Rito
Romano
Is
60,1-6;
Sal
71;
Ef
3,2-3a.5-6;
Mt
2,1-12
Rito
Ambrosiano
Is
60,
1-6;
Sal
71;
Tt
2,
11-3,
2;
Mt
2,
1-12
1)
Epifania1:
ai
Magi,
saggi
Pellegrini
del
Cielo.
Quando si dice “epifania” pensiamo soprattutto alla manifestazione di Gesù Cristo a tutte le genti, rappresentate dai Re Magi2, che si prostrarono davanti al Re Bambino e lo adorarono. Tuttavia di per sé, l’Epifania
celebra
tre
manifestazioni:
quella
ai
Re-Magi,
che
esprimono
l’adorazione
del
mondo
al
vero
Re
dei
Re;
quella
sulle
rive
del
Giordano,
dove
il
Salvatore
viene
battezzato
ed
indicato
come
figlio
prediletto
dal
Padre
e
come
agnello
che
toglie
i
peccati
del
mondo,
e
quella
delle
nozze
di
Cana,
che
–penso-
possiamo
considerare
un
simbolo
delle
nozze
di
Cristo
con
la
Chiesa.
Scrivo
questo
perché
mi
è
suggerito
dall’antifona
al
“Benedictus”
della
Liturgia
della
Lodi
di
questa
solennità
dell’Epifania:
“Oggi
la
Chiesa,
lavata
dalla
colpa
nel
fiume
Giordano,
si
unisce
a
Cristo,
suo
Sposo,
accorrono
i
magi
con
doni
alle
nozze
regali
e
l'acqua
cambiata
in
vino
rallegra
la
mensa,
alleluia”.
Procediamo
per
gradi
e
contempliamo
la
manifestazione
di
Gesù
ai
tre
saggi
venuti
da
lontano,
che
lo
adorano
riconoscendo
Dio
in
un
povero
bambino.
Grazie
agli
occhi
del
cuore
brucianti
di
desiderio
di
luce
poterono
andare
oltre
a
quello
che
gli
occhi
del
corpo
vedevano.
Grazie
al
cuore
dilatato
dall’incontro
con
il
Re
dei
Re
poterono
inginocchiarsi
in
una
stalla
e
farGli
regali
importanti,
sono
dei
doni
regali
(da
re).
Questo
“povero”
bambino
è
Re
e
i
tre
Re
Saggi
gli
rendono
l’omaggio
degno
di
un
Re:
s'inginocchiarono
dinanzi
a
colui,
che
sottometterà
la
Scienza
delle
parole
e
dei
numeri
alla
nuova
Sapienza
dell'Amore:
la
loro
scienza
si
umiliò
davanti
all’Innocenza.
Inginocchiati,
dentro
ai
lussuosi
mantelli
reali,
sulla
paglia
sparsa
sul
pavimento
della
stalla,
loro,
i
potenti,
i
dotti,
offrirono
anche
sé
stessi
come
pegno
dell'obbedienza
del
mondo.
Facciamo
altrettanto,
celebrando
la
festa
dell’Epifania,
nella
liturgia
e
quindi
nella
vita,
come
impegno
non
solamente
a
donare
qualcosa
di
prezioso
a
Dio,
ma
a
donarci
al
Verbo
di
Dio
perché
Egli
assuma
noi
e
attraverso
di
noi
tutte
le
cose.
Doniamoci
a
Lui.
È
la
festa
dei
Magi:
anche
noi
dobbiamo
portare
i
nostri
doni
a
Lui.
Tutto
quello
che
siamo,
tutto
quello
che
abbiamo.
Ciò
che
noi
tratteniamo
per
noi
e
non
doniamo
a
Lui,
tutto
questo
imputridisce
e
non
ha
vita.
Si
salva
soltanto
quello
che
Egli
assume.
Doniamoci
e
rinnoviamo
oggi
la
nostra
consacrazione
al
Signore,
la
nostra
donazione
a
Lui.
2)
Epifania:
Natale
della
Chiesa.
La
manifestazione
che
Gesù
fa
di
Sé
ai
magi,
ai
pagani
venuti
da
lontano,
diventa
la
nascita
della
Chiesa,
la
quale
è
chiamata
“universale”
alla
salvezza.
Più
nessuno
oramai
doveva
stare
fuori
dal
cuore
di
Dio
e
quindi
del
suo
Regno.
Ecco
perché
gli
Ortodossi
considerano
l'Epifania
il
Natale
della
Chiesa
e
lo
celebrano
con
grande
solennità.
Ed
è
il
nostro
Natale.
Dovremmo
ascoltare
oggi,
come
dette
a
noi
le
parole
di
Isaia
profeta:
“Alzati
rivestiti
di
luce,
perché
viene
la
luce,
la
gloria
del
Signore
brilla
su
di
te.
Poiché
ecco
le
tenebre
ricoprono
la
terra,
nebbia
fitta
avvolge
le
nazioni:
ma
su
di
te
risplende
il
Signore,
la
sua
gloria
appare
su
di
te.
Cammineranno
i
popoli
alla
tua
luce,
i
re
allo
splendore
del
tuo
sorgere”
(Is
60,
1-3).
I
Magi,
primizie
dei
pagani,
furono
introdotti
presso
il
gran
Re
che
cercavano,
e
noi
tutti
oggi
li
seguiamo.
Il
Bambino
come
ha
sorriso
a
loro,
sorride
a
noi
oggi
e
così
tutte
le
fatiche
del
lungo
viaggio
che
porta
a
Dio
sono
dimenticate:
l’Emmanuele
rimane
con
noi,
e
noi
con
lui.
Betlemme,
che
ci
ha
ricevuti,
ci
custodisce
per
sempre,
perché
a
Betlemme
riceviamo
in
dono
il
Bambino,
e
Maria
la
Madre
sua.
Nel
momento
in
cui
ci
avviciniamo
all'altare
verso
il
quale
la
Stella
della
fede
ci
conduce,
preghiamo
questa
Madre
incomparabile
di
presentarci
il
Figlio
che
è
la
nostra
luce,
il
nostro
amore,
il
nostro
Pane
di
vita.
Offriamo
al
Neonato
il
nostro
oro,
il
nostro
incenso
e
la
nostra
mirra.
Lui
gradisce
questi
doni
di
bontà,
segno
del
dono
di
noi
stessi.
Dopo
la
Messa
usciremo
dalla
Chiesa
come
i
Magi
lasciarono
la
grotta,
come
loro
lasceremo
i
nostri
cuori
sotto
il
dominio
d’amore
del
divino
Re
bambino,
e
anche
noi
per
un’altra
strada,
per
una
via
del
tutto
nuova,
rientreremo
a
casa
nostra,
patria
temporanea,
mortale
dove
siamo
chiamati
a
vivere
fino
al
giorno
in
cui
la
vita
e
la
luce
eterna
verranno
a
far
sparire
in
noi
tutto
ciò
che
vi
è
di
ombra
e
di
caducità.
Fratelli
e
sorelle,
amici
miei
carissimi,
seguiamo
i
magi,
lasciamo
le
nostre
abitudini
“pagane”.
Andiamo!
Facciamo
un
lungo
viaggio
per
vedere
Cristo.
Se
i
Magi
non
fossero
partiti
lontano
dal
loro
Paese,
non
avrebbero
visto
Cristo.
Finché
restavano
nel
loro
Paese,
non
vedevano
nulla
se
non
la
stella;
quando
invece
hanno
lasciato
la
loro
patria,
hanno
visto
il
Sole
di
giustizia
(Mt
3,20).
Diciamo
meglio:
se
non
avessero
intrapreso
generosamente
il
loro
viaggio,
non
avrebbero
nemmeno
visto
la
stella
(cfr
San
Giovanni
Crisostomo
(circa
345-407),
Omelie
su
Matteo,
7-8).
Anche
noi
alziamoci
dunque,
e
anche
se
a
Gerusalemme
tutti
restano
turbati,
corriamo
là
dove
si
trova
il
Bambino
e
vedremo
Dio
in
terra
e
l’Uomo
in
cielo
e
noi
con
Lui,
che
è
il
Dio
con
noi:
l’Emmanuele.
Non
è importante
che
cosa
possiamo
regalarGli,
Gesù
Cristo
non
ha
bisogno
dell’oro,
della
mirra,
dell’incenso
che
noi
possiamo
portargli.
Ma
anche
qui
è
il
Cristo
che
dona
alla
nostra
attività
il
suo
valore
perché,
se
non
si
riporta
a
Cristo,
ogni
attività
umana
diviene
di
per
sé
tale
da
compromettere
la
vita,
tale
da
compromettere
l’unità
della
persona
umana,
tale
da
compromettere
il
risultato
ultimo
e
finale
della
storia
del
mondo.
I
Re
Magi
se
ne
andarono
a
mani
vuote?
No.
