XXIX
Domenica del Tempo Ordinario – Anno C – 16 ottobre 2016
Rito Romano
Es
17,8-13; Sal 120; 2Tm 3,14-4,2; Lc 18,1-8
Rito
Ambrosiano
Is
60,11-21 [1Pt 2,4-10]; Sal 117; Eb 15-17.20-21; Lc 6,43-48
III
Domenica di Ottobre
Dedicazione
del duomo di Milano
1) Costanza
della preghiera: occorre pregare sempre.
Il Vangelo di questa
domenica comincia con questa frase: “In quel tempo, Gesù disse ai
suoi discepoli una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza
stancarsi mai” e termina con la domanda del Messia che si chiede:
“Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla
terra?”. Dunque, oltre all’invito alla preghiera costante, San
Luca attira l’attenzione sul “problema” della fede costante:
saremo capaci a mantenerla salda oppure sarà solo una condizione di
dare e avere per la soluzione dei nostri problemi?
Per quanto riguarda la
preghiera, anche se non si mette in dubbio –ovviamente-
l’affermazione di Gesù sulla necessità di pregare con
perseveranza, insistenza e fiducia, la domanda che subito viene alla
mente è: “Come è possibile pregare sempre?” Perché se è vero
che la preghiera è il respiro della fede (papa Francesco) e,
quindi, pregare è una necessità, perché se smetto di respirare
smetto di vivere. Questo respiro spirituale non è così spontaneo e
automatico come quello naturale. E questo perché ciò che in natura
è spontaneo, nello spirito e frutto di un’ascesi, di un lavoro, si
potrebbe dire di una lotta che implica tutte le energie.
Ascoltare, meditare,
parlare e tacere davanti al Signore che parla è un’arte, che si
impara praticandola con costanza. Certamente la preghiera è un dono,
che chiede, tuttavia, di essere accolto; è opera di Dio, ma esige
impegno e continuità da parte nostra; soprattutto, la continuità e
la costanza sono importanti.
Perseverando nella
preghiera capiremo e faremo esperienza che essa è il respiro della
vita, come per due che si amano, il respiro del loro amore.
La preghiera è la
nostra comunione con il Figlio e con il Padre nello Spirito Santo,
che ci mette in comunione con il creato come dono e con gli altri
come fratelli: la preghiera è la vita umana, pienamente realizzata.
Per questo bisogna pregare sempre. Senza però scoraggiarci se Dio
sembra sordo ad ascoltare la nostra preghiera. Infatti, non è
importante ciò che ci dà: importante è che noi stiamo
con lui e abbiamo fiducia in lui. Questo è il vero frutto della
preghiera, che è come un canale aperto
in cui scorre l’ossigeno di Dio, la vita di Dio che noi respiriamo.
Nell’amicizia
profonda con Gesù e vivendo in Lui e con Lui la relazione filiale
con il Padre, attraverso la nostra preghiera fedele e costante,
possiamo aprire finestre verso il Cielo di Dio. Anzi, nel percorrere
la via della preghiera, senza riguardo umano, possiamo aiutare altri
a percorrerla: anche per la preghiera cristiana è vero che,
camminando, si aprono cammini da percorrere con fede.
Santa
Teresa di Calcutta insegnava: “Il
frutto del silenzio è la preghiera. Il frutto della preghiera è la
fede. Il frutto della fede è l’amore. Il frutto dell’amore è il
servizio. Il frutto del servizio è la pace” e alla domanda che una
suora le fece sul come imparare a pregare, questa grande e umile
santa rispose: ‘Pregando’”.
E aggiungeva: “Non ci viene chiesto di
essere bravi, ma di essere fedeli. Iniziate e finite la giornata con
la preghiera. Andate da Dio come bambini. Se trovate difficile
pregare, potete dire: ‘Vieni, Spirito Santo, guidami, proteggimi,
sgombera la mia mente affinché possa pregare’. La preghiera non
richiede di interrompere il lavoro, ma di proseguire il lavoro come
se fosse una preghiera. Quel che conta è essere con Lui, vivere in
Lui, nella sua volontà”. Per stare con Cristo non occorre avere
dottorati di qualsiasi tipo, basta essere come Madre Teresa persone
di preghiera e di fede. Basta essere come quel contadino,
parrocchiano di Ars che tutte le sere dopo il lavoro nei campi andava
in Chiesa e vi stava lungo tempo, senza aprire la bocca ma
contemplando Cristo in croce. Alla domanda del Santo Curato sul come
riempisse quel lungo tempo di preghiera quest’umile lavoratore
della terra rispose: “Io guardo Lui (il Cristo) e Lui guarda me”.
