II Domenica del Tempo
Ordinario - Anno C - 17 gennaio 2016
Rito Romano
Is 62,1-5; Sal 95; 1Cor
12,4-11; Gv 2,1-12
Rito Ambrosiano
Est 5,1-1c.2-5; Sal 44;
Ef 1,3-14; Gv 2,1-11
II Domenica dopo
l’Epifania
1)
La terza epifania nel settimo giorno.
Dopo averci fatto
celebrare – domenica scorsa - il battesimo di Gesù nel Giordano,
oggi la Liturgia ci propone la memoria delle nozze di Cana, dove
Cristo si manifesta cambiando l’acqua in vino.
E’ la terza epifania
(=manifestazione) di Gesù, che l’inno e l’antifona dei Vespri
dell'Epifania affiancano a quella dei Re Magi e a quella del
battesimo di Gesù al Giordano. A Betlemme, il
Messia si manifesta come Figlio di Dio che inizia la sua vita terrena
portando la luce ed è adorato dai Magi. Al Giordano, battezzato da
Giovanni, è manifestato da Dio Padre che lo indica come il suo
Figlio prediletto, l’Amato, che inizia il suo ministero di perdono.
A Cana di Galilea, alla festa di nozze, mutando
l’acqua in vino nuovo, manifesta la sua gloria per aiutare la fede
dei discepoli, mettendosi a servizio dell’amore umano da Lui
purificato e redento.
La
presenza di Gesù alle nozze di Cana è collocata dall’evangelista
Giovanni al settimo giorno
dall’inizio dell’attività pubblica del Battista (Gv 1,19-28),
“l’amico dello sposo”(Gv
3,29), che prepara l’incontro con Cristo. E’ così stabilita una
settimana1
particolare che rimanda al primo capitolo del libro della Genesi: il
racconto della creazione del mondo che Dio fece in sei giorni, dopo
dei quali, creata infine la prima coppia umana, “nel
settimo giorno cessò da ogni suo lavoro” (Gn
2,2). Ma va tenuto presente che se il sabato è
il giorno del riposo, nella Chiesa nascente è successo qualcosa di
inaudito: al posto del Sabato, del settimo giorno, subentra il primo
giorno della settima: la Domenica. Questo giorno del Signore è il
giorno dell’incontro con Dio mediante Gesù Cristo, il quale nel
primo giorno, la Domenica, ha incontrato i suoi come Risorto dopo che
essi avevano trovato vuoto il sepolcro. La struttura della settimana
è ora capovolta. Essa non è più diretta verso il settimo giorno,
per partecipare in esso al riposo di Dio. Essa inizia con il primo
giorno della settima, con il giorno dell’incontro con il Risorto.
Quindi è una festa “attiva”.
Il Vangelo di oggi ci
mostra come Cristo festeggia attivamente il “nuovo Sabato”: il
Figlio di Dio si manifesta nella sua gloria per aiutare la fede dei
suoi discepoli. Partecipando ad una festa
che celebra la bellezza e la gioia di un amore umano di un uomo e una
donna che si uniscono in matrimonio Gesù dà
significato pieno e splendore alla famiglia. Si fa presente a una
festa di nozze, fa un miracolo generoso (600 litri di vino per una
festa che sta per concludersi) che fa in modo che la gioia non si
trasformi in delusione per la mancanza di vino: manifesta un amore
più grande. Ma quale amore? Il suo o quello degli sposi? L’amore
di Gesù e insieme l’amore degli sposi? La risposta è: l’amore
umano nell’amore divino.
2)Una
epifania nuziale.
