Rito
Romano
– VI
Domenica
del
Tempo
Ordinario
– 16
febbraio
2014
Sir
15,15-20; Sal 118; 1 Cor 2,6-10; Mt 5,17-37
La
legge nuova
Rito
Ambrosiano
-
Domenica
VI
dopo
l'Epifania
1Sam
21,
2-6a.
7ab;
Sal
43
(42),
1.
3-5;
Mt
12,
9b-21
La
legge è per l’uomo
|
Nel
Vangelo
di
questa
domenica,
Gesù
afferma
di
voler
portare
a
“compimento
la
Legge
e
i
Profeti”3
(Mt
5,
17).
In
effetti
il
Cristo,
il
Verbo
fatto
nostra
carne
per
nostro
amore
non
è
solamente
la
Parola
della
legge,
cioè
la
Via
per
la
quale
dobbiamo
andare,
ma
è
anche
la
Verità
che
adempie
la
legge,
e
la
Vita
che
ne
premia
il
compimento.
Qual
dunque
è
il
“compimento”
della
legge?
Pieno
compimento
della
legge
è
l’obbedienza
al
comandamento
dell’amore
(cfr.
Rm
13,
9-10).
L’obbedienza
diventa
così
il
segno
che
si
vive
sotto
la
grazia
dell’amore.
“Se
mi
amate,
osservate
i
miei
comandamenti”
(Gv
14,15),
perché
l’amore
non
sostituisce
la
legge,
ma
la
osserva,
la
“compie”.
Anzi
l’amore
è
l’unica
forza
che
può
osservare
veramente
la
legge.
Si
può
dire
ancora
di
più:
“E’
Gesù
stesso
il
compimento
della
legge,
in
quanto
egli
ne
realizza
il
significato
autentico
con
il
dono
totale
di
sé:
diventa
Lui
stesso
legge
vivente,
personale”
4
e
luminosa.
Già
il
salmo
18
paragona
la
legge
di
Dio
alla
luce
del
sole,
quando
afferma
che
i
“comandi
del
Signore
sono
limpidi,
danno
luce
agli
occhi”
(18/19,9).
Il
Libro
dei
Proverbi
poi
afferma
che
“il
comando
è
una
lampada
e
l’insegnamento
è
una
luce”
(6,
23).
Infine
non
va
dimenticato
che
Gesù
stesso
presenta
la
sua
persona
come
rivelazione
definitiva
usando
la
medesima
immagine:
“Io
sono
la
luce
del
mondo;
chi
segue
me
non
cammina
nelle
tenebre,
ma
avrà
la
luce
della
vita”
(Gv
8,
12),
la
luce
dell’amore.
Cristo
è
Luce
senza
la
quale
non
possiamo
camminare
che
a
tentoni.
Lui
è
Luce
che
ci
fa
conoscere
noi
stessi,
comprendere
il
mondo
e
sapere
dove
andiamo.
Camminare
alla
luce
di
Cristo
vuol
dire
accettare
la
croce
quotidiana,
e
ricevere
la
pace.
La
pace
del
cuore
è
la
forza
del
credente:
se
siamo
perseveranti
nell’obbedire
ai
comandi
di
Dio,
la
nostra
costanza
sarà
sorgente
di
felicità.
Preghiamo
il
nostro
Padre
nei
cieli
perché
Cristo,
nostra
Legge5,
illumini
i
nostri
cuori,
rinfranchi
le
nostre
anime
e
ci
doni
la
saggezza
dei
semplici,
perché
sappiamo
sempre
camminare
nella
sua
luce
anche
quando
ci
sono
difficoltà,
affanni
e
pericoli.
Gesù
non cominciò a predicare dicendo: “Convertitevi e credete al
vangelo affinché il Regno venga a voi”; cominciò dicendo: “Il
Regno di Dio è venuto tra voi: convertitevi e credete al vangelo”.
Non prima la conversione, poi la salvezza, ma prima il dono della
salvezza e poi la conversione.
