San
Pietro è il fondamento della Chiesa, e Paolo l’architetto, il
costruttore (Sant’Ambrogio di Milano, De Sp. S. II, 13, 158;
P.L. 16, 808);
Solennità
dei Santi Pietro e Paolo – Anno A – 28 giugno 2020
Rito
romano
At
12,1-11; Sal 33; 2 Tm 4,6-8.17-18; Mt 16,13-19
Rito
Ambrosiano – III Domenica dopo Pentecoste
Gen
2,4b-17; Sal 103; Rm 5,12-17; Gv 3,16-21
1)
Due Fratelli, due colonne per un’unica Chiesa.
Fin dai primi secoli cristiani la tradizione
ha insegnato san Pietro
e san Paolo inseparabili: in effetti, insieme, questi due
Apostoli rappresentano tutto il Vangelo di Cristo.
A Roma, poi, il loro legame come fratelli nella fede ha acquistato un
significato particolare. Infatti, la comunità cristiana di Roma
li considerò come una specie di contraltare dei mitici Romolo e
Remo, la coppia di fratelli a cui si faceva risalire la fondazione di
Roma, durante la quale Romolo uccise il fratello Remo.
Si potrebbe pensare anche a un altro parallelismo oppositivo, sempre
sul tema della fratellanza: mentre la prima coppia biblica di
fratelli ci mostra l’effetto del peccato, per cui Caino uccide
Abele, Pietro e Paolo, anche se umanamente
molto differenti l’uno dall’altro e malgrado
nel loro rapporto non siano mancati contrasti,
hanno realizzato un modo nuovo di essere fratelli, vissuto secondo il
Vangelo, un modo autentico reso possibile proprio dalla grazia del
Vangelo di Cristo operante in loro. Solo la sequela di Gesù conduce
alla nuova fraternità.
Poiché
il primo fondamentale messaggio che la
festa di oggi ci consegna è quello
della fraternità apostolica, per celebrare la solennità dei Santi
Pietro e Paolo, la Liturgia della Messa di oggi propone due testi che
si riferiscono a San Pietro e uno che parla di San Paolo.
Nella
1ª lettura presa dagli Atti degli Apostoli e nel Vangelo, che
presenta un brano preso da San Matteo, si racconta l’assistenza
premurosa che il Signore non fa mancare a Pietro nella sofferenza e
nella prova, la professione di fede di Pietro (“Tu sei il Cristo,
il Figlio del Dio vivente”), la sua gioia di credente, la missione
che gli viene affidata di essere roccia.
Nella
2ª lettera a Timoteo, proposta come 2ª lettura, è delineata molto
bene la fisionomia e la statura spirituale e morale di San Paolo.
Queste
letture ci presentano due colonne della Chiesa nascente in generale,
e della Chiesa di Roma, in particolare. La prima colonna è Pietro,
che è la roccia posta da Cristo a fondamento della sua Chiesa, la
seconda è Paolo, che è l’apostolo scelto per portare il messaggio
evangelico ai pagani. Due persone profondamente diverse per
temperamento e per cultura, ma accomunate da una straordinaria
passione per Cristo. Un’unica missione è realizzata da loro
percorrendo strade differenti, ma è convalidata dallo stesso sigillo
della testimonianza spinta fino al versamento del sangue.
In
questi due Apostoli ci è proposta l’immagine di ciò che ogni
cristiano è chiamato ad essere: una persona afferrata da Cristo, con
la missione di farLo conoscere attraverso la testimonianza della
propria vita, donata a Dio con gioia e semplicità in ogni istante.
2)
Le caratteristiche di San Pietro.
Il
modo di essere Apostolo di Pietro può essere capito e imitato, se ne
comprendiamo il carisma suo specifico che era fatto di fermezza,
solidità, perseveranza, forza di essere nella diversità delle
situazioni sempre sostanzialmente eguali a se stesso, di vivere e di
sopravvivere, sicuri di un Vangelo iniziale, d’una coerenza
attuale, di una meta finale. Sinteticamente detto: la fede.
