III
Domenica dopo Natale - Battesimo di Gesù – 12 gennaio 2020
Rito
Romano
Is
42,1-4.6-7; Sal 28; At 10,34-38; Mt 3,13-17
Rito
Ambrosiano
Is
55,4-7; Sal 28; Ef 2,13-22; Mt 3,13-17
-
Il profeta che indica Dio.
Per
capire bene il brano del Vangelo di questa domenica è utile
ricordare che Giovanni il Battista è – come dice Gesù stesso –
più che un profeta. Il profeta nell’Antico Testamento fa due cose,
che sono un decisivo aiuto per vivere la fede.
La
prima è quella di ricordare all’’uomo la promessa di Dio, se no
l’uomo vive nella dimenticanza. Il profeta dice la Parola di Dio e
ci richiama tutti all’ascolto di questa Parola. Ciò ci dice il
primo atteggiamento che deve avere l’uomo per incontrare il Signore
tanto ricercato e atteso: ascoltare la sua promessa, la sua parola,
avere i suoi criteri, il suo modo di pensare.
La
seconda cosa è quella di impedire l’idolatria della parola. Il
profeta non richiama solamente all’osservanza della Parola, perché
è pericoloso osservare solo la Parola. In effetti ci può essere un
figlio che ha letto il manuale del figlio perfetto e osserva tutte le
regole che sono scritte nel manuale, ma non conosce i suoi genitori e
neanche li ama. Quindi il profeta è colui che impedisce l feticismo
della Parola, il legalismo e richiama a Colui che parla, alla
conversione al Signore.
Detto
altrimenti, il profeta vero ha una duplice funzione di far osservare
la Parola e di volgerci a Dio unendoci a lui con l’ascolto e lo
sguardo. Guardando a Colui che parla, scopriamo non solo quello che
Dio vuole che noi facciamo ma entriamo in comunione con Lui.
Attraverso la sua Parola Dio non ci chiede semplicemente di eseguire
i suoi ordini ma di entrare in comunione con Lui, La religione che
propone non è un insieme di regole e di riti, ma una religione di
figli, guidati dalla legge della libertà, della libertà di figli di
Dio.
Se
dimentichiamo che dietro la Parola c’è Colui che parla, ci si
chiude nel legalismo e facciamo l’enorme peccato di costruire la
nostra, propria giustizia osservando delle leggi e imponendole
eventualmente a degli altri, senza mai entrare in comunione con Dio.
Facciamo del nostro “io” il nostro “dio”.
E
di fatto togliendo la profezia a Israele, resterebbe una religione
del libro, cioè una religione della legge; invece non lo è;
Israele, oltre alla legge ha sempre i profeti. E se si trascurano i
profeti, non si capisce il Signore. Di fatti il punto di arrivo della
profezia è sempre il cuore nuovo, che vive la comunione col
Signore, fa vivere la Parola dal di dentro. Ed è proprio la
profezia il passaggio dall’Antico al Nuovo Testamento, il passaggio
dalla Parola a Colui che parla e il Battista rappresenta proprio
questa soglia, soglia che deve essere sempre in ciascuno di noi:
l’attenzione alla Parola, alla promessa e a Colui che si impegna
con la sua promessa.
Quindi
il Battesimo di Giovanni che, per quanti andavano da lui, era un
battesimo di penitenza e di conversione, diventa per Cristo un gesto
di amore, grazie al quale il Padre lo manifesta, testimoniando la sua
divinità e indicandolo come l’Amato. Lui è il “Figlio diletto”
e su di Lui si posa lo Spirito che lo investe della missione di
profeta, che annuncia il messaggio della salvezza, di sacerdote,
che compie l’unico sacrificio gradito al Padre, di re e
messia che salva (cfr. Prefazio della Messa di oggi).
2)
Il Battesimo di Gesù, l’Amato, l’umile Messia.
La
festa del Battesimo di Gesù è nella scia delle manifestazioni che
la liturgia del tempo di Natale ci propone per celebrare, contemplare
e vivere il Mistero d’Amore di Dio fatto carne.
A
Natale, insieme con Maria, Giuseppe e i pastori abbiamo contemplato
il fatto che, in un’umile stalla di Betlemme, è nato il Verbo
incarnato, manifestazione dell’Amore di Dio per noi.
