venerdì 31 gennaio 2014

L’incontro del Figlio con il Padre e con i fratelli

Presentazione del Signore al TempioLIpapante12 febbraio 2014

Rito Romano
Ml 3,1-4; Sal 23; Eb 2,14-18; Lc 2,22-40
Gesù offerto a Suo Padre

Rito Ambrosiano
Ml 3,1-4a; Sal 23; Rm 15,8-12; Lc 2,22-40
Il Signore nel suo Tempio santo

1) Incontro di cuori puri, umili e obbedienti.
Questanno il 2 di febbraio cade di domenica e quindi oggi la liturgia invece di continuare la celebrazione deltempo ordinarioci riporta altempo natalizio, cioè altempo inizialedella nostra salvezza, per fare memoria del mistero del neonato Figlio di Dio, che osserva anche tutte le prescrizioni esposte nella Legge di Mosè.
Contempliamo Maria e Giuseppe che vanno al Tempio di Gerusalemme, per offrire Gesù al Signorecome è scritto nella legge del Signore: Ogni maschio che apre il grembo sarà chiamato santo per il Signore e per dare in sacrificio, secondo quanto è detto nella legge del Signore, una coppia di tortore o due pulcini di colomba(Lc 2, 24-25). Così ci viene ridetta la povertà dei genitori, che non hanno la possibilità di offrire lagnello. Tuttavia con il cuore pieno di commozione essi offrono tutto quello che hanno: due uccelli piccoli, innocenti e puri. Non sanno ancora che hanno tra le braccia Colui, che Giovanni il Battista indicherà comeAgnello di Dio.
L'offerta di Gesù al Padre, compiuta nel Tempio, prelude alla sua totale offerta sulla croce.Questo atto di obbedienza a un rito legale, al compimento del quale Gesù Maria erano tenuti, costituisce anche una lezione di umiltà, ulteriore a quella che ci è stata data a Natale, quando abbiamo contemplato il Figlio di Dio e la sua Madre nella commovente, povera e umile cornice del presepio.
Dio si manifesta nella debolezza, nella povertà, nell'innocenza dell'infanzia e nella purezza, e solamente i puri di cuore vedono Dio. Quelli cioè che hanno gli occhi tersi, puliti perché hanno cambiato la mente. Chi è pentito e purificato, la persona pia che ha rinunciato al modo di vedere e di pensare umano pvedereDio, che si manifesta nella vita degli uomini, e capire quello che Dio compie.
Fra questi puri di cuore ci sono Simeone2 e Anna3 figlia di Fanuele, della tribù di Aser.
Il cuore e gli occhi puri permettono a Simeone di riconoscere in quel bambino, portato da unumile coppia, il Messia promesso, l'unto del Signore annunciato dai profeti e atteso da secoli. Il vecchio Simeone, uomo giusto e pio, che aspetta la consolazione di Israele (cfr. Lc 2,25) e che, mosso dallo Spirito Santo, si reca in tempio, accoglie tra le braccia il bambino e con animo commosso benedice Dio, perché è arrivata la salvezza per lui, per il suo popolo e per tutte le genti. Con i suoi occhi e col suo cuore purificati dallattesa, il vecchio profeta riconosce in quel bambino il Salvatore. Ma profetizza anche che quella luce tanto attesa e invocata sarà per molti segno di contraddizione e non di risurrezione, perché non riusciranno ad accogliere la luce della sua parola che svela i pensieri di ogni cuore umano.
Laltra umile persona che accoglie Dio che visita il suo Tempio è Anna. Per grazia di Dio questa donna ha la felicità, la fortuna di vedere il volto di Dio nel bambino Gesù. Credo sia legittimo guardare a questa donna come rappresentante di tutta lumanità, il cui destino è vedere il Volto di Dio e riflettere in tale Volto. Questa vedova rappresenta tutta lumanità che è vedova perché non ha lo sposo, la suaaltra parte. Laltra parte delluomo è Dio. Questa donna ha la grazia di vederlo faccia a faccia e di gioire per la presenza dello sposo, come lo sposo gioisce della presenza della sposa. Anna finalmente celebra Dio, mentre prima digiunava con suppliche, digiuni notte e giorno nel tempio, e celebra Dio parlando del Bambino, che è la liberazione di tutti. Dunque questa donna rappresenta le nozze finali della Gerusalemme celeste, quando lumanità si incontrerà con lo Sposo. Sostanzialmente siamo tuttivedovein attesa delle nozze, dellincontro con Dio-Amore.


