Rito
romano
XXXI
Domenica del Tempo Ordinario – Anno C – 3 novembre 2013
Sap
11,22-12,2; Sal 144; 2 Ts 1,11 - 2,2; Lc 19, 1-10
L’uomo
cerca Dio e Dio cerca l’uomo.
Rito
ambrosiano
II
Domenica dopo la Dedicazione
Is
25,6-10a; Sal 35; Rm 4,18-25; Mt 22,1-14
L’amore
di Dio è prezioso.
1)
Il desiderio umile di Dio fa convertire.
Anche
questa domenica abbiamo un pubblicano co-protagonista del Vangelo,
che ci parla oggi non con una parabola ma con episodio veramente
accaduto. Riandiamo brevemente alla narrazione di questo incontro
di Gesù con un uomo chiamato Zaccheo1,
capo dei pubblicani, molto ricco. Dato che era basso di statura, salì
su un albero per vedere Cristo. Udì allora le parole del Maestro:
“Zaccheo,
scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua”.
Gesù aveva notato il gesto di Zaccheo: interpretò il suo desiderio
e anticipò l’invito. Destò perfino la meraviglia di qualcuno il
fatto che Gesù andasse a trovare un peccatore. Zaccheo, felice per
la visita “accolse
pieno di gioia Cristo”
(cfr Lc
19, 6), cioè aprì generosamente la porta della sua casa e del suo
cuore all’incontro con il Salvatore.
E Papa Francesco, quando era ancora Vescovo di Buenos Aires,
commentava: “Zaccheo
non appena apprende che Gesù è entrato nella sua città, sente che
si risveglia in lui il desiderio di vederlo e corre a salire
sull’albero. La fede farà sì che Zaccheo smetta di essere un
“traditore” al servizio di se stesso e dell’Impero, e diventi
cittadino di Gerico, stabilendo relazioni di giustizia e solidarietà
con i suoi concittadini”2.
Oggi
il Vangelo ci mostra che Zaccheo, che -anche se è ricco di soldi- è
indigente di senso della vita. Questa povertà di spirito spinge il
ricco pubblicano a salire su una pianta di sicomoro3
per vedere il Messia. I beni materiali non colmavano la sua sete di
infinito e si fece “medicante di Dio”, e così ebbe il dono di
abitare nella grazia di Chi, entrando in casa sua, gli portava la
vita eterna, piena.
L’uomo
è cercatore dell’Assoluto. Anche se procede a passi piccoli e
incerti l’uomo è sempre in ricerca, ha il “cuore inquieto”,
come scriveva sant’Agostino4.
E’
significativo che il Catechismo
della Chiesa Cattolica
si apra proprio con la seguente considerazione: “Il
desiderio di Dio è inscritto nel cuore dell'uomo, perché l'uomo è
stato creato da Dio e per Dio; e Dio non cessa di attirare a sé
l'uomo e soltanto in Dio l'uomo troverà la verità e la felicità
che cerca senza posa”
(n. 27). Questa affermazione, però, nella cultura occidentale
contemporanea è considerata una provocazione. Molti nostri
contemporanei potrebbero infatti obiettare di non avvertire per nulla
un tale desiderio di Dio. Per larghi settori della società
secolarizzata Egli non è più l’atteso, il desiderato, è
piuttosto una realtà che lascia indifferenti, davanti alla quale non
si deve nemmeno fare lo sforzo di pronunciarsi.
In
realtà, questo “desiderio di Dio” non è scomparso e emerge,
oggi ancora e in molti modi, dal cuore dell’uomo. Il desiderio
umano tende sempre a determinati beni concreti, spesso tutt’altro
che spirituali, e tuttavia questi beni non gli bastano, è alla
ricerca de “il Bene”, che lo sazi pienamente e per sempre.
Come
può davvero saziare il desiderio dell’uomo? Il Vangelo di oggi ci
dà la risposta, che anticipo: “Perché il desiderio sia saziato
occorre educarlo”.
2)
Il desiderio di Dio va educato.
Dio
è nell’alto dei Cieli e l’uomo è polvere che calpesta la Terra,
ma tra Dio e l’uomo c’è l’amore che salva. Dio ha compassione
di tutti, perché tutto può,
chiude
gli occhi sui peccati degli uomini,
aspettando
il loro pentimento (cfr. Sap
11, 22-24). Come dice il salmo: “Dio
siede nell’alto ma si china a guardare sulla terra, e solleva
l’indigente dalla polvere”
(cfr Sal
112/113, 5 e 6).
Come
circa venti secoli fa davanti a Zaccheo, oggi Cristo
si presenta a noi e a ciascuno di noi personalmente dice: “Oggi
devo fermarmi a casa tua” (Lc
19, 5). Zaccheo corse a casa sua per preparare l’accoglienza di
Cristo e li Lo ricevette con il cuore dilatato, noi dobbiamo fare lo
stesso.