Per
avere la fede e vivere di fede non occorre avere doti speciali.
Guardiamo la figura di Pietro: la sua grande fede si innestò su una
umanità forte, ma semplice. Egli fu un
pescatore di Galilea, un discepolo di Giovanni il Precursore. Poi fu
chiamato da Gesù con un nuovo nome, Cefa, che significa Pietro1.
Cristo lo chiamò ad essere pescatore di anime2
e pastore3.
Gli affidò la Chiesa, insieme con gli altri undici e primo di essi.
Il Redentore fece Apostolo4
questo discepolo, che era un uomo umile5,
docile e modesto6,
debole anche7,
ed incostante e pauroso perfino8,
ma pieno d’entusiasmo e di fervore9,
di fede10,
e di amore11.
Pietro da subito esercitò nella nascente comunità cristiana12,
di centro, di maestro, di capo. Un primato di amore e di verità, di
fede, di fedeltà,
E’
la fede che dobbiamo domandare a Pietro, quella che da lui e dagli
Apostoli ci deriva.
Che
cosa saremmo senza la fede, la vera fede? Polvere di storia, granelli
di sabbia sbattuta dal vento. Ma ci è richiesto qualche cosa di più,
se vogliamo essere devoti di San Pietro. Ci è richiesta la fedeltà.
La fede è di tutto il Popolo di Dio; ed anche la fedeltà; ma tocca
principalmente a noi dare prova di fedeltà. «Siate forti nella
fede» (1 Pt 5,9). Cioè non possiamo dirci discepoli e seguaci di
San Pietro, se la nostra adesione al messaggio redentivo di Gesù
Cristo non avesse quella fermezza interiore, quella coerenza
esteriore, che ne fa un vero e pratico principio di vita.
3)
Le caratteristiche di San Paolo.
Per
descrivere il carisma, il dono spirituale specifico che ha ricevuto
San Paolo, mi servirò di quanto scrive San Tommaso d’Aquino nel
suo commento alle lettere di questo Apostolo delle Genti e di un
paragone fatto da San Giovanni Crisostomo.
Il
grande teologo domenicano inquadra la figura di san Paolo e la sua
opera con il richiamo alla espressione degli Atti degli Apostoli
(9,15) con la quale il Signore parla di Paolo ad Anania in una
visione: “Egli è per me vaso di elezione per portare ai popoli il
mio nome”. L’immagine del vaso è sovente usata nella Scrittura
per indicare gli uomini e San Tommaso si serve di questa immagine per
descrivere le caratteristiche della figura di san Paolo.
Quattro
sono le caratteristiche di un vaso:
1)
è un prodotto della libera volontà di un artigiano,
2)
è un contenitore capiente,
3)
è fatto per essere usato, quindi
4)
è utile.
In
effetti,
1)
come un vaso è plasmato dall’artigiano, così Paolo è un uomo
plasmato da Dio. E’ creta docile nelle “mani” creative di Dio,
fatto con materiale prezioso come l’oro, il quale indica la
ricchezza della sapienza, della carità e di tutte le virtù ricevute
da questo Apostolo. Infatti San Paolo insegnò i misteri della
Sapienza divina, elogiò la carità e raccomandò agli uomini le
virtù da coltivare.
2)
Come contenitore, Paolo fu pieno del nome di Gesù, da predicare e da
amare.
3)
Egli fu usato secondo la nobiltà più grande: per portare il nome di
Gesù nel corpo, ricevendo le stimmate di Cristo, e nella bocca, come
la colomba del diluvio portò nel becco il ramoscello d’ulivo che è
simbolo della misericordia di Dio. Infatti, Gesù è questa
misericordia: il suo nome significa Salvatore. Paolo stesso fu
destinatario di questa misericordia, un convertito, ma la portò con
la predicazione anche ai pagani eletti.
