Domenica
XII del Tempo Ordinario – Anno B – 21 giugno 2015
Rito
Romano
Gb
38,1.8-11;
Sal
106; 2 Cor 5,14-17;
Mc
4,35-41
Rito
Ambrosiano
Gen
18,17-21;19,1.12-13.15.23-29; Sal 32; 1Cor 6,9-12; Mt 22,1-14
IV
Domenica dopo Pentecoste.
- Prendere il largo verso l’altra riva
Del
Vangelo di questa domenica, che descrive la tempesta sedata, vorrei
prima di tutto attirare l’attenzione sulla frase iniziale di Gesù:
“Passiamo all’altra riva” (Mc
4,35).
Un
invito che Gesù rivolge ai suoi dopo aver parlato del Regno dei
cieli, che da seme diventa albero grande. Come ho già detto altre
volte lo “stare” con Cristo è un verbo di moto perché implica
necessariamente uno spostarsi, un seguirLo.
Un
invito fatto quando cade la sera, dunque quando i seguaci di Gesù
pensano di aver concluso il cammino della giornata ed hanno la umana
e giusta esigenza di fermarsi e riposare dalle fatiche di portare con
Cristo il vangelo. Il primo momento di questo andare oltre, è di
lasciare la folla, di restare soli con Gesù per allontanarsi con Lui
dalla riva dove erano arrivati.
La
barca è la nostra vita che procede con il Salvatore. E’ un legno
che solca le onde del tempo e dello spazio ed è capace di portare
con sé il Figlio di Dio. Gesù, vero uomo e vero Dio, è così
potente che non si preoccupa della tempesta. Può capitare che il
vento soffi con violenza: tutte le voci che si agitano dentro e fuori
di noi e che spesso si levano con tanta forza da sbandare i nostri
passi fino a poco prima sicuri del sentiero. Le onde si rovesciano
dentro la barca: ciò che è parte delle nostre giornate e che ci
sembra di conoscere bene si ribalta contro di noi, certi significati
che ci afferrano improvvisi e ci fanno sentire in balìa
dell’inaspettato al punto da riempire di paura la vita che pensiamo
ci appartenga.
Oggi
Gesù ci dà una chiara lezione di come affrontare il mare della
storia personale e di questo nostro mondo: dobbiamo navigare con Lui,
dobbiamo prenderLo sulla nostra barca, “così com’è” (ibid.
v.
36), perché Lui ci porti all’altra riva, salvandoci dalle acque
burrascose.
Con
Cristo, il cui amore è più forte della forza della natura possiamo
arrivare all’altra riva raggiungibile grazie all’abbandono
confidente in Lui. La tempesta naturale e quella del cuore umano è
pericolosa e può portare alla morte, la “tempesta del cuore di
Dio” porta pace, purché come gli apostolici diciamo; “Maestro,
non t’importa che siamo perduti” (ibid.
v.38).
- Gesù dormiva, ma il suo cuore vegliava.
Solo
in questo brano di San Marco Gesù è presentato mentre dorme. Come
interpretare tale sonno? Gesù è veramente stanco. Dopo una giornata
di predicazione in cui ha speso tante energie, il Salvatore sale in
barca è si addormenta profondamente, al punto tale di avvertire
neppure il rumore del vento e delle onde. Possiamo così constatare
qui la reale umanità di Gesù. Ma è utile aggiungere qualche altra
spiegazione: Gesù si fida dei suoi, non dubita della loro
responsabilità e capacità professionale, anche noi dobbiamo fidarci
di Lui. Certo il suo atteggiamento è carico di mistero: il suo sonno
tranquillo significa –secondo me- la serena fiducia in Dio, la
fiducia del Figlio che si sente protetto e amato dal Padre, tra le
sue braccia, anche nell'infuriare della tempesta del mare e della
vita.
Dobbiamo
fare nostro questo atteggiamento di Cristo, magari pregando il Salmo
130 che ci suggerisce una delle più dolci immagini del nostro
abbandonarci in Dio, anche nella prova: “Sono tranquillo e sereno
come bimbo svezzato in braccio a sua madre, come un bimbo svezzato è
l'anima mia” (130,2-3).
- Il cuore dell’uomo è domanda di infinito.
