Solennità
della Santissima Trinità – Anno A – 7
giugno 2020
Rito
Romano
Es
34, 4b-6. 8-9; Dn 3,52.56; 2 Cor 13, 11-13; Gv 3, 16-18
Rito
Ambrosiano
Es
3,1-15; Sal 67; Rm 8,14-17;Gv 16,12-15
Premessa.
La
Trinità è un mistero luminoso: “Come tre soli, ciascuno è
contenuto nell’altro, così che c’è una sola luce, data l’intima
compenetrazione” (San Giovanni Damasceno). La rivelazione della
Santissima Trinità si riassume in modo semplice e profondo nella
breve frase della Prima Lettera di San Giovanni: “Dio è amore”.
“Dio
è tutto e solo amore, amore purissimo, infinito ed eterno. Non vive
in una splendida solitudine, ma è fonte inesauribile di vita che
incessantemente si dona e si comunica. Lo possiamo in qualche misura
intuire osservando sia il grande universo:
la nostra terra, i pianeti, le stelle, le galassie; sia il
piccolo universo: le cellule, gli atomi, le particelle
elementari. In tutto ciò che esiste è in un certo senso impresso il
“nome” della Santissima Trinità, perché tutto l’essere, fino
alle ultime particelle, è essere in relazione, e così traspare il
Dio-relazione, traspare ultimamente l’Amore creatore. Tutto
proviene dall’amore, tende all’amore, e si muove spinto
dall’amore, naturalmente con gradi diversi di consapevolezza e di
libertà” (Benedetto XVI).
Questo Amore abita in noi. “Noi siamo la dimora vivente della
SS.ma Trinità, dove ogni cosa ritrova Dio, ascolta Dio, spera e ama
Dio, perché l’anima in grazia partecipa della potenza del Padre,
della luce di verità del Figlio, dell’impeto di amore dello
Spirito Santo” (Cornelio Fabro)
Teniamo
poi presente che questa Domenica della Trinità non solo ci fa
celebrare il
mistero
stupendo da cui proveniamo e verso il quale andiamo, ci ricorda
la vocazione che tutti abbiamo, quella di
vivere la comunione con Dio e vivere la comunione tra noi sul modello
della comunione divina. “Siamo
chiamati a vivere non gli uni senza gli altri, sopra o contro gli
altri, ma gli uni con gli
altri, per gli
altri, e negli altri.
Questo significa accogliere e testimoniare concordi la bellezza del
Vangelo; vivere l’amore reciproco e verso tutti, condividendo gioie
e sofferenze, imparando a chiedere e concedere perdono, valorizzando
i diversi carismi sotto la guida dei Pastori”
(Papa Francesco).
In una parola,
abbiamo il compito
di edificare la
Chiesa-Comunione, riflettendo
lo
splendore della Trinità ed evangelizzando
non
solo con le parole, ma con la forza dell’amore di Dio che abita in
noi.
1)
Vivere è convivere.
Due
sono i Misteri fondamentali della fede cristiana: l’Unità e
Trinità[1] di Dio e l’Incarnazione, passione, morte e
risurrezione di Gesù Cristo.
Tuttavia,
nonostante l’importanza che la Trinità riveste per la nostra fede,
si ha spesso l’impressione che per molti essa sia niente più di
una verità da credere, un mistero del tutto incomprensibile, circa
il quale non ci si pongono molte domande.
La
Trinità è un dogma che può sembrare lontano e non toccare la vita.
Invece è rivelazione del segreto del vivere, della sapienza sulla
vita, sulla morte, sull’amore, e ci dice: in principio a tutto è
il legame di libertà, cioè comunione d’amore.
Un
solo Dio in tre persone: Dio non è in se stesso solitudine ma
comunione, l’oceano della sua essenza vibra di un infinito
movimento d’amore, reciprocità, scambio, incontro, famiglia,
festa. Quando “in principio” Dio dice: “Facciamo l’uomo a
nostra immagine e somiglianza”, l’immagine di cui parla non è
quella del Creatore, non quella dello Spirito, né quella del Verbo
eterno di Dio, ma è tutte queste cose insieme.
