Domenica
XXVII del Tempo Ordinario – Anno B – 7 ottobre 2018
Rito
Romano
Gen
2,18-24; Sal 127; Eb 2,9-11; Mc 10,2-16
Rito
Ambrosiano
Is
45,20-24a; Sal 64; Ef 2,5c-13; Mt 20,1-16
VI
Domenica dopo il Martirio di San Giovanni il Precursore.
1)
Il Vangelo dell’amore che dura.
I
vari brani del Vangelo, che la liturgia ci sta proponendo in queste
domeniche, ci mostrano Gesù in cammino verso Gerusalemme e verso la
Croce. In questo contesto, l’Evangelista San Marco raggruppa gran
parte degli insegnamenti di Gesù ai discepoli. A questi il Messia,
dopo averli istruiti sul servizio, sull’accoglienza e sullo
scandalo (cfr il Vangelo di domenica scorsa), dona il suo
insegnamento sul matrimonio e sui piccoli.
Cosa
insegna oggi Gesù sul matrimonio?
Oggi
come circa duemila anni fa, Cristo ci dice che un matrimonio
indissolubile non è una norma difficile da osservare, ma un
“vangelo”, cioè la buona e lieta notizia che l’amore duraturo
è possibile e che ha il suo nido nel cuore divino. Infatti, dicendo
che “dall’inizio” c’era la stabilità della coppia, Gesù si
riferisce al piano di Dio creatore, che sta all’origine di tutto.
Papa Francesco ha ribadito questo insegnamento e in Amoris
laetitia n 62 scrive: L’indissolubilità del matrimonio
(“Quello dunque che Dio ha congiunto, l’uomo non lo
separi”: Mt 19,6), non è innanzitutto da
intendere come “giogo” imposto agli uomini, bensì come un “dono”
fatto alle persone unite in matrimonio. […] La condiscendenza
divina accompagna sempre il cammino umano, guarisce e trasforma il
cuore indurito con la sua grazia, orientandolo verso il suo
principio, attraverso la via della croce. Dai Vangeli emerge
chiaramente l’esempio di Gesù, che […] annunciò il messaggio
concernente il significato del matrimonio come pienezza della
rivelazione che recupera il progetto originario di Dio (cfr Mt 19,3)”
Non
è solo il rinvio ad un passato, ma alla verità che permane nel
tempo, perché è l’origine di ogni cosa, secondo la sapienza
creatrice di Dio. E questa è già una buona notizia: esiste un piano
amoroso di Dio sulla famiglia. Essa fa parte del disegno sapiente del
Creatore, non è un prodotto storico delle contingenze. E’ in
questo piano di Dio, dunque, che possiamo trovare la sua identità
permanente.
Il
nido della fedeltà è il cuore di Dio, che accoglie i cuori umani
così che il loro amore non è più effimero (che dura un giorno
solo) e come un sogno svanisce all’alba. L’amore umano duraturo
tra uomo e donna è secondo il cuore e l’intelligenza di Dio.
L’indissolubilità
vissuta come dono e non come giogo è una caratteristica fondamentale
anche per le persone consacrate. A questo riguardo, l’Istruzione
Ecclesiae Sponsae Imago al n. 24 afferma: “La verginità
cristiana è esperienza dell’unione sponsale intima, esclusiva,
indissolubile, con lo Sposo divino che si è donato all’umanità
senza riserve e per sempre, e in questo modo si è acquistato un
popolo santo, la Chiesa”. Insomma, la fedeltà non è una prigione,
è un dono. Dunque l'uomo non
divida, cioè agisca come Dio, si impegni a custodire la tenerezza,
con gesti e parole che creano comunione tra i due, che sanno unire le
vite.
Vediamo
meglio il perché, commentando brevemente il Vangelo di oggi.
Come
tutte le altre volte in cui i farisei cercano di coinvolgerlo in un
dibattito per metterlo in trappola, il Messia va oltre i termini
angusti in cui gli uomini gli pongono un problema e va alla radice.
Infatti a coloro che gli domandavano come interpretare la legge
mosaica sul divorzio, Gesù non dice come debba essere interpretata
di preciso la norma di Mosè a questo riguardo, ma ricorda qual è
l’intenzione che all’inizio Dio ha avuto circa il matrimonio e la
sua indissolubilità.