L’amore nuziale di
due giovani sposi, che celebrano l’inizio della loro vita di
famiglia, si radica nell’amore di Cristo che “celebra” l’inizio
della sua donazione sponsale all’umanità rappresentata in
particolare dai suoi discepoli. Le nozze sono
simbolo dell’alleanza tra l’uomo e Dio, il segno più bello,
quello che l’uomo sperimenta nell’amore: la reciprocità, il
dono, la gioia, l’affidabilità, la compagnia, la tenerezza. “Con
questo “segno” di Cana, Gesù si rivela come lo Sposo messianico,
venuto a stabilire con il suo popolo la nuova ed eterna Alleanza,
secondo le parole dei profeti: ‘Come gioisce lo sposo per la sposa,
così il tuo Dio gioirà per te’ (Is 62,5). E il vino è simbolo di
questa gioia dell’amore; ma esso allude anche al sangue, che Gesù
verserà alla fine, per sigillare il suo patto nuziale con l’umanità”
(Benedetto XVI, 20 gennaio 2013).
Gesù, il Signore
risorto, non manca mai alle nostre feste d’amore e l’amore di
questi due sposi di Cana, nel giorno delle nozze, entra
sorprendentemente nel tempo di Dio e nell’ora di passione e
resurrezione di Gesù.
Quando la festa
dell’amore è celebrata con il sacramento del matrimonio, l’acqua
è trasformata in vino, come a Cana di Galilea, e gli sposi ricevono
in dono da Dio la purificazione e la stabilità del loro amore.
L’amore è meraviglioso e fragile, ma nel sacramento del matrimonio
Dio compie il miracolo di renderlo santo e saldo, fedele e forte per
sfidare il tempo e le difficoltà e per renderlo fecondo.
Come a Cana, Gesù
unisce il cammino degli sposi al Suo cammino di obbedienza amorosa e
fedele al Padre, un’obbedienza che lo condurrà alla croce e alla
gloria.
In quella cittadina di
Galilea, grazie all’amore di due sposi e alla sollecitudine di sua
Madre, Gesù incomincia a manifestare la sua gloria del suo amore:
amore che svelerà in pienezza con la sua Pasqua e che ci lascerà
nel segno della cena eucaristica.
Nutrendosi
dell’Eucaristia, ogni famiglia cristiana partecipa dell’amore di
Cristo e impara ad amare come Lui ci ha amato. Nell’Eucaristia,
come a Cana, l’amore di Gesù compare nel segno del vino, che
riempie il calice dolce della festa e quello amaro della passione,
perché amore è dono e offerta. Dunque, se una famiglia vuole vivere
la pienezza dell’amore, deve imparare sempre di più questo amore,
partecipando al l’Eucaristia, nella quale Gesù offre il suo amore
per noi.
Nella piccola Cana di
Galilea, Gesù dà inizio ai suoi miracoli.
Nella piccola “Cana”
delle nostre famiglie, Cristo compie dei “segni” che, nella fede
e nella preghiera, nell’ascolto reciproco e nel confronto
quotidiano, ognuno di noi può accorgersi che ancora oggi avvengono
miracoli, “segni” piccoli o grandi che Dio mette sul nostro
cammino.
3) Nozze
verginali.
Riferendosi al miracolo
dell’acqua trasformata in vino, il brano del Vangelo di oggi
termina così: “Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni
compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli
credettero in lui” (Gv 2, 12). Con questa frase
conclusiva l’Evangelista San Giovanni sintetizza lo scopo di questo
suo racconto. Il miracolo di Cana ha manifestato per la prima volta
la “gloria” del Messia, e ha prodotto il suo esito, cioè la fede
dei discepoli. Se vogliamo ripetere la stessa esperienza, dobbiamo
lasciarci persuadere dalla Madre Vergine a fare quello che Gesù
dice. Ogni momento della sua vita, ogni desiderio di felicità e di
pienezza potranno essere appagati dal buon vino nuovo del vangelo,
che è il vino della carità: “Cristo ha trasformato l’acqua del
timore nel vino della carità, facendoci figli adottivi e che nello
spirito dicono ‘Abbà, Padre” (San Tommaso d’Aquino, Commento
al Vangelo di Giovanni, cap. 1, lez. 1). Con questo miracolo Gesù
“manifestò la sua gloria, cioè la sua potenza, e i discepoli
credettero in lui. In che senso credettero in lui se erano già suoi
discepoli e, quindi, erano già credenti in lui? Prima credevano in
lui come uomo buono, che insegnava cose buone e giuste. Da quel
momento lo credettero Dio” (Id.).
