XXXII
Domenica del Tempo Ordinario – Anno C – 6 novembre 2016
Rito Romano
2Mac
7,1-2.9-14; Sal 16; 2Ts 2,16-3,5; Lc 20,27-38
Rito
Ambrosiano
Dn
7,9-10.13-14; Sal 109; 1Cor 15,20-26.28; Mt 25,31-46
Ultima Domenica
dell’Anno Liturgico Ambrosiano
Solennità
di Nostro Signore Gesù Cristo Re dell’Universo.
1)
Il Dio dei viventi.
Il brano del Vangelo
di questa domenica ci parla della vita oltre la morte raccontandoci
una domanda sorprendente che i Sadducei1
fanno a Gesù e la sua risposta ancor più sorprendente.
Per fare dire a Cristo
qualcosa che permetta loro se non di condannarlo, almeno di metterlo
in imbarazzo, alcuni sadducei si avvicinano al Messia nel Tempio e
gli domandano: “Se c’è la resurrezione, come la mettiamo in un
caso del genere?”. Gli presentano un caso ipotetico e inverosimile,
in cui si parla di sette fratelli che, uno dopo la morte dell’altro,
sposano la stessa donna, per seguire la legge del levirato2
che prescriveva di prendere in moglie la donna del fratello se questi
fosse morto senza figli.
Con questo improbabile
caso i Sadducei cercavano di mostrare che l’idea della
risurrezione3
era assurda ed estranea alla Scrittura. Presentando l’ipotesi
paradossale della donna sposata sette volte, era come se dicessero
che l’esistenza della risurrezione portava a complicazioni
inammissibili. Quindi, erano certi di poter gettare il ridicolo su
ogni eventuale risposta di Gesù, se Lui avesse sostenuto l’esistenza
della resurrezione, che per loro era un’idea ridicola ed estranea
alla Scrittura: era una specie di superstizione popolare.
Alla domanda dei
Sadducei Gesù risponde: “I figli di questo mondo prendono moglie e
prendono marito; ma quelli che sono giudicati degni della vita futura
e della risurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito:
infatti non possono più morire, perché sono uguali agli angeli e,
poiché sono figli della risurrezione, sono figli di Dio. Che poi i
morti risorgano, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto,
quando dice: Il Signore è il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di
Giacobbe. Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono
per lui” (Lc 20, 34 - 38).
Per capire bene la
risposta di Gesù è utile ricordare che nell'Antico Testamento la
certezza di una vita futura, che superi la soglia della morte e
assicuri un destino felice e luminoso all'uomo, non aveva ancora
raggiunto la maturità e la forza che avrà nel Nuovo Testamento. Nel
Vangelo, ciò diventa chiaro grazie alla rivelazione del Cristo,
confortata dalla sua stessa resurrezione, tre giorni dopo la morte in
Croce.
Gesù parla di una
vita oltre la morte, una vita in cui il giusto entra in comunione
piena con Dio, quel Dio dei vivi di cui già aveva parlato Mosè
(cfr. Es 3,6). Questo versetto dell’Esodo, che fa parte del
Pentateuco ed era riconosciuto dai Sadducei come libro ispirato, non
parla direttamente della risurrezione ma del Signore quale Dio dei
viventi. Ciò facendo, Gesù conduce il discorso alla radice, vale a
dire sulla concezione del Dio vivente e sulla sua fedeltà: se Dio
ama l'uomo, non può abbandonarlo in potere della morte.
Il potere
dell’uomo sull’uomo è dominio che spesso dà la morte ai vivi,
quello di Dio è servizio, che sempre dà la vita anche ai morti.
Gesù insegna che i risorti sono figli di Dio, i quali partecipano
pienamente della vita divina. Come questa vita sia è per noi
inimmaginabile, tuttavia è certo che sarà una vita piena, nella
gioia dell’amore corrisposto. Il nostro non è un Dio dei morti, ma
dei viventi. Lui è a servizio della vita, è la vita. La morte non
è la parola definitiva su tutto e tutti, e Dio è un Padre che ama e
ai suoi figli dà la vita per sempre. Lui non uccide i suoi figli. Li
ama al punto tale che per dare loro la vita ha mandato il Figlio Gesù
che ha dato la vita per loro.
2) Un vita e un
amore da condividere per l’eternità.
Purtroppo non solo i
Sadducei che non credono nella resurrezione. Allora come oggi, molti,
cristiani e non, si chiedono che senso abbia la resurrezione. Come i
non credenti, noi cristiani spesso diciamo: “L’importante è la
salute”. L’importante è prolungare la vita nel modo più
decoroso possibile. E invece di porci il problema di una vita buona,
discutiamo sulla buona morte (in effetti “eutanasia” vuol dire
buona morte).
