XVI
Domenica del Tempo Ordinario – Anno C – 17 luglio 2016
Rito Romano
Gen
18,1-10; Sal 14; Col 1,24-28; Lc 10,38-42
Rito
Ambrosiano
1Sam
16, 1-13; Sal 88; 2Tm 2,8-13; Mt 22,41-46
IX Domenica dopo
Pentecoste
1) Un’apparente
contrapposizione.
Il Vangelo di domenica
scorsa terminava con la frase “Va’ e anche tu fa’ così”, che
Gesù aveva detto all’esperto della legge dopo aver raccontato la
parabola del Samaritano.
Il brano del Vangelo
di questa domenica racconta la visita di Gesù a casa di Marta e
Maria, e termina con la frase che Gesù dice a Marta: “Maria si è
scelta la parte migliore che non le sarà tolta”. Molti hanno
interpretato queste parole come una conferma - da parte di Gesù -
del fatto che la vita contemplativa nascosta nei monasteri è
migliore e più alta della vita attiva di coloro che si adoperano a
testimoniare Cristo nel campo del mondo.
Rinchiudere queste
parole di Cristo dentro la contrapposizione della vita attiva nel
mondo (Marta) e della vita contemplativa nel monastero (Maria)
significa mortificarle. La prospettiva è più ampia e tocca due
atteggiamenti che devono far parte della vita di qualsiasi discepolo:
l'ascolto e il servizio. La tensione non è fra l’ascolto e il
servizio, ma fra l’ascolto e il servizio che distrae. In effetti,
la preghiera non si contrappone all’occupazione, ma alla
preoccupazione.
Dopo la grande
parabola del Samaritano, iniziata con la domanda da parte del dottore
della legge sul cosa è necessario “fare” per avere la vita
eterna, oggi, Gesù sviluppa il suo insegnamento dicendo che la parte
migliore non è tanto fare delle cose buone e farle con amore,
quanto “essere” come in un rapporto d’amicizia profonda, dove
ci si dedica, ma anche si contempla l’Amico e ci si lascia
afferrare da Lui accogliendo le sue parole di vita eterna.
2) Ospitare Dio.
Dunque, credo sia
corretto dire che il tema principale della Liturgia di questa
domenica è l’ospitalità da dare a Dio. In effetti, il testo del
Vangelo parla dell’accoglienza che due donne danno al Figlio di Dio
e la prima lettura di oggi, che è tratta dal libro di Genesi e narra
l'incontro di Abramo a Ebron con tre personaggi alle Querce di Mamre,
narra dell’incontro di questo Patriarca con il Signore.
Abramo non sa che sta
per incontrarsi con Dio. Non subito nel testo si dice che i tre
viandanti si identificano con il Signore.
Abramo è seduto sulla
soglia della sua tenda, ma è in atteggiamento vigile. Difatti nel
testo si dice: “Alzò gli occhi, guardò ed ecco tre uomini stavano
in piedi presso di lui. Li vide e corse loro incontro”.
Abramo agisce con
spontaneità: corre verso di loro e li onora. Offre loro dell’acqua
per lavarsi, cibo e dice: “rinfrancatevi il cuore”. Poi, prepara
il pasto: è l’inizio dell’accoglienza ospitale dell’Altro.
Da una parte c’è
l’invito: “Se ho trovato grazia ai tuoi occhi non passare oltre
senza fermarti”. Questa è una domanda che dobbiamo imparare a fare
anche noi, per incontrare Dio, la nostra vita, i fratelli.
Dall’altra, c’è
una risposta sorprendente: “Tornerò da te tra un anno e allora
Sara, tua moglie avrà un figlio”.
Ogni incontro è una
promessa sorprendente e che ha dell’incredibile, almeno per Sara.
Questa moglie di Abramo “rise dentro di sé”. Questa donna
pensava che ciò che noi non governiamo non accade e invece non è
così: nulla è impossibile a Dio, e con Lui la vita fiorisce.
L’importante è accoglierlo.
3) Essere discepoli
per ospitare Cristo.
Il passo del Vangelo
di oggi ci presenta l’accoglienza offerta da Marta e Maria a Gesù.
San Luca ha inserito
questo brano dopo la parabola del buon Samaritano (Vangelo di
domenica scorsa), per illuminare ulteriormente il modo di Gesù di
intendere l'amore di Dio e del prossimo. L'episodio di Marta e di
Maria è pure legato all'episodio che segue e che sarà letto
domenica prossima e che riguarderà l'insegnamento di Gesù sulla
preghiera.
L’evangelista Luca
costruisce così una catena di tre anelli che presentano tre aspetti
inseparabili, costitutivi della vita del discepolo di Gesù: l’amore
di Dio e del prossimo, l’ascolto della Parola di Dio, la preghiera.
Di per sé, il brano
evangelico dice: “Una donna di nome Marta, accolse Gesù in casa
sua”. Il nome Marta significa “padrona di casa”. Questa padrona
di casa assume nei confronti dell'ospite un ruolo tradizionalmente
femminile: tutta affaccendata prepara la tavola. Maria, al contrario,
si intrattiene con l'ospite, assumendo un ruolo che la mentalità del
tempo riservava agli uomini. Maria, seduta ai piedi di Gesù,
ascoltava la sua parola.
Quello di Maria è
l’atteggiamento abituale del discepolo di fronte al suo maestro. E
questa è una novità. I rabbini, infatti, non usavano accettare le
donne al proprio seguito, e divenire discepolo era riservato agli
uomini. Per Gesù non è così. Anche le donne sono chiamate
all’ascolto e ad essere discepole.