4)
Quanto all’utilità, Paolo divenne infatti maestro delle genti. E
il frutto del suo insegnamento sono le sue lettere, nelle quali è
esposta la dottrina della grazia di Cristo.
Per
capire questo 4 punto è utile il paragone che San Giovanni
Crisostomo fa tra Paolo e Noè: “Paolo non mise insieme delle assi
per fabbricare un'arca; piuttosto, invece di unire delle tavole di
legno, compose delle lettere e così strappò di mezzo ai flutti, non
due, tre o cinque membri della propria famiglia, ma l'intera ecumene
che era sul punto di perire” (Paneg. 1,5). Proprio questo
può -ancora e sempre- fare l’apostolo Paolo. Prendere da lui,
tanto dal suo esempio apostolico quanto dalla sua dottrina, sarà
quindi uno stimolo per il consolidamento dell’identità cristiana
di ciascuno di noi e per il rinnovarsi costante della Chiesa.
Infine,
vorrei mettere in evidenza la frase di San Paolo che –secondo me-
meglio esprime quello che questo Apostolo è: “Per me il vivere
è Cristo e il morire un guadagno” (Fil 1,21). E’ un
nuovo senso della vita, dell’esistenza umana, che consiste nella
comunione con Gesù Cristo vivente; non solo con un personaggio
storico, un maestro di saggezza, un leader religioso, ma con un uomo
in cui Dio abita personalmente.
Secondo
il linguaggio contemporaneo, potremmo dire che San Paolo era un uomo
interculturale. In effetti riassumeva in sé tre mondi: quello
ebraico, quello greco e quello romano. Non a caso Dio affidò a lui
la missione di portare il Vangelo dall’Asia Minore alla Grecia e
poi a Roma, gettando un ponte che avrebbe proiettato il Cristianesimo
fino agli estremi confini della terra.
Protagonisti
di questa missione siamo tutti noi cristiani, uomini e donne che,
come san Paolo, possono dire: “Per me il vivere è Cristo”.
Persone, famiglie, comunità che accettano di lavorare nella vigna
del Signore (cfr Mt 20,1-16). Operai umili e generosi,
che non chiedono altra ricompensa se non quella di partecipare alla
missione di Gesù e della sua Chiesa.
In
questa missione le Vergini consacrate nel mondo hanno un compito
particolare, quello di testimoniare nel loro lavoro quotidiano che si
può vivere in Cristo, con Cristo e per Cristo, cioè “della Sua
parola, del Suo Corpo, del Suo Spirito”, come scrive
Sant’Agostino che aggiungeva che “la gioia delle vergini
consacrate viene da Cristo, è in Cristo, con Cristo, alla sequela di
Cristo, per mezzo di Cristo e in vista di Cristo”:
Tutti
siamo chiamati a seguire Cristo riponendo in Lui il senso ultimo
della propria vita, fino a poter dire con l'Apostolo: “Per me il
vivere è Cristo”. “Ma un’esperienza singolare della luce che
promana dal Verbo incarnato fanno certamente i chiamati alla vita
consacrata, che li pone quale segno e profezia per la comunità dei
fratelli e per il mondo. Non possono perciò non trovare in essi
particolare risonanza le parole estatiche di Pietro: “Signore, è
bello per noi stare qui” (Mt 17, 4).Queste parole dicono la
tensione cristocentrica di tutta la vita cristiana. Esse, tuttavia,
esprimono con particolare eloquenza il carattere totalizzante che
costituisce il dinamismo profondo della vocazione alla vita
consacrata “( Giovanni Paolo II, Esort. Ap. Post-sinodale Vita
Consecrata, n. 15).
1
Gv
1, 42; Mt
16, 18.
2
Lc
5, 10.
3
Gv
21, 15, ss.
4
Lc
6, 13.
5
Lc
5, 8.
6
Cf.
Gv
13, 9; 1
Pt.
5, 1.
7
Mt
14, 30.
8
Mt
26, 40-45, 69 ss.; Gal.
2, 11.