Evidentemente in
questa prospettiva dove la morte è un fatto da affrontare il meno
dolorosamente possibile, è molto difficile accettare la rivelazione
della resurrezione. Invece la risurrezione è tema fondamentale. La
resurrezione è il principio della vita cristiana. Tant’è vero che
gli Apostoli quando dovettero scegliere uno da mettere al posto di
Giuda Iscariota dissero: “Scegliamo uno che sia con noi testimone
della resurrezione”. E nella I lettera ai Corinti San Paolo scrive:
“Se Cristo non è risorto vana è la nostra fede, vuota la
predicazione” (cap. 15, 17). Senza la risurrezione il Cristianesimo
non vale nulla. Quindi con la resurrezione, la resurrezione del
carne4
(Il termine “carne” designa l’uomo nella sua condizione di
debolezza e di mortalità, cfr Gn 6,3; Sal 56,5; Is
40,6), sta o crolla tutto il Cristianesimo, al di là di tutte le
sdolcinature sulla bontà e sull’amore.
Le parole di Cristo ai
sadducei sono chiare: “Che poi i morti
risorgano, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando
dice: Il Signore è il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di
Giacobbe. Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono
per lui” (Lc 20, 37-38) e quindi questi non sono morti. Se
sono di Dio: sono vivi.
Dio è Vita, è il Dio
che dà la vita, è il Dio amante della vita, e il Figlio di Dio ci
dice con chiarezza che la vita viene da Dio: “tutti vivono per
lui”. Non è innanzitutto per paura della morte che noi credenti in
Cristo “aspettiamo la vita eterna”. La aspettiamo perché abbiamo
imparato da Gesù che la vita nasce da Dio, che il vivere è da lui
offerto e donato. Abbiamo capito che Dio non sarà essere assente nel
momento della nostra morte, perché Lui è all’origine della nostra
nascita come di quella di ogni nuovo bambino.
Colui che ha voluto
Abramo, Isacco, Giacobbe, e ciascuno di noi, non può averci messi
alla luce per mandarci nelle tenebre della morte. Non ci ha fatti
nascere per farci morire. Lui è il Dio dei viventi, non dei figli
morti.
3) Risurrezione e verginità.
A conclusione di
queste riflessioni sull’incontro dei Sadducei con Cristo, vorrei
sottolineare che il dibattito di Gesù con questi ebrei mette a tema
la risurrezione, ma ci offre pure un insegnamento sulla verginità.
Il
Messia insegna che i risorti non prendono moglie né marito. Ciò
implica che lo stato finale dell’umanità sia quello verginale, nel
senso che il rapporto esclusivo tra un uomo e una donna, con i suoi
significati di unità e di fecondità, non ha più ragione di
esistere in una fase conclusiva della storia. Quando “Dio sarà
tutto in tutti” (cfr. 1 Cor 15,28),
ci sarà un solo amore e sarà quello trinitario. Cessato il rapporto
esclusivo tra un uomo e una donna, questo amore trinitario che i
risorti sperimenteranno sarà di tipo verginale.
Allora
si capisce meglio il valore della vita delle Vergini consacrate nel
mondo: queste donne sono un “segno” che indica come in Cielo sarà
la vita di tutti.
Questa
donne consacrate testimoniano che accogliere Cristo come Signore in
modo pieno ed esclusivo vuol dire testimoniare concretamente la
verità del prologo di San Giovanni: "a
coloro che lo hanno accolto (Gesù) ha dato il potere di divenire
figli di Dio", "figli della risurrezione" nel
Figlio che ha vinto la morte. Queste donne mostrano in modo speciale
che i cristiani partecipano ormai della natura e della vita divina, e
sono qui in questo tempo e in questo mondo “giudicati degne di un
altro mondo e della risurrezione dai morti”. Esse vivono ogni
relazione in modo diverso, celeste perché “sono uguali agli
angeli”. Nella Chiesa, che è il mondo
redento, le vergini rappresentano la testimonianza e il segno dello
stato della risurrezione finale, dove non si prende né moglie né
marito, così come gli sposati sono il segno di Cristo Sposo della
Chiesa e i sacerdoti sono segno della presenza efficace del Cristo
Pastore.
1 Il partito dei sadducei si richiamava a Sadoc, i cui discendenti erano gli unici riconosciuti come sacerdoti legittimi (cf. Ez 44,15). Concentravano la propria azione nel tempio e nella politica e godevano di poca considerazione presso il popolo (al contrario dei farisei). In teologia erano conservatori: non accettavano la tradizione orale e si sottomettevano letteralmente all'autorità del Pentateuco (letteralmente: 5 libri, che sono attribuiti a Mosé: Genesi, Esodo, Numeri, Levitico e Deuteronomio). Poiché questi 5 libri non parlano di risurrezione, i sadducei la contestavano. Scomparvero dalla storia d'Israele quando fu distrutto il Tempio di Gerusalemme (70 d.C.).