Nell’Epifania,
il Messia si è manifestato a tutte le genti, rappresentate dai Magi,
uomini che sapevano che “i cieli narrano la gloria di Dio”
(Sal 19,2); erano certi, cioè che Dio può essere intravisto
nel creato. “Ma, da uomini saggi, sapevano pure che non è con
un telescopio qualsiasi, ma con gli occhi profondi della ragione alla
ricerca del senso ultimo della realtà e con il desiderio di Dio
mosso dalla fede, che è possibile incontrarlo, anzi si rende
possibile che Dio si avvicini a noi” (Benedetto XVI, 6 gennaio
2011)
Oggi,
sulle rive del Giordano “nel
Battesimo di Cristo il mondo è santificato, i peccati sono
perdonati; nell’acqua e nello Spirito diveniamo nuove creature”1.
Oggi,
Gesù si rivela a Giovanni il Battista e al popolo d'Israele e,
sottoponendosi al battesimo, svela due aspetti del suo mistero:
l’umiltà e la carità: l’umile Dio di misericordia e il Figlio,
l’Amato, l’Unto del Signore.
Umilmente,
Egli si presenta tra i peccatori, come loro riceve il battesimo in
segno di penitenza, e, allo stesso tempo, il Padre dichiara
solennemente che Lui è Suo Figlio prediletto.
Giovanni
è sconcertato, quando vede Gesù che si è messo in fila con i
peccatori per farsi battezzare. Poiché L’ha identificato come il
Messia, il Santo di Dio, Colui che è l’Agnello Immacolato,
Giovanni dichiara il suo sbalordimento. Lui stesso, il battista (=
battezzatore), avrebbe voluto farsi battezzare da Gesù, ma Gesù lo
invita decisamente a non fare resistenza: «Lascia fare per ora,
perché conviene che adempiamo ogni giustizia» (Mt 3,15). Con
questa risposta a Giovanni, Gesù manifesta di essere venuto nel
mondo per fare la volontà di Colui che lo ha mandato, per compiere
tutto ciò che il Padre gli chiede. “Gesù è pura trasparenza
del volere del Padre, è pura e spontanea eco della volontà del
Padre” (H. U. von Balthasar).
La
breve e decisa risposta di Gesù rivela la divina misericordia, che
adempie ogni giustizia. La giustizia divina non contrasta con quella
umana ma la supera, la completa e trasforma con l’amore. Potremmo
dire che la giustizia più l’amore è la misericordia.
Il
Battista, anche se è sconcertato di fronte a questo inatteso gesto
di Cristo, dà credito alle parole di Gesù e si piega alla volontà
di Dio, come deve fare ogni uomo: abbandonare il proprio modo di
pensare per accettare quello di Dio: “Perché i miei pensieri
non sono i vostri pensieri,
le vostre vie non sono le mie vie -
oracolo del Signore” (Is 55, 8). Egli giudica secondo verità e
riscatta seconda la sua misericordia.
E’
per obbedire alla volontà d’amore del Padre che Egli ha accettato
di farsi uomo, che “si
è abbassato”
per farsi uno di noi, che si è umiliato fino alla morte di croce
(cfr Fil
2,7). Dunque il primo aspetto del Mistero che oggi celebriamo è
quello della misericordia umile e dell’amore solidale: è il gesto
di Colui che vuole farsi in tutto uno di noi e si mette realmente in
fila con i peccatori; Lui, che è senza peccato, si lascia trattare
come peccatore (cfr 2Cor
5,21), per portare sulle sue spalle il peso della colpa dell’intera
umanità, anche della nostra colpa. È il “servo di Dio” di cui
ci ha parlato il profeta Isaia nella prima lettura (cfr 42,1). La sua
umiltà è dettata dal voler stabilire una comunione piena con
l’umanità, dal desiderio di realizzare una vera solidarietà2
con l’uomo e con la sua condizione.
Il
secondo aspetto è quello dell’“unzione”, come Gesù stesso ce
lo insegna quando spiega quello che Gli era accaduto ricevendo il
Battesimo di Giovanni il Battista. Ha lasciato il Giordano, si trova
nella sinagoga di Nazareth e applica a se stesso le parole di Isaia:
“Lo Spirito del Signore è sopra di me: Mi ha consacrato con
l'unzione.”. Lo stesso termine di “unzione” è utilizzato
da San Pietro (cfr la seconda lettura), quando parla del battesimo di
Gesù: “Dio ha unto di Spirito Santo e potenza Gesù di
Nazareth”.