Cristo, il Figlio di
Dio, è lo sposo, e le vergini consacrate nel mondo “davanti
a tutti i fedeli sono un richiamo di quel mirabile matrimonio operato
da Dio, e che si manifesterà pienamente nel secolo futuro, per cui
la Chiesa ha Cristo come suo unico Sposo” (Perfectae Caritatis,
12). E in questa relazione sponsale che si scopre il valore
fondamentale della verginità in ordine a Dio.
La verità di queste
nozze è manifestata da vari passi del Nuovo Testamento.
Per esempio, Giovanni
il Battista designa Gesù come lo sposo che possiede la sposa, cioè
il popolo che accorre al suo battesimo; mentre lui, il Precursore, si
definisce come “l’amico dello sposo, che è presente e
l’ascolta”, e che “esulta di gioia alla voce dello sposo” (Gv
3, 29).
Anche Gesù parla di
se stesso come lo Sposo preannunciato e atteso: lo Sposo-Messia (cfr.
Mt 9, 15; 22, 2; 25, 1-13; Mc 2, 19-20 e Lc 12, 35-38). Si può
dire che in questo senso è significativo anche il primo miracolo che
Gesù compie a Cana, proprio per un banchetto di nozze (cfr. Gv 2,
1-12).
Gesù Sposo invita a
rispondere al suo dono di amore divino con amore sponsale, che
implica dono e accoglienza reciproca e per sempre.
Va sottolineato, però, che se è vero che tutti
sono chiamati a rispondere con amore2
all’amore, è altrettanto vero che ad alcuni chiede una risposta
più piena, più forte, più radicale: quella della verginità “per
il Regno dei cieli”.
Chi vive la verginità
consacrata non è nella solitudine, ma nella
comunione con Dio in Cristo. In questa unione il Cristo dona tutto se
stesso ad ogni anima verginale e ogni anima verginale dona tutta se
stessa a Cristo, suo Sposo. È per questo che l’Apostolo Paolo
nella verginità riconosce il carisma dell’amore perfetto e
indiviso, della carità totale e feconda. A questo riguardo,
l’esempio eminente è la verginità feconda di Maria, la Madre di
Dio. In Lei più che in tutte le altre creature ha trovato il suo
compimento il mistero dell’Alleanza. Non si dovrebbe mai separare
la maternità di Maria dalla sua verginità, perché è dal dono che
Ella ha fatto di Sé a Dio, nella sua verginità, che è divenuta
Madre di Dio e anche di tutti noi. La vocazione delle Vergini
consacrate è di essere oggi le Spose di Cristo e di continuare
questa fecondità spirituale nell’oggi della Chiesa.
1 In effetti l’Evangelista e Apostolo Giovanni raggruppa i primi episodi del ministero pubblico del Cristo in una settimana:
il primo giorno è riportata la testimonianza del Battista dinanzi all'ambasceria inviata dai capi di Gerusalemme (Gv 1,19-28);
il giorno seguente è descritta l'indicazione del Messia, l'agnello di Dio che toglie il peccato del mondo, l'eletto di Dio che battezza con lo Spirito santo (Gv 1,29-34);
il terzo giorno è narrata la vocazione dei primi discepoli (Gv 1,35-42);
il quarto giorno abbiamo la chiamata di Filippo e l'incontro di Natanaele con Gesù (Gv 1,43-51);
tre giorni dopo avviene il segno del vino durante la festa di nozze (Gv 2,1-12).
In questa settimana inaugurale della manifestazione del Cristo tutto tende verso il passo finale, nel quale l'evangelista dichiara solennemente che “Gesù diede inizio ai segni in Cana di Galilea e rivelò la sua gloria” (Gv 2,11). Il Battista ha preparato quest'opera del Cristo, egli infatti proclama di essere venuto ad amministrare il battesimo d'acqua, affinché il Messia si rivelasse a Israele (Gv 1,31). Il segno del vino costituisce quindi la manifestazione iniziale piena della persona divina di Gesù. Quella gloria propria del Figlio unigenito del Padre (Gv 1,14), fu contemplata per la prima volta dai discepoli a Cana di Galilea (Gv 2,11). Cf. Olsson B.. Structure and Meaning in the Forth Gospel, Lund 1974, 102ss; Panimolle S.A., Lettura pastorale del vangelo di Giovanni, 1, EDB. Bologna 1978. 147s; Serra A., Maria a Cana e presso la croce, Roma 1978, 13ss.
