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– 24 - 25 dicembre 2012 : Natale: Dio nasce per donarsi a noi
Dall’avvento
all’avventura.
1)
Il natale del Precursore.
Nel
vangelo di domenica 23 dicembre 2012, ascoltiamo, fra l’altro, la
domanda di Elisabetta alla Madonna: “A
che devo che la madre del mio Signore venga a me?”
(Lc 1,43).
E mentre la madre di Gesù, il Salvatore, rispondeva al saluto della
madre di Giovanni il Precursore, Giovanni, esultando nel grembo della
madre, salutava Gesù: tutti e due non apparivano nella carne, e
tutti e due erano fonte di gioia. Cristo era ospite del grembo di
Maria, lieta di portare questa presenza, Giovanni era portato dal
seno di Elisabetta, lieta di non essere più sterile. Come non
applicare al Precursore le parole del profeta Geremia: “Prima
di formarti nel grembo, ti conoscevo, prima che uscissi dal ventre,
ti avevo santificato; ti ho stabilito profeta delle nazioni”(1,5).
In
effetti, fin dall'inizio della vita di Gesù c’è il profeta
Giovanni Battista, che svolge appunto il ruolo di precursore.
Dobbiamo tener presente che Giovanni, in quanto figlio di Zaccaria e
di Elisabetta, entrambi di famiglie sacerdotali, non solo è l'ultimo
dei profeti, ma rappresenta anche l'intero sacerdozio dell'Antica
Alleanza e perciò prepara gli uomini al culto spirituale della Nuova
Alleanza, inaugurato da Gesù (cfr Benedetto XVI, L’infanzia
di Gesù, pp 27-28).
Il natale del Precursore ci invita ad essere gli uni per gli altri
segno di grazie e salvezza, in-segnando vale a dire indicando Cristo
come l’Eterno fiorito nel tempo, indicando a tutti –come da
grande farà il Battista- l’Agnello innocente che toglie i peccati
del mondo.
E’
importante, poi, sottolineare che Elisabetta e Maria sono donne
contente perché sono diventate madri di santi. La sterile nella sua
vecchiaia ha messo al mondo Giovanni il Battista, la Vergine ha
partorito Gesù, il cui nome vuole dire: “Dio salva”. Maria è
benedetta tra tutte le donne e tutte le donne in lei sono benedette.
Con questa benedizione tutte le donne possono essere madri di santi.
Questa
vale veramente per tutte le donne sia che siano consacrate nel
matrimonio o con il voto di castità.
La verginità e il celibato per
il regno di Dio non solo non contraddicono la dignità del
matrimonio, ma la presuppongono e la confermano. Il matrimonio e la
verginità sono i due modi di esprimere e di vivere l’unico mistero
dell’alleanza di Dio con il suo popolo. Quando non si ha stima del
matrimonio, non può esistere neppure la verginità consacrata;
quando la sessualità umana non è ritenuta un grande valore donato
dal Creatore, perde significato il rinunciarvi per il regno dei
cieli.
Rendendo libero in modo speciale
il cuore dell’uomo, «così da accenderlo maggiormente di carità
verso Dio e verso tutti gli uomini», la verginità testimonia che il
regno di Dio e la sua giustizia sono quella perla preziosa che va
preferita a ogni altro valore sia pure grande, e va anzi cercato come
l’unico valore definitivo. È per questo che la chiesa, durante
tutta la sua storia, ha sempre difeso la superiorità di questo
carisma nei confronti di quello del matrimonio, in ragione del legame
del tutto singolare che esso ha con il regno di Dio. Pur avendo
rinunciato alla fecondità fisica, la persona vergine diviene
spiritualmente feconda, padre e madre di molti, cooperando alla
realizzazione della famiglia secondo il disegno di Dio.
Gli sposi cristiani hanno perciò
il diritto di aspettarsi dalle persone vergini il buon esempio e la
testimonianza della fedeltà alla loro vocazione fino alla morte.
Come per gli sposi la fedeltà diventa talvolta difficile ed esige
sacrificio, mortificazione e rinnegamento di sé, così può avvenire
anche per le persone vergini. La fedeltà di queste, anche nella
prova eventuale, deve edificare la fedeltà di quelli. (Cfr Giovanni
Paolo II, Familiaris
Consortio, nn. 11 e
16).
2)
Il Natale del Salvatore.
La
notte tra il 24 ed il 25 dicembre, celebriamo la nascita di Gesù
Cristo. E ne siamo profondamente contenti. Non solo perché è la
festa del Figlio di Maria, ma è la festa di noi, figli di Maria, ai
quali è concesso di incontrare il Figlio di Dio, il Fratello nostro.
Se un incontro, ogni vero incontro cambia la vita, quello con Dio la
cambia rinnovandola.
Ce
ne danno l’esempio i Pastori.
