamo il Cristo e osserviamo con perseveranza i suoi comandamenti che abbiamo cominciato a seguire. Più lo ameremo, più ci meriteremo di essere amati dal Padre, ed egli stesso ci accorderà la grazia del suo amore immenso nell’eternità. Ora, ci concede di credere e di sperare; allora noi lo vedremo faccia a faccia e si manifesterà a noi nella gloria che già aveva presso il Padre prima che il mondo fosse.” (San Beda il Venerabile, Omelia 12).



Preghiera per la pace

Signore,
fammi strumento della tua pace:
dov'è odio, ch'io porti amore,
dov'è offesa, ch'io porti il perdono,
dov'è discordia, ch'io porti l'unione,
dov'è dubbio, ch'io porti la fede,
dov'è errore, ch'io porti la verità,
dov'è disperazione, ch'io porti la speranza,
dove sono le tenebre, ch'io porti la luce.
Signore,
fa che io cerchi
di consolare più che di essere consolato,
di comprendere più che di essere compreso,
di amare più che di essere amato,
poiché dando si riceve,
perdonando si è perdonati,
morendo si resuscita a vita nuova.
                                         (S. Francesco)

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