2 Questo amore non è adeguatamente espresso né dal solo matrimonio, né dalla sola verginità. Sono indispensabili le due vocazioni. Il matrimonio, all’interno dello sposalizio Cristo-Chiesa, testimonia la dimensione particolare dell’amore di Dio. La verginità consacrata, all’interno dello stesso sposalizio Cristo-Chiesa, proclama l’universalità dell’amore di Dio, il suo dinamismo, il suo volgersi a tutti, nessuno escluso.
Lettura Patristica
Sant’Agostino
d’Ippona (354 – 430)
Comment. in Ioan.,
8, 6-7
Qual è, allora, il
senso di queste parole del Signore: "Che
c’è fra me e te, o donna"?
Forse ciò che segue può farci capire perché così si sia espresso
il Signore: "L’ora mia non è ancora
venuta". Così dice la risposta tutta
intera: "Che c’è fra me e te, o donna?
L’ora mia non è ancora venuta".
Cerchiamo la ragione di questa risposta. Prima, però, confutiamo gli
eretici.
Che
cosa insinua il serpente, l’antico inoculatore di veleni? Che cosa
dice? Che Gesù non ebbe per madre una donna. Come puoi provarlo? Con
le parole, tu mi dici, del Signore: "Che
c’è fra me e te, o donna"?
Ma, rispondo, chi ha scritto queste parole perché possiamo credere
che ha detto questo? Chi? Giovanni l’evangelista, lo sappiamo
tutti. Ma questo stesso ha detto: "E
c’era la madre di Gesù".
Questo è il racconto, infatti: "Il
terzo giorno si facevano nozze in Cana di Galilea, e c’era la madre
di Gesù; e anche Gesù con i suoi discepoli fu invitato alle nozze"
(Jn
2,1-2).
Abbiamo
qui due affermazioni riportate dall’evangelista. Dice: "C’era
la madre di Gesù";
e ancora lui riferisce le parole di Gesù a sua madre. Ma come ci
riporta la risposta di Gesù? Comincia da prima con il dire: "La
madre di Gesù disse a lui"
(Jn
2,3).
State attenti a queste parole, fratelli; esse sono la difesa della
integrità del vostro cuore contro la lingua del serpente. Lì, nel
medesimo Vangelo, nella narrazione del medesimo evangelista, è
detto: "C’era
la madre di Gesù".
E: "la
madre di Gesù disse a lui".
Chi ci ha narrato questi fatti? Giovanni evangelista. E che cosa
rispose Gesù a sua madre? "Che
c’è fra me e te, o donna"?
Chi ci riporta queste parole? Sempre il medesimo Giovanni
evangelista.
O
evangelista fedelissimo e veracissimo, tu mi racconti che Gesù disse
a sua madre: "Che c’è fra me e te, o
donna"? Perché hai assegnato a Gesù
una madre che egli non riconosce? Tu hai detto infatti, che "c’era
la madre di Gesù", e che "la
madre di Gesù disse a lui" perché non
hai detto piuttosto: c’era Maria, e: Maria disse a lui Tu riporti,
invece, tutte e due le espressioni; sia "la
madre di Gesù disse a lui", sia: "E
Gesù le rispose: Che c’è fra me e te, o donna"?
Perché ciò, se non perché tutte e due le espressioni sono vere?
Quelli, invece, vogliono credere all’evangelista solo quando narra
che Gesù disse a sua madre: "Che c’è
fra me e te, o donna?", e non quando
dice: "C’era la madre di Gesù",
e "la madre di Gesù disse a lui".
