Rito Romano
Is 50,5-9a;Sal 114;Giac 2,14-18;Mc 8,27-35
“Tu
sei il Cristo … Il Figlio dell’Uomo deve soffrire”
Rito Ambrosiano
III Domenica dopo il Martirio di San Giovanni
il Precursore
Is 32,15-20; Sal 50;
Rm 5,5b-11; Gv 3,1-13
“Manda
il tuo Spirito, Signore, e rinnova la faccia della terra”
1) Secondo
me o secondo verità?
Oggi
come poco meno di duemila anni fa, Gesù chiede ai suoi discepoli: «Chi dicono
che io sia?» (Mc 8,27).
Con
questa domanda, Cristo non vuole fare un sondaggio d’opinione, intende aiutare
a rispondere non “secondo me”, ma “secondo verità”.
Alla
domanda di che cosa la gente pensi di lui, i discepoli rispondono: «Giovanni il
Battista; altri dