L’amore è un
“dovere” e l’odio non è un “diritto”.
Rito Romano –
VII Domenica del Tempo Ordinario – 23 febbraio 2014
Lv 19,1-2.17-18;
Sal 102; 1 Cor 3,16-23; Mt 5,38-48
Amare i nemici
Rito Ambrosiano
– Penultima Domenica dopo l'Epifania
Bar
1,15a;2,9-15a; Sal 105; Rm 7,16a; Gv 8,1-11
Per Cristo i
peccati nostri sono come polvere.
1)
Guardare alla
Croce.“Amate
i nemici”:
un comando
realistico?
E’ realmente
possibile amare i nemici, e amarli mentre manifestano la loro
ostilità e inimicizia, il loro odio e la loro avversione? È
umanamente possibile mettere in pratica questo comando di Cristo?
L'amore per i nemici alla ragion comune sembra pazzia. Vuol dire che
la nostra salvezza è nella pazzia? L'amore per i nemici rassomiglia
all'odio per noi medesimi. Vuol dire che arriveremo alla beatitudine
solo a patto di odiare noi stessi?
Insomma, perché
Gesù chiede di amare i propri nemici, cioè chiede di praticare un
amore che eccede le capacità umane?
“In
realtà, la proposta di
Cristo è realistica,
perché tiene conto
che nel mondo c’è
troppa violenza, troppa
ingiustizia, e dunque non
si può superare questa
situazione se non
contrapponendo un di più
di amore, un di
più di bontà” (Benedetto
XVI).
“Non
è facile, ma — ha detto
Papa Francesco durante la messa celebrata giovedì mattina, 12
settembre, nella cappella di Santa Marta — è possibile:
basta contemplare Gesù
sofferente e l’umanità
sofferente e vivere una
vita nascosta in Dio
con Gesù.
Per capire e
fare ciò dobbiamo prendere sul serio l’invito dell’Apostolo
Paolo: “Abbiate gli stessi
sentimenti di Cristo” (Fil
2,5);“Fratelli, scelti da
Dio, santi e amati.
Rivestitevi di sentimenti
di tenerezza, di bontà,
di umiltà, di
mansuetudine, di magnanimità
sopportandovi a vicenda e
perdonandovi gli uni gli
altri” se qualcuno avesse
di che lamentarsi nei
confronti di un altro.
Come il Signore vi
ha perdonato così
fate anche voi”(Col 3,
12-17).
Per poter amare
nella carità di Cristo tutti, compresi i nemici, la strada è quella
di stampare i nostri occhi su Cristo in Croce e così imparare a
sentire come sentiva Gesù, conformare il nostro modo di pensare, di
decidere, di agire con i sentimenti di Gesù. Se prendiamo questa
strada, viviamo bene e prendiamo la strada giusta. In questa
contemplazione dell’amore crocifisso avremo la conferma che Gesù,
ci vuol bene. Questo bene è tenerezza e una grande consolazione per
noi, è un conforto e anche una grande responsabilità giorno per
giorno. E’ un bene che ci è donato e che non possiamo ottenere con
lo studio o la pratica: è un dono gratuito di Dio da far
responsabilmente fruttificare.
Il mondo - e noi
nel mondo - condanna e giustizia, cioè elimina ogni nemico. Nel
mondo si fa guerra al nemico, fino all'annientamento. Ma Cristo ci
dice di amare il nemico, e la Sua Parola è verità. E’ realtà.
Questa Parola d’amore qui ed ora si compie in noi, nemici di Dio
intenti, ogni giorno, a eliminare i nemici, smarrendo per via
pazienza, perdono e amore. Noi, ricchi di peccati, siamo amati e
riamati infinitamente da Dio, ricco di misericordia.
Il cristiano è
portato dal Vangelo a vedere in se stesso il nemico amato da Dio e
per cui Cristo è morto: questa è l’esperienza di fede basilare da
cui soltanto potrà nascere l’itinerario spirituale che conduce
all’amore per il nemico! Scrive Paolo: “Dio dimostra
il suo amore verso
di noi perché, mentre
eravamo peccatori e nemici,
Cristo è morto per
noi” (Rm 5,8-10).
La nostra vita
perduta, riscattata e compiuta nel Suo perdono. Le Sue braccia aperte
sono anche oggi il nostro rifugio, la nostra perfezione. Siamo dunque
perfetti, compiuti solo nascosti tra le Sue ferite d'amore (cfr San
Bernardo di Chiaravalle). “È lì che
questa verità può essere
contemplata. E partendo da
lì deve ora definirsi
che cosa sia l'amore.
A partire da questo
sguardo il cristiano trova
la strada del suo
vivere e del suo
amare” (Benedetto XVI, Deus caritas
est n.12). Trafitti dalla Sua misericordia diventiamo noi
stessi le Sue ferite aperte sul mondo, segno di salvezza, vita e
perdono per ogni uomo. Le nostre piaghe quotidiane unite alle Sue
piaghe sono la perfezione che salva il mondo.