2)
L’inizio.
Strettamente
collegata al testo del Vangelo di oggi è la prima lettura tratta dal
Libro della Genesi, dove si parla dell’inizio.
Che
cos’è l’inizio? Letteralmente e prima di tutto è il
racconto della creazione, che troviamo nel libro della Genesi,
soprattutto il primo capitolo. Questo capitolo culmina nella
creazione dell’uomo e della donna “a immagine e somiglianza” di
Dio. L’immagine di Dio nella sua totalità non è nell’uomo solo
o nella donna sola, ma in entrambi come comunione di persone. Per
questo la prima lettura di questa domenica è presa dal libro della
Genesi ed è strettamente legata al vangelo. Nel primo libro della
Bibbia si parla appunto della creazione dell’uomo e della nascita
della famiglia, basata sul matrimonio, che è un’istituzione
naturale. La coppia, l’unione, la collaborazione entrano a pieno
titolo nel progetto della creazione, tant’è vero che si parla di
procreazione. Già all’inizio della Bibbia il concetto di coppia,
relazione, di interdipendenza, di comunione, di fecondità, di dono
della vita e di condivisione nel matrimonio è espresso in modo
chiaro e significativo. Noi siamo fatti gli uni per gli altri. La
solitudine, l’individualismo non trovano riscontro in una visione
autenticamente cristiana. La comunione feconda e altruista (oblativa)
prevale sulla concezione materialistica ed edonistica dell’amore e
del matrimonio. Capire questo nel nostro mondo significa fare scelte
di vita capaci di reggere agli urti devastanti del valore della
famiglia.
Per
questo il riferimento all’inizio, alla creazione, indica che
la comprensione del matrimonio non si basa su una teoria fisica o
biologica, ma su una categoria personale, quella di vocazione1.
Il
riferimento “all’inizio”, ci rimanda anche all’inizio
del Vangelo di Giovanni: “In principio era il Verbo” (Gv 1,
1), che si riferisce a Cristo stesso, “per mezzo del quale
tutto fu fatto”. Lui, il Figlio, è l’immagine perfetta del
Padre, che si manifesta alle nozze di Cana anche come Sposo. Quindi,
per trovare l’identità del matrimonio dobbiamo guardare non solo
alla creazione, ma soprattutto al Figlio e al mistero della Ss.ma
Trinità, mistero di amore e di relazione: la relazione del Padre
infinitamente Amante col Figlio infinitamente Amato e lo Spirito
Santo infinitamente Amore.
Infine
il rimando “all’inizio” allude anche al cuore dell’uomo,
che è il principio degli atti umani, come ricorda il Signore Gesù
stesso (Mc 7, 21-23). L’identità personale di ciascuno è
scritta nel suo cuore, da dove provengono le parole e le azioni.
Quindi manteniamo un cuore da bambini per accogliere Cristo ed essere
in sintonia con il suo Cuore.
3)Si
diventa chi si accoglie.
Nel
Vangelo di questa domenica oltre all’invito all’accoglienza
duratura, reciproca e fedele tra uomo e donna, Cristo parla anche
dell’accoglienza dei bambini. A differenza dei suoi discepoli, Gesù
accoglie i bambini. Con questo non soltanto si oppone alla mentalità
del tempo, ma addirittura anche alla mentalità dei discepoli:
l’episodio tradisce infatti uno scontro: “I discepoli li
sgridarono... Gesù vedendo ciò, si indignò...”. Con grande
meraviglia dei discepoli, Gesù accoglie i bambini: perde tempo con
loro. La serietà del suo cammino verso Gerusalemme non distrae Gesù
dai piccoli. Li considera capaci di seguirlo, sempre e dovunque,
Croce compresa. A questo riguardo si pensi ai Santi Innocenti.
“Al
vedere che i discepoli allontanavano i bambini, Cristo “s’indignò
e disse loro: «Lasciate che i bambini vengano a me, non glielo
impedite: a chi è come loro infatti appartiene il regno di Dio.