2) Costanza
della fede: occorre perseverare nella fede, sempre.
Nel primo paragrafo,
ho cercato di dare spunti di risposta alla domanda “come pregare
sempre?”. Ora cercherò di abbozzare una risposta a questo
interrogativo di Cristo: “il Figlio dell’uomo, quando ritornerà,
troverà la fede sulla terra?”.
C’è un forte legame
tra fede e preghiera, perché la fede è questa preghiera
instancabile.
Forse
non riusciamo a capire che è proprio il Signore a desiderare il
nostro grido, la nostra preghiera incessante. Anche quando sembra
sparire dalla nostra vita, quando ci sentiamo come la vedova del
Vangelo di oggi, è Lui che ci ripete con tenerezza: "Fammi
udire la tua voce, mostrami le tue lacrime, dimmi quello che vi è al
fondo del tuo cuore".
E’ l’esperienza
concreta dell’amore e dell’aiuto di Dio che tutti, prima o poi,
poco o tanto, facciamo nella nostra vita, a darci la certezza che,
anche quando non vediamo, o abbiamo davanti solo il buio o dei
tremendi grovigli, la giustizia e l'amore di Dio sono all’opera.
Tutto, ma proprio tutto, sarà chiaro solo alla fine, quando avremo
la visione perfetta; ora ci è chiesto di fidarci, di avere fiducia
in Dio, cioè di avere fede. Una fede che non è certo facile, e che
richiede forza, fermezza e perseveranza come la preghiera della
vedova del vangelo e come quella di Paolo che arriva a dire: “Vi
esorto, fratelli, a lottare con me nella preghiera” (Romani 15,30):
in greco il verbo è “sunagonizein” (=con-agonizzare), che indica
il combattimento decisivo e supremo.
L’importante
è credere all’amore di Cristo, che in Croce ci mostra che ci ama
più di se stesso. Allora capiremo che la necessità
di pregare sempre e senza stancarci è la necessità dell'amore.
Solamente un cuore innamorato prega con
fede e senza stancarsi e risponde incessantemente alla voce del suo
Amato. Pregare non è follia o rifugio
alienante. La preghiera è l’incontro con l’amico che noi
non meritiamo ma che si offre a noi esseri provvisori, precari che
preghiamo.
In effetti, il verbo
“pregare” ha la stessa radice di “precario”, che vuol dire
essere una persona che ha qualcosa soltanto se l’altro te la dà.
Quindi il nostro rapporto con Dio e con le persone è sempre
precario. Ogni relazione umana è precaria, perché l’abbiamo solo
se la desideriamo e se l’altro ce la dona gratuitamente. Quindi di
per sé la preghiera è l’atto fondamentale di relazione che c’è
tra le persone.
In effetti, la prima
cosa che si insegna al bambino è quella di chiedere e di dire
grazie. Che è fondamentale. E’ la relazione. Altrimenti c’è il
feticismo, la reificazione, perché, se non si vive un atteggiamento
di riconoscenza, ciò che interessa sono le cose e non le persone.
Per questo occorre
pregare sempre, in ogni momento e in ogni luogo come ce l’ha
testimoniato Gesù soprattutto nel momento della Crocefissione. Con
la sua preghiera costante, così perseverante da essere fatta anche
quando è sulla Croce, Gesù ci conduce alla fede, alla fiducia
totale in Dio e nella sua volontà, e vuole mostrare che questo Dio
che ha tanto amato l’uomo e il mondo da mandare il suo Figlio
Unigenito (cfr Gv 3,16), è il Dio della Vita, il Dio che
porta speranza ed è capace di rovesciare le situazioni umanamente
impossibili. La preghiera fiduciosa di un credente, allora, è una
testimonianza viva di questa presenza di Dio nel mondo, del suo
interessarsi all’uomo, del suo agire per realizzare il suo piano di
salvezza.