2)
Guardare dalla Croce.
Là,
inchiodati alla nostra
croce siamo perfetti. Là dove
nessuno saluta, là dove si cela il sole e si trafuga la pioggia,
laddove il mondo cancella gli ingiusti, i figli del Padre celeste
offrono la vita, gratuitamente, per fede amorosa.
Là
dove il mondo odia,
i discepoli dell'Amore
amano. La nostra vita è così compiuta sulla Croce,
Crocifissi con Lui. “Chi vuol donare
amore, deve egli stesso
riceverlo in dono. Certo,
l'uomo può — come ci
dice il Signore —
diventare sorgente dalla
quale sgorgano fiumi di
acqua viva (cfr Gv
7, 37-38). Ma per
divenire una tale sorgente,
egli stesso deve bere,
sempre di nuovo, a
quella prima, originaria
sorgente che è Gesù
Cristo, dal cui cuore
trafitto scaturisce l'amore
di Dio (cfr Gv
19, 34)" (Benedetto XVI, Deus
caritas est n.7). E’ Lui vivo in noi ad
amare ogni uomo, scende in noi all’ultimo posto, servo di questa
generazione per aprire il Cielo ad ogni nemico, nel Suo sangue
trasformato in amico. Di più, ogni nemico è fratello agli occhi di
Cristo. Come lo siamo stati noi, appena un istante fa, o lo fummo
ieri, o lo saremo domani.
Dunque
impariamo a guardare all’altro, al nostro prossimo non più
soltanto con i nostri occhi e con i nostri buoni sentimenti, ma
guardiamo dalla Croce, dal punto di vista di di Gesù Cristo.
Il suo amico è
nostro amico. Al di là dell'apparenza esteriore, con una purezza da
angeli potremo scorgere nell’altro la sua attesa di un gesto di
amore, di attenzione. Se cerchiamo di guardare l’altro con gli
occhi di Cristo, possiamo dargli ben più che le cose necessarie
materialmente: possiamo donargli lo sguardo di amore di cui egli ha
bisogno (cfr Benedetto XVI, Deus caritas est
n.18). Gli occhi di Dio, che ama tutti donando a tutti il necessario,
senza distinzione alcuna, sono gli occhi di Gesù posati su questa
umanità attraverso i nostri stessi occhi.
C’è una
bellissima intuizione di Berdiaeff: “All'inizio
Dio disse a Caino:
Cosa hai fatto di
tuo fratello Abele?
Nell'ultimo giorno non si
rivolgerà più a Caino
ma ad Abele dicendo:
“Cosa hai fatto di
tuo fratello Caino?”.
Abele risorgerà non per
la vendetta ma per
custodire Caino. La terra
nuova sarà quando le
vittime si prenderanno cura
dei loro carnefici. Questo
è il cuore di
Dio”. Con il suo infinito amore per noi,
Cristo fece così per noi.
Per imparare da
lui, occorre andare al Calvario e guardare il Redentore in Croce, poi
occorre salire in Croce accanto a lui, e guardare dal suo punto di
vista. A questo amore si arriva attraverso un cammino, una
ascesi.
L’amore non è spontaneo: esso richiede disciplina,
ascesi, lotta contro l’istinto della collera e contro la tentazione
dell’odio. Così si perverrà alla responsabilità di chi ha il
coraggio di esercitare una correzione fraterna denunciando
“costruttivamente” il male commesso da altri. L’amore del
nemico non va confuso con la complicità con il peccatore.
Chi non serba
rancore e non si vendica, ma corregge il fratello, è infatti anche
in grado di perdonare; e il perdono è la misteriosa maturità di
fede e di amore per cui l’offeso sceglie liberamente di rinunciare
al proprio diritto nei confronti di chi ha già calpestato i suoi
giusti diritti. Chi perdona sacrifica un rapporto giuridico in favore
di un rapporto di grazia.
Ma perché
tutto questo sia possibile è indispensabile che accanto al comando
di amare i nemici ci sia la preghiera per i persecutori,
l’intercessione per gli avversari: “Amate i
vostri nemici e pregate
per i vostri persecutori”
(Mt 5,44). Se non si assume l’altro – e in particolare l’altro
che si è fatto nostro nemico, che ci contraddice, che ci osteggia,
che ci calunnia – nella preghiera, imparando così a vederlo con
gli occhi di Dio, nel mistero della sua persona e della sua
vocazione, non si potrà mai arrivare ad amarlo. Ma dev’essere
chiaro che l’amore del nemico è questione di profondità di fede,
di “intelligenza del cuore”, di ricchezza interiore, di amore per
il Signore, e non, semplicemente di buona volontà.