Oltre
ad insegnarci ad avere un abbandono totale in Lui, con il suo sonno
sulla barca sbattuta dal mare in tempesta, il Salvatore risveglia il
grido della nostra fede. Infatti, con un tono di stupito rimprovero
Gesù dice ai suoi: "Perché
siete così paurosi? Non avete ancora fede?".
(Ibid.
v. 40)
Il
Figlio di Dio esige la fede dei suoi fratelli per risvegliare la
potenza del suo amore.
Con la
domanda: “Perché siete così paurosi?”, il Cristo sposta
l’attenzione dalla potenza del miracolo alla fede dei discepoli,
che si sono staccati dal lavoro precedente, dalla famiglia, dalla
“folla” per stare con Gesù, seguendoLo per le strade del mondo.
E Gesù, Maestro ed Amico, educa questa fede facendo oggi comprendere
loro che non devono pretendere una presenza e una potenza divina,
che li tolga dalla fatica del vivere. Inoltre li educa ad essere
coraggiosi (cor agere = agire con il cuore), educando il cuore
Come
rispondere a Cristo che ci chiede: “Perché siete così paurosi?”.
Facendogli la stessa domanda del
padre degli Apostoli “Aumenta
in noi la fede, Signore” (Lc
17,5).
Fede che è atto dell’intelligenza e abbandono della volontà
Facciamo
in modo che la nostra vita sia veramente questo aprirsi della nostra
mente e del nostro cuore ad una fede ogni giorno più pura, ad una
fede ogni giorno più grande. Preghiamo perché la nostra fede ci
apra sempre di più al dono di Dio. La
fede matura sa rendere gli apostoli tranquilli anche nelle
difficoltà e sereni anche nella persecuzione . Si pensi a San Pietro
che in prigione dormiva serenamente. Si pensi anche alla “piccola”
Santa Teresa del Bambin Gesù1.
Lei che morì ad
appena 24 anni è la santa della semplicità e dell'amore; la santa
dell'abbandono fiducioso alla volontà di Dio.
Educare
il cuore ad accorgersi di Cristo. Perché accorgersi?
L’etimologia di accorgersi è “ire
ad cor”
(andare al cuore), è il far passare il mio cuore al cuore di Cristo,
e il cuore di Cristo al mio cuore e così possiamo non solo non avere
paura nella barca della vita, ma pacificare con Cristo il mare della
vita.
Un
modo di vita significativo per accorgersi di Cristo è quello delle
Vergini consacrate nel mondo. Attraverso la verginità queste donne
educano il cuore “costruendolo” in quello di Cristo, che vuole
bene e vuole il bene di chi a Lui si dona.
Lo
stile della Vergine consacrata nel mondo è quello di chi non
possiede il suo prossimo, perché il suo cuore è pieno dell’amore
di Dio. Ricca di questo amore ne diventa segno limpido e pratica
verso il prossimo la benevolenza che ha ricevuto da Dio. In effetti
la
verginità è vocazione all'amore: rende il cuore più libero di
amare Dio. Libero dai doveri dell’amore coniugale, il cuore vergine
può sentirsi, pertanto, più disponibile all'amore gratuito dei
fratelli.
La
verginità, certo, implica la rinuncia alla forma di amore tipica del
matrimonio, ma la rinuncia è compiuta allo scopo di assumere più in
profondità il dinamismo, insito nella sessualità, di apertura
oblativa agli altri e di potenziarlo e trasfigurarlo mediante la
presenza dello Spirito, il quale insegna ad amare il Padre e i
fratelli come il Signore Gesù.
E il
Papa emerito Benedetto XVI il 15
maggio 2008 disse loro: “La vostra vita sia una particolare
testimonianza di carità e segno visibile del Regno futuro”
(Rituale della Consacrazione delle Vergini, 30). Fate in modo che la
vostra persona irradi sempre la dignità dell’essere sposa di
Cristo, esprima la novità dell’esistenza cristiana e l’attesa
serena della vita futura. Così, con la vostra vita retta, voi
potrete essere stelle che orientano il cammino del mondo. La scelta
della vita verginale, infatti, è un richiamo alla transitorietà
delle realtà terrestri e anticipazione dei beni futuri. Siate
testimoni dell’attesa vigilante e operosa, della gioia, della pace
che è propria di chi si abbandona all’amore di Dio. Siate presenti
nel mondo e tuttavia pellegrine verso il Regno. La vergine
consacrata, infatti, si identifica con quella sposa che, insieme allo
Spirito, invoca la venuta del Signore: “Lo Spirito e la sposa
dicono ‘Vieni’” (Ap 22,17)”. (Discorso alle Partecipanti al
Congresso dell’Ordo Virginum, n 6)
1) Il nome di Teresa del Bambin Gesù, che fece suo fin dall’età di nove anni, quando manifestò il desiderio di farsi carmelitana, resterà per lei sempre attuale e si sforzò di meritarselo costantemente. Più tardi sotto un’immagine di Gesù Bambino, scriverà questa frase: «O piccolo Bambino, mio unico tesoro, mi abbandono ai tuoi divini capricci, non voglio avere altra gioia che quella di farti sorridere. Imprimi in me le tue grazie e le tue virtù infantili, affinché il giorno della mia nascita al cielo, gli angeli e i santi riconoscano nella tua piccola sposa: Teresa del Bambin Gesù».
Lettura
Patristica
Sant’Agostino,
Vescovo
de Dottore della Chiesa (354-430),
Discorso
63, 1-3; PL 38, 424-425
Battuti dal vento e dalle onde
Per grazia di Dio vi rivolgo la parola sul passo del santo Vangelo letto poco fa e in nome di lui vi esorto a far sì che nei vostri cuori non si assopisca la fede con cui resistere alle tempeste e ai marosi di questo mondo. In effetti non è vero che Cristo nostro Signore avesse in suo potere la morte e non il sonno e che forse l'Onnipotente fu oppresso dal sonno contro la sua volontà mentre stava sulla barca. Se voi crederete questo, egli dorme nel vostro intimo; se invece Cristo è desto, è desta anche la vostra fede. L'Apostolo dice: « [Chiedo di] far abitare Cristo nei vostri cuori per mezzo della fede » (Ef 3,17).
Anche
il sonno di Cristo è dunque un segno esteriore d'un simbolo. Sono
come dei naviganti le anime che fanno la traversata di questa vita in
una imbarcazione. Anche quella barca era la figura della Chiesa.
Poiché anche ogni persona è tempio di Dio e naviga nel proprio
cuore e non fa naufragio se nutre buoni pensieri. Se hai sentito un
insulto, è come il vento; se sei adirato, ecco la tempesta. Se
quindi soffia il vento e sorge la tempesta, corre pericolo la nave,
corre pericolo il tuo cuore ed è agitato. All'udire l'insulto tu
desideri vendicarti: ed ecco ti sei vendicato e, godendo del male
altrui, hai fatto naufragio. E perché? Perché in te dorme Cristo.
Che vuol dire: "In te dorme Cristo"? Ti sei dimenticato di
Cristo. Risveglia dunque Cristo, ricordati di Cristo, sia desto in te
Cristo: considera lui.
Pietro
Crisologo
Sermone
21, 1 ss.
1.
Il sonno di Cristo sulla barca
Tutte
le volte che Cristo dorme nella nostra nave, e a causa del sonno
della nostra ignavia s’addormenta nel nostro corpo, insorge una
totale tempesta per la violenza dei venti, infieriscono minacciose le
onde, e mentre troppo frequentemente si innalzano e cadono con flutti
spumeggianti, amaramente suscitano nei naviganti con l’attesa i
naufragi, come ha detto la lettura del nostro evangelista...
"E
lo prendono",
disse, "così
com’era nella nave"
(Mc
4,36).
Altro è il Cristo in Cielo, altro è il Cristo in nave: altro nella
maestà del Padre, altro nella umiltà dell’umanità si avverte;
altro si vede coeterno al Padre, altro temporale in rapporto alle
età; altro dorme nel nostro corpo, altro veglia nella santità del
suo spirito. "Lo
prendono così com’era",
disse, "nella
nave".