Cristo
educò il desiderio di Zaccheo (ma analogamente educa il nostro
desiderio), in primo luogo facendo re-imparare il gusto delle
gioie autentiche della vita: in questo caso un pranzo tra persone che
sono diventate amiche. “Educare sin dalla tenera età ad
assaporare le gioie vere, in tutti gli ambiti dell’esistenza – la
famiglia, l’amicizia, la solidarietà con chi soffre, la rinuncia
al proprio io per servire l’altro, l’amore per la conoscenza, per
l’arte, per le bellezze della natura –, tutto ciò significa
esercitare il gusto interiore e produrre anticorpi efficaci contro la
banalizzazione e l’appiattimento oggi diffusi. Anche gli adulti
hanno bisogno di riscoprire queste gioie, di desiderare realtà
autentiche, purificandosi dalla mediocrità nella quale possono
trovarsi invischiati. Diventerà allora più facile lasciar cadere o
respingere tutto ciò che, pur apparentemente attrattivo, si rivela
invece insipido, fonte di assuefazione e non di libertà”
(Benedetto XVI, Udienza generale del mercoledì, 7
novembre 2012). E ciò farà affiorare quel santo desiderio di Dio di
cui stiamo parlando.
In
secondo luogo, Cristo educò il desiderio di Zaccheo aprendo non solo
la casa di questo peccatore (e di ciascuno di noi): gli aprì il
cuore. Perché non è sufficiente rispondere alla domanda “come
educare il desiderio?”, c’è un’altra domanda che si impone:
“Chi sazia il desiderio? Gesù, che manifesta il volto buono del
Mistero, rivelando che l’Infinito è Amore che si dona.
E’
sempre Gesù che prende l’iniziativa e lo fa in modo gratuito.
Tuttavia si inserisce in una disponibilità dell'uomo. L'incontro con
Dio è sempre al tempo stesso un dono e compimento di una ricerca,
esaudimento di un desiderio. Zaccheo desidera vedere Gesù e poi,
interpellato, è pronto ad accoglierlo (“in fretta scese e lo
accolse in piena gioia”). L'incontro con Gesù cambia la vita
di Zaccheo. Gesù veramente non dice nulla a Zaccheo, lo guarda con
amore, allora questo pubblicano comprende e Gli dice: “Ecco,
Signore, do la metà dei miei beni ai poveri, e se ho frodato
qualcuno, restituisco quattro volte tanto”. Il pubblicano
Zaccheo diventa così la figura del discepolo cristiano che non
lascia tutto, come invece altri chiamati, ma rimane nella propria
casa, continuando il proprio lavoro, testimone però di un nuovo modo
di vivere: non più il guadagno al di sopra di tutto, ma la giustizia
(“restituisco quattro volte tanto”) e la condivisione con
i bisognosi (“dò la metà dei miei beni ai poveri”). C’è
il discepolo che lascia tutto per farsi missionario a tempo pieno del
Regno, e c'è il discepolo che vive la medesima radicalità restando
nel mondo a cui appartiene. E possibile distaccare il cuore dalle
ricchezze, senza che ciò obblighi a disfarsene materialmente del
tutto. L’importante è fidarsi di Dio che entra in casa nostra
portando la salvezza.
Certo
le persone che fanno come le Vergini consacrate sono una più chiara
testimonianza che Dio è il solo Bene e che noi siamo il bene di Dio:
testimoni dell’Amore infinito di Dio. Le consacrate testimoniano
che è possibile dare a Dio tutto quello che abbiamo e siamo e così
riceviamo quello che Lui è e Lo portiamo al mondo intero. Queste
donne vivono mostrando che è ragionevole dare tutto all’Amore.
Il fatto che
queste donne restano nel mondo non è un compromesso né una scelta a
metà, è il loro modo normale di essere testimoni dell’amore di
Dio, tra la gente, con la gente. Per questo la vergine consacrata
vive ogni giorno la ricerca di un delicato equilibrio di una vita
spesa in un mondo che rischia di risucchiarla nei suoi ritmi e nelle
sue difficoltà, una vita quotidiana in cui tutto è affidato alla
loro responsabilità. Come il Beato Papa Giovanni Paolo II, nella
Esortazione apostolica postsinodale del 25 marzo 1996 Vita
consecrata,
faceva notare indicando alcune caratteristiche essenziali. "E'
motivo di gioia e di speranza
vedere
che torna oggi a fiorire l'antico Ordine delle vergini, testimoniato
nelle comunità cristiane fin dai tempi apostolici. Consacrate dal
Vescovo diocesano, esse acquisiscono un particolare vincolo con la
Chiesa, al cui servizio si dedicano, pur restando nel mondo. "
(VC, n. 7).
