Corpus
Domini - Anno B – 7 giugno 2015
Rito
Romano
Es
24, 3-8; Sal 115; Eb 9, 11-15; Mc 14, 12-16. 22-26.
Corpus
Domini
Rito
Ambrosiano
Sir
16,24-30; Sal 148; Rm 1,16-21; Lc 12,22-31
II
Domenica di Pentecoste
1)
Presenza nel mondo, per salvarlo
In
questa domenica in cui si festeggia il Corpus Domini1,
festa di lode e di ringraziamento, la Chiesa non solo celebra
l’Eucaristia, ma la reca solennemente in processione, annunciando
pubblicamente che il Sacrificio di Cristo è per la salvezza del
mondo intero. Bisogna portare Cristo sulle strade del mondo, perché
Colui che le fragili specie dell’Ostia velano è venuto sulla terra
proprio per essere “la vita del mondo” (Gv 6, 51).
Con
questa processione siamo annunciatori cioè missionari, e
persone con una meta santa cioè pellegrini.
Siamo
missionari perché camminando uniti attorno al Corpo di Colui,
che è il Signore del cosmo e della storia, portiamo Cristo al mondo
intero e con Lui l’annuncio di quella pace che Lui ci ha lasciato e
che il mondo non può dare. La nostra processione eucaristica ci
permette di testimoniare con umile gioia che in quella piccola Ostia
candida, che il Sacerdote porta devotamente, c’è la risposta agli
interrogativi più assillanti. C’è il conforto di ogni più
straziante dolore. C’è, in pegno, l’appagamento di quella sete
bruciante di felicità e di amore che ognuno si porta dentro, nel
segreto del cuore.
Siamo
pellegrini perché andiamo verso l’eterna patria celeste.
Siamo pellegrini non soltanto per l’inquietudine dell’eterno, che
possediamo in comune con ogni essere umano, ma per vocazione. Cristo
ci chiama a condividere la sua amicizia e la sua missione. Non siamo
soli nel nostro pellegrinaggio: con noi cammina Cristo, Pellegrino
che rinnova la presenza di Dio sulle strade del mondo, Pellegrino con
i pellegrini sulla strada di Emmaus. Emmaus significa il luogo dove
Cristo spezza se stesso quale Pane della vita, Pane degli angeli,
Pane dei pellegrini “panis angelorum, factus cibus viatorum -”
(Sequenza della Messa di oggi) che ci dà la forza di riprendere il
cammino con Lui, per Lui, in Lui.
Dunque
per poter compiere il cammino della vita, che la processione di oggi
significa, occorre cibarsi dell’Eucaristia, di questo Pane degli
angeli che si è fatto cibo per gli uomini, affamati di verità, di
amore e di libertà.
Stupiti
della vicinanza grandissima di Cristo, che abita nelle nostre Chiese,
che sta nelle nostre mani, che non aspetta altro che dimorare in noi,
non ci resta che prendere come cibo Lui, che “ha preso la nostra
carne e il nostro sangue perché la Sua carne e il Suo sangue possano
essere la nostra vita” (Card. John Henri Newman).
Cerchiamo
di avere lo stesso stupore della Vergine Maria che con sguardo rapito
contemplava il volto di Cristo a Betlemme come a Gerusalemme. Dalla
Culla alla Croce la Madonna non smise di guardare con fede amorosa il
volto di Figlio e di stringerlo con pietà tra le sue braccia non
appena nato e non appena morto, sia la nostra Madre celeste il
modello di amore a cui deve ispirarsi la nostra adorazione
eucaristica. In questo modo vivremo “l’Eucaristia non come
semplice gesto devozionale, ma come gesto della vita e che influisce
sulla vita” (Mons. Livio Melina).
2)
Presenti alla PRESENZA.
Il
mistero2
eucaristico ha tre aspetti: sacrificio, comunione e presenza. La
festa del Corpo del Signore soprattutto celebra un aspetto, quello
della presenza reale. Non possiamo e non dobbiamo separare i tre
aspetti propri di questo mistero, ma ciò non ci impedisce oggi di
riflettere principalmente sul mistero della presenza reale, per
essere presenti a questa Presenza, che si dona completamente a noi.
“Ogni
qualvolta noi facciamo un atto di fede nella Presenza reale del
Cristo noi facciamo un atto che è molto superiore e quello di tutto
Israele che ha passato il Mar Rosso. Là si passò dalla terra
dell'esilio a una terra di libertà. Io passo da questo mondo al
Padre, perché anche Gesù nelle sua Presenza reale, anche come uomo,
è nel seno di Dio, cioè è nel mondo divino, questo mondo che è
mondo invisibile, che è mondo inaccessibile alla creatura, io passo
in questo mondo” (D. Divo Barsotti).
