III
Domenica di Pasqua – Anno A – 26 aprile 2020
Rito
Romano
At
2,14a.22-33; Sal 15; 1 Pt 1,17-21; Lc 24,13-35
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Rito
Ambrosiano
At
19,1b-7; Sal 106; Eb 9,11-15; Gv 1,29-34
L’Agnello
di Dio in cibo per noi
Una
premessa.
L’episodio
dei due discepoli di Emmaus è molto noto e personalmente mi piace
molto perché esso è anche la narrazione della
storia di ognuno di noi. Inoltre, la
struttura di questo racconto è la stessa
struttura che ha la Messa. Cosa fa Gesù?
Si fa compagno di strada dei due discepoli che da fuggitivi
diventano pellegrini facendo della locanda di Emmaus un “santuario”.
In questo luogo reso sacro dalla presenza del Risorto, Cristo, dopo
che lungo il cammino aveva parlato loro della
Legge e dei Profeti – sono le prime letture della Bibbia –spiega
il Vangelo della Passione e, infine a tavola spezza il Pane, che
diventa Pane di vita.
E’
allo spezzare del pane
che finalmente si aprono gli occhi, dei
discepoli perché oggi come allora vediamo che
tutte queste parole diventano pane di vita
vera. E ancora oggi noi incontriamo il Signore,
come ogni persona, e lo riconosciamo attraverso quel che ha fatto,
attraverso la Parola che ce lo spiega e attraverso il cambiamento,
l’esperienza che avviene in noi, che noi stessi risorgiamo
incontrando il Risorto. Il nostro cuore
cambia. La nostra
vita cambia. I nostri occhi
cambiano. Il nostro modo
di vedere la realtà cambia.
Il nostro modo di sentire e di vivere
cambia.
Attraverso
il Vangelo, vediamo Cristo Risorto,, lo
conosciamo. La sua parola fa ardere il
cuore, ci cambia la testa, ci cambia il volto, gli occhi, la bocca,
le mani, i piedi; ci ha fatto risorgere. Ecco cosa vuol dire
conoscere il Signore, il Vivente: che viviamo anche noi in
Lui. Viviamo ormai della sua resurrezione; come
siamo stati con-crocifissi con Lui sulla croce e con-sepolti nel
sepolcro, così con-risorti con Lui e con-seduti alla destra del
Padre con Lui.
Passiamo
dalla tristezza alla gioia. Dall’egoismo
all’amore. Dall’impossessarsi
del pane al condividere il pane.
Dal fuggire al camminare verso gli altri.
Dal litigare all’andare d’accordo.
Questa è la resurrezione, il vero
miracolo. Prima eravamo morti come gli
idoli morti che adoravamo. Ora
diventiamo come il Vivente perché
attraverso la Parola incontriamo il Vivente e ci nutriamo di
Lui.
E
adesso vediamo sinteticamente il cammino da
percorrere in Cristo, con Cristo e per Cristo.
1)
La strada da Gerusalemme a Gerusalemme, passando per Emmaus.
Il
Vangelo di San Luca è incorniciato dal racconto di due fatti:
l’annunciazione dell’Angelo a Maria, all’inizio, e l’incontro
di Gesù con i due discepoli di Emmaus, alla fine.
Il
primo è come una prefazione che ci spiega cosa capiterà ascoltando
il Vangelo: la Parola si incarna in noi, come si è incarnata nella
Madonna.
Il
secondo è la conclusione, che sintetizza che cosa è capitato a chi
ha “letto” il Vangelo, ascoltando la Parola con attenzione e
seguendola con costanza: si diventa figli nel Figlio di Dio, che
spezza il pane di vita con noi e per noi.
In
tutto l’anno liturgico, particolarmente nella Settimana Santa e in
quella di Pasqua, il Signore è in cammino con noi e ci spiega le
Scritture, ci fa capire questo mistero: tutto parla di Lui. E questo
dovrebbe far ardere anche i nostri cuori, così che possano aprirsi
anche i nostri occhi. Il Signore è con noi, ci mostra la vera via.