In questa preghiera
fedele perché costante e fatta nella fede le vergini consacrate nel
mondo ci sono di esempio semplice e chiaro. Queste donne si sono
consacrate perché hanno creduto nell’amore misericordioso e fedele
di Dio. Per questa fede hanno messo tutta la loro vita sotto il segno
della misericordia e della fedeltà. Fedeltà, cioè impegno
perseverante, incondizionato. Dio si è offerto a noi, una volta per
tutte nella sua Parola. Non l’ha mai ripresa. Credere è dare la
propria parola, impegnarsi verso colui che si è impegnato verso di
noi senza ritorno. Di conseguenza anche loro sono fedeli,
perseveranti, tenaci in tutto. Non si riprendono la parola data nella
consacrazione. Non lasciano la buona causa di Dio che si è
manifestato loro come Persona per la quale vale la pena di vivere.
Lietamente hanno
donato tutto di loro stesse, anima e corpo, perché la verginità non
è solo uno stato del corpo, essa è principalmente una virtù
dell’anima. Con la loro consacrazione vissuta umilmente nel mondo,
mostrano che una vita donata a Dio nel nascondimento e nella
preghiera e che la verginità è frutto della preghiera ma
soprattutto di una fede e di una amore fervente per Cristo, perché
senza amore a Cristo non si può essere vergini. Infine, è utile
ricordare che la verginità cristiana ha come modello la vergine
Maria, essa è stata per eccellenza la vergine, cioè la disponibile
all’azione di Dio. E se Dio si è incarnato in lei, lo ha fatto per
la sua disponibilità.
Lettura Patristica
Sant’Agostino
d’Ippona
Sermo 80, 2
Credete,
o fratelli, che Dio non sappia di che abbiamo bisogno? Conosce e
prevede i nostri desideri, lui che conosce bene la nostra povertà.
Perciò, quando insegnò a pregare, disse anche ai discepoli di non
essere verbosi nelle loro preghiere: "Non
dite molte parole; il Padre vostro sa già di che avete bisogno,
prima che glielo chiediate"
(Mt
6,7).
Ma se il Padre nostro sa di che abbiamo bisogno già prima che glielo
chiediamo, che bisogno c’è di chiederglielo, sia pur brevemente?
Che motivo c’è per la stessa preghiera, se il Padre sa di che
abbiamo bisogno? Par che dica: Non chiedere a lungo; so già che cosa
ti serve. Ma, Signore mio, se lo sai, perché dovrei chiederlo? Tu
non vuoi ch’io faccia una lunga preghiera. Ma, mentre in un luogo
si dice: "Quando
pregate, non usate molte parole"
(Mt
6,7),
in un altro si dice: "Chiedete
e vi sarà dato"
(Mt
7,7),
e perché non si pensi che sia una frase detta casualmente, viene
anche aggiunto: "Cercate
e troverete ()".
E poi ancora, perché si capisca che la cosa è detta di proposito,
dice a modo di conclusione: "Bussate
e vi sarà aperto ()".
Vuole, dunque, che tu chieda, perché possa ricevere; che cerchi, per
trovare; che bussi, per entrare. Ma se il Padre sa già di che
abbiamo bisogno, perché chiedere perché cercare, perché bussare?
Perché affaticarci a chiedere, a cercare, a bussare? Per istruire
colui che sa tutto? In altro luogo troviamo le parole del Signore:
"Bisogna
pregare sempre, senza venir mai meno"
(Lc
18,1).
Ma se bisogna pregare sempre, perché dice di non usar molte parole
nella preghiera? Come faccio a pregar sempre, se devo finir presto?
Da una parte mi si dice di pregar sempre, senza venir mai meno, e
dall’altra di essere breve. Che cosa è questo? E per capire
questo, chiedi, cerca, bussa. È astruso, ma per allenarti. Dunque,
fratelli, dobbiamo esortare alla preghiera noi e voi. In questo
mondo, infatti, non abbiamo altra speranza che nel bussare con la
preghiera tenendo per certo che, se il Padre non dà qualche cosa, è
perché sa che non è bene. Tu sai che cosa desideri, ma lui sa che
cosa ti giova. Pensa di essere malato - e siamo malati, perché la
nostra vita è tutta una malattia e una lunga vita non è che una
lunga malattia. Immagina, allora, che vai dal medico. Ti vien di
chiedere che ti faccia bere del vino. Non t’è proibito di
chiederlo, purché non ti faccia male. Non esitare a chiedere, non
indugiare; ma se te lo nega, non ti scomporre. Se è così col medico
della tua carne, quanto più con Dio, Medico, Creatore e Redentore
della carne e anima tua?
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