Avevano
trovato
la
perla
preziosa:
Cristo.
Facciamo
altrettanto!
Secondo
me
capirono
e
credettero
che
quel
Bambino
era
il
primogenito
di
tanti
fratelli,
che
Dio
ama
tutti
i
popoli
e
ama
ognuno
di
noi
di
un
amore
infinito.
Dio
è
il
Padre
di
ciascuno
di
noi.
Davanti
a
Lui
non
siamo
più
stranieri
o
schiavi:
siamo
suoi
figli
nel
Figlio
che
“oggi”
ci
ha
donato
per
sempre.
Chiediamo
la
grazia
di
comprendere
e
di
vivere
questa
verità,
come
ci
insegna
un
breve
racconto
del
17°
secolo
che
narra
di
una
pastorella
francese
e
di
una
sua
coetanea,
nobile
e
ben
educata.
Questa
povera,
giovane
pastorella
sembrava
così
stupida
che
una
nobildonna,
giovane
come
lei
ma
pia
e
istruita,
le
si
offrì
di
insegnarle
il
catechismo.
Allora
la
pastorella
le
rispose
umilmente:
“Grazie.
Dunque,
per
favore
insegnami
a
terminare
il
‘Padre
Nostro’.
Infatti,
ogni
volta
che
comincio
questa
preghiera,
quando
penso
che
una
povera
creatura
come
me
può
chiamare
Padre
il
Dio
di
ogni
potenza
e
santità,
il
mio
cuore
scoppia
di
riconoscenza
e
io
non
posso
andare
oltre
queste
due
parole:
Padre
Nostro,
e
così
passo
tutto
il
giorno
a
piangere
di
gioia
guardando
le
mie
pecorelle”.
Allora,
la
nobildonna
capì
che
la
sua
povera
coetanea
non
aveva
bisogno
del
suo
insegnamento.
Approfittiamo
anche
noi
di
questa
lezione
e
invocando
il
Padre
del
Cielo
che
è
Nostro
Padre
comprenderemo
che
il
corteo
dei
Magi
ci
conduce
al
Dio
vivente,
che
è
presente
nelle
nostre
anime:
luce
splendida
dell’Amore
in
cui
ciascuno
e
ciascuna
di
noi
ha la sua
culla.
Anche
le
Vergini
consacrate3
hanno
trovato
questo
Tesoro,
al
quale
hanno
donato
tutto
mediante
il
dono
della
verginità.
Dio
le
ha
sedotte
come
ha
detto
di
sé
il
profeta
Geremia:
“Tu
mi
hai
sedotto
o
mio
signore
mio
Dio
ed
io
mi
sono
lasciato
sedurre
da
te”
(Ger
20,
7).
Per
aver
la
Perla
preziosa
hanno
offerto
a
Cristo
tutte
se
stesse
e
la
loro
persona,
che
ha
accolto
Cristo
totalmente,
si
consuma
come
un’ostia,
perché
tutto
il
popolo
di
Dio
viva
in
Cristo
e
Cristo
viva,
ora
e
per
l’eternità,
in
questo
popolo
di
peccatori
redenti.
Vive
chi
cammina
verso
ciò
che
ama
e
cammina
con
chi
lo
ama
nella
misericordia
e
fedeltà.
1
Il
termine
“epifania”
deriva
dal
greco
antico,
dal
verbo
ἐπιφαίνω,
epifàino
(che
significa
“mi
rendo
manifesto”)
e
dal
discendente
sostantivo
femminile
ἐπιφάνεια,
epifàneia
(che
può
significare
manifestazione,
apparizione,
venuta,
presenza
divina).
In
San
Giovanni
Crisostomo
Έπιφάνια
assume
la
valenza
ulteriore
di
“Natività
di
Cristo”.
2
La
parola
‘mago’
che
si
usa
per
indicare
questi
personaggi
non
va
identificata
con
il
significato
che
oggi
noi
diamo.
Il
vocabolo
deriva
dal
greco
‘magoi’
e
sta
ad
indicare
in
primo
luogo
i
membri
di
una
casta
sacerdotale
persiana
(in
seguito
anche
babilonese)
che
si
interessava
di
astronomia
e
astrologia.
Potremo
meglio
nominarli:
studiosi
dei
fenomeni
celesti.
I
Magi
sono
stati
interpretati
come
Re
Magi
per
l'influsso
di
Isaia
60,3,
e
sono
stati
attribuiti
loro
i
loro
nomi
di
Melchiorre,
Gaspare
e
Baldassarre.
Secondo
il
Vangelo
di
Matteo
(2,2)
i
Magi
(non
precisati
nel
numero),
guidati
in
Giudea
da
una
stella
(ἀστέρα,
da
ἀστήρ,
stella
od
astro),
portano
in
dono
a
Gesù
bambino,
riconosciuto
come
“re
dei
Giudei”,
oro
(omaggio
alla
sua
regalità),
incenso
(omaggio
alla
sua
divinità)
e
mirra
(anticipazione
della
sua
futura
sofferenza
e
morte
redentrici)
e
lo
adorano.
3
Nella
Chiesa,
con
il
permanere
delle
vocazioni
verginali
-
attraverso
il
segno
della
rinuncia
al
matrimonio
e
della
conseguente
solitudine
e
apparente
infecondità
-
si
trasmette
vitalmente
e
sperimentalmente
la
certezza
che:
-
il
cuore
dell’essere
umano
può
essere
riempito
soltanto
da
Dio,
e
la
sua
ultima
solitudine
può
essere
colmata
solo
dalla
sua
“compagnia”;
-
Gesù
Cristo,
vivo
e
vero,
qui
e
ora,
è
Dio
incarnato
che
ha
offerto
e
offre
il
suo
vero
amore;
-
in
quest’amore
è
contenuto
e
richiesto
ogni
altro
amore:
si
ama,
infatti,
indissolubilmente
“Cristo
e
ciò
che
è
suo”;
-
e
si
tratta
di
un
amore
la
cui
particolare
fecondità
è
destinata
ad
essere
visibile
anche
in
questa
vita.
Nella
comunità
cristiana,
le
due
vocazioni
– quella
alla
verginità
consacrata
e
quella
al
matrimonio
-
vanno
comprese
ed
educate
non
in
alternativa,
ma
in
complementarietà,
ricordando
tuttavia
che
ognuna
di
essa
è
una
vocazione
totale
e
totalizzante,
e
affermando
chiaramente
che
la
verginità
meglio
testimonia
lo
splendore
della
sollecitudine
e
della
definitività
dell’amore
dovuto
a
Cristo.
Per
quanto
riguarda
la
famiglia,
consiglio
vivamente
il
recente
libro
di
Mons.
Livio
Melina,
La
roccia
e
la
Casa
– socialità,
bene
comune
e
famiglia,
Cinisello
Balsamo,
Edizioni
San
Paolo,
2013,
pp
180.
E’
un
testo
profondo
e
chiaro,
che
si
legge
con
facilità
e
profitto.
Lettura
Patristica
Sant’Agostino
d’Ippona
Discorso
200
sull’Epifania
del
Signore
Epifania:
manifestazione
di
Cristo.
1.
1. I
magi
vennero
dall'Oriente
per
adorare
il
bambino
nato
dalla
Vergine.
Oggi
celebriamo
questa
ricorrenza,
alla
quale
diamo
la
dovuta
solennità
e
paghiamo
il
debito
di
un
discorso.
Questo
giorno
rifulse
per
primo
ai
magi,
a
noi
ritorna
con
festosa
ricorrenza
annuale.
I
magi
erano
le
primizie
dei
pagani,
noi
siamo
il
popolo
dei
pagani.
A
noi
questo
giorno
è
stato
annunciato
dalla
parola
degli
Apostoli,
ai
magi
dalla
stella,
come
fosse
parola
dei
cieli;
e
anche
a
noi
gli
Apostoli,
come
fossero
cieli,
hanno
narrato
la
gloria
di
Dio.
Come
infatti
non
riconosceremo
in
essi
quei
cieli,
essi
che
son
diventati
sede
di
Dio?
Come
sta
scritto: L'anima
del
giusto
è
la
sede
della
sapienza.
Per
opera
di
questi
cieli
il
creatore
e
abitatore
dei
cieli
fece
sentire
la
sua
voce;
il
mondo
tremò
al
tuono
della
sua
voce
ed
ora
è
divenuto
credente.
Grande
sacramento!
Giaceva
in
una
mangiatoia
e
guidava
i
magi
dall'Oriente.
Era
nascosto
in
una
stalla
e
veniva
riconosciuto
in
un
segno
celeste
perché,
riconosciuto
nel
segno
celeste,
venisse
ritrovato
nella
stalla.
E
così
questo
giorno
si
chiamò
"Epifania"
che
in
latino
si
può
tradurre
con
manifestazione.