Anche noi riconosciamo la Sua presenza come i due discepoli
riconobbero Gesù nello spezzare il pane, così oggi. Cleopa e
l’altro discepolo, di cui il Vangelo non ci dice il nome e che può
essere il rappresentante di ciascuno di noi, riconobbero il Messia e
si ricordarono dei momenti in cui Lui aveva spezzato il pane. E
questo spezzare il pane ci fa pensare proprio alla prima Eucaristia
celebrata nel contesto dell’Ultima Cena, dove il Redentore spezzò
il pane e così anticipò la sua morte e la sua risurrezione, dando
se stesso ai discepoli.
Gesù
spezza il pane anche con noi e per noi, si fa presente con noi
nell’Eucaristia, ci dona se stesso e apre i nostri cuori.
Nell’Eucaristia,
nell’incontro con la sua Parola, possiamo anche noi incontrare e
conoscere Gesù, in questa duplice Mensa della Parola e del Pane e
del Vino consacrati.
La
Parola ha acceso il cuore dei discepoli, il Pane apre loro gli occhi:
Lo riconobbero allo spezzare del pane. Il segno di riconoscimento di
Gesù è il suo Corpo spezzato, vita consegnata per nutrire la vita.
La vita di Gesù è stata un continuo appassionato consegnarsi. Fino
alla croce e dalla croce.
La
Parola e il Pane cambiarono la direzione del cammino dei due
discepoli. La notte non era più un’obiezione al cammino e senza
indugio lasciarono un rifugio umano, la locanda di Emmaus, e fecero
ritorno al Cenacolo di Gerusalemme, dove la comunità degli apostoli
li accolse nella comunione e li confermò nella fede rinata
dall’incontro col il Risorto.
Almeno
ogni domenica la comunità cristiana rivive così la Pasqua del
Signore e raccoglie dal Salvatore il suo testamento di amore al Padre
e di servizio ai fratelli, soprattutto con la Santa Messa, che ebbe
come primo nome “fractio panis” (frazione, “spezzamento” del
Pane di Vita nuova).
Grazie
a questo “spezzare il Pane” che non è solamente preghiera, ma
atto, gesto di Dio e della Chiesa, l’esistenza umana acquisisce una
dimensione eucaristica, perché unisce la fatica umana alla carità
di Dio, che ci accoglie come figli nel Figlio. Ci accoglie perché è
Padre da sempre e per sempre e ricco di misericordia.
Ai
due discepoli di Emmaus Gesù spiegò le Scritture (fractio Verbi =
frazione, condivisione della Parola), poi spezzo il Pane (fractio
Panis= frazione, condivisione del Pane) e condivise la Vita (fractio
Vitae = frazione della Vita nuova e, quindi, definitiva). Oggi Lui fa
tutto ciò per noi, noi imitiamo questi due discepoli e non smettiamo
di essere pellegrini dell’Infinito.
2)
Da viandanti a pellegrini.
Penso
che sia corretto affermare anche che San Luca ha costruito il
racconto dei due discepoli di Emmaus attorno all'immagine del
cammino.
Dapprima
un cammino che allontana da Gerusalemme, dagli avvenimenti della
passione e dal ricordo di Gesù: potremmo dire un cammino dalla
speranza alla delusione (“Noi speravamo che egli fosse colui che
avrebbe liberato Israele”), un cammino carico di tristezza (“Si
fermarono col volto triste”).
Poi
- dopo il cammino con lo Sconosciuto - un cammino di ritorno, dalla
delusione alla speranza: “Partirono senza indugio e fecero
ritorno a Gerusalemme”.
L'inversione
di marcia è dovuta alla nuova lettura degli eventi che lo
sconosciuto ha loro suggerito. Gli eventi sono rimasti quelli di
prima (la croce e il sepolcro vuoto), ma ora sono letti con cuore,
mente e occhi nuovi.