Ebbene, chi è che resiste al serpente e possiede la verità, di chi
è il cuore la cui integrità non è corrotta dall’astuzia del
diavolo? Certamente di chi ritiene vero sia che c’era lì la madre
di Gesù, sia che Gesù rispose a quel modo a sua madre.
Se
ancora non comprendi in che senso Gesù disse: "Che
c’è fra me e te, o donna"?,
credi frattanto che Gesù ha detto quelle parole, e le ha dette a sua
madre. Comincia con il credere adorando, e tale fede avrà i suoi
frutti.
Mi
rivolgo a voi, cristiani fedeli: c’era la madre di Gesù? Voi
rispondete: c’era. Come lo sapete? Voi rispondete: lo racconta il
Vangelo. E che cosa risponde Gesù alla madre? Voi dite: "Che
c’è fra me e te, o donna"?
"L’ora
mia non è ancora venuta".
Anche questo, come lo sapete? Voi rispondete: lo racconta il Vangelo.
Che nessuno vi corrompa questa fede, se volete conservare per !o
sposo una casta verginità. Se poi qualcuno vi domanda perché Gesù
rispose a quel modo alla madre, parli pure colui che ne conosce il
motivo, e chi non lo conosce ancora, continui a credere
fermissimamente che Gesù ha risposto veramente così, e che ha
risposto così a sua madre. Questo spirito di pietà gli meriterà
anche di capire il senso di quella risposta, se busserà con la
preghiera e non con le obiezioni, alla porta della verità. Ma stia
in guardia, perché, mentre crede di sapere il motivo di quella
risposta o si vergogna di non saperlo, non sia indotto a credere che
l’evangelista ha mentito dicendo: "c’era
la madre di Gesù";
oppure che Cristo stesso ha sofferto per i nostri peccati una morte
fittizia, ha mostrato delle false cicatrici per la nostra
giustificazione, ed ha egli stesso mentito quando disse: "Se
voi rimanete costanti nella mia parola, sarete davvero miei discepoli
e conoscerete la verità e la verità vi farà liberi"
(Jn
8,31-32).
Perché, se la madre è fittizia, e fittizia la carne, fittizia la
morte, fittizie le piaghe della Passione, fittizie le cicatrici della
Risurrezione; allora non sarà la verità a liberare quelli che
credono in lui, ma piuttosto la falsità. No, tutto al contrario la
falsità ceda alla verità e siano confusi tutti coloro che
vorrebbero sembrare veraci proprio perché si sforzano di dimostrare
Cristo fallace, e non vogliono sentirsi dire: - Non vi crediamo,
perché mentite -, mentre loro vanno dicendo che la verità stessa ha
mentito.
Se
poi domandiamo a costoro come facciano a sapere che Cristo ha detto:
"Che c’è fra me e te, o donna?",
essi rispondono che han creduto al Vangelo. Ma perché allora non
credono al Vangelo, quando dice: "C’era
la madre di Gesù, e la madre di Gesù disse a lui"?
Ché se qui il Vangelo ha mentito, come gli si può credere che Gesù
ha detto: "Che c’è fra me e te, o
donna"? Non farebbero molto meglio a
credere, questi infelici, che è stato proprio a sua madre che il
Signore ha risposto a quel modo, e non a una donna estranea? e
cercare religiosamente il senso di questa risposta? C’è in effetti
una grande differenza fra chi dice: - Vorrei sapere perché Gesù ha
risposto in quel modo alla madre - , e chi dice: -Io so che Cristo
non a sua madre ha dato quella risposta. Una cosa è voler penetrare
ciò che è chiuso, un’altra cosa non voler credere a ciò che è
manifesto. Chi dice: - Voglio sapere perché Cristo ha risposto a
quel modo a sua madre -, desidera che gli venga aperto il senso del
Vangelo, cui crede. Ma colui che dice: -So che Gesù non a sua madre
ha dato quella risposta -, accusa di menzogna il Vangelo stesso, dal
quale ha saputo, e creduto, che Cristo diede veramente quella
risposta.
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