Di
fronte alla rivelazione della Trinità non ci è richiesto soltanto
il silenzio, ma anche lo stupore e la gioia, perché si tratta sì di
una realtà inaccessibile, infinitamente più grande di noi, ma si
tratta anche nel contempo di una realtà luminosa: l’uomo stesso ne
viene tutto illuminato nella mente e nel cuore, nella contemplazione
e nell’azione.
Questa
rivelazione non viene semplicemente a soddisfare il nostro bisogno di
conoscere Dio; riguarda direttamente il destino dell’uomo e della
creazione. La salvezza, come comunione di amore di Dio e
dell’uomo, riflette i caratteri dei due interlocutori che la
costituiscono: Dio e uomo. Ora l’uomo non può essere compreso se
non a partire da Dio: fatto ad immagine di Dio, è modellato sul
Cristo, immagine perfetta di Dio (Col 1,15). Quindi le
domande e le risposte su Dio sono d’importanza fondamentale per
capire l’uomo.
Conoscendo
il Padre (l’Amante[2]), il Figlio (l’Amato) e lo Spirito
(l’Amore), noi intravediamo che, nel suo intimo più profondo, Dio
è un dialogo, una vita di amore tra tre Persone. È questa
l’originalità della concezione cristiana di Dio, ed è qui che
l’uomo trova la spiegazione più vera di se stesso. L’uomo sente
insopprimibile la nostalgia della comunità, della solidarietà e del
dialogo; ne ha bisogno per vivere e per crescere, ne ha bisogno più
dell’aria che respira. Ma è soltanto alla luce della Trinità che
questa constatazione acquista un’insospettabile profondità: siamo
fatti per incontrarci, per dialogare e amare, perché siamo “immagine
di Dio”, e Dio è, appunto – per quanto ci è dato capire – una
comunità di amore.
2)
La vita è amore.
La
vocazione alla comunità è la traccia della Trinità nell’uomo e
“se vediamo l’amore, vediamo la Trinità” (Sant’Agostino[3])
che il Papa emerito Benedetto XVI spiega così: “Lo Spirito,
infatti, è quella potenza interiore che armonizza il cuore dei
credenti col cuore di Cristo e li muove ad amare i fratelli come li
ha amati lui” (Lett. Enc. Deus Caritas est, n. 19). Lo
Spirito ci immette nel ritmo stesso della vita divina, che è vita di
amore, facendoci personalmente partecipi dei rapporti intercorrenti
tra il Padre e il Figlio. Non è senza significato che Paolo, quando
enumera i frutti dello Spirito, ponga al primo posto l’amore: “Il
frutto dello Spirito è amore, gioia, pace, ecc.” (Gal 5,22).
E, poiché per definizione l’amore unisce, ciò significa anzitutto
che lo Spirito è creatore di comunione all’interno della comunità
cristiana, come diciamo all’inizio della Santa Messa con
un’espressione paolina: “… la comunione dello Spirito Santo
[cioè quella che è operata da lui] sia con tutti voi” (2
Cor 13,13). D’altra parte, però, è anche vero che lo Spirito
ci stimola a intrecciare rapporti di carità con tutti gli uomini.
Dunque, quando noi amiamo diamo spazio allo Spirito, gli permettiamo
di esprimersi in pienezza.
I
testi della liturgia di oggi, in effetti, attirano la nostra
attenzione non tanto sul Mistero delle Tre Persone, ma sulla realtà
di amore che è contenuta in questo primo e supremo Mistero della
nostra fede. Il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo sono uno, perché
sono amore e l’amore è la forza vivificante assoluta, l’unità
creata dall’amore è più unità di un’unità puramente fisica.