La
notte in cui nacque Gesù, l’atteso delle genti, l'angelo apparve
ai pastori dell’area di Betlemme e disse: «Non
temete, ecco vi annunzio una grande gioia, che sarà di tutto il
popolo: oggi vi è nato nella città di Davide un salvatore, che è
il Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino
avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia»
(Lc 2, 10-12). E quando i pastori arrivarono alla Grotta, si
inginocchiarono e adorarono in silenzio il mistero dell’Amore di
Dio fatto carne. Questi poveri uomini stettero in silenzio davanti a
Dio e misero la loro speranza in Lui. Confidarono nel Signore,
cercarono la gioia in Dio loro salvatore, e i desideri del loro cuore
furono esauditi (cfr Sal
36 (37),
2-3.7).
Con
i canti e le parole angeliche e con la luce splendente nel cielo, Dio
non solo invita i pastori ma li attira alla grotta dove il Figlio
Gesù è nato. Quella povera gente si mosse e videro qualcosa di
meraviglioso: un corpo di un bambino, che irradiava l’Eterna Verità
e Bellezza: “La
verità quando si esprime diventa amore e l’amore quando fiorisce
diventa bellezza”
(p. Pavel Florenskij).
Noi
dovremmo vivere davanti a Dio come i pastori. Nella notte santa, il
cielo esultava di gioia, ma quando hanno veduto, Gesù, Figlio di
Dio, hanno veduto un bambino in una mangiatoia, deposto in una
mangiatoia in una povera grotta. “Tutto
il cielo gioiva, ma esultava per questa umiltà senza limiti di un
Dio che si era spogliato di tutto per donare tutto agli uomini che
Egli amava.
Rimanere dinanzi al Bambino Gesù ecco quello che io
credo sarebbe opportuno per noi, per imparare come si vive, per
imparare come si ama. Che il Signore ci doni una umiltà vera, che ci
doni l'amore all'umiltà, che il Signore ci faccia comprendere che
non c'è altro cammino per giungere a Lui che quello di spogliarci
sempre di più di tutto perché Lui solo rimanga per noi”.
(Divo Barsotti), il Verbo della Vita, il Verbo che si fa carne, il
Verbo che si fa bellezza da contemplare e da vivere.
Il
Natale di Cristo, nato poveramente, non è un racconto di cui
emozionarsi, è l’annuncio di una presenza scomoda ma lieta. E’
sconvolgente questa “povertà” di Dio ed è pure sconvolgente il
fatto che dei pastori, poveri, e dei Re Magi, ricchi, sono andati ad
una grotta e si sono messi in ginocchio davanti a un bambino povero,
deposto in una mangiatoia povera.
Cosa
li ha spinti a lasciare la tranquillità dell’ovile o della reggia
per andare a Betlemme? La loro natura umana? Secondo me no. Fu la
grazia che diede loro l’audacia di intraprendere la strada, che era
indicata dalla luce degli angeli per i pastori e della stella per i
Re Magi.
3)
Perché Gesù scelse Betlemme e non Nazareth o Gerusalemme o Roma?
Perché per nascere, per far apparire la bontà di Dio e il suo amore
per gli uomini (cfr Tt
3.4), Gesù scelse una città piccola, la più piccola tra le città
di Giuda, e volle nascere in una grotta? La riposta alla seconda
domanda è abbastanza facile. Il Vangelo dice: “perché non c'era
posto per loro (Giuseppe e Maria) nell'albergo”. Ma credo di non
tradire l’insegnamento teologico se scrivo che Gesù sta ancora
cercando alloggio nel cuore nostro e dell’intera umanità. Inoltre
non va dimenticato che Dio si propone, non si impone, quindi si
rivela nell'umiltà, si rivela nella povertà, si rivela nella
semplicità della vita. E venne di notte, perché Lui è la Luce che
rischiare le tenebre del nostro cuore.
Per
rispondere alla domanda “Perché Betlemme?” mi faccio aiutare dal
profeta Michea e da San Tommaso d’Aquino.
Nella
prima lettura della IV Domenica di Avvento il brano preso dal libro
del profeta
Michea annuncia che il “liberatore”
di Israele uscirà da Betlemme ma che “le
sue origini sono dall'antichità, dai giorni più remoti”.
Dopo che “Dio li
metterà in potere altrui”,
pur non avendo mai abbandonato il suo popolo, egli interverrà per
liberarlo. Ciò avverrà “quando
colei che deve partorire partorirà”.
Betlemme, piccola e oscura città della Giudea, è il terreno fertile
in cui germoglia e si sviluppa l'opera divina. Lo stesso connotato di
piccolezza, tanto caro al Figlio di Dio si trasferisce a sua madre,
che Lui ha guardato ammirandone l'umiltà, grazie alla quale la
Madonna è lieta di essere a servizio di Dio.
Nella Summa Teologica San Tommaso d’Aquino risponde così:
“Cristo volle nascere a
Betlemme per due ragioni.