A
questo punto sorge, secondo me, una domanda molto importante: “Come
riconoscere il Signore che cammina con noi?”
Ai
due discepoli di Emmaus, che avevano ascoltato con commozione la
spiegazione di Gesù circa la sua passione e morte, gli occhi si
aprirono quando Gesù si sedette a tavola, accettando l’invito a
stare in loro compagnia, e compì quattro gesti (prese il pane,
ringraziò, lo spezzò e lo distribuì).
Questi
gesti riportano indietro, alla cena eucaristica, alla vita terrena di
Gesù (una vita in dono come pane spezzato), alla croce che di quella
vita è il compimento.
Questi
stessi gesti riportano anche in avanti, alla vita della Chiesa, al
tempo in cui i cristiani continueranno a “spezzare il pane”.
Spezzare il pane è dunque un gesto, in un certo senso riassuntivo,
nel quale si concentrano, sovrapponendosi, le tre tappe
dell'esistenza di Gesù: il Gesù terreno, il Risorto e il Signore
ora presente nella comunità. Lo spezzare il pane, cioè la
dedizione, è sempre la modalità riconoscibile della presenza del
Signore: è la modalità del Crocifisso, del Risorto e del Signore
glorioso presente nella Chiesa. È questo il tratto che fa
riconoscere il Signore Gesù.
Quindi
noi dobbiamo fare lo stesso percorso dei due discepoli.
In
primo luogo dobbiamo riconoscere di aver bisogno di qualcuno che li
guidi verso la luce e la verità e questo Qualcuno è lo stesso Gesù
che si fa compagno di viaggio nella loro esistenza segnata, in quel
momento, dallo scoraggiamento e dalla delusione più nera.
In
secondo luogo, abbiamo bisogno di ritrovarsi insieme ed è Gesù
stesso a darci l'occasione per farlo con un altro spirito ed in un
altro contesto, quello appunto della celebrazione dell'eucaristia.
Infatti è Gesù che spezza il pane e i due discepoli riconoscono il
Signore e rileggono la loro esperienza di gioia vissuta poche ore
prima, insieme a quello Sconosciuto, che gli fa ardere il cuore
mentre li catechizza ed insegna loro a guardare la vita nel segno
della speranza e della gioia senza fine.
In
terzo luogo, come i primi discepoli, noi discepoli del giorno d’oggi,
come i primi discepoli abbiamo bisogno di portare agli altri
l’annuncio di ciò che abbiamo visto con gli occhi della fede: Gesù
stesso. Sull’esempio dei discepoli di Emmaus sentiamo l’urgenza
di partire senza indugio per riferire ciò che avevano vissuto,
l'esperienza di gioia e fede che facciamo nell'incontrare il Risorto
nell’Eucaristia (ma anche negli altri Sacramenti), nella Sacra
Scrittura, nella Comunità Cristiana. Per poterlo riconoscere nel
povero, poi, ci vuole una purezza angelica (M. Teresa di Calcutta).
Non
dobbiamo dimenticare che le prime a portare l’annuncio della
risurrezione di Cristo furono le donne. Loro le prime nell’amore,
andando al sepolcro di prima mattina, furono le prime nella fede.
Il
“genio
femminile”
da loro vissuto in modo maturo permise loro di “vedere
lontano”
al di là delle apparenze, di “intuire”
e di “vedere
con gli occhi e con il cuore”1
(l).
Nelle Vergini consacrate che vivono nel mondo questo genio femminile
si esprime anche in un costante ascolto della Parola, che poi è
custodita, creduta, messa in pratica e annunciata.
Con la loro verginità esse sono completamente a disposizione
dell’Evangelizzazione, Spose di Cristo a servizio del Vangelo. Esse
mettono in pratica « Felici coloro che regolano i propri passi
sulla parole di Dio », è questa un’antifona che si può
cantare dopo la consegna delle insegne di consacrazione (Rituale di
consacrazione della Vergini, n. 30).