Il Padre dà tutto al Figlio; il Figlio riceve tutto dal Padre con
riconoscenza; e lo Spirito Santo è come il frutto di questo amore
reciproco del Padre e del Figlio.
Dunque,
il brano preso oggi dal Vangelo di San Giovanni ci fa riflettere e
contemplare la stupefacente profondità e gratuità dell’amore del
Padre che ci dona il Figlio. Questi nel suo farsi carne[4] tocca
l’uomo nella sua realtà concreta e in qualunque situazione si
trovi. Dio ha assunto la condizione umana per sanarla da tutto ciò
che lo separa da Lui, per permetterci di chiamarlo, nel suo Figlio
Unigenito, con il nome di “Abbà, Padre” ed essere veramente
figli di Dio. Sant’Ireneo afferma: “Questo è il motivo per cui
il Verbo si è fatto uomo, e il Figlio di Dio, Figlio dell’uomo:
perché l’uomo, entrando in comunione con il Verbo e ricevendo così
la filiazione divina, diventasse figlio di Dio” (Adversus haereses,
3,19,1: PG 7,939).
Il
Verbo di Dio si fa carne non per un obbligo giuridico, ma per una
esigenza libera di amore, grazie ad una sovrabbondanza d’amore. La
Trinità non è altro che questo mistero sovrabbondante d’amore che
dal cielo si è riversato sulla terra superando ogni frontiera, ogni
confine. Dio ci fa dono del suo Figlio amato, ma non dimentichiamo
che è un dono per tutti: per il mondo intero.
E’
per questo che, sempre nel brano evangelico di oggi, San Giovanni
prosegue dicendo che Dio ha mandato il Figlio per salvare il mondo,
non per giudicarlo. Ma ciò non toglie che la presenza del dono
determini una crisi: il dono del Padre può essere accolto o
rifiutato.
3)
La vita è accogliere la Vita.
Qual
è la nostra vocazione? Quella di viver la vita trinitaria: non c’è
altra vocazione che questa. Ognuno di noi è chiamato a vivere la
vita di Dio. E la vita di Dio è la Santissima Trinità. La nostra
vocazione è questa. Non è quella di fare scuola, di mandare avanti
il laboratorio, di lavorare in casa, di badare ai bambini; la nostra
vocazione non è nemmeno la semplice preghiera. La nostra vocazione è
Dio stesso, è essere in Lui, vivere Lui. La nostra vocazione a
questo ci chiama: a credere all’amore, ad accoglierlo, a viverlo.
Chi,
almeno una volta nella sua giornata, non fa il segno della croce o
non recita la preghiera del Padre nostro? Gesti che indicano la
nostra naturale appartenenza a Dio, il quale vuole renderci divini,
come Lui. E questo i Santi lo avevano compreso benissimo, vivendo la
loro stessa vita incarnando il modello dell’amore trinitario per le
strade del mondo, poveramente come S. Francesco d’Assisi,
paternamente come San Pio da Pietrelcina, caritatevolmente come Madre
Teresa di Calcutta, nascostamente, dietro le grate di un monastero di
clausura come Santa Teresina del Bambin Gesù, familiarmente come i
Coniugi Martin, genitori della Santa di Lisieux.
Risplende
tra tutti i Santi la Vergine Maria, la creatura più vicina alla
SS.ma Trinità: figlia del Padre, Madre del Figlio, Sposa dello
Spirito Santo. La Vergine Maria, nella sua docile umiltà, si è
fatta umile serva dell’Amore: ha saputo accogliere la volontà del
Padre concependo così il Figlio per opera dello Spirito Santo. In
Lei, l’Onnipotente, ha potuto costruire un tempio degno di Lui,
facendone il modello e l’immagine della Chiesa, casa di comunione
per ogni uomo ed ogni donna.
Ci
aiuti Maria, specchio della Trinità, a crescere nella fede e ad
accogliere nella nostra vita il mistero trinitario, un mistero che ci
parla di amore, di accoglienza e di comunione.
