Anno C - 10 gennaio
2016
Rito Romano
Is 40,1-5.9-11; Sal
103; Tt 2,11-14;3,4-7; Lc 3,15-16.21-22
Rito Ambrosiano
Is 55, 4-7; Sal 28; Ef
2,13-22; Lc 3,15-16. 21-22
1) Battesimo di
gioia e di misericordia.
Con
la festa del Battesimo di Gesù la Liturgia di questa domenica
continua l’Epifania (= manifestazione) di Cristo. Prolungando il
mistero dell’Epifania in cui Figlio di Dio si manifestò bambino ai
Magi venuto ad adorarLo a Betlemme, oggi siamo chiamati a fare
memoria di Cristo adulto che è battezzato da Giovanni il Battista.
Cristo “fu battezzato, è vero, come
uomo: ma assunse su di sé i peccati come Dio; non perché avesse
bisogno di purificazione, ma affinché dalle acque stesse arrecasse
la santità” (S. Gregorio di Nazianzo, Orazione, 29, 19-20).
Questa
epifania di Gesù ha come testimone non solo Giovanni il Battista, i
discepoli di questi e i peccatori che erano andati a ricevere il
battesimo di penitenza, ma la Santa Trinità: il
Padre (l’Amante) - la voce dall’alto - rivela in Gesù il Figlio
Unigenito (l’Amato) a Lui consustanziale, e tutto ciò si compie in
virtù dello Spirito Santo (l’Amore), che scende sul Messia sotto
forma di colomba.
Infatti,
nel momento in cui, uscito dall’acqua
del Giordano, Gesù è raccolto in preghiera, lo Spirito Santo
discende su di Lui come una colomba e, apertosi il cielo, si sente la
voce del Padre, che dall’alto dice a
Gesù: “Tu
sei il Figlio mio, l’amato, in te mi sono compiaciuto1”
(Lc 3, 22). Questa
compiacenza di Dio è qualcosa di profondo, non credo si possa
ridurre a una specie di convergenza di sentimenti o identità di
vedute. La compiacenza di Dio è proprio uno specchiarsi, un
identificarsi del Padre nel Figlio.
La prima conseguenza
“pratica” per noi è quella di fare nostra la preghiera, con la
quale il Sacerdote inizia la Messa di questa domenica: “Onnipotente
ed eterno Dio, che dopo il battesimo nel fiume Giordano proclamasti
il Cristo tuo diletto Figlio, mentre discendeva su di lui lo Spirito
Santo concedi ai tuoi figli, rinati dall'acqua e dallo Spirito, di
vivere sempre nella tua ‘gioia amorosa e benevolente2’”
(trad. it. mia ). Così facendo, la festa del Battesimo di Gesù non
sarà per noi solo un momento in cui ci mettiamo all’ascolto del
suo Vangelo di gioia, ma anche un invito ad essere testimoni di
Cristo con un’esistenza vissuta nella gioia, perché nel Figlio
siamo figli, siamo amati e perdonati.
2) Epifania
della Trinità.
Secondo San Girolamo
tre sono le ragioni per cui Gesù si fa battezzare da Giovanni: “La
prima, perché essendo nato uomo come gli altri deve rispettare la
Legge con giustizia e umiltà. La seconda, per dimostrare col suo
battesimo l’efficacia del battesimo di Giovanni. La terza, per
mostrare, santificando le acque del Giordano per mezzo della discesa
della colomba, l’avvento dello Spirito Santo nel lavacro dei
credenti (Commento a Mt 1,3,13). Però è importante tenere presente
anche altri due insegnamenti che si possono ricavare da questa festa.
Il primo è che, facendosi battezzare da Giovanni insieme con i
peccatori, Gesù ha iniziato a prendere su di sé il peso della colpa
di tutta l’umanità, come Agnello di Dio che “toglie”
(letteralmente: “che prende su di sé”) il peccato del mondo
(cfr. Gv 1,29). Il secondo è che con il suo battesimo nel Giordano,
Gesù ci rivela il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, che scendono
tra gli uomini e manifestano il loro amore ricco di misericordia che
perdona e ricrea.