Nel
cristianesimo
esistono
i
doveri
e
i
comandamenti,
tuttavia
è
dal
dono
che
nasce
il
dovere
e
non
il
contrario.
La
grazia
e
l’amore
precedono
il
comandamento:
“Noi
amiamo
perché
Lui
ci
ha
amati
per
primo”
(1
Gv
4.19).
2)
La
legge
è
un
dono.
Cristo
non
ci
dice
solo
“cosa
fare”,
ma
“chi
dobbiamo
essere”
e,
quindi,
ci
insegna
anche
come
dobbiamo
vivere
per
realizzare
la
comunione
nell’amore
a
Dio
ed
ai
fratelli.
Con
l’osservanza
dei
comandamenti,
noi
obbediamo
con
amore
alla
legge,
che
è
radicata
nell’amore
di
Dio
e
che
indica
la
volontà
di
Dio
di
reggere
la
nostra
vita
con
i
suoi
comandi
di
carità.
Con
questa
osservanza
alla
sua
legge
di
libertà
noi
diventiamo
più
“umani”,
facendo
risplendere
in
noi
l’immagine
a somiglianza
di
Dio
che
ci
ha
creati
per
la
vita
con
Lui.
La
legge
è
la
parola
di
Dio,
che
indica
la
sua
volontà
per
la
vita.
Gesù
è
il
primo
che
ha
compiuto
questa
volontà,
che
è
un
dono
che
Dio
ci
dà
per
vivere
da
uomini
nuovi
nell’amore.
Chi
ama
compie
tutta
la
legge
che
è
cammino
della
vita,
osservandola
sempre.
Dicendo
che
Lui
non
è
venuto
ad
abolire
la
legge
ma
a
compierla,
Gesù
intende
toglierci
dalla
paura
della
punizione
e
radicarci
nell’amore
fiducioso.
Lui
è
l’Uomo
e
conosce
l’uomo,
comprendendone
le
debolezza.
Sa
che
una
legge
imposta
con
la
paura
della
punizione
è
rispettata,
possiamo
dire,
tre
volte
su
dieci.
Sa
pure
che
una
legge
che
garantisce
un
premio
è
osservata
sette
volte
su
dieci.
Lui
vuole
aiutarci
ad
osservarla
dieci
volte
su
dieci.
Allora
da
buon
fratello
maggiore
ci
ricorda
che
non
solamente
la
legge
fu
data
da
Dio
a
Mosè
sul
Monte
Sinai,
tra
tuoni
e
fulmini,
ma
che
essa
è
uscita
dal
Pensiero
di
Dio,
che
ce
l’ha
donata
grazie
al
suo
Amore
e
l’ha
detta
con
la
sua
Parola.
Gesù,
Uomo
che
ha
Dio
come
Padre,
ci
insegna
che
la
santità
non
è
un
“mestiere”
per
pochi,
ma
la
vocazione
di
tutti
i
battezzati.
Santità
non
è
separazione
dalla
vita
quotidiana,
dalla
quotidiana
fatica
di
vivere,
ma
vivere
nella
fiducia
e
nella
confidenza
come
bambini
nelle
braccia
della
loro
mamma.
Un
esempio
significativo
è
quello
di
Santa
Teresa
del
Bambin
Gesù
e
del
Volto
Santo.
Che
cosa
ha
fatto
questa
che
noi
non
possiamo
fare?
Questa
piccola,
grande
Santa
rispose
all’amore
come
una
giovane
donna
di
24
anni
può
fare.
Non
fece
grandi
cose6.
La
grandezza
delle
nostre
azioni
dipende
dalla
fede
che
abbiamo
nel
Suo
amore.
Imitiamo
la
piccola
Teresa,
che
credeva
con
certezza
di
essere
amata
da
Dio,
e
così
ha
sconvolto
il
Cielo
con
i
suoi
“semplici,
piccoli”
atti
di
amore,
con
un
sorriso,
con
un
passo
in
più
in
giardino,
un’offerta
del
suo
dolore
dovuto
ad
un
tumore
osseo,
perché
un
missionario
avesse
la
forza
di
riprendere
il
cammino
di
evangelizzatore.