In verità io vi dico: chi non accoglie il regno di Dio come lo
accoglie un bambino, non entrerà in esso». E, prendendoli tra le
braccia, li benediceva, imponendo le mani su di loro.” (Mc
10, 14-16). E’ curioso l’atteggiamento dei discepoli. Si
avvicinano i farisei, per mettere alla prova Gesù. Si avvicinano i
bambini per ricevere da Gesù carezze e benedizioni. I discepoli non
impediscono ai farisei di accostarsi, sgridano invece i bambini. Il
regno di Dio ha ingressi solo per i bambini e per chi diventa come
loro. O meglio per chi diventa come il Bambino Gesù, che si è fatto
davvero bambino per servire e salvare.
L’importante
è accogliere perché diventiamo Chi accogliamo: Dio.
Gesù
si arrabbia con i suoi discepoli perché non hanno capito nulla sulle
cose più profonde di quello che Lui sta insegnando e dice: “Lasciate
che i bambini vengano a me”. Venire da Gesù. L’andare da lui e
con lui è la salvezza. Andare con Lui, il Figlio: “Lasciateli che
vengano, non impediteli, perché il Regno è di chi è come loro”.
Diventare come bambini è accettare che siamo figli e che la nostra
appartenenza al Padre è libertà. Il bisogno di essere figli è il
bisogno di essere di Dio, Padre da sempre e per sempre. Padre
misericordioso che sempre ci accoglie.
Il
Messia ha detto ai suoi discepoli di accogliere i bambini perché
questi uomini adulti accettino di essere piccoli. Diede questo
insegnamento che oggi ripete a noi, perché anche noi accogliamo Lui
che si fa piccolo per noi. Lui chiede il nostro amore: perciò si fa
bambino. Nient’altro vuole da noi se non il nostro amore. Stando
vicino a Lui con la semplicità dei bambini possiamo imparare a
vivere con Lui e a praticare con Lui anche l’umiltà della rinuncia
che fa parte dell'essenza dell'amore. Dio si è fatto piccolo
affinché noi potessimo comprenderLo, accoglierLo, amarLo.
Un
modo significativo di vivere questo essere spiritualmente bambini è
quello delle Vergini consacrate nel mondo.
Il
bambino è pura recettività, quindi diventa quello che gli si dà e
gli si dice. Così queste donne con la loro consacrazione, si fidano
e affidano completamente a Cristo. La loro “attività” è di
vivere ricevendo tutto da Dio. La verginità è fanciullezza
evangelica alla quale appartiene il Regno di Dio.
Un
bambino come accoglie il Regno di Dio? Con stupore e occhi “nuovi”,
perché puri: occhi che riflettono il cielo.
Come
bambini, le persone vergini hanno occhi nuovi, capaci di uno sguardo
che sa stupirsi, entusiasmarsi, gioire, e così può veramente
entrare nella casa del Padre Buono.
Infine
la solitudine fisica del cuore, non è per le vergini consacrate un
isolamento dal mondo e dalla Chiesa. Per intima vocazione sono dedite
al culto divino e spesso viene loro riconosciuto il carisma della
profezia; per l'impegno assunto, hanno nella comunità un compito di
edificazione e di esempio “per coloro che già sono fedeli e per
coloro che lo diverranno” (pseudo-Clemente, Lettera alle vergini
3, 1: Funk 2,2); per la loro condotta santa esse, oggetto di una
particolare sollecitudine pastorale, sono ritenute “fiori germinati
nella chiesa [...], riflesso di Dio e impronta della santità del
Signore, la porzione più eletta del gregge di Cristo” (Cipriano,
L’abito delle vergini 3: CSEL 3/1, 189).
1 Ce lo ricorda questo brano della Esortazione apostolica di S. Giovanni Paolo II Familiaris consortio: “Dio ha creato l’uomo a sua immagine e somiglianza: chiamandolo all’esistenza per amore, nello stesso tempo lo ha chiamato all’amore. Dio è amore e vive in se stesso un mistero di comunione personale di amore. Creandola a sua immagine e somiglianza e conservandola continuamente nell’essere, Dio iscrive nell’umanità dell’uomo e della donna la vocazione e di conseguenza anche la capacità e la responsabilità dell’amore e della comunione. L’amore è, pertanto, la vocazione fondamentale e nativa di ogni essere umano”(n. 11).