Dunque, l’evento del
battesimo di Cristo3
non è solamente rivelazione della sua figliolanza divina e della sua
incarnazione, ma è anche rivelazione della Trinità: “Il Padre
nella voce, il Figlio nell’uomo, lo Spirito nella colomba”
(Sant’Agostino, In Io. Ev. tr. 6, 5). A questo riguardo Cromazio di
Aquileia dice: “Che grande mistero in questo Battesimo celeste! Il
Padre si fa sentire dal cielo, il Figlio appare sulla terra, lo
Spirito Santo si manifesta sotto forma di colomba: non si può
parlare, infatti, di vero Battesimo, né di vera remissione dei
peccati dove non sia la verità della Trinità, né si può concedere
la remissione dei peccati ove non si creda alla Trinità perfetta
(Discorso 34, 1-3).
Quindi, ecco una
seconda conseguenza “pratica”: facciamo nostra la preghiera di
sant’Ilario di Poitiers: “Conserva incontaminata questa fede
retta che è in me e, fino al mio ultimo respiro, dammi ugualmente
questa voce della mia coscienza, affinché io resti sempre fedele a
ciò che ho professato nella mia rigenerazione, quando sono stato
battezzato nel Padre, nel Figlio e nello Spirito Santo” (De
Trinitate, XII, 57, CCL 62/A, 627). Quando una persona è battezzata
nel nome di Dio Padre, Figlio e Spirito Santo, è immersa in Dio. E
“chi è immerso in Dio, è vivo, perché Dio – dice il Signore –
è un Dio non dei morti, ma dei vivi, e se è Dio di questi, è Dio
dei vivi; i vivi sono vivi perché stanno nella memoria, nella vita
di Dio. E proprio questo succede nel nostro essere battezzati:
diventiamo inseriti nel nome di Dio, così che apparteniamo a questo
nome e il Suo nome diventa il nostro nome e anche noi potremo, con la
nostra testimonianza essere testimoni di Dio, segno di chi è questo
Dio, nome di questo Dio” (Benedetto XVI, Lectio divina,11
luglio 2012).
3) Battesimo e
Consacrazione.
La missione di Cristo
si riassume in questo: battezzarci nello Spirito Santo, per liberarci
dalla schiavitù della morte e “aprirci il cielo”, l’accesso
cioè alla vita vera e piena, che sarà “un sempre nuovo immergersi
nella vastità dell'essere, mentre siamo semplicemente sopraffatti
dalla gioia” (Benedetto XVI, Spe salvi, 12).
Dunque potremmo dire
che basta il battesimo per essere buoni cristiani e non è necessaria
una ulteriore consacrazione, come, per esempio quella delle vergini
consacrate nel mondo. A questo riguardo, Papa Francesco precisa:
“Tutti siamo consacrati a Lui mediante il Battesimo. Tutti siamo
chiamati ad offrirci al Padre con Gesù e come Gesù, facendo della
nostra vita un dono generoso, nella famiglia, nel lavoro, nel
servizio alla Chiesa, nelle opere di misericordia. Tuttavia, tale
consacrazione è vissuta in modo particolare dai religiosi, dai
monaci, dai laici consacrati, che con la professione dei voti
appartengono a Dio in modo pieno ed esclusivo. Questa appartenenza al
Signore permette a quanti la vivono in modo autentico di offrire una
testimonianza speciale al Vangelo del Regno di Dio. Totalmente
consacrati a Dio, sono totalmente consegnati ai fratelli, per portare
la luce di Cristo là dove più fitte sono le tenebre e per
diffondere la sua speranza nei cuori sfiduciati” (2 febbraio 2014).
Se poi guardiamo alla
Vergini consacrate nel mondo vediamo che esse “sono segno di Dio
nei diversi ambienti di vita, sono lievito per la crescita di una
società più giusta e fraterna, sono profezia di condivisione con i
piccoli e i poveri. Così intesa e vissuta, la vita consacrata ci
appare proprio come essa è realmente: è un dono di Dio, un dono di
Dio alla Chiesa, un dono di Dio al suo Popolo. Ogni persona
consacrata è un dono per il Popolo di Dio in cammino” (Id.).
La Chiesa e il mondo
hanno bisogno di questa testimonianza dell’amore e della
misericordia di Dio. I consacrati, i religiosi, le religiose sono la
testimonianza che Dio è buono e misericordioso. Per questo, Papa
Francesco ha voluto un anno dedicato alla vita consacrata. (30
novembre 2014 - 2 febbraio 2016)
Chi si consacra, si
impegna a mostrare nella propria vita e ad anticipare quegli
atteggiamenti di vita, quelle forme di umanità che in Paradiso tutti
vivremo. Intanto, su questa Terra, abbiamo bisogno di testimoni che
mostrino che è possibile riservare completamente la propria vita a
Cristo, perché Dio si riveli e compia la sua missione di amore e di
misericordia.