3)
Il Battesimo di Gesù: epifania di Grazia.
Andiamo
idealmente sulle rive del Giordano, dove Giovanni Battista amministra
un battesimo di penitenza, esortando alla conversione. In questo
evento straordinario Giovanni vede realizzarsi quanto era stato detto
riguardo al Messia nato a Betlemme, adorato dai pastori e dai Magi. È
proprio Lui l’annunciato dai Profeti, il Figlio prediletto del
Padre, che dobbiamo cercare mentre si fa trovare, e invocare mentre
ci è vicino.
Oggi
non sono i pastori o i Magi che riconoscono il Figlio di Dio, è il
Padre che Lo riconosce: “Questi è il Figlio mio, l’amato: in
lui ho posto il mio compiacimento” (Mt 3, 17), e che
consacra Messia il Figlio mediante l'effusione dello Spirito. Dai
Cieli aperti, dal Seno del Padre, il Figlio vede lo Spirito di Dio
che come una colomba plana su suo nido: “Ecco, si aprirono
per lui i cieli ed egli vide lo Spirito di Dio discendere come una
colomba e venire sopra di Lui.” (Mt 3, 16) e resta su di Lui,
perennemente (cfr (Gv 1, 32-33). Quest’Uomo sul quale scende, come
una colomba, lo Spirito Santo, è il Figlio di Dio che ha assunto da
Maria Vergine la nostra carne per redimerla dal peccato e dalla
morte.
E’
davvero grande questo mistero di grazie e di salvezza. Mistero
nel quale ciascuno di noi è inserito grazie al sacramento del
Battesimo, per cui siamo diventati figli di Dio, “figli nel
Figlio”, figli del Suo Amore.
C’è
un nesso profondo tra il Battesimo di Cristo ed il nostro Battesimo.
Al Giordano si aprirono i cieli (cfr Lc 3,21) ad indicare che
il Salvatore ci ha dischiuso la via della salvezza e noi possiamo
percorrerla grazie proprio alla nuova nascita "da acqua e da
Spirito" (Gv 3,5) che si realizza nel Battesimo. In esso
noi siamo inseriti nel Corpo mistico di Cristo, che è la Chiesa,
moriamo e risorgiamo con Lui, “Lui ci ha risuscitati nel Suo
Amore, si dona a ciascuno di noi per assimilarci a Lui, perché siamo
la Sua copia fedele, perché noi scompariamo in Lui e diventiamo un
altro Lui-stesso” (Marthe Robin), ci rivestiamo di Lui,
come più volte San Paolo scrive nelle sue lettere (si veda per
esempio 1 Cor 12,13; Rm 6,3–5; Gal 3,27).
L’impegno
che scaturisce dal Battesimo è pertanto quello di “ascoltare”
Gesù come veri discepoli, cioè di credere in Lui e di seguirlo
cordialmente, vivendo una personale amicizia con Lui. Per realizzare
questo non basta seguirlo e ascoltarlo esteriormente. Bisogna anche
vivere con Lui e come Lui. Ciò è possibile soltanto nel contesto di
un rapporto di grande familiarità e di totale fiducia. E’ in
questo modo che ciascuno può tendere alla santità, una meta che,
come il Concilio Vaticano II insegna, è la vocazione di tutti i
battezzati.
Il
modo con cui le Vergini consacrate tendono alla santità mostra come
la fede ricevuta in dono nel giorno del battesimo è un dono da
coltivare e da testimoniare. Queste donne si sono impegnate a portare
la luce di Cristo nelle tenebre del tempo (come è significato dalla
lampada che ricevono il giorno della loro consacrazione cfr RCV n. 25
e n. 69); a vivere il Vangelo della speranza nel mondo del dubbio; ad
essere modello per chi non intende dare ascolto alla voce
dell'Altissimo. Ad essere, infine, cristiane adulte, consapevoli del
proprio agire redento, portatrici non di una Promessa, ma di una
Presenza, evangelizzatrici della Parola fatta carne. Che queste
donne consacrate ci siano di esempio ad avere un comportamento da
discepoli secondo la “logica” di Cristo seguendo l’invito di
San Paolo: “Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono di
in Cristo Gesù” (Fil. 2,5) e quello di San Pietro:
“Stringendovi a lui, pietra viva, rigettata dagli uomini, ma
scelta e preziosa davanti a Dio, anche voi venite impiegati come
pietre vive per la costruzione di un edificio spirituale, per un
sacerdozio santo, per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio, per
mezzo di Gesù Cristo” (1 Pt 2,4-5).