2) Due persone portano il Bambino per offrirlo.
Abbiamo presentato due persone che hanno accolto il Figlio di Dio chevisitavacasa sua, e che hanno saputo riconoscerlo in un piccolo bambino portato da due povere e umili persone: Giuseppe e Maria, che offrivano illoroFiglio a Dio. Ora volgiamo lo sguardo a San Giuseppe e, soprattutto, a Maria che è la Madre vergine offerente:La Chiesa ha intuito nel cuore della Vergine che porta il Figlio a Gerusalemme per presentarlo al Signore, una volontà oblativa, che superava il senso ordinario del rito(B. Giovanni Paolo II, Marialis Cultus, n. 20). È questa dimensione oblativa che dobbiamo cogliere come messaggio della festa di oggi, per sviluppare in noi quella che potremmo chiamare la spiritualità dell'offerta, che spinge ciascuno di noi a vivere la vita nel dono totale di a Dio come il Tutto della propria vita.
Infatti, portato nel Tempio da Maria accompagnata dal suo sposo Giuseppe, Gesù è offerto. Come ricorda il Vangelo, la Madonna è stata certamente mossa a fare questo dallantica prescrizione mosaica, in forza della quale ogni primogenito apparteneva al Signore. Ma nellofferta di Cristo, quella prescrizione non solamente è osservata; essa è perfettamente adempiuta. In forza della sua partecipazione alla nostra umanità, il Verbo di Dio è divenutoil primogenito di molti fratellied offre se stesso per la loro salvezza.Per questo, entrando nel mondo, Cristo dice: tu non hai voluto sacrificio offerta, un corpo invece mi hai preparatoAllora ho detto: Ecco, io vengoper fare, o Dio, la tua volontà(Eb 10,5-7). Immergiamoci oggi nell contemplazione di questatto di volontà con cui Gesù Cristo, presentato al tempio, fa della sua vita e della sua umanità unsacrificio a Dio gradito.
Oggi, infine, celebriamo i divini misteri soprattutto perché vogliamo ringraziare il Padre per un dono particolare, frutto prezioso dellofferta di Cristo: la vita consacrata. Nel dono che Cristo ha fatto di se stesso sulla croce sta la radice del fatto che ci siano uomini e donne che seguono Cristo, amandolo con cuore indiviso, pienamente liberati mediante la pratica dei consigli evangelici.
Guardando alle Vergini Consacrate noi siamo profondamente assicurati che Cristo è morto e risorto per noi: queste donne lo dicono non tanto con le parole quanto con la loro esistenza consacrata. Qual è infatti ilnucleo essenzialedella decisione esistenziale di queste persone? Elaver deciso di appartenere esclusivamente e totalmente alla persona di Cristo: la loro vita è una vita consacrata e lo è per sempre. Qualifica questa della loro esistenza che esprime la radicalità del loro essere state afferrate da Cristo e del loro lasciarsi afferrare, senza porre alcuna resistenza. Queste persone consacrate vogliono riposare solamente in Cristo e a Lui totalmente aderire (cfr RCV, n 24), seguendo il loro modello per eccellenza, Maria, che ha detto:Ecco lancella del Signore, avvenga in me secondo la tua parola(Lc 1,38).
Radicate in tale appartenenza radicale, completa a Cristo, queste persone consacrate diventano lespressione perfetta di ogni vita cristiana, la quale consiste nel conformarsi pienamente al Signore Gesù. Laugurio da fare loro è che siano fedeli alla loro vocazione, perché in essa tutti i fedeli, gli sposi ed i pastori della Chiesa vedono svelata la profonda natura della vita cristiana come tale.
In ogni caso, secondo me oggi si celebra soprattutto la festa del primo incontro di Gesù con il Padre, a cui viene offerto, e subito riscattato, come ogni primogenito. Chiediamoci se siamo davvero pronti a offrire, assieme a Lui, il meglio di noi stessi a Dio, nostro Padre, per poi, “ridonati a noi stessi”, passare nel mondo come benedizione, che illumina il cammino degli uomini in cerca di Dio che dà pace e gioia. “Gioia che non consiste nellavere tante cose, ma nel sentirsi amati dal Signore, nel farsi dono per gli altri e nel volersi bene (Benedetto XVI, Angelus del 13.12.2009). Benedizione da chiedere a Dio e condividere con i fratelli come fece Papa Francesco nel momento del primo incontro con la Chiesa e il mondo appena dopo la sua elezione a Vescovo di Roma.