Anche
i
suoi
genitori,
i
coniugi
Martin,
vissero
come
la
piccola
Teresa
Martin
del
Bambin
Gesù
e,
penso,
furono
loro
ad
insegnare
quello
stile
di
vita
che
la
Santa
carmelitana
percorse
come
“piccola
via”.
La
piccola
via
dell’infanzia
spirituale
di
Teresa
di
Lisieux
chiede
un
cuore
puro
e
povero
di
una
semplice
persona
come
la
piccola
Teresa
che
seppe
stare
a
mani
vuote
davanti
a
Dio,
senz’altro
appiglio
che
“la
fiducia
e
nient’altro
che
la
fiducia”.
Quindi
la
santità
e
la
felicità
sono
anche
per
noi
una
meta
possibile,
“basta”
vivere
ogni
momento
della
nostra
vita
quotidiana
offrendolo
a
Dio.
Questo
stile
di
vita
è
praticato
in
particolare
dalle
Vergini
consacrate,
le
quali
sono
donne
semplici,
che
esprimono
i
loro
talenti
nella
dedizione
a
Dio
e
nel
servizio
agli
altri
nella
normalità
del
quotidiano.
Proprio
nella
donazione
feriale
queste
donne
scorgono
la
loro
vocazione
più
profonda
a
farsi
carico
della
vita
anche
là
dove
nessun
sguardo
umano
giunge,
ma
solo
lo
sguardo
di
Dio.
L’Ordo
Virginum
è
un
dono
per
la
Chiesa
di
oggi,
per
rendere
visibile
il
Regno
di
Dio
in
mezzo
a
noi.
Queste
donne
sono
chiamate
a
“fare
straordinariamente
bene
l’ordinario”,
in
quanto
la
verginità
consacrata
nel
mondo
non
ha
compiti
operativi
definiti
se
non
la
testimonianza
chiara
e
coraggiosa
del
Vangelo
in
ogni
ambiente.
Loro
si
donano
completamente
a
Dio
rimanendo
nel
mondo.
Esse
hanno
come
segno
distintivo
quello
di
mostrare
la
compassione
di
Dio
che
si
manifesta
con
la
loro
discreta
presenza.
Questa
presenza
che
si
dona,
permette
agli
altri
di
incontrare
la
Presenza,
che
è
dono.
La
loro
vita
testimonia
che
non
solamente
è
possibile
fare
agli
altri
quello
che
si
vuole
sia
fatto
a
noi,
ma
fare
agli
altri
quello
che
Dio
fa
a
noi,
amando
con
amore
pulito
e
vigoroso.
La
legge
dell’amore
non
è
dare
tanto
o
poco,
ma
dare
con
tanto
amore.
Con
la
bocca
parliamo,
con
gli
occhi
guardiamo,
con
la
mani
facciamo,
con
la
vita
consacrata
la
bocca
dice
parole
di
lode
a
Dio,
gli
occhi
contemplano
l’amore
di
Dio
e
le
mani
si
uniscono
per
pregare
Dio
e
si
aprono
per
donare.
1
E'
importante
ricordare
che
la
Legge
(in
ebraico
la
Torah)
per
Israele
non
è
un
insieme
di
norme,
come
la
intendiamo
noi.
E’
prima
di
tutto
un
dono
che
Dio
ha
fatto
al
suo
popolo
con
lo
scopo
di
far
conoscere
la
sua
volontà
salvifica.
In
ebraico
Torah
deriva
dal
verbo
istruire
(yrh)
con
un
particolare
riferimento
all'istruzione
trasmessa
dal
Pentateuco
(i
primi
5
libri
dell’Antico
Testamento)
e
per
estensione
è
attribuita
poi
a
tutta
la
Scrittura.
Naturalmente
tale
dono
è
di
ordine
pratico,
comporta
azioni
concrete
da
compiere,
e
quindi
la
traduzione
in
greco
con
nomos
legge
è
corretta.