1Antifona
del Benedictus della Liturgia delle Ore, Ufficio delle Lodi per la
Festa del Battesimo di Gesù.
2“Solidarietà
non è un sentimento di vaga compassione o di
superficiale
intenerimento per i mali di tante persone, vicine o lontane. Al
contrario,
è la determinazione ferma e perseverante di impegnarsi per il bene
comune” (B. Giovanni Paolo II, Sollicitudo
Rei socialis,
n. 38).
IL
BATTESIMO DEL SIGNORE
San
Massimo di Torino
Homilia
XXX De Epiphania, PL 57, 291-294.
Vescovo
di Torino nel V secolo, San Massimo è, con S. Agostino, uno degli
antichi Padri latini che ci hanno lasciato magnifiche collezioni di
sermoni. E' noto quasi unicamente per la sua opera letteraria e
oratoria, che ce lo rivela vescovo ardente nella lotta per
l'integrità della fede e sollecito del progresso spirituale dei suoi
fedeli. La sua eloquenza, dotata di forza e, nello stesso tempo, di
semplicità, è ispirata da uno zelo pastorale proteso
a far ritrovare la presenza del Cristo in tutta la Scrittura.
“Il
Vangelo ci racconta che il Signore venne al Giordano per essere
battezzato e volle che in questo stesso fiume la sua consacrazione
fosse confermata da segni celesti. Non dobbiamo meravigliarci che in
questo egli abbia preceduto tutti gli altri. Volle compiere per primo
quello che comandava di fare, per insegnare - da buon maestro - la
sua dottrina non tanto con le parole, quanto piuttosto con gli atti
che compiva...
E' significativo che questa festa segua, nello
stesso volgere di tempo, quella della nascita del Signore, nonostante
siano intercorsi degli anni fra i due avvenimenti, perché credo che
tale festività celebri ancora una nascita... Là nasce come uomo e
Maria, sua madre, lo riscalda stringendolo al seno; qui nasce secondo
il mistero e Dio, suo Padre, lo abbraccia con la carezza della sua
voce, dicendo: Questi è il mio Figlio diletto nel quale ho
riposto ogni mia compiacenza, ascoltatelo (Mt. 3, 17 e 17,
5)...
Oggi dunque il Signore Gesù è venuto a ricevere il
battesimo e ha voluto che il suo corpo fosse lavato nell'acqua del
Giordano. Qualcuno forse dirà: «Perché ha voluto farsi battezzare
se è Santo?». Ascoltami dunque: Cristo è battezzato, non per
essere santificato dalle acque, ma per santificare lui stesso le
acque e per purificare - lui, puro - le acque che tocca. Si tratta
dunque più di una consacrazione dell'acqua che di quella del
Cristo.
Dal momento in cui il Salvatore è lavato, tutta l'acqua è
resa pura in vista del battesimo di noi tutti é viene purificata la
sorgente, perché la grazia del lavacro passi alle generazioni che si
succederanno nel tempo.
Il Cristo passa per primo attraverso il
battesimo, perché i popoli cristiani seguano con fiducia il suo
esempio.
Così la colonna di fuoco precedette i figli di Israele
nel Mar Rosso, perché la seguissero coraggiosamente nel cammino da
essa indicato e, ancora per prima, attraversò le acque, per
preparare la strada a quanti la seguivano. Quest'avvenimento fu,
secondo la parola dell'Apostolo, una figura del battesimo (cfr. 1Cor.
10, 1 ss.) e battesimo era veramente quello in cui gli uomini erano
coperti da una nube e portati dalle acque. Tutto ciò ha compiuto lo
stesso Cristo nostro Signore, che, come allora aveva preceduto nella
colonna di fuoco i figli d'Israele, così nel Giordano precedette
nella colonna del suo corpo i popoli cristiani. La stessa colonna,
dico, che illuminava gli occhi degli Ebrei in marcia, dona la luce ai
cuori dei credenti. Allora essa tracciò un cammino sicuro tra le
onde, ora corrobora la via della fede in questo lavacro: chi
procederà intrepido, con fede, come i figli di Israele, non temerà
la persecuzione degli Egiziani” (Hom. 30, PL 57, 291-294).
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