Rito
Romano
II
Domenica di Quaresima – Anno C – 21 febbraio 2016
Gn
15,5-12.17-18; Sal 26; Fil 3,17-4,1; Lc 9,28b-36
Rito
Ambrosiano
II
Domenica di Quaresima
Gen
15,5-12.17-18; Sal 26; Fil 3,17- 4,1; Lc 9,28-36
1)
Ecco mio Figlio - Ecco l’Uomo.
Domenica
scorsa, la Liturgia quaresimale ci ha invitato alla conversione,
facendoci rivivere il mistero della tentazione di Gesù e la sua
vittoria per compiere con Lui il viaggio di ritorno. Questo cammino
di liberazione, nel Vangelo “esodo”, ci fa passare dalla
schiavitù del peccato, dalla condizione di prigionieri dell’errore
e del male alla libertà di figli nel Figlio, alla verità e bellezza
di essere in Cristo, alla bellezza di un amore che sempre accoglie
tutto e tutti.
Oggi,
la seconda tappa del nostro esodo penitenziale, la Parola di Dio ci
introduce in una nuova dimensione della nostra partecipazione al
mistero di Cristo, invitandoci a rivivere la trasfigurazione di
Cristo, che si manifesta nella sua gloria, cioè nella sua bellezza
divina. Durante la Passione, Pilato dirà: “Ecco l’uomo”,
mostrando Cristo sfigurato dalla flagellazione. Oggi, Dio Padre dice:
“Ecco mio Figlio, l’eletto”, il Dio-uomo che mostra il
vero volto dell’uomo.
Se,
da una parte, camminare con Cristo significa rinnegare il nostro
egoismo, vincendo le tentazioni della vita, dall’altra, compiere
l’esodo con Cristo ci fa salire sul monte Tabor, per essere
trasfigurati in Cristo e come Cristo.
La
Trasfigurazione riguarda anche noi, che siamo chiamati non solo ad
assistere alla gloria del Figlio di Dio, ma a viverla. Infatti,
poiché siamo con Cristo, la sua gloria investe anche noi,
trasformando il nostro corpo, la nostra anima e così viviamo nel suo
amore, il quale è luce che illumina e trasforma noi, le nostre
relazioni umane e il nostro sguardo alla vita quotidiana.
Dunque,
nell’esodo quaresimale verso la Pasqua - itinerario della nostra
identificazione con Cristo risorto - la trasfigurazione di Gesù è
una tappa particolarmente significativa, perché Gli permettiamo di
trasfigurarci a sua immagine e somiglianza, accettando come Lui la
Croce.
Nel
Vangelo di oggi c’è un particolare, che aiuta a capire che la
Croce è la chiave che apre la porta della gloria. In effetti, San
Luca non si limita a parlare della presenza di Mosè e di Elia
accanto a Gesù trasfigurato. Questo Evangelista narra – ed è il
solo a farlo - il contenuto della conversazione di Gesù con questi
due grandi personaggi dell’Antico Testamento, che simbolizzano la
Legge e i Profeti, e dice che parlano con Cristo del suo esodo, cioè
del suo cammino di redenzione attraverso la morte in Croce a
Gerusalemme per noi (cfr. Lc 9,31). Gesù ascolta la Legge e i
Profeti che Gli parlano della sua morte e risurrezione. Il Figlio di
Dio non sfugge alla missione di “Trasfiguratore”, per la quale è
venuto nel mondo, anche se sa che per arrivare alla gloria dovrà
andare in Croce e morire.
2)
Due elementi importanti: il monte e la preghiera.
La
Trasfigurazione si svolge su un monte, luogo usato spesso da Dio per
manifestarsi, come la Bibbia insegna e come la vita di Cristo
mostra1.
A questo luogo fisico, San Luca aggiunge un “luogo” spirituale:
la preghiera, che va considerata come il vero “luogo” della
Trasfigurazione. Nel racconto della Trasfigurazione, questo
Evangelista è l’unico a sottolineare che “Gesù salì sul monte
a pregare e, mentre pregava, il suo volto cambiò d’aspetto e la
sua veste divenne candida e sfolgorante” (Lc 9, 28-29). Per questo
è davvero giusto affermare che “la trasfigurazione è un
avvenimento di preghiera; diventa visibile ciò che accade nel
dialogo di Gesù con il Padre: l’intima compenetrazione del suo
essere con Dio, che diventa pura luce. Nel suo essere uno con il
Padre, Gesù stesso è Luce da Luce” (Benedetto XVI).