Questo amore a
cui Dio ci chiama è un amore che non poggia in definitiva sulle
risorse umane, è dono di Dio che si ottiene confidando unicamente e
senza riserve sulla sua bontà misericordiosa. Ecco la novità del
Vangelo, che cambia il mondo senza far rumore. Ecco l’eroismo dei
“piccoli”, che credono nell’amore di Dio e lo diffondono anche
a costo della vita. Cristo è il primo in questo amore per i nemici e
i martiri lo hanno imitato nell’amare fino alla fine. Tuttavia
teniamo presente che la vita consacrata è a questo riguardo un
martirio incruento, ma quotidiano. Nell’Ordo Virginum le persone
sono chiamate alla costante testimonianza, che è un martirio senza
spargimento di sangue, perché vivono una esistenza totalmente
dedicata alla fedeltà a Dio ed all’intercessione per i peccatori,
che si pensano nemici di Cristo, che li ama e che invoca su di loro
il perdono del Padre. Nel nascondimento di una vita quotidiana,
semplice come quella della Madonna a Nazareth, mostrano che si può
imitare l’esempio eminente della Madre di Cristo, nella quale Dio
fu il protagonista e la sua verginità fu l’espressione, anche
fisica, dell’apertura totale al progetto di Dio. La vocazione di
questa donne è di umilmente lavorare e pregare per pacificare la
terra, conciliare i fratelli nemici, far risorgere Abele, ricondurre
all’amore Caino. (Cfr Due invocazioni della Preghiera litanica nel
Rituale della Consacrazione delle Vergini, n. 20 – traduzione
letterale dal latino:
O Signore,
- mantieni e fai crescere nella tua Chiesa la fiamma della verginità beata, ti preghiamo, ascoltaci.
- Poni tra i popoli una intesa e una pace sincere, ti preghiamo, ascoltaci ).
Lettura
patristica
Sant’Agostino,
Vescovo di Ippona
“Trattati
sulla prima lettera di Giovanni” (1, 9-12)
“In
questo lo conosciamo se
osserveremo i suoi
comandamenti. Quali comandamenti? Chi dice
di conoscerlo e non
osserva i suoi comandamenti
è menzognero e in
lui non c'è verità.
Ma tu torni a chiedere: quali comandamenti? Giovanni ti dice: Chi
osserverà la sua parola,
veramente in lui è
perfetto l'amore di Dio
(1 Gv 2, 3-5). Vediamo se questo comandamento non sia l'amore. Ci
domandavamo quali fossero questi comandamenti e Giovanni ci risponde:
Chi osserverà la sua
parola, veramente in lui
è perfetto l'amore di
Dio. Esamina il Vangelo e vedi se non è questo
precisamente quel comandamento. Dice il Signore: Vi dò
un comandamento nuovo, che
vi amiate a vicenda
(Gv 13, 34). A questo segno noi
conosciamo di essere in
lui, se in lui
saremo perfetti (1 Gv 2, 5). Egli parla di
perfetti nell'amore. Ma qual'è la perfezione dell'amore? E' amare
anche i nemici ed amarli perché diventino fratelli. Il nostro amore
infatti non deve essere carnale. E' buona cosa chiedere per un altro
la salute del corpo; ma se questa mancasse, non deve scapitarne la
salute dell'anima. Se auguri al tuo amico la vita, fai bene. Se ti
rallegri per la morte del tuo nemico, fai male. Forse la vita che
auguri all'amico è inutile, mentre quella morte del nemico di cui ti
rallegri, può essere a lui utile. Non è certo se questa nostra vita
sia utile o inutile, mentre è indubbiamente utile la vita presso
Dio. Ama i tuoi nemici con l'intento di renderli fratelli; amali fino
a farli entrare nella tua cerchia. Cosí ha amato colui che, pendendo
sulla croce, disse: Padre, perdona loro
perché non sanno quello
che fanno (Lc 23, 34). Non che abbia detto:
Padre, costoro abbiano una vita lunga; loro che mi uccidono abbiano a
vivere; ma ha detto: Perdona loro perché
non sanno quello che
fanno. Egli li volle preservare da una morte
perpetua con una preghiera piena di misericordia e di forza. Molti
tra essi credettero e fu loro perdonato di aver versato il sangue di
Cristo. Quando si mostrarono crudeli, versarono quel sangue; quando
credettero, lo bevvero. In questo noi
conosciamo che siamo in
lui, se in lui
saremo perfetti. Il Signore ci
ammonisce ad essere perfetti quando ci parla del dovere di amare i
nemici: Siate dunque perfetti,
come è perfetto il
vostro Padre celeste (Mt 5,
48). Chi dunque dice di
rimanere in lui, deve
camminare come lui camminò
(1 Gv 2, 6). In quale modo, o fratelli? Che ammonizione è questa?
Colui che dice di
rimanere in lui - cioè in
Cristo - deve camminare come
lui camminò. Che ci ammonisca forse
di camminare sul mare? No, evidentemente. Ci ammonisce invece di
camminare nella via della giustizia. Quale via? L'ho ricordato. Egli,
quando era inchiodato alla croce, camminava proprio su questa via,
che è la strada della carità. Padre, perdona
loro, perché non sanno
quello che fanno. Se
dunque imparerai a pregare per il tuo nemico, camminerai sulla
strada del Signore.”
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