venerdì 22 gennaio 2016

Parola di liberazione, piena di misericordia.

Rito Romano
III Domenica del Tempo Ordinario – Anno C – 24 gennaio 2016
Ne 8,2-4.5-6.8-10; Sal 18; 1Cor 12,12-30; Lc 1,1-4; 4,14-21


Rito Ambrosiano
III Domenica dopo l’Epifania
Nm 13, 1-2. 17-27; Sal 104; 2Cor 9, 7-14; Mt 15, 32-38


1) L’Oggi di Gesù: l’Oggi della misericordia.
Oggi la Liturgia ci fa ascoltare due brani del Vangelo di san Luca.
Il primo (Lc 1,1-4) è la frase con cui in modo sintetico san Luca informa Teofilo (che vuol dire l’amato da Dio e l’amico di Dio) di aver scritto con cura il suo Vangelo per raccontare quello che Gesù ha detto e fatto.
Il secondo (Lc 4,14-21) propone la narrazione dell’inizio del ministero pubblico di Gesù. Nel Vangelo di Luca questo discorso “programmatico” di Gesù ha la stessa funzione del Discorso della Montagna in Matteo: è la nuova Magna Charta del Cristianesimo, affidata a Teofilo, quindi a ciascuno di noi, chiamati ad ascoltare la Parola del Signore, ad essere suoi amici e a testimoniare l’amore misericordioso di Dio verso ogni uomo.
Oggi, risuona in Chiesa, durante la Messa, il commento alla profezia di Isaia che Gesù fece circa due millenni fa nella sinagoga di Nazareth: “Oggi si sono compiute le parole di questo libro che voi avete udito con i vostri orecchi” (Lc 4, 21). Immedesimiamoci nella scena, entrando anche noi nella Sinagoga di Nazareth, così possiamo assistere spiritualmente ad un fatto storico di importanza capitale. Il Messia si alza, prende nelle sue mani il rotolo di Isaia e trova subito il passo, dove è scritto: “Lo Spirito del Signore è sopra di me…”. Terminata la lettura di questo brano del profeta Isaia, Gesù si siede (vale a dire si mette in cattedra come Maestro) e in un silenzio carico di attesa insegna: “Oggi questa Scrittura si è compiuta”. Anche noi, come i suoi concittadini, restiamo stupefatti dalla conclusione che Cristo ricava da questa profezia di Isaia e credo che sia lecito immaginare che quando Gesù disse: “Oggi …”(che ho citato poco sopra), Lui abbia indicato con l’indice della mano la sua persona. Lui è il compimento di tutte le Scritture. La sua presenza fra gli uomini dà inizio all’anno di grazia. Da quel momento in poi i segni della misericordia e della vicinanza di Dio accanto a chi è povero, cieco e prigioniero, cioè a tutti quelli che sono nel bisogno, saranno sempre più evidenti.
San Cirillo d’Alessandria afferma che “l’oggi”, posto tra la prima e l’ultima venuta di Cristo, è legato alla capacità del credente di ascoltare e ravvedersi (cfr PG 69, 1241). Ma, in un senso ancora più radicale, è Gesù stesso “l’oggi” della salvezza nella storia, perché porta a compimento la pienezza della redenzione. Il termine “oggi” è molto caro a san Luca (cfr. 19,9; 23,43) per insegnare che Gesù è il salvatore. Già nei racconti dell’infanzia, questo Evangelista narra le parole dell’angelo ai pastori: “Oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, Cristo Signore” (Lc 2,11). “Prima di parlare di Dio e con Dio, occorre ascoltarlo, e la liturgia della Chiesa è la “scuola” di questo ascolto del Signore che ci parla. Infine, ci dice che ogni momento può divenire un “oggi” favorevole per la nostra conversione. Ogni giorno può diventare l’oggi salvifico, perché la salvezza è storia che continua per la Chiesa e per ciascun discepolo di Cristo. Questo è il senso cristiano del carpe diem” (Benedetto XVI), che paganamente è il tentativo di attaccarsi all’attimo fuggente e che cristianamente è il cogliere l’oggi in cui Dio ci chiama per donarci la salvezza.
Chiediamo a Maria, Madre della Misericordia, la grazia di riconoscere e accogliere, in ogni giorno della nostra vita, la presenza di Dio, Salvatore nostro e di tutta l’umanità. Questo sarà per noi come ricevere una nuova evangelizzazione. In quest’Anno Santo della misericordia Papa Francesco ci invita a ricercare l’oggi di Dio, del suo amore, della sua misericordia per ogni uomo, si tratta di vivere il tempo della grazia ( nel Vangelo in greco kairós), il tempo opportuno dell’incontro con Dio che cerca i suoi figli, che li insegue per donare loro tutto il suo amore di Padre, quasi non potesse essere felice senza di loro. Nel linguaggio biblico, kairós indica proprio la qualità positiva del tempo, è il momento favorevole e propizio, quello scelto da Dio per manifestare la sua misericordia.