Ci
si
manifestano
insieme
la
sua
grandezza
e
la
sua
umiltà:
mentre
si
manifestava
nell'immensità
del
cielo
con
i
segni
degli
astri,
si
faceva
trovare,
dopo
essere
stato
cercato,
in
un
angusto
rifugio;
debole
nelle
carni
di
un
bambino,
avvolto
in
panni
da
bambino
veniva
adorato
dai
magi
e
temuto
dai
malvagi.
La
paura
di
Erode.
1.
2. Ebbe
infatti
paura
di
lui
il
re
Erode,
quando
i
magi
glielo
annunziarono,
mentre
stavano
ancora
cercando
il
bambino
che
tramite
il
segno
celeste
che
avevano
ricevuto,
sapevano
già
nato.
Che
cosa
sarà
il
tribunale
di
Dio
giudice
se
la
culla
di
Dio
bambino
ha
incusso
terrore
a
superbi
re?
Molto
più
assennatamente
ora
i
re
non
cercano
di
ucciderlo,
come
ha
tentato
Erode,
ma
piuttosto
volentieri
lo
adorano,
come
i
magi;
ora
soprattutto
che
ha
sostenuto
dai
nemici,
anche
per
gli
stessi
nemici,
quella
morte
che
il
nemico
Erode
desiderava
dargli
e
che,
ucciso,
ha
ucciso
la
morte
nel
suo
corpo.
Ora
sì,
abbiano
i
re
più
timore
di
colui
che
siede
alla
destra
del
Padre
e
del
quale
l'empio
re
Erode
ebbe
paura
quando
ancora
succhiava
dal
seno
della
madre.
Ascoltino
quanto
è
scritto: E
ora,
o
re,
abbiate
senno;
rinsavite
voi
che
siete
gli
arbitri
della
terra:
servite
il
Signore
con
timore;
con
tremore
esultate
davanti
a
lui.
Quel
sommo
re,
che
punisce
i
re
empi
e
sostiene
i
pii,
non
è
nato
come
nascono
i
re
del
mondo;
anch'egli
è
nato,
ma
il
suo
regno
non
è
di
questo
mondo.
La
nobiltà
del
figlio
fu
la
verginità
della
madre,
la
nobiltà
della
madre
fu
la
divinità
del
figlio.
Mentre
erano
stati
tanti
i
re
dei
Giudei
già
nati
e
defunti,
i
magi
non
cercarono
nessuno
di
essi
per
adorarlo,
perché
di
nessuno
di
essi
il
cielo
aveva
loro
parlato.
L'incredulità
dei
Giudei.
2.
3. Non
bisogna
neanche
tralasciare
di
dire
che
questa
illuminazione
dei
magi
costituì
una
prova
irrefutabile
della
cecità
dei
Giudei.
I
magi
cercavano
nel
paese
dei
Giudei
colui
che
i
Giudei
non
riuscirono
a
riconoscere
pur
essendo
in
mezzo
a
loro.
In
mezzo
ai
Giudei
i
magi
trovarono
il
bambino
che
essi
poi
non
accettarono
quando
insegnava
in
mezzo
a
loro.
I
magi,
pellegrini
in
queste
terre
da
paesi
lontani,
adorarono
il
Cristo
bambino
che
ancora
non
parlava;
i
suoi
concittadini
lo
crocifissero,
in
età
ancora
giovane,
mentre
operava
prodigi.
I
magi
riconobbero
Dio
in
quel
corpicino;
questi,
pur
davanti
ai
prodigi,
non
lo
risparmiarono
neanche
come
uomo.
Come
se
fosse
stato
più
strepitoso
vedere
una
nuova
stella
che
ha
brillato
alla
sua
nascita,
anziché
il
sole
che
ha
pianto
nella
sua
morte.
La
stella,
che
condusse
i
magi
al
luogo
dove
si
trovava
con
la
vergine
madre
il
Dio
bambino,
certamente
poteva
condurli
direttamente
a
quella
città;
tuttavia
si
nascose
e
non
apparve
loro
di
nuovo
se
non
quando
ebbero
interrogato
i
Giudei
sulla
città
in
cui
doveva
nascere
il
Cristo
-
perché
fossero
essi
ad
indicarla
seguendo
la
profezia
della
divina
Scrittura
-
ed
essi
risposero: In
Betlemme
di
Giuda.
Così
infatti
è
stato
scritto
dal
profeta:
E
tu,
Betlemme,
terra
di
Giuda,
non
sei
certo
la
minore
fra
le
città
di
Giuda,
perché
da
te
uscirà
un
capo
che
guiderà
Israele,
mio
popolo.
Tutto
questo
che
cosa
ha
significato
nei
disegni
della
divina
Provvidenza
se
non
che
presso
i
Giudei
sarebbero
rimaste
soltanto
le
divine
Scritture,
con
le
quali
i
pagani
si
sarebbero
istruiti
e
i
Giudei
accecati?
Che
le
avrebbero
conservate
non
come
aiuto
alla
propria
salvezza,
ma
come
testimonianza
della
nostra
salvezza?
Infatti
oggi,
quando
riferiamo
queste
antiche
profezie
riguardanti
il
Cristo,
rese
chiare
ed
evidenti
alla
luce
degli
eventi
già
avvenuti,
se
per
caso
dei
pagani,
che
noi
vogliamo
convertire,
dicessero
che
sono
state
inventate
da
noi,
che
non
sono
state
pronunciate
prima
ma
posteriormente
agli
eventi
accaduti,
così
da
credere
che
siano
state
profetizzate
cose
già
avvenute;
noi,
per
fugare
il
dubbio
di
questi
pagani,
presentiamo
i
codici
dei
Giudei.
I
pagani
erano
rappresentati
già
da
quei
magi,
ai
quali
i
Giudei,
tramite
le
parole
divine,
indicavano
la
città
in
cui
è
nato
Cristo.
I
Giudei
però
né
lo
cercavano
né
lo
riconoscevano.
L'unico
nuovo
popolo.
3.4. Ora
dunque,
carissimi,
figli
ed
eredi
della
grazia, considerate
la
vostra
chiamata e
aderite
con
tenacissimo
amore
al
Cristo
che
si
è
manifestato
ai
Giudei
e
ai
pagani
come
pietra
angolare.
Si
è
manifestato
già
fin
dalla
culla
della
sua
infanzia
a
quelli
che
erano
vicini
e
a
quelli
che
erano
lontani:
ai
Giudei
nei
vicini
pastori
ai
pagani
nei
lontani
magi.
Si
pensa
che
i
pastori
siano
venuti
a
lui
nello
stesso
giorno
in
cui
è
nato,
i
magi
invece
in
questo
giorno.
Si
è
manifestato
ai
primi,
benché
non
fossero
dotti
e
agli
altri
benché
non
fossero
giusti.
La
caratteristica
infatti
della
rozzezza
dei
pastori
è
l'ignoranza,
e
delle
pratiche
sacrileghe
dei
magi
è
l'empietà.
Quella
pietra
angolare
congiunse
ambedue
a
sé:
infatti
è
venuto
a
scegliere
ciò
che
è
stolto
per
il
mondo
per
confondere
i
sapienti e
a
chiamare
non
i
giusti
ma
i
peccatori,
affinché
nessuno,
per
quanto
importante,
s'insuperbisca
e
nessuno
per
quanto
miserabile,
si
disperi.
Per
questo
gli
scribi
e
i
farisei,
stimandosi
troppo
dotti
e
troppo
giusti,
scartarono
dalla
loro
costruzione
questa
pietra
di
cui
avevano
indicato
la
città
natale
leggendo
le
parole
dei
profeti.
Ma
egli
è
divenuto
testata
d'angolo e
quanto
indicò
nella
nascita
lo
completò
nella
passione.
Congiungiamoci
a
lui
insieme
all'altra
parete
comprendente
il
resto
d'Israele,
che
si
è
salvato
per
gratuita
elezione.
Quei
pastori
prefiguravano
questo
resto
che
si
sarebbe
congiunto
a
lui
da
vicino,
affinché
anche
noi
-
la
cui
chiamata
da
lontano
era
significata
dalla
venuta
dei
magi
-
fossimo
non
più
pellegrini
e
ospiti
ma
diventassimo
concittadini
dei
santi
e
membri
della
famiglia
di
Dio,
costruiti
insieme
sopra
il
fondamento
degli
Apostoli
e
dei
profeti,
avendo
per
pietra
angolare
lo
stesso
Cristo
Gesù.
Egli
ha
fatto
dei
due
un
popolo
solo,
affinché
in
quest'uno
amassimo
l'unità
e
avessimo
una
infaticabile
premura
di
raccogliere
i
rami
che,
pur
innestati
da
un
olivo
selvatico,
spezzati
dalla
superbia,
sono
diventati
eretici.
Dio
infatti
ha
il
potere
di
innestarli
di
nuovo.
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