1
Le
parole tra virgolette e in corsivo sono di S. Giovanni Paolo II e si
trovano nella “Mulieris dignitatem”.
Lettura
Patristica
Sant’Agostino
d’Ippona
Consenso
Evang. 325
“Delle
apparizioni del Signore risorto ai discepoli è necessario trattare
non solo per mettere in luce l'accordo che sull'argomento esiste fra
i quattro evangelisti (Mt
28,1-20
Mc
16,1-20
Lc
24,1-53
Jn 20,1-21,25), ma anche per sottolineare com'essi concordino con
l'apostolo Paolo, il quale nella Prima Lettera ai Corinzi scrive
cosi: Vi ho trasmesso dunque, anzitutto, quello che anch'io ho
ricevuto: che cioè Cristo mori per i nostri peccati secondo le
Scritture, fu sepolto ed è risuscitato il terzo giorno secondo le
Scritture, e che apparve a Cefa e quindi ai Dodici. In seguito
apparve a più di cinquecento fratelli in una sola volta: la maggior
parte di essi vive ancora, mentre alcuni sono morti. Inoltre apparve
a Giacomo, e quindi a tutti gli Apostoli. Ultimo fra tutti apparve
anche a me come a un aborto (1Co
15,3-8).
Quest'ordine nel succedersi dei fatti non è seguito da nessuno degli
evangelisti. Occorre quindi porsi il problema se l'ordine presentato
dagli evangelisti non contrasti per caso con quello di Paolo.
Ricordiamoci
tuttavia che il racconto non è completo in nessuna delle fonti: per
cui la ricerca è da estendersi solo alle cose riferite da più
narratori, per rilevare se ci siano contrapposizioni nei loro
racconti. Orbene, fra gli evangelisti il solo Luca non riferisce che
il Signore fu visto dalle donne, le quali avrebbero visto soltanto
gli angeli (Lc
24,4).
Matteo afferma che egli si fece loro incontro mentre se ne tornavano
via dal sepolcro. Marco in più dice che il Signore fu visto per
primo da Maria Maddalena (Mc
16,9),
e in ciò s'accorda con Giovanni; solo che sul modo dell'apparizione
descritto ampiamente da Giovanni (Jn
20,14),
Marco non dice nulla. Diverso il racconto di Luca: egli non solo
omette di narrare - come notavo sopra - le apparizioni del risorto
alle donne ma nel riportare le parole che quei due discepoli (uno dei
quali si chiamava Cleopa) a lui rivolsero prima di riconoscerlo, dà
l'impressione che le donne non raccontarono ai discepoli nient'altro
se non che avevano visto degli angeli, a detta dei quali egli era
vivo. Leggiamo il testo: Ed ecco che in quello stesso giorno due di
loro erano in cammino per un villaggio distante circa sessanta stadii
da Gerusalemme, di nome Emmaus, e conversavano di tutto quello che
era accaduto.
Mentre
discorrevano e discutevano insieme, Gesù in persona si accosto e
camminava con loro; ma i loro occhi erano incapaci di riconoscerlo.
Ed egli disse loro: " Che sono questi discorsi che state facendo
fra voi durante il cammino e perché siete tristi? ". Uno di
loro, di nome Cleopa, gli disse: " Tu solo sei cosi forestiero
in Gerusalemme da non sapere ciò che vi è accaduto in questi
giorni? ". Domando: " Che cosa? ". Gli risposero: "
Tutto ciò che riguarda Gesù Nazareno, che fu profeta potente in
opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo; come i sommi
sacerdoti e i nostri capi lo hanno consegnato per farlo condannare a
morte e poi l'hanno crocifisso. Noi speravamo che fosse lui a
liberare Israele; con tutto ciò sono passati tre giorni da quando
queste cose sono accadute. Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno
sconvolti; recatesi al mattino al sepolcro e non avendo trovato il
suo corpo, sono venute a dirci di avere avuto anche una visione di
angeli, i quali affermano che egli è vivo. Alcuni dei nostri sono
andati al sepolcro e hanno trovato come avevano detto le donne, ma
lui non l'hanno visto " (Lc
24,13-24).