Il
15 ottobre 2015, nell’incontro di Benedetto XVI con i bambini della
prima Comunione, uno di loro, Andre fece questa domanda: “La mia
catechista, preparandomi al giorno della mia prima Comunione, mi ha
detto che Gesù è presente nell'Eucaristia. Ma come? Io non lo
vedo!”. Benedetto XVI rispose: “Sì, non lo vediamo, ma ci sono
tante cose che non vediamo e che esistono e sono essenziali. Per
esempio, non vediamo la nostra ragione, tuttavia abbiamo la ragione.
Non vediamo la nostra intelligenza e l’abbiamo. Non vediamo, in una
parola, la nostra anima e tuttavia esiste e ne vediamo gli effetti,
perché possiamo parlare, pensare, decidere... Così pure non
vediamo, per esempio, la corrente elettrica, e tuttavia vediamo che
esiste, vediamo questo microfono come funziona; vediamo le luci. In
una parola, proprio le cose più profonde, che sostengono realmente
la vita e il mondo, non le vediamo, ma possiamo vedere, sentire gli
effetti. L’elettricità, la corrente non le vediamo, ma la luce la
vediamo. E così via. E così anche il Signore risorto non lo vediamo
con i nostri occhi, ma vediamo che dove è Gesù, gli uomini
cambiano, diventano migliori. Si crea una maggiore capacità di pace,
di riconciliazione... Quindi, non vediamo il Signore stesso, ma
vediamo gli effetti: cosi possiamo capire che Gesù è presente.
Andiamo dunque incontro a questo Signore invisibile, ma forte, che ci
aiuta a vivere bene”.
Il
cuore della risposta di Benedetto XVI colpisce davvero nel segno:
“Proprio le cose invisibili sono le più profonde e importanti”.
In fondo è il segreto che la volpe rivela al Piccolo Principe del
bel racconto di Antoine de Saint-Exupery: “Ecco il mio segreto. E’
molto semplice: non si vede bene che con il cuore. L’essenziale è
invisibile agli occhi”3.
Poco
sopra, ho proposto la Madonna come modello di persona adorante il
Presente, il Figlio di Dio che aveva preso la sua carne. Adesso
propongo come esempio un’altra Maria: la Maddalena. Presentiamoci
al Cristo nel tabernacolo come questa donna si presentò ai piedi del
Signore e ascoltava la sua parola (Lc 10, 39). Certamente era più
contenta di vedere Gesù più che di ascoltare le sue parole. Il suo
volto santo, il suo sguardo, il suo sorriso, il suo perdono toccavano
il cuore di Maria Maddalena. Gesù è lo stesso nel SS.mo Sacramento.
Semplicemente mettiamoci ai suoi piedi come Maria, nella gioia di
essere con Lui.
C’è
anche l’esempio del contadino, parrocchiano del Santo Curato d’Ars.
Questo umile, semplice lavoratore della terra, dopo una giornata nei
campi stava in chiesa e guardava il tabernacolo, senza aprire bocca.
Alla domanda del suo Santo parroco: “Che dici in questo tempo di
adorazione?”, il contadino rispose: “Io guardo Lui e Lui guarda
me”. Quando Gesù guarda un’anima, Lui le dona la sua somiglianza
- diceva Santa Teresa d’Avila – ma occorre che quest’anima non
smetta di fissare solamente su di Lui il suo sguardo. Quando San
Pietro camminando sulle acque tolse gli occhi da Cristo per guardare
la tempesta, cominciò ad affondare. Pietro imparò la lezione e ci
insegna anche oggi a tenere fissi gli occhi sul volto del Signore
“come a lampada che brilla in un luogo oscuro, finché non spunti
il giorno e la stella del mattino si levi nei vostri cuori” (2 Pt
1,19). Se diamo tempo a Cristo nella preghiera e, in particolare,
nell’adorazione avremo come dono Cristo stesso che ci tende la mano
e ci tira fuori dall’acqua che affoga.
“L’adorazione
nella sua essenza è un abbraccio con Gesù, nel quale gli dico: ‘Io
sono tuo e ti prego sii anche tu sempre con me’” (Benedetto XVI).
L’adorazione del Ss.mo Sacramento è sempre preparazione e
ringraziamento della Messa. Essa costituisce il momento per
eccellenza nel quale sviluppiamo e facciamo cresce in noi l’offerta
di noi stessi, completamente. In effetti, il significato
dell’adorazione eucaristica non è solo quello di mettersi in
ginocchio davanti alla presenza di Cristo nel sacramento, ma anche di
unirci all’offerta pura e perfetta del nostro Salvatore.