2 I sadducei ricordano l'istituto del levirato, previsto da Dt 25,5-10. Era una prassi comune ad altri popoli dell'Antico Oriente (Assiri, Ittiti) ed era poi entrata a far parte anche della legge di Israele. La troviamo applicata in Gn 38,8 e Dt3,9; 4,12. Alla base di questa legge si scorge il forte desiderio di sopravvivere nei figli e di dare una continuità alla famiglia e alla stirpe. Da notare l'importanza e la validità riconosciuta a questa genealogia surrogata: il figlio nato dall'unione con la cognata vedova è giuridicamente considerato il figlio del defunto e non del padre carnale.
3 La questione di una risurrezione era di attualità. Infatti solo a partire dal II secolo avanti Cristo (con i fatti narrati nei libri dei Maccabei), si diffuse in Israele la fede nella risurrezione personale.
4 La “risurrezione della carne” significa che, dopo la morte, non ci sarà soltanto la vita dell'anima immortale, ma che anche i nostri “corpi mortali” (Rm 8,11) riprenderanno vita (Catechismo della Chiesa Cattolica, n 990)
Lettura patristica
Paciano di Barcellona
Sermo de Baptismo, 6 s.
"Come
abbiamo portato l’immagine dell’uomo terreno, così portiamo
anche l’immagine dell’uomo che viene dal cielo; poiché il primo
uomo, che vien dalla terra, è terreno; l’altro che vien dal cielo,
celeste"
(1Co
15,49).
Se faremo questo, carissimi, non morremo più. Anche se questo corpo
si corromperà vivremo in Cristo, come dice egli stesso: "Chi
crede in me, anche se muore vivrà"
(Jn
11,25).
Siam dunque certi, sulla parola del Signore che Abramo, Isacco e
Giacobbe e tutti gli altri santi, sono vivi. Di questi stessi dice il
Signore: "Son
tutti vivi; Dio è Signore dei vivi, non dei morti"
(Lc
20,38).
E Paolo dice di se stesso: "Cristo
è la mia vita, e il morire è un guadagno: vorrei morire e stare con
Cristo"
(Ph
1,21).
E anche: "Nel
tempo che stiamo nel corpo, camminiamo lontani dal Signore. Ci guida
la fede, non vediamo direttamente"
(2Co
5,6).
Questa
è la nostra fede, fratelli. D’altra parte, "se
riponiamo la nostra speranza in questo mondo, siamo più infelici di
tutti gli uomini"
(1Co
15,19).
La vita del mondo, come vedete da voi, o è come quella delle pecore,
delle fiere, degli uccelli, o anche più corta. È invece proprio
dell’uomo ciò che Cristo gli ha dato, attraverso il suo Spirito,
cioè, la vita eterna; ma se non si pecca più. Perché come la morte
la si acquista col delitto, la si evita con la virtù; così la vita
la si perde col delitto, la si conserva con la virtù. "Mercede
del peccato è la morte; dono di Dio è la vita eterna per mezzo di
Gesù Cristo nostro Signore"
(Rm
6,23).
Prima di tutto ritenetevi, o figli, gente data un giorno in potere
delle tenebre, ma ora liberata per la potenza di Gesù Cristo. È lui
che ci redime "perdonando
tutti i peccati e distruggendo la sentenza pronunziata contro di noi
per la nostra disobbedienza; l’affisse alla croce; morendo ha
trascinato le potenze avverse nel suo trionfo"
(Col
2,13-15).
Sciolse i prigionieri e spezzò le nostre catene, come dice David:
"Il
Signore innalza gli sconfitti, scioglie i prigionieri, illumina i
ciechi"
(Ps
145,7).
E anche: "Hai
spezzato le mie catene, ti benedirò"
(Ps
115,16).
Liberati dunque dalle catene, per il Battesimo, rinunziamo al
diavolo, al quale avevamo servito; perché, una volta liberati dal
sangue di Cristo, non serviamo più al diavolo. Che se qualcuno,
dimenticando la sua redenzione, tornasse al servizio del diavolo e
alle debolezze del mondo, sarà di nuovo legato con le antiche catene
e le sue condizioni saranno peggiori di prima (Lc
11,26)
perché il diavolo lo legherà più strettamente... Dunque,
carissimi, una volta sola ci laviamo, una volta sola siamo liberati,
una volta sola entriamo nel regno immortale; una volta sola "son
felici coloro i cui peccati furono perdonati"
(Ps
31,1).
Stringete forte ciò che avete avuto, conservatelo bene, non peccate
più. Conservatevi puri dal peccato e immacolati per il giorno del
Signore. Son grandi e immensi i premi preparati per chi è fedele;
premi che "né
occhio mai vide, né orecchio udì, né mai alcuno ha immaginato"
(1Co
2,9).
Aspirate a questi premi con azioni di giustizia e con desideri
spirituali. Amen.
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