Con
Pietro, Giacomo e Giovanni “saliamo anche noi oggi sul monte della
Trasfigurazione e sostiamo in contemplazione del volto di Gesù, per
raccoglierne il messaggio e tradurlo nella nostra vita; perché anche
noi possiamo essere trasfigurati dall’Amore. In realtà l’amore è
capace di trasfigurare tutto”(Papa Francesco).
Oltre
ad essere per gli Apostoli un anticipo della Pasqua che arriverà
attraverso la passione e la morte in Croce di Cristo, la
Trasfigurazione fu per loro un dono, perché cominciassero a vivere
l’esperienza della comunione con Dio presente nella storia, nella
carne umana di Gesù.
La
Trasfigurazione del Cristo, splendore di Verità e d’Amore, è per
noi sorgente di speranza e invito ad accogliere nel nostro cuore
sempre, anche nella notte più oscura, Gesù Cristo: lampada che non
si spegne mai, perché “ciò che per gli occhi del corpo è il sole
che vediamo, lo è [Cristo] per gli occhi del cuore” (Sant’Agostino
d’Ippona, Sermo 78, 2: PL 38, 490). Senza la sua luce che
illumina e trasfigura i cuori, la Croce sarebbe scandalo e follia.
In
breve: la trasfigurazione di Cristo è avvenuta nel silenzio della
montagna dopo una lunga preghiera che Gesù ha avuto con gli amici
scelti: gli Apostoli Pietro, Giovanni e Giacomo, ed ha avuto come
scopo principale quello di svelare che Gesù è il Figlio di Dio,
l’eletto e l’amato, che sta per morire per fedeltà al Padre
perché il mondo creda che Dio è solo Amore e accolga questo
Amore.
3)
La verginità consacrata e la Trasfigurazione.
Pregare
questo Amore non è solamente parlare al proprio Padre, è
“uno slancio del cuore, è un semplice sguardo gettato verso il
cielo, è un grido di riconoscenza e di amore, nella prova come nella
gioia” (Santa Teresa di Gesù Bambino, Manoscritto C, 25r).
In effetti, la preghiera è prima di tutto, relazione amorosa dei
figli di Dio con il loro Padre infinitamente buono, con il Figlio suo
Gesù Cristo e con lo Spirito Santo (cfr. Catechismo della Chiesa
Cattolica, 2565).
La
vita di preghiera o la vita di pietà consiste nel vivere in una
consuetudine d’amore obbediente a Dio. Certo questa vita si traduce
in esercizi o pratiche di pietà, e implica vivere in comunione con
Dio come si vivono i rapporti abituali della nostra vita, quelli con
i familiari e gli amici più cari e veri. Anzi è la comunione con
il Signore che dona luce a tutte le altre nostre relazioni.
Questa
comunione con Dio è vissuta e testimoniata un modo particolare dalle
Vergini nel mondo che si sono consacrate con Cristo in modo sponsale.
Cosa vuol dire essere “sposa di Cristo”?. “Essere sposa di
Cristo – scrive Santa Elisabetta della Trinità - vuol dire avere
tutti i diritti sul suo Cuore. E’ un cuore per tutta la
vita. È un vivere... sempre con. E’ riposare totalmente in
lui e permettergli di riposare totalmente nella nostra anima. E’
non sapere altro che amare; amare adorando, amare riparando, amare
pregando, domandando, dimenticandosi; amare sempre sotto tutte le
forme. Essere sposa è avere gli occhi nei suoi occhi, il pensiero
affascinato da Lui, il cuore tutto preso, tutto invaso, come fuori di
sé e passato in Lui, l’anima piena della sua anima, piena della
sua preghiera, tutto l’essere catturato e donato. E’ fissarlo
sempre con lo sguardo, per sorprendere il minimo desiderio; è
entrare in tutte le sue gioie, condividere tutte le sue tristezze.
Vuol dire essere feconda, corredentrice, generare anime alla grazia,
moltiplicare figli adottivi del Padre, i riscattati da Cristo, i
coeredi della sua gloria”.
Nel
contesto del Vangelo di oggi, verginità consacrata indica il
completo dono di sé a Cristo, il quale mostra che la vera preghiera
consiste nell’unire la nostra volontà a quella del Padre,
lasciarsi trasfigurare da Lui e non evadere dalla realtà del mondo e
dalle responsabilità che ciò comporta, ma assumerle fino in fondo,
confidando nell’amore fedele e inesauribile del Signore.