L’adorazione eucaristica ci dona il desiderio e la forza di
metterci senza esitazione nelle mani di Dio, in totale e lieto
abbandono in Lui.
Un
esempio di tale offerta di sé ci viene dalle Vergini consacrate nel
mondo. Queste donne manifestano con la vita ciò che il loro cuore
crede e adora. Esse testimoniano che è possibile vivere
eucaristicamente mediante la loro offerta totale a Cristo – Sposo
eucaristico. Queste donne testimoniano come ogni consacrazione al
Signore deve esprimersi sempre mediante l’offerta completa di sé.
“il
mistero eucaristico ha anche un intrinseco rapporto con la verginità
consacrata, in quanto quest’ultima è espressione della dedizione
esclusiva della Chiesa a Cristo, che lei accoglie come suo Sposo con
fedeltà radicale e feconda. Nell’Eucaristia la verginità
consacrata trova ispirazione e nutrimento della sua dedizione totale
a Cristo”(Benedetto
XVI, Sacramentum
Caritatis,
81).
Con
un’esistenza che si alimenta del Corpo di Cristo, le donne
consacrate mostrano che la verginità non è soltanto capacità di
offrirsi completamente in dono a Dio, ma la di accogliere il dono di
Dio, la scelta di Dio.
Con
la loro vita alimentata dall’Eucaristia, sono testimoni visibile
dell’amore di Dio invisibile mostrando nella semplicità della vita
quotidiana che la vita umana può diventare eucaristia. Così
mostrano che la preghiera diventa vita e la vita diventa preghiera.
1 Questa
festa, nella sua forma storica, è sorta nel secolo 13° e si è
sviluppata ampiamente nelle Comunità cattoliche in tutto il mondo.
Tuttavia l’inizio di questa festa può essere visto già in quella
prima “processione” composta dagli apostoli, che circondavano
Cristo e nello stesso tempo portandolo nei loro cuori come
Eucaristia, uscirono dal cenacolo verso il monte degli Ulivi. Era il
Giovedì santo.
2 Per chi crede, “mistero”
non è qualcosa di oscuro, in cui nulla c’è da capire. Al
contrario, si tratta di qualcosa di così profondo, in cui c’è
sempre qualcosa di nuovo da scoprire e mai possiamo dire di averne
raggiunto il fondo.
3
A. De Saint-Exupery, Il
piccolo principe,
Milano 1979, p. 98.
Lettura
(quasi) Patristica
San
Tommaso d’Aquino, dottore della Chiesa
(Opuscolo
57, nella festa del Corpo del Signore, lect. 1-4)
O
prezioso e meraviglioso convito!
L'Unigenito
Figlio di Dio, volendoci partecipi della sua divinità, assunse la
nostra natura e si fece uomo per far di noi, da uomini, dèi.
Tutto
quello che assunse, lo valorizzò per la nostra salvezza. Offrì
infatti a Dio Padre il suo corpo come vittima sull'altare della croce
per la nostra riconciliazione. Sparse il suo sangue facendolo valere
come prezzo e come lavacro, perché, redenti dalla umiliante
schiavitù, fossimo purificati da tutti i peccati.
Perché
rimanesse in noi, infine, un costante ricordo di così grande
beneficio, lasciò ai suoi fedeli il suo corpo in cibo e il suo
sangue come bevanda, sotto le specie del pane e del vino.
O
inapprezzabile e meraviglioso convito, che dà ai commensali salvezza
e gioia senza fine! Che cosa mai vi può essere di più prezioso? Non
ci vengono imbandite le carni dei vitelli e dei capri, come nella
legge antica, ma ci viene dato in cibo Cristo, vero Dio. Che cosa di
più sublime di questo sacramento?
Nessun
sacramento in realtà è più salutare di questo: per sua virtù
vengono cancellati i peccati, crescono le buone disposizioni, e la
mente viene arricchita di tutti i carismi spirituali. Nella Chiesa
l'Eucaristia viene offerta per i vivi e per i morti, perché giovi a
tutti, essendo stata istituita per la salvezza di tutti.
Nessuno
infine può esprimere la soavità di questo sacramento. Per mezzo di
esso si gusta la dolcezza spirituale nella sua stessa fonte e si fa
memoria di quella altissima carità, che Cristo ha dimostrato nella
sua passione.
Egli
istituì l'Eucaristia nell'ultima cena, quando, celebrata la Pasqua
con i suoi discepoli, stava per passare dal mondo al Padre.
L'Eucaristia
è il memoriale della passione, il compimento delle figure
dell'Antica Alleanza, la più grande di tutte le meraviglie operate
dal Cristo, il mirabile documento del suo amore immenso per gli
uomini.
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