Cristo è l’ospite,
a cui fare spazio nel proprio cuore. E’ questo che Lui desidera più
di tutto. E’ per questo che Gesù va onorato e servito con
l’ascolta della sua Parola. E’ è quello che fa Maria. La sorella
di Marta è descritta nel Vangelo di San Luca nell’atteggiamento
tipico del discepolo, il quale per definizione è anzitutto “colui
che ascolta”, nell’Antico come nel Nuovo Testamento. Sarà poi la
Parola stessa a fare il suo corso nel cuore di chi l'ha accolta e
indicargli i tempi e i modi del “servizio”, quello vero, sia
verso il Signore che verso il prossimo. La riprova di tutto ciò è
esattamente l’assenza di affanno (quello di Marta), perché il
discepolo che ascolta riposa nella certezza che Dio è all’opera e,
se ha cura dell’erba del campo, che oggi c’è e domani si getta
nel forno (cfr. Lc 12, 24), quanto più si cura dell’uomo, la sua
creatura prediletta.
La sintesi perfetta
tra Marta e Maria la troviamo nella Madonna, che di Cristo fu la
prima ed eminente discepola. Scrive sant'Agostino, privilegiando
l'atteggiamento della fede di Maria, motivo della sua divina
maternità: “E' di più per Maria l'essere stata discepola di
Cristo, che Madre di Cristo” (Sermone 25,7: PL 46, 937). E San
Massimo Confessore aggiunge: «La santa Madre divenne discepola del
suo dolce Figlio, vera Madre della sapienza e figlia della sapienza,
perché non lo guardava più in maniera umana o come semplice uomo,
ma lo serviva con rispetto come Dio e accoglieva le sue parole come
parole di Dio” (AA.VV. [edd.], Testi mariani del primo millennio,
Roma 1989, 2, 232).
Questo esempio è
seguito in modo particolare dalla Vergini Consacrate nel mondo, che
sono chiamate a vivere la loro vocazione fissando lo sguardo su
Cristo sempre, dalla culla di Betlemme fino alla Croce di
Gerusalemme, per poi guardare il mondo in cui vivono con gli occhi di
Cristo. Gesù è "lo
sposo con noi" (Mt 9,15).
Attraverso il suo Sangue Cristo genera l'umanità nuova. La Chiesa è
amata da Cristo con trasporto nuziale: vive nel suo amore, in
intimità totale con Lui. Riama Cristo con cuore di sposa. La sua
vita di “sposa di Cristo”
“è ormai nascosta con Cristo in Dio”
(Col 3,3). O ancora “La nuova
Gerusalemme ornata come una sposa pronta per andare incontro allo
sposo” (Ap 21,2). Tutti i
battezzati partecipano così della nuzialità della Chiesa, di cui le
vergini consacrate ne sono testimonianza costante.
Lettura
Patristica
Sant’Ambrogio di
Milano
In Luc., 7, 85-86
S’è
parlato della misericordia; ma non c’è una sola forma di virtù.
Nell’esempio di Marta e di Maria ci viene mostrata nelle opere
della prima, la devozione attiva, e in quelle della seconda la
religiosa attenzione dell’anima alla Parola di Dio: se questa
attenzione è conforme alla fede, essa passa avanti alle stesse
opere, secondo quanto sta scritto: "Maria
si è scelta la parte migliore, che non le sarà tolta"
(Lc
10,42).
Cerchiamo
quindi di avere anche noi ciò che non ci può essere tolto, porgendo
alla parola del Signore una diligente attenzione, non distratta:
capita anche ai semi della parola celeste di essere portati via, se
sono seminati lungo la strada.
Stimoli
anche te, come Maria, il desiderio di sapere: è questa la più
grande, più perfetta opera. Che la cura del ministero non distragga
dalla conoscenza della parola celeste. E non rimproverare né
giudicare oziosi coloro che si dedicano alla ricerca della sapienza.
Salomone il pacifico infatti ha cercato di coabitare con la sapienza.
Marta
non è certo rimproverata per i suoi buoni servigi; ma Maria ha la
preferenza, perché ha scelto per sé la parte migliore. Gesù
dispone infatti di molti beni, e molti ne elargisce: e così la più
sapiente delle due donne ha scelto ciò che ha riconosciuto
principale.
Del
resto, gli apostoli non giudicarono miglior cosa abbandonare la
Parola di Dio per servire alla mensa (Ac
6,2)
ma erano opera di sapienza ambedue le cose, tanto che fu Stefano,
ricolmo di sapienza, a essere scelto come ministro (Ac
6,5).
Ed ecco, è necessario che colui che serve obbedisca a colui che
insegna, e questi esorti e rianimi il ministro.
Uno
è infatti il corpo della Chiesa, anche se diverse sono le membra:
ciascuno ha bisogno dell’altro. "L’occhio
non può dire alla mano: non desidero l’opera tua, né può dire
così il capo ai piedi"
(1Co
12,12ss),
né l’orecchio può negare di far parte del corpo. Anche se tra le
membra alcune sono più importanti, tuttavia le altre sono
necessarie.
La
sapienza risiede nel capo, l’attività nelle mani: infatti gli
occhi del sapiente sono nel suo capo, perché veramente sapiente è
colui il cui spirito è in Cristo e il cui occhio interiore si
innalza verso l’alto. Perciò
"l’occhio
del sapiente è nel suo capo"
(Qo
2,14),
quello dello stolto nel suo calcagno.
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