Ci
siano di esempio le Vergine Consacrate nel mondo che nella
quotidianità della vita custodiscono la chiamata alla santità
mediante un’esistenza semplice, mediante un lavoro “profano”.
Con il loro stile di vita nel mondo rendono presente Cristo nella
vita quotidiana, per trasformare il mondo secondo il Cuore di
Dio-Trinità. Queste donne fanno ciò soprattutto mediante la pratica
dei consigli evangelici. In effetti “La vita consacrata, pertanto,
è chiamata ad approfondire continuamente il dono dei consigli
evangelici con un amore sempre più sincero e forte in
dimensione trinitaria : amore al Cristo, che chiama
alla sua intimità; allo Spirito Santo, che dispone l’animo ad
accogliere le sue ispirazioni; al Padre , prima origine e
scopo supremo della vita consacrata. Essa diventa così confessione e
segno della Trinità, il cui mistero viene additato alla Chiesa come
modello e sorgente di ogni forma di vita cristiana.” (San Giovanni
Paolo II, Es. Ap. Post-Sinodale Vita Consecrata, n. 21)
NOTE
[1] Il
mistero trinitario è alla base della fede cristiana, eppure
paradossalmente, pur se la fede dei primi cristiani di fatto era già
trinitaria (cfr. Mt 28,16 e 1 Cor), il termine stesso Trinità
compare solo alla fine del II° secolo d. C. con Teofilo di
Antiochia, per indicare il mistero del Dio che è ad un tempo Uno e
rivelato in tre Persone: Padre Figlio Spirito Santo.
[2] E
S. Agostino scrive suggestivamente nel suo “De Trinitate”,: “Dio
Padre, nel pensare, genera interiormente la propria sapienza, o
Verbo. Ma è soprattutto una relazione di amore che lega la mente
pensante al suo Logos. Allora, se vedi la carità, tu vedi la
Trinità. Il Padre è donazione infinita senza riserve, il Figlio è
accoglienza attiva, lo Spirito è perfetta unità di colui che dona e
di colui che accoglie. Sono tre: l’Amante, l’Amato,
l’Amore”.
[3] Non
saremo mai abbastanza grati ad Agostino per aver impostato il suo
discorso sulla Trinità sulla parola di Giovanni: “Dio è amore”
(1 Gv 4,10). Dio è amore: per questo, conclude Agostino, egli è
Trinità! “L’amore suppone uno che ama, ciò che è amato e
l’amore stesso”- Il Padre è, nella Trinità, colui che ama, la
fonte e il principio di tutto; il Figlio è colui che è amato; lo
Spirito Santo è l’amore con cui si amano.
[4] “Il
Verbo si fece carne” (Gv 1,14). Qui la parola “carne”,
secondo l’uso ebraico, indica l’uomo nella sua integralità,
tutto l’uomo, ma proprio sotto l’aspetto della sua caducità e
temporalità, della sua povertà e contingenza.
LETTURA
PATRISTICA
Sant’Atanasio,
Vescovo (296 – 373)
Dalla
Lettera 1 a Serapione, 28-30
(PG
26, 594-595. 599)
Luce,
splendore e grazia della Trinità
Non
sarebbe cosa inutile ricercare l’antica tradizione, la dottrina e
la fede della Chiesa cattolica, quella s’intende che il Signore ci
ha insegnato, che gli apostoli hanno predicato, che i padri hanno
conservato. Su di essa infatti si fonda la Chiesa, dalla quale, se
qualcuno si sarà allontanato, per nessuna ragione potrà essere
cristiano, né venir chiamato tale.La nostra fede é questa: la
Trinità santa e perfetta é quella che é distinta nel Padre e nel
Figlio e nello Spirito Santo, e non ha nulla di estraneo o di
aggiunto dal di fuori, né risulta costituita del Creatore e di
realtà create, ma é tutta potenza creatrice e forza operativa. Una
é la sua natura, identica a se stessa. Uno é il principio attivo e
una l’operazione. Infatti il Padre compie ogni cosa per mezzo del
Verbo nello Spirito Santo e, in questo modo, é mantenuta intatta
l’unità della santa Trinità. Perciò nella Chiesa viene
annunziato un solo Dio che é al di sopra di ogni cosa, agisce per
tutto ed é in tutte le cose (cfr. Ef 4, 6). E’ al di sopra di ogni
cosa ovviamente come Padre, come principio e origine. Agisce per
tutto, certo per mezzo del Verbo. Infine opera in tutte le cose nello
Spirito Santo.L’apostolo Paolo, allorché scrive ai Corinzi sulle
realtà spirituali, riconduce tutte le cose ad un solo Dio Padre come
al principio, in questo modo: «Vi sono diversità di carismi, ma uno
solo é lo Spirito; e vi sono diversità di ministeri, ma uno solo é
il Signore; vi sono diversità di operazioni, ma uno solo é Dio, che
opera tutto in tutti» (1 Cor 12, 4-6).Quelle cose infatti che lo
Spirito distribuisce ai singoli, sono date dal Padre per mezzo del
Verbo. In verità tutte le cose che sono del Padre sono pure del
Figlio. Onde quelle cose che sono concesse dal Figlio nello Spirito
sono veri doni del Padre. Parimenti quando lo Spirito é in noi, é
anche in noi il Verbo dal quale lo riceviamo, e nel Verbo vi é anche
il Padre, e così si realizza quanto é detto: «Verremo io e il
Padre e prenderemo dimora presso di lui» (Gv 14, 23). Dove infatti
vi é la luce, là vi é anche lo splendore; e dove vi é lo
splendore, ivi c’è parimenti la sua efficacia e la sua splendida
grazia.Questa stessa cosa insegna Paolo nella seconda lettera ai
Corinzi, con queste parole: «La grazia del Signore Gesù Cristo,
l’amore di Dio e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti
voi» (2 Cor 13, 13). Infatti la grazia é il dono che viene dato
nella Trinità, é concesso dal Padre per mezzo del Figlio nello
Spirito Santo. Come dal Padre per mezzo del Figlio viene data la
grazia, così in noi non può avvenire la partecipazione del dono se
non nello Spirito Santo. E allora, resi partecipi di esso, noi
abbiamo l’amore del Padre, la grazia del Figlio e la comunione
dello stesso Spirito.
Efrem, Diatessaron,
21, 7
Dio
ama infinitamente il mondo
Abramo
aveva molti servitori; perché Dio non gli dice di sacrificare uno di
loro? Perché l’amore di Abramo non si sarebbe rivelato attraverso
un servitore; occorreva per questo il suo stesso figlio (Gn
22,1-18).
Parimenti c’erano molti servitori di Dio, ma egli non mostrò il
suo amore verso le creature tramite nessuno di loro, bensì tramite
il proprio Figlio, grazie al quale fu proclamato il suo amore per
noi: “Dio
ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito”
(Jn
3,16).
Cromazio
di Aquileia, Sermo, 33, 1
Dalla
bontà di Dio dipende il nostro vivere
È
oltremodo giusto che noi inneggiamo a lui, perché il nostro essere e
il nostro vivere non sono in nostro potere né dipendono da noi, ma
dal suo favore e dalla sua bontà. Dobbiamo dunque cantare a questo
Dio, che è ed è sempre stato, le grandezze che gli competono e si
addicono alla lode della sua maestà, cioè: che egli è eterno, che
è onnipotente, che è immenso, che è creatore del mondo e suo
salvatore, che ha avuto per gli uomini tale amore da offrire persino
il Figlio suo per la salvezza del mondo, come dice egli stesso nel
Vangelo: “Dio
ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo Figliolo unigenito,
affinché chiunque in lui crede non perisca, ma abbia la vita eterna”
(Jn
3,16).
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