Lettura
patristica
Sant’Ambrogio
da Milano
Exp.
in Luc., 8, 4-7
È
Dio l’autore dell’unione coniugale
Non
ripudiare quindi la tua sposa: significherebbe negare che Dio è
l’autore della tua unione. Infatti se è tuo compito sopportare e
correggere i costumi degli estranei, a maggior ragione lo è nei
riguardi di tua moglie.
Ascolta
quanto dice il Signore: "Chi
ripudia la sposa ne fa un’adultera"
(Mt
5,32).
Colei infatti che, finché vive il marito, non può sposarsi di
nuovo, può essere soggetta alla lusinga del peccato. Così colui che
è responsabile dell’errore lo è anche della colpa, quando la
madre è ripudiata con i suoi bambini, quando, già anziana e col
passo ormai stanco, è messa alla porta. Ed è male scacciare la
madre e trattenere i suoi figli: perché si aggiunge, all’oltraggio
fatto al suo amore, la ferita nei suoi affetti materni. Ma più
crudele è scacciare anche i figli per causa della madre, in quanto i
figli dovrebbero piuttosto riscattare agli occhi del padre il torto
della madre. Quale rischio esporre all’errore la debole età di un
adolescente! E quale durezza di cuore scacciare la vecchiaia, dopo
aver deflorato la giovinezza! Sarebbe lo stesso se l’imperatore
scacciasse un soldato veterano senza compensarlo per i suoi servigi,
togliendogli gli onori e il comando che ha; o che un agricoltore
scacciasse dal suo campo il contadino spossato dalla fatica! Ciò che
è vietato fare nei confronti dei sudditi, sarebbe dunque permesso
nei riguardi dei congiunti?
Tu
invece ripudi la tua sposa quasi fosse nel tuo pieno diritto, senza
temere di commettere un’ingiustizia; tu credi che ciò ti sia
permesso perché la legge umana non lo vieta. Ma lo vieta la legge di
Dio: e se obbedisci agli uomini, devi temere Dio. Ascolta la legge
del Signore cui obbediscono anche quelli che fanno le leggi: "Ciò
che Dio ha unito, l’uomo non divida"
(Mt
19,6).
Ma
non è soltanto un precetto del cielo che tu violi: tu in certo modo
distruggi un’opera di Dio.
Tu
permetteresti - ti prego - che, te vivente, i tuoi figli dipendessero
da un patrigno, oppure che, mentre è viva la loro madre, essi
vivessero sotto una matrigna? E supponi che la sposa che hai
ripudiata non torni a sposarsi: ebbene, ti era sgradita, quando eri
suo marito, questa donna che si mantiene fedele a te, ora che sei
adultero? Supponi invece che torni a sposarsi: la sua necessità è
un tuo crimine, e ciò che tu credi un matrimonio in realtà è un
adulterio. E senza importanza che tu commetta adulterio
pubblicamente, oppure che tu lo commetta sembrando marito; c’è
solo il fatto che la colpa commessa per principio è più grave di
quella commessa furtivamente.
Forse
qualcuno potrà dire: "Ma
allora perché Mosè ha comandato di dare il libello di divorzio e di
licenziare la moglie?"
(Mt
19,7
Dt
24,1).
Chi parla in questo modo è giudeo, non è cristiano: egli obietta
ciò che fu obiettato al Signore, e perciò lasciamo al Signore il
compito di rispondergli: "Per
la durezza del vostro cuore"
-
dice - "Mosè
vi permise di dare il libello del divorzio e di ripudiare le mogli;
ma all’inizio non era così"
(Mt
19,8).
Cioè egli dice che Mosè lo ha permesso, ma Dio non lo ha ordinato:
all’inizio valeva la legge di Dio. Qual è la legge di Dio? "L’uomo
lascerà il padre e la madre e si unirà alla sua sposa, e saranno
due in una carne sola"
(Gn
2,24
Mt
19,5).
Dunque chi ripudia la sposa, dilania la sua carne, divide il suo
corpo.
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