2
Il
compimento
portato
da
Gesù
a
tale
Legge
può
essere
inteso
con
riferimento
a)
al
suo
comportamento
personale
(ha
osservato
i
precetti
della
Legge);
b)
al
suo
ruolo
di
adempimento
delle
Scritture,
sottolineato
da
San
Matteo
(cfr.
capitoli
1-2
e
altri
passi);
c)
alla
portata
del
suo
insegnamento
come
espresso
nel
comandamento
dell'amore
(cfr.
Mt
22,40)
dal
quale
tutti
gli
altri
prendono
forza
e
significato.
3
Legge
e
Profeti
erano
le
prime
due
grandi
parti
della
Bibbia
ebraica
(la
terza
parte
è
costituita
dai
Salmi;
per
estensione,
indicano
tutto
l'Antico
Testamento
ed
è
in
questo
senso
San
Matteo
la
usa
(cfr.
7,12;
11,13;
22,40).
4
B.
Giovanni
Paolo
II,
Veritatis
Splendor,
15.
5
La
Torah
del
Messia
è
il
Messia
stesso,
è
Gesù.
In
essa,
ciò
che
delle
tavole
di
pietra
del
Sinai
è
davvero
essenziale
e
permanente
appare
ora
iscritto
nella
carne
vivente:
il
duplice
comandamento
dell’amore,
che
trova
espressione
nei
“sentimenti”
che
furono
in
Gesù
(Fil
2,5).
(J.
Ratzinger,
La
Chiesa,
Israele
e
le
religioni
del
mondo,
Roma
1967,
p
74)
6
Ma
poi
quali
cose
sono
grandi
davvero
davanti
a
Dio?
Quale
differenza
c’è
fra
le
imprese
di
Francesco
Saverio
e
ciò
che
fece
la
piccola
Teresa?
Ogni
differenza
viene
meno
davanti
alla
grandezza
infinita
di
Dio.
La
vita
e
la
grandezza
di
una
persona
sono
nulla
davanti
a
Dio.
Quello
che
invece
fa
grande
l’atto
dell’uomo
è
che
ogni
atto
raggiunge
un
Dio
che
lo
ama.
Lettura
Patristica
«
Non sono venuto per abolire, ma per dare compimento » -
San
Bernardo
di
Chiaravalle
(1091-1153)
Monaco
cistercense
e
Dottore
della
Chiesa
In
Discorsi
vari,
n°
22,
5-6
“La
grazia,
un
tempo
nascosta
e
velata
nell’Antico
Testamento
è
stata
rivelata
nel
Vangelo
del
Cristo
secondo
un'ordinatissima
distribuzione
dei
tempi
fatta
da
Dio,
che
sa
disporre
bene
tutti
gli
eventi...
In tale mirabile
coincidenza c'è questa grande differenza tra due epoche: nel Sinai,
il popolo non osava accostarsi al luogo dove il Signore donava la sua
legge; nel Cenacolo invece lo Spirito Santo discende su coloro ai
quali era stato promesso e che per aspettarlo si erano riuniti
insieme in un sol luogo (Es 19,23; At 2,1).
Prima il Dito di
Dio operò in tavole di pietra; ora scrive nei cuori degli uomini (2
Cor 3,3).
Un
tempo, la
legge
fu
proposta
esternamente
e
spaventava
gli
ingiusti,
ora
è
data
interiormente
perché
gli
ingiusti
fossero
da
essa
giustificati.
Infatti
tutto
ciò
che
fu
scritto
su
quelle
tavole:
“Non
commettere
adulterio,
non
uccidere,
non
desiderare”,
e
qualsiasi
altro
comandamento,
si
riassume
in
queste
parole:
“Amerai
il
prossimo
tuo
come
te
stesso”.
L'amore
non
fa
nessun
male
al
prossimo:pieno
compimento
della
legge
è
l'amore
(Rm
13,9-10).
L'amore
“è
stato
riversato
nei
nostri
cuori
per
mezzo
dello
Spirito
Santo
che
ci
è
stato
dato”
(Rm
5,5).”
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