2) L’Oggi degli evangelizzatori di misericordia.
Al giorno d’oggi, risuona per noi e in noi l’annuncio della lieta notizia che Dio è Amore Misericordioso, buono, affettuoso sollecito. Essendo Padre, ama stare con i suoi figli e il suo amore non viene mai meno: è “misericordioso”, poiché la caratteristica della bontà di Dio è di “donare i suoi benefici a coloro che egli ama”.
Accogliere l’Amore Misericordioso portato da Gesù vuol dire, allora, aderire ad un “mondo nuovo”, in cui viviamo nella Misericordia un rapporto filiale con Dio e fraterno tra di noi. Dio è diventato uno di noi, affinché noi potessimo essere con Lui, diventare simili a Lui.
Chi è stato evangelizzato da questa esperienza di misericordia, che è la giustizia di Dio che ricrea, a sua volta deve evangelizzare. Chi è stato evangelizzato da questa esperienza: “Dio ci ama e ci ama di Amore Misericordioso”, ha conosciuto davvero questo Dio di misericordia e, a sua volta, deve portare nel mondo l’annuncio cristiano che Dio è “ricco di misericordia” (Ef 2, 4), è un Padre, che ci capisce e che ci ha mandato suo Figlio, fattosi carne come noi per dirci che siamo figli della misericordia.
In questo oggi di misericordia, il comportamento più giusto che dobbiamo assumere nei confronti di Dio e soprattutto verso Dio Amore Misericordioso, è quello di abbandonarci in Lui. L’abbandonarsi nelle mani di Dio ci permette di lasciarci abbracciare dalla Sua misericordia che da forza e ricrea un cuore nuovo.
In effetti, l’Amore Misericordioso redime trasformando il nostro cuore e rendendoci persone nuove, perché non c’è umanità nuova, se prima non ci sono uomini nuovi nel cuore.