L’amore consacrato
nella verginità è “tenere le braccia aperte a tutti senza mai
rinchiuderle per stringere a sé qualcuno” (Fr. Roger di Taizé),
è chiudere le braccia per mettere le mani giunte in preghiera e
confidare a Dio le persone che si amano. In effetti, la verginità è
un valore quando è amore casto, che apre all’Amore ed è
illuminata dall’Amore. Sull’esempio delle persone vergini le
famiglie avranno le porte e il cuore spalancati all’amore.
1 Nel verbo “compiacersi” come nel sostantivo “compiacimento” c’è l’idea di gioia. E’ come se Dio dicesse: “Tu, figlio mio, mi piaci, ti guardo e sono felice”. Si realizza poi in noi quello che Isaia aveva intuito, l’esultanza di Dio per me, per te: come gode lo sposo l’amata così di te avrà gioia il tuo Dio (Is 62,5). Si veda anche la nota 2.
2 Traduco con “gioia” la parola beneplacitum perché in latino non vuole dire solo “compiacimento” tanto è vero che la traduzione ufficiale liturgica usa il termine “amore”.Beneplacitum è la traduzione della parola greca “eudochìa”, che ha questi significati : 1. Buona volontà, intenzione benevolente, benevolenza; 2. Delizia, piacere, soddisfazione; 3. Desiderio. Si trova 9 volte nel Nuovo Testamento ed ogni volta è tradotta con sfumature diverse secondo il contesto, ma riconducibile a quelle citate.
3 Messia in greco si traduce con “Cristo” e in italiano con “Unto”, ma non dimentichiamo Gesùnon fu unto con l’olio alla maniera dei re e dei sommi sacerdoti d'Israele, ma con lo Spirito Santo.
Lettura Patristica
Cromazio di Aquileia
Sermo 34, 1-3
In
questo giorno, come abbiamo appena udito mentre veniva letta la
divina lettura, il Signore e Salvatore nostro fu battezzato da
Giovanni nel Giordano e perciò si tratta di una solennità non da
poco, ma anzi grande e assai grande. Quando infatti nostro Signore si
è degnato di ricevere il Battesimo, lo Spirito Santo scese su di lui
in forma di colomba e si udi la voce del Padre che diceva: "Questi
è il Figliolo mio diletto in cui mi sono compiaciuto"
(Mt
3,17).
Oh,
che grande mistero in questo Battesimo celeste! Il Padre si fa
sentire dal cielo, il Figlio appare sulla terra, lo Spirito Santo si
manifesta sotto forma di colomba: non si può parlare infatti di vero
Battesimo, né di vera remissione dei peccati dove non sia la verità
della Trinità, né si può concedere la remissione dei peccati ove
non si creda alla Trinità perfetta. L’unico e vero Battesimo è
quello della Chiesa, che è dato una sola volta: in esso veniamo
immersi un’unica volta e ne usciamo puri e rinnovati; puri perché
ci liberiamo dalla sozzura dei peccati, rinnovati perché risorgiamo
a nuova vita, dopo aver deposto la decrepitezza del peccato. Questo
lavacro del Battesimo rende l’uomo più bianco della neve, non
nella pelle del suo corpo, ma nello splendore del suo spirito e nel
candore della sua anima. I cieli pertanto si aprirono al Battesimo
del Signore, per mostrare che il lavacro della rigenerazione spalanca
ai credenti il regno dei cieli, secondo quella sentenza del Signore:
"Nessuno,
se non rinasce dall’acqua e dallo Spirito Santo, può entrare nel
regno dei cieli"
(Jn
3,5).
Vi entra dunque chi rinasce e chi non trascura di custodire la grazia
del proprio Battesimo; e così, per contro, non Vi entra chi non sia
rinato.
Poiché
nostro Signore era venuto a donare un nuovo Battesimo per la salvezza
del genere umano e per la remissione di tutti i peccati, si degnò di
ricevere egli stesso per primo il Battesimo, non per deporre i
peccati, lui che non aveva commesso peccato, ma per santificare le
acque del Battesimo allo scopo di cancellare i peccati di tutti i
credenti rinati nel Battesimo. Egli dunque fu battezzato nelle acque,
perché noi fossimo lavati di ogni nostro peccato per mezzo del
Battesimo.
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