Primo, perché egli, come
dice S. Paolo, secondo la carne “è nato dalla stirpe di David”;
e a David era stata fatta speciale promessa del Cristo, secondo le
parole del Libro dei Re: “Così parlò (David) l'uomo a cui fu
fatta la promessa del Cristo del Dio di Giacobbe”. Perciò egli
volle nascere a Betlemme dov'era nato David, affinché dallo
stesso luogo di nascita fosse manifesto l'adempimento della
promessa. È quanto vuol dire l'Evangelista quando scrive: “Perché
egli era della casa e della famiglia di David”.
Secondo, perché, come nota
S. Gregorio, “Betlemme significa casa del pane. E Cristo disse
di sé: Io sono il pane vivo, disceso dal cielo.”
(San Tommaso d’Aquino, Summa
Teologica, III, q.
35, a. 7).
ll
grande Santo domenicano prosegue:
|
“David
nacque a Betlemme, ma scelse Gerusalemme come sede del suo regno,
per costruirvi il tempio di Dio e fare di Gerusalemme una città
regale e sacerdotale insieme. Ebbene, il sacerdozio di Cristo e il
suo regno furono attuati soprattutto con la sua passione. Ecco
perché egli scelse Betlemme come luogo di nascita e Gerusalemme
per la sua passione.
In questo modo egli volle anche confondere
la gloria degli uomini, i quali si vantano di essere nati in
illustri città; e in esse bramano essere particolarmente onorati.
Cristo al contrario volle nascere in una città umile ed essere
oltraggiato in una città nobile.
Cristo
volle fiorire per la santità della vita, e non per l'origine
carnale. Ecco perché volle esser nutrito ed educato nella città
di Nazareth. Mentre a Betlemme volle nascere come un forestiero;
perché, come dice S. Gregorio, ‘per l'umanità che aveva presa,
nacque come in casa d'altri; uniformandosi ad essi non nella
potenza, ma nella natura’. Inoltre, come afferma S. Beda, ‘col
rendersi bisognoso di un ricetto, preparò a noi molte mansioni
nella casa del Padre suo’.
Come
si legge in un sermone del Concilio di Efeso, ‘se (Cristo)
avesse scelto Roma, la città più potente, si sarebbe potuto
pensare che avrebbe cambiato il mondo per il potere dei
concittadini. Se fosse stato figlio dell'Imperatore, la sua
riuscita sarebbe stata attribuita al potere (imperiale). Ma per
mostrare che il mondo sarebbe stato trasformato dalla sua
divinità, si scelse una madre povera e una patria ancora più
povera’.
Ora, come afferma S. Paolo, ‘Dio ha scelto le cose
deboli del mondo per confondere i forti’. Perciò, per
manifestare meglio la sua potenza, stabilì a Roma, capitale del
mondo, il centro della sua Chiesa, come segno di completa
vittoria, affinché di là la fede si diffondesse su tutta la
terra, secondo la profezia di Isaia:‘Umilierà la città sublime
e la calpesteranno i piedi dei poveri’, cioè dei poveri di
Cristo, vale a dire i piedi degli Apostoli Pietro e Paolo.”
(Ibid.).
|
Egli
viene.
E con Lui che viene,
viene la gioia.
Se lo vuoi ti è
vicino.
Anche se non lo vuoi ti è vicino.
Ti parla anche se non
gli parli.
Se non l’ami, egli ti ama ancora di più.
Se ti
perdi, viene a cercarti.
Se non sai camminare, ti porta e ti salva:
per questo è nato, per vivere con noi e per noi un’ umana
avventura e darci la vita in pienezza.
Consiglio
per questi giorni la preghiera tratta da un Inno (VII e VIII strofa)
di S.Efrem il Siro, uno dei più grandi scrittori cristiani del IV
secolo (306 – 373), amico tra l'altro di Ambrogio di Milano. E' una
preghiera da rileggere con pazienza e da meditare, lasciando che le
riflessioni di un grande cristiano di tanti secoli fa susciti nel
vostro cuore lo stupore, la gioia, la meraviglia di un Dio che, per
venire a confortarci e riaprire i nostri cuori alla speranza, ha
fatto quello che ha fatto in Maria e attraverso di Lei.
“Signore
Gesù Cristo,
tua
Madre è causa di stupore:
è
entrato in Lei il Signore
ed è divenuto un servo;
è
entrato Colui che è la Parola
ed è divenuto silenzioso;
è
entrato in Lei il tuono che scuote la foresta
ed è nato nel
silenzio della notte;
è
entrato il Pastore di tutti,
ed è diventato l'Agnello che toglie
il peccato del mondo.
Tua
Madre ha stravolto l'ordine delle cose:
il
Creatore di tutto è entrato nella sua proprietà,
ma è uscito
povero;
l'Altissimo è entrato in Lei
ma è uscito umile;
lo
Splendore è entrato in Lei,
ma è uscito rivestito di debole luce.
Il
Potente è entrato
e ha assunto insicurezza e timore;
Colui
che nutre ogni cosa è entrato
e ha provato la fame;
Egli,
che tutti disseta,
è entrato e ha provato la sete;
nudo e
spogliato, ecco, viene fuori da lei
Colui che veste ogni cosa!”
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