3) Misericordia e Verginità.
Nella Chiesa c’è una vocazione che aiuta tutti i cristiani a riscoprire il vero senso della misericordia di Dio ed è quella della verginità. Chi come le vergini nel mondo si consacrano a Dio, in totale abbandono, mostrano come sia possibile entrare in una nuova dimensione dei rapporti con Dio e con gli uomini: quella della conoscenza della gratuità di Dio e dell’amore disinteressato di Cristo per ognuno di noi, così come siamo. Tutta la storia biblica è segnata da questo amore fedele di Dio e della sua misericordia, della sua compassione. Persino quando annunciano le peggiori punizioni, i profeti non mancano mai di ricordare che il cuore di Dio è sempre pronto a staccarsi dalla sua collera di Padre tradito: “Per un breve istante ti ho abbandonata, ma ti riprenderò con immenso amore. In un impeto di collera ti ho nascosto per un poco il mio volto; ma con affetto perenne ho avuto pietà di te, dice il tuo redentore, il Signore” (Is 54, 7-8). Dio non conserva rancore per l’uomo, il suo essere misericordioso lo porta al desiderio perenne che l’uomo viva: “Quale Dio è come te, che togli l’iniquità e perdoni il peccato al resto della tua eredità; che non serbi per sempre l’ira, ma ti compiaci di usare misericordia” (Mic 7, 18-20).
Le persone consacrate sono chiamate in modo particolare ad essere testimoni di questa misericordia del Signore, nella quale ogni essere umano trova la propria salvezza. Loro tengono viva l’esperienza del perdono di Dio, perché hanno la consapevolezza di essere persone salvate, di essere grandi quando si riconoscono piccole, di sentirsi rinnovate ed avvolte dalla santità di Dio quando riconoscono il proprio peccato. Per questo, anche per l’umanità di oggi, la vita consacrata rimane una scuola privilegiata della «compunzione del cuore», del riconoscimento umile della propria miseria, ma, parimenti, rimane una scuola della fiducia nella misericordia di Dio, nel suo amore che mai abbandona. In realtà, più ci si avvicina a Dio, più si è vicini a Lui, più si è utili agli altri.
Aggiungo un riflessione finale, che ritengo importante. Le vergini consacrate rendono vicini l’esempio di Maria Vergine di Misericordia. Fin dall’11° secolo, la Madonna fu riconosciuta madre di misericordia, perché fin dall’ora era chiara la verità del profondo, intimo legame tra il suo essere Madre di Dio e Madre di ciascuno di noi. La misericordia é una qualità dell’amore materno. Il Figlio Gesù fu da lei generato perché fosse la misericordia dell’umanità e Maria diffuse e diffonde questa misericordia con amore di Madre, di generazione in generazione. Le vergini consacrate nel mondo testimoniano che ancora oggi la Madonna non solo è rifugio di misericordia, ma modello di misericordia e che la nuova famiglia dei figli di Dio non è fondata “sulla carne e sul sangue”, ma sulla grazia di un amore completamente donato a Dio

Lettura Patristica
Origene
In Luc., 32, 2-6


       Quando tu leggi: «E insegnava nelle loro sinagoghe e tutti celebravano le sue lodi», stai attento a non credere che soltanto quelli siano stati felici, mentre tu sei stato privato del suo insegnamento. Se la Scrittura è la verità, Dio non ha parlato soltanto allora nelle assemblee giudee, ma anche oggi parla in questa nostra assemblea; e non soltanto qui, nella nostra Chiesa, ma anche in altri consessi e in tutto il mondo Gesù insegna, cercando gli strumenti per trasmettere il suo insegnamento. Pregate dunque affinché egli trovi anche in me uno strumento idoneo e ben disposto a parlare di lui. Così, come Dio onnipotente, cercando dei profeti, al tempo in cui gli uomini avevano bisogno delle profezie, trovò per esempio Isaia, Geremia, Ezechiele, Daniele; del pari Gesù cerca strumenti con cui trasmettere la sua Parola, e ammaestrare i popoli nelle loro sinagoghe ed essere glorificato da tutti. Oggi Gesù è «più glorificato da tutti» che non in quel tempo in cui era conosciuto in una sola regione.

       "Poi venne a Nazaret, ove era stato allevato, entrò, secondo il costume, nel giorno di sabato nella sinagoga e si alzò per fare la lettura. Gli fu dato il libro del profeta Isaia, e, sfogliando il libro, trovò il passo in cui era scritto: lo Spirito del Signore è su di me, per questo mi ha unto" (Lc 4,16-18). Non è per caso, ma per intervento della provvidenza di Dio, che Gesù sfoglia il libro e trova nel testo il capitolo che profetizzava a suo riguardo. Se sta scritto infatti che «nessun uccello cade nella rete senza la volontà del Padre»; e se «i capelli della testa» degli apostoli "sono tutti contati" (Lc 12,6-7), sarebbe forse un effetto del caso che quella scelta sia caduta proprio sul libro di Is e non su un altro, e il passo da leggere sia stato non un altro, ma questo che esprime il mistero del Cristo: «Lo Spirito del Signore è su di me, per questo egli mi ha unto»? È infatti Cristo che commenta questo testo e bisogna quindi pensare che niente sia avvenuto secondo il gioco del caso o della fantasia, ma tutto si svolse secondo il disegno della provvidenza di Dio.