1 La Festa della Presentazione del Signore, dai Cristiani dOriente è chiamata Ipapánte, cioè Incontro, perché 40 giorni dopo il suo Natale, Gesù fu condotto da Maria e Giuseppe al Tempio, sia per adempiere la legge mosaica, sia soprattutto per incontrare il suo popolo credente ed esultante, luce per illuminare le genti e gloria del suo popolo Israele. Con il titolo diincontro(hypapànte) la Chiesa bizantina in questa festa vuol soprattutto sottolineare lincontro di Gesù con lanziano Simeone, cioè lUomo nuovo con luomo vecchio, è la festa dellincontro di Dio, per mezzo dellincarnazione del Figlio, con lumanità, con ogni uomo. Questo incontro ha luogo nel Tempio, cioè nella vita ecclesiale di ogni cristiano, di ognuno di noi. In Simeone ed Anna, è rappresentata lattesa di tutto il popolo dIsraele, che in questo incontro finalmente trova il suo compimento.
Echiamata pure Festa delle luci (cfr Lc 2,30-32) ed ebbe origine nellOriente Cristiano. Nel secolo VI si estese allOccidente con sviluppi originali: a Roma con carattere più penitenziale e in Gallia con la solenne benedizione e processione delle candele popolarmente nota come lacandelora. Questo rito della benedizione delle candele, di cui si ha testimonianza già nel X secolo, si ispira alle parole di Simeone:I miei occhi han visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli, luce per illuminare le genti(Id.).
La festività odierna era fino alla riforma del calendario liturgico chiamata festa della Purificazione della SS. Vergine Maria, in ricordo del momento della storia della santa Famiglia, narrato al capitolo 2 del Vangelo di Luca, in cui Maria, in osservanza della Legge, si recò al Tempio di Gerusalemme, quaranta giorni dopo la nascita di Gesù, per offrire il suo primogenito e compiere il rito legale della sua purificazione. La riforma liturgica del 1960 ha restituito alla celebrazione il titolo diPresentazione del Signore, che aveva in origine.
2 Simeone vuol direDio ha ascoltato, cioè la sua attesa viene compiuta.
3 Anna vuol diregrazia di Dio, Fanuele vuol direvolto di Dio, Aser vuol direfelicità, fortuna.

 
Lettura Patristica
San Sofronio, vescovo
Discorso 3, sull’«Hypapante» 6, 7
PG 87, 3, 3291-3293

“Noi tutti che celebriamo e veneriamo con intima partecipazione il mistero dell’incontro del Signore, corriamo e muoviamoci insieme in fervore di spirito incontro a lui. Nessuno se ne sottragga, nessuno si rifiuti di portare la sua fiaccola. Accresciamo anzi lo splendore dei ceri per significare il divino fulgore di lui che si sta avvicinando e grazie al quale ogni cosa risplende, dopo che l’abbondanza della luce eterna ha dissipato le tenebre della caligine. Ma le nostre lampade esprimano soprattutto la luminosità dell’anima, con la quale dobbiamo andare incontro a Cristo. Come infatti la Madre di Dio e Vergine intatta portò sulle braccia la vera luce e si avvicinò a coloro che giacevano nelle tenebre, così anche noi, illuminati dal suo chiarore e stringendo tra le mani la luce che risplende dinanzi e tutti, dobbiamo affrettarci verso colui che é la vera luce.
La luce venne nel mondo (cfr. Gv 1, 9) e, dissipate le tenebre che lo avvolgevano, lo illuminò. Ci visitò colui che sorge dall’alto (cfr. Lc 1, 78) e rifulse a quanti giacevano nelle tenebre. Per questo anche noi dobbiamo ora camminare stringendo le fiaccole e correre portando le luci. Così indicheremo che a noi rifulse la luce, e rappresenteremo lo splendore divino di cui siamo messaggeri. Per questo corriamo tutti incontro a Dio. Ecco il significato del mistero odierno.
La luce vera che illumina ogni uomo che viene in questo mondo (cfr. Gv 1, 9) é venuta. Tutti dunque, o fratelli, siamone illuminati, tutti brilliamo. Nessuno resti escluso da questo splendore, nessuno si ostini a rimanere immerso nel buio. Ma avanziamo tutti raggianti e illuminati verso di lui. Riceviamo esultanti nell’animo, col vecchio Simeone, la luce sfolgorante ed eterna. Innalziamo canti di ringraziamento al Padre della luce, che mandò la luce vera, e dissipò ogni tenebra, e rese noi tutti luminosi. La salvezza di Dio, infatti, preparata dinanzi a tutti i popoli e manifestata a gloria di noi, nuovo Israele, grazie a lui, la vedemmo anche noi e subito fummo liberati dall’antica e tenebrosa colpa, appunto come Simeone, veduto il Cristo, fu sciolto dai legami della vita presente.
Anche noi, abbracciando con la fede il Cristo che viene da Betlemme, divenimmo da pagani popolo di Dio. Egli, infatti, é la salvezza di Dio Padre. Vedemmo con gli occhi il Dio fatto carne. E proprio per aver visto il Dio presente fra noi ed averlo accolto con le braccia dello spirito, ci chiamiamo nuovo Israele. Noi onoriamo questa presenza nelle celebrazioni anniversarie, sarà ormai possibile dimenticarcene.(Disc. 3, sull«Hypapante» 6, 7; PG 87, 3, 3291-3293).