Lode di fede è ricevere il Cristo come è e si ha nella nave, cioè,
nella Chiesa, dove è nato, dove crebbe, dove soffrì, dove fu
crocifisso e sepolto, dove ascese al Cielo, siede alla destra di Dio
Padre, donde verrà come giudice dei vivi e dei morti: professare
tutto questo è di singolare salvezza. Colui che avrà accolto nella
nostra nave e confessato il Cristo, qualora venga sommerso dagli
scandali delle onde, non è immerso dai pericoli e coperto dalle
onde... "Quella
burrasca gettava le ondate nella nave"
(Mc
4,37):
poiché come le onde dei popoli e la ferocia delle persecuzioni
agitano e squassano la nave del Signore esternamente, così
all’interno i burrascosi flutti degli eretici irrompono ed
infieriscono [contro di essa]. Il beato Paolo dichiara di aver
sofferto questa tempesta, quando dice: "Al
di fuori le lotte, internamente i timori: talmente che la nave fosse
sommersa"
(2Co
7,5).
Giustamente l’evangelista, a causa dei flutti spumeggianti,
riferisce che la nave fosse ripiena [d’acqua], soffrendo la Chiesa
un numero così grande di eresie, quante controversie della legge
leggiamo che ci siano.
"Ed
egli",
disse, "dormiva
a poppa sopra un capezzale. Lo svegliano e gli dicono: Maestro,
niente t’importa che affondiamo? E, alzandosi, minacciò il vento e
disse al mare: Taci e ritorna tranquillo. E cessarono i venti ed il
mare ritornò calmo"
(Mc
4,38-39).
Mentre avveniva ciò gli insegnamenti si resero palesi, e il tempo lo
addita all’esempio. Dal momento che grande e abbastanza violenta
incombe una burrascosa tempesta, mentre da ogni parte il turbine
pericoloso dei venti ruggisce e infierisce, muggisce il mare, le
stesse isole sono scosse dalle fondamenta e i litorali sono scossi da
pauroso fragore. Ma poiché dicemmo: Cristo dorme nella nostra nave,
avviciniamoci a lui più con la fede che col corpo, e bussiamo alla
sua porta [svegliamolo] più con le opere di misericordia che con il
contatto di disperati; scegliamolo non con un frastuono indecoroso ma
con grida di canti spirituali: non mormorando maliziosamente, ma
supplicandolo con animo vigile.
Offriamo
a Dio qualcosa del tempo della nostra vita, affinché questa infelice
vanità e miseranda sollecitudine non sciupi tutto il tempo [della
nostra vita]; affinché l’eccessivo sonno e il vano torpore non
sciupi tutta la notte ma parimenti parte del giorno e della notte noi
stessi dedichiamo all’autore del tempo.
Vigila,
uomo, vigila! Hai l’esempio, e ciò che il gallo ti impedisce
all’ospite, tu offrilo al tuo creatore, soprattutto quando egli ti
suggerisce che ti sarà di aiuto, quando ti spinge al lavoro, quando
già vicina la luce del nuovo giorno; quanto più con inni celesti ti
conviene rivolgerti a Dio con virtù celeste per la tua salvezza.
Ascolta il profeta che dice: "Durante
la notte il mio spirito veglia presso di te, o Dio"
(Is
26,9).
E il salmista: "Sono
con le mie mani di notte davanti a lui, e non sono stato ingannato"
(Ps
76,3).
Del giorno, invero, tre momenti lo stesso salmista ammonisce che
bisogna riservare a Dio, dicendo: "Di
sera, al mattino e nel mezzogiorno narrerò ed annunzierò, ed egli
esaudirà la mia voce"
(Ps
54,18).
Mentre Daniele supplicava diligentemente Dio, in questi tre momenti
[della giornata], ottenne non solo la prescienza del futuro, ma
meritò la liberazione del suo popolo a lungo prigioniero. Ripetiamo,
dunque, col profeta: "Sorgi,
sorgi e non respingermi fino alla fine"
(Mc
4,38).
Diciamo con gli apostoli: "Maestro,
niente t’importa che affondiamo?"
(Mc
4,38).
E veramente il maestro, non solo è il creatore di tutti gli
elementi, ma anche il moderatore e il reggitore di essi. Ed egli
quando ci avrà ascoltato, quando si sarà degnato di vigilare, si
calmeranno le onde, e gli spaventosi marosi si appianeranno e così i
colli, i venti si allontaneranno, cesserà la tempesta e quella che è
imminente e la grande burrasca si trasformeranno nella più grande
calma.
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