       Consideriamo il senso delle parole del Profeta e, dopo, l’applicazione che di esse fa Gesù a proprio riguardo nella sinagoga. Dice: "Mi ha inviato a portare la buona novella ai poveri" (Lc 4,18). I poveri raffigurano i Gentili. Infatti essi erano poveri, dato che non possedevano assolutamente niente, né Dio, né la legge, né i profeti, né la giustizia, né le altre virtù. Per quel motivo Dio lo ha inviato come messaggero presso i poveri? "Per annunziare agli schiavi la liberazione". Noi fummo prigionieri, e per tanti anni Satana ci ha tenuti incatenati, schiavi e soggetti a sé; è venuto Gesù «ad annunziare la liberazione ai prigionieri "e a dare ai ciechi la vista"». È appunto per la sua parola, e per la predicazione della sua dottrina, che i ciechi vedono. Il termine «predicazione» va logicamente riferito apò koinoù non soltanto «ai prigionieri», ma anche «ai ciechi».

       "E a restituire la libertà agli oppressi" (Lc 4,18). C’è un essere più oppresso e più mortificato dell’uomo, che da Gesù è stato liberato e guarito?

       "A proclamare l’anno di grazia del Signore" (Lc 4,19 Is 61,2). Secondo una pura e semplice interpretazione letterale, alcuni intendono che il Salvatore ha annunziato il vangelo in Giudea durante un anno, e che questo è il significato della frase: «proclamare l’anno di grazia del Signore "e il giorno della ricompensa"». Ma forse la Santa Scrittura nella frase «proclamare l’anno del Signore» ha voluto nascondere un mistero. Diversi saranno i giorni futuri, non paragonabili a quelli che vediamo oggi nel mondo; ed anche i mesi saranno diversi e diverso il calendario. Se dunque i tempi saranno tutti rinnovati, nuovo sarà nel futuro l’anno del Signore portatore di grazia. Queste cose ci sono state annunziate affinché, dopo essere passati dalla cecità alla chiara visione e dalla schiavitù alla libertà, guariti dalle nostre molteplici ferite, noi perveniamo «all’anno di grazia del Signore».

       Gesù, dopo aver letto queste parole, "ripiegandolo restituì il libro al ministro e si pose a sedere. E gli occhi di tutti nella sinagoga erano fissi in lui" (Lc 4,20). Anche ora, se lo volete, in questa sinagoga, in questa nostra assemblea gli occhi vostri possono fissare il Salvatore. Quando voi riuscite a rivolgere lo sguardo più profondo del vostro cuore verso la contemplazione della Sapienza, della Verità e del Figlio unico di Dio, allora i vostri occhi vedranno Gesù. Felice assemblea quella di cui la Scrittura testimonia che «gli occhi di tutti erano fissi in lui». Come desidererei che questa nostra assemblea potesse ricevere una simile testimonianza, cioè che tutti voi, catecumeni e fedeli donne, uomini e fanciulli aveste gli occhi, non gli occhi del corpo ma quelli dell’anima, rivolti a guardare Gesù! Quando voi vi volgerete verso di lui, dalla sua luce e dal suo volto i vostri volti saranno fatti più chiari, e potrete dire: "Impressa su di noi è la luce del tuo volto, o Signore" (Ps 4,7), "cui appartengono la gloria e la potenza nei secoli dei secoli. Amen" (1P 4,11).




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