1
Zaccheo vuol dire “puro, integro, giusto”, nome
paradossale per uno che svolgeva un lavoro che lo rendeva –secondo
la legge ebraica del tempo- impuro (su purezza e impurità nella
Bibbia si veda la n. 1 delle riflessioni di Domenica XXVIII -13
ottobre 2013). Ma in ebraico Zaccheo significa
anche “colui di cui Dio si
ricorda”, nome quanto mai
appropriato per questo pubblicano. Zaccheo è la
testimonianza di un cammino molto concreto
dall’egoismo alla condivisione, ma è anche il cammino di un
viaggio interiore che va dalla “curiosità “ alla conversione.
2
Dal discorso Dios
vive en la ciudad che
il Cardinal Bergoglio ha tenuto in occasione del “Primo congresso
regionale di pastorale urbana”, tenutosi a Buenos Aires dal
25 al 28 agosto 2011.
3
Il sicomoro è un albero di origine africana dall’ampio tronco
corto, dai rami bassi con molto fogliame e dal frutto dolce, simile
a un fico del suo stesso nome greco (sico). Proprio intorno a
quest'albero è ambientato l'episodio dell'incontro tra Gesù e
Zaccheo. Nell’antichità si credeva che il legno di questo albero
fosse incorruttibile e veniva usato per fare i sarcofagi regali.
Ognuno di noi ha bisogno di un “sicomoro” per salire in alto e
vedere Cristo.
4
Dio ci ha fatti per Lui, e il nostro cuore è inquieto finché non
trova quiete in LUI (fecisti nos ad te et inquietum est cor
nostrum, donec requiescat in te – Confessioni 1.1). Questo è
anche il riassunto della vicenda esistenziale narrata da
Sant’Agostino nelle Confessioni, in cui si può rispecchiare la
storia di ogni uomo: una vita irrequieta e insoddisfatta, che trova
pace nell’incontro con l’amore infinito del Dio vivo e vero.
Lettura
Patristica
Sant’Agostino
d’Ippona
Su
Zaccheo
dal
Discorso 174
“3.
3. Ma tu dirai: Se io sarò Zaccheo, a causa della folla non potrò
vedere Gesù. Non rattristarti, sali sull’albero dove, per te
pendette Gesù e vedrai Gesù. E su quale specie di albero salì
Zaccheo? Su di un sicomoro. Nelle nostre regioni o non esiste affatto
o forse raramente cresce in qualche luogo, ma in quelle località
abbonda questa specie e il frutto. Sono chiamati sicomori dei pomi
simili ai fichi, ma tuttavia diversi; lo possono sapere coloro che li
videro e li gustarono. Tuttavia, per quanto indicano con l’etimologia
del nome, in latino i sicomori sono detti ” falsi fichi “. Ora
guarda il mio Zaccheo, osservalo, ti prego, mentre vuole vedere Gesù
in mezzo alla folla e non ne è capace. Egli era umile infatti, la
folla era superba; e proprio la folla, come capita abitualmente in
una ressa, impediva a se stessa di vedere bene il Signore; si sollevò
al di sopra della folla e vide Gesù, non essendo di ostacolo la
folla. La folla infatti si rivolge agli umili, a coloro che
percorrono la via dell’umiltà, a coloro che affidano a Dio le
ingiurie ricevute e che non cercano la vendetta sui nemici, la folla
insulta e dice: Uomo senza difesa, che non ti puoi vendicare. La
folla fa in modo che non si veda Gesù; la folla, che si gloria, che
si vanta quando è riuscita a vendicarsi, ostacola perché non si
veda colui che, crocifisso, dice: Padre, perdona loro, perché non
sanno quello che fanno. Perciò, volendolo vedere, Zaccheo, nel quale
si figurava la persona degli umili, non badò alla folla che
ostacolava, ma salì su un sicomoro come l’albero del falso frutto.
Dice infatti l’Apostolo: Noi predichiamo Cristo crocifisso,
certamente scandalo per i Giudei – considera il sicomoro –
stoltezza invece per i Pagani. Infine, a motivo della croce di
Cristo, i sapienti di questo mondo c’insultano e dicono: Che
saggezza avete voi che adorate un Dio crocifisso? Quale sapienza
abbiamo? Non di certo la vostra. La sapienza di questo mondo è
stoltezza davanti a Dio. Non abbiamo davvero la vostra saggezza. Ma
voi dite stolta la nostra saggezza. Dite pure quello che volete; noi
possiamo salire sul sicomoro e vedere Gesù. Voi non potete vedere
Gesù appunto perché vi vergognate di salire sul sicomoro. Si
aggrappi Zaccheo al sicomoro, salga umile la croce. E’ poca cosa il
suo salire: per non arrossire della croce di Cristo, la fissi sulla
fronte dove ha posto l’onore, proprio là, là, sulla parte del
volto dove appare il rossore, là si fissi per non provarne vergogna.