Le
Vergini consacrate sono, infine, chiamate ad essere testimoni
speciali di Cristo trasfigurato, mediante una vita di preghiera e di
lavoro carica di silenzio per non soffocare con le proprie parole e i
rumori della vita, la Parola trasfigurante di Dio, per non rivestire
di falsa gloria la Gloria di Colui che si manifesta nello scandalo
della Croce, per annunciare l’Amore di Colui che si dona al mondo
per trasfigurarlo con la sua misericordia.
1 Il monte come luogo della particolare vicinanza di Dio; di nuovo dobbiamo pensare ai vari monti della vita di Gesù come a un tutt'uno: il monte della tentazione, il monte della sua grande predicazione, il monte della preghiera, il monte della trasfigurazione, il monte dell'angoscia, il monte della croce e infine il monte dell'ascensione; su di esso il Signore - in contrasto con l'offerta del dominio sul mondo in virtù del potere del demonio - dichiara: «Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra» (Mt 28,18). Sullo sfondo si stagliano però anche il Sinai, l'Oreb, il Moria - i monti della rivelazione dell'Antico Testamento, che sono tutti al tempo stesso monti della passione e monti della rivelazione e, dal canto loro, rimandano, anche al monte del tempio su cui la rivelazione diventa liturgica. (Benedetto XVI – Joseph Ratzinger, Gesù di Nazareth, Cap. sulla Trasfigurazione)
Lettura
Patristica
San
Pietro il Venerabile (1092
-1156)
Sermo
1, passim
"La
sua faccia divenne come il sole"
Che
meraviglia che la sua faccia sia diventata come il sole, se egli è
il Sole? Che c’è di strano che la faccia del Sole diventi come il
sole? Era il Sole, ma nascosto sotto una nube; rimossa la nube, ecco
che splende. Che cosa è questa nube che viene rimossa? Non proprio
la carne, ma la debolezza della carne, che viene rimossa per un
istante. È la nube della quale il Profeta disse: "Ecco
il Signore sale sopra una nube leggera"
(Is
19,1).
La nube-carne che cela la divinità; leggera, perché non appesantita
da colpe. Nube che cela lo splendore divino; leggera, sollevata
anch’essa agli eterni splendori. Nube, perché come si legge nel
Cantico: "Alla
sua ombra, cui anelavo, mi siedo"
(Ct
2,2);
leggera, perché è la carne dell’Agnello che porta via i peccati
del mondo. Portati via questi! il mondo s’innalza fino al cielo.
Coperto da questa nube della carne il Sole, non questo sole che sorge
per i buoni e per i cattivi, ma il Sole di giustizia, che sorge solo
per quelli che temono Dio. Oggi però, sebbene coperta da questa nube
di carne la luce che illumina ogni uomo ha manifestato il suo
splendore, glorificando anche la sua carne e mostrandola deificata
agli apostoli e, attraverso gli apostoli, a tutto il mondo. Della
contemplazione di questo Sole anche tu, Città beata, godrai in
eterno, quando, discesa dal cielo, sarai ornata come sposa preparata
da Dio per il suo sposo. Questo Sole non tramonterà più per te,
esso ti stende un eterno mattino sereno. Questo Sole non sarà più
coperto di nubi, ma rifulgendo sempre ti ravviva di luce incessante.
Questo Sole non ti acceca, ma ti aiuta a vedere, t’invade di divino
fulgore. Questo Sole non conosce eclissi, perché il suo fulgore non
viene interrotto da nessun tuo dolore; perché "non
ci sarà più né morte, né lutto, né dolore, né grida"
che possano oscurare lo splendore a te dato da Dio perché, come fu
detto a Giovanni: "Queste
cose ormai sono passate"
(Ap
21,4).
Questo è il Sole del quale il Profeta disse: "Non
sarà il sole a farti luce di giorno, né la luna t’illuminerà di
notte, ma il Signore tuo Dio sarà la tua luce eterna"
(Is
60,19).
Questa è la tua luce eterna, che viene dalla faccia del Signore.
Senti la voce del Signore, senti la fulgente faccia del Signore;
nella faccia, per cui uno è riconosciuto, riconoscete la sua
illuminazione. Qui lo credi per fede, lì lo vedrai. Qui vien
compreso per intelligenza, lì lo vedrai in se stesso.
Qui
vedi attraverso uno specchio e in immagini, li lo vedrai a faccia a
faccia (1Co
13,12).
Allora davvero, com’egli ti conosce, sarai irraggiato dal suo
eterno splendore, ne sarai felicemente illuminato, gloriosamente
illustrato. Allora sotto lo splendore del volto di Dio, si avvererà
ciò che il Profeta desiderava: "Faccia
risplendere il suo volto sopra di noi"
(Ps
66,2).
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