9
Mt.
26, 33; Mc.
14, 47.
10Gv
6, 68; Mt
16, 17.
11Lc.
22, 62; Gv
21, 15 ss.
12Cf
At.
1 - 12, 17.
Lettura
patristica
Sant'Agostino,
vescovo
Dal
Discorso 295, 1-2. 4. 7-8 (PL 38, 1348-1352)
Questi
martiri hanno visto ciò che hanno predicato.
Il
martirio dei santi apostoli Pietro e Paolo ha reso sacro per noi
questo giorno. Noi non parliamo di martiri poco conosciuti; infatti
«per tutta la terra si diffonde la loro voce e ai confini del mondo
la loro parola» (Sal 18, 5). Questi martiri hanno visto ciò che
hanno predicato. Hanno seguito la giustizia. Hanno testimoniato la
verità e sono morti per essa.
Il beato Pietro,
il primo degli apostoli, dotato di un ardente amore verso Cristo, ha
avuto la grazia di sentirsi dire da lui: «E io ti dico: Tu sei
Pietro» (Mt 16, 18). E precedentemente Pietro si era rivolto a Gesù
dicendo: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente» (Mt 16, 16).
E Gesù aveva affermato come risposta: «E io ti dico: Tu sei Pietro
e su questa pietra edificherò la mia Chiesa» (Mt 16, 18). Su questa
pietra stabilirò la fede che tu professi. Fonderò la mia chiesa
sulla tua affermazione: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio
vivente». Tu infatti sei Pietro. Pietro deriva da pietra e non
pietra da Pietro. Pietro deriva da pietra, come cristiano da
Cristo.
Il Signore Gesù, come già sapete,
scelse prima della passione i suoi discepoli, che chiamò apostoli.
Tra costoro solamente Pietro ricevette l'incarico di impersonare
quasi in tutti i luoghi l'intera Chiesa. Ed è stato in forza di
questa personificazione di tutta la Chiesa che ha meritato di
sentirsi dire da Cristo: «A te darò le chiavi del regno dei cieli»
(Mt 16, 19). Ma queste chiavi le ha ricevute non un uomo solo, ma
l'intera Chiesa. Da questo fatto deriva la grandezza di Pietro,
perché egli è la personificazione dell'universalità e dell'unità
della Chiesa. «A te darò» quello che è stato affidato a tutti. È
ciò che intende dire Cristo. E perché sappiate che è stata la
Chiesa a ricevere le chiavi del regno dei cieli, ponete attenzione a
quello che il Signore dice in un'altra circostanza: «Ricevete lo
Spirito Santo» e subito aggiunge: «A chi rimetterete i peccati
saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi»
(Gv 20, 22-23).
Giustamente anche dopo la
risurrezione il Signore affidò allo stesso Pietro l'incombenza di
pascere il suo gregge. E questo non perché meritò egli solo, tra i
discepoli, un tale compito, ma perché quando Cristo si rivolge ad
uno vuole esprimere l'unità. Si rivolge da principio a Pietro,
perché Pietro è il primo degli apostoli.
Non
rattristarti, o apostolo. Rispondi una prima, una seconda, una terza
volta. Vinca tre volte nell'amore la testimonianza, come la
presunzione è stata vinta tre volte dal timore. Deve essere sciolto
tre volte ciò che hai legato tre volte. Sciogli per mezzo dell'amore
ciò che avevi legato per timore.
E così il
Signore una prima, una seconda, una terza volta affidò le sue
pecorelle a Pietro.
Un solo giorno è consacrato
alla festa dei due apostoli. Ma anch'essi erano una cosa sola. Benché
siano stati martirizzati in giorni diversi, erano una cosa sola.
Pietro precedette, Paolo seguì. Celebriamo perciò questo giorno di
festa, consacrato per noi dal sangue degli apostoli.
Amiamone la fede, la vita, le fatiche, le sofferenze, le
testimonianze e la predicazione.
Nessun commento:
Posta un commento