Penso che tu te ne ridi del sicomoro, però esso mi ha permesso di
vedere il Signore. Ma tu te ne ridi del sicomoro, perché sei uomo;
ma la stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini.
4.
4. E il Signore vide proprio Zaccheo. Fu visto e vide; ma se non
fosse stato veduto, non avrebbe visto. Quelli infatti che ha
predestinati, li ha anche chiamati. Egli è colui che parlò a
Natanaele, il quale – per così dire, con la sua testimonianza, già
stava collaborando al Vangelo – disse: Da Nazareth può venire
qualcosa di buono? Il Signore a lui: Prima che Filippo ti chiamasse,
ti ho visto quando eri sotto l’albero di fico. Voi sapete come i
primi peccatori, Adamo ed Eva, si adattassero delle cinture. Quando
peccarono si adattarono delle cinture di foglie di fico e coprirono
le parti vergognose; infatti a causa del peccato suscitarono il senso
della vergogna. Pertanto, se si fecero cinture i primi peccatori –
dai quali discendiamo, nei quali eravamo periti – venendo egli a
cercare e a salvare ciò che era perduto, con foglie di fico si
fecero di che coprire le parti vergognose, che altro si volle dire
con: Ti ho visto quando eri sotto l’albero di fico, all’infuori
di: Non saresti venuto a colui che purifica dai peccati se egli per
primo non ti avesse veduto nel velamento del peccato? Siamo stati
veduti perché potessimo vedere; siamo stati amati affinché
potessimo amare. Il mio Dio, la sua misericordia mi precederà.
4.
5. Ora dunque il Signore, che aveva accolto Zaccheo nel cuore, si è
degnato di essere ospitato nella casa di lui. Disse: Zaccheo, scendi
subito, perché devo fermarmi in casa tua. (Quello riteneva un grande
beneficio vedere Gesù). Egli, che considerava un grande e indicibile
beneficio vederlo passare, meritò immediatamente di averlo in casa.
Viene infusa la grazia, la fede opera per mezzo dell’amore; Cristo,
che già abitava nel cuore, viene ricevuto in casa. Dice a Cristo
Zaccheo: Signore, dò la metà dei miei beni ai poveri e, se in
qualche cosa ho frodato alcuno, restituisco il quadruplo. Quasi a
dire: Per questo mi trattengo una metà, non in possesso, ma per
avere di che rendere. Ecco in realtà che vuol dire ricevere Cristo,
accoglierlo in cuore. Era là infatti Cristo, era in Zaccheo e
attraverso di lui Zaccheo diceva a se stesso ciò che ascoltava dalla
bocca di lui. Dice infatti così l’Apostolo: Che Cristo abiti per
mezzo della fede nei vostri cuori.
5.
6. Perciò, perché si trattava di Zaccheo, che era il capo dei
Pubblicani, che era assai peccatore, quella folla, apparentemente
sana, che impediva di vedere Gesù, rimase stupita e contestò il
fatto che Gesù era entrato nella casa di un peccatore. Era questo un
riprovare l’ingresso del Medico nella casa di un malato. Perché
appunto da peccatore Zaccheo fu deriso, fu deriso in realtà, lui
sano, da gente insana, Gesù rispose ai derisori: Oggi la salvezza è
entrata in questa casa. Ecco il motivo del mio ingresso: Oggi è
entrata la salvezza. Se il Salvatore non fosse entrato, in quella
casa non sarebbe assolutamente entrata la salvezza. Perché, infermo,
ti meravigli allora? Chiama anche tu Gesù, non crederti sano. Chi
riceve il medico è un malato che ha speranza; è un infermo senza
rimedio chi, per insensatezza, fa morire il medico. Che follia è mai
quella di chi uccide il medico? Non è grande veramente la bontà e
la potenza del medico che del suo sangue ha fatto la medicina per il
suo insensato uccisore? Colui che era venuto a cercare e a salvare
ciò che era perduto non diceva infatti: Padre, perdona loro perché
non sanno quello che fanno, mentre pendeva innocente sulla croce?
Sono dei folli, io sono medico, infieriscano, tollero con pazienza;
nell’uccidermi darò allora la sanità. Facciamo parte dunque di
coloro che egli risana. E’ parola umana e degna di essere da tutti
accolta: Cristo Gesù è venuto nel mondo per salvare i peccatori;
grandi e piccoli, a salvare i peccatori. Il Figlio dell’uomo è
venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto.”
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