Stando
a Luca, i due di Emmaus narrarono le cose in modo che gli altri
condiscepoli potessero ricordare o ravvivare il ricordo di quanto
riferito dalle donne o da coloro che di corsa si erano recati alla
tomba appena seppero che il suo corpo era stato portato via dal
sepolcro. Luca, per l'esattezza, dice che a correre alla tomba fu il
solo Pietro: egli si prostro verso l'interno, vide che c'erano
soltanto i lenzuoli sistemati a parte e poi se ne torno indietro
stupito in cuor suo per quello che era accaduto (Lc
24,12).
Questi particolari nei confronti di Pietro Luca li colloca prima del
racconto dei due che il Signore incontro lungo la via e dopo aver
narrato delle donne che avevano visto gli angeli dai quali appresero
la notizia della resurrezione di Gesù. Pare che Pietro proprio in
quel frattempo corse al sepolcro; ma il racconto di Luca su Pietro è
da prendersi come una ricapitolazione. Pietro infatti si reco
frettolosamente al sepolcro quando vi si reco anche Giovanni, e ciò
accadde dopo che dalle donne, e soprattutto da Maria Maddalena,
avevano avuto la notizia della scomparsa della salma. Ora questa
Maria Maddalena reco la notizia dopo aver visto la pietra rotolata
via dal sepolcro; e dopo ancora accadde la visione degli angeli e
dello stesso nostro Signore. Gesù dunque dovette apparire due volte
alle donne: una volta presso la tomba e un'altra facendosi loro
incontro mentre si allontanavano dalla tomba (Mt
28,10
Lc
24,24
Jn
20,14):
e tutto questo dovette succedere prima che egli si mostrasse lungo la
strada a quei due discepoli, uno dei quali si chiamava Cleopa.
Tant'è
vero che questo Cleopa, parlando col Signore che ancora non aveva
riconosciuto, non disse che Pietro era andato al sepolcro ma: Alcuni
dei nostri si sono recati al sepolcro e hanno trovato le cose come
avevano descritto le donne. E dunque verosimile che anch'egli
descriva i fatti in forma riassuntiva soffermandosi un poco su quel
che da principio le donne riferirono a Pietro e Giovanni riguardo al
trafugamento della salma del Signore. Se pertanto Luca dice che
Pietro corse al sepolcro riportando le parole di Cleopa, secondo il
quale alcuni discepoli si erano recati al sepolcro, il racconto del
terzo evangelista va completato con Giovanni il quale afferma che ad
andare al sepolcro furono in due; e se in un primo tempo fa menzione
del solo Pietro è perché Maria aveva portato la notizia soltanto a
lui (Jn
20,6-8).
può anche sorprendere quanto riferito da Luca e cioè che Pietro non
entro nel sepolcro ma si prostro e vide soltanto i lenzuoli; dopo di
che se ne andò via stupefatto (Lc
24,12).
Ciò appare in contrasto con Giovanni, il quale attribuisce la cosa a
se stesso, cioè al discepolo che Gesù amava, e scrive che fu lui a
vedere le cose cosi. Egli, sebbene arrivato per primo, non entro nel
sepolcro ma si chino e vide i lenzuoli collocati da una parte.
Tuttavia in un secondo momento entro anche lui (Jn
20,6),
di modo che i fatti si sarebbero svolti cosi: in un primo momento
Pietro si prostro [fuori del sepolcro] e vide (ciò è ricordato da
Luca e omesso da Giovanni), ma più tardi entro anche lui ed entro
prima che entrasse Giovanni. In questa maniera i due racconti
contengono la verità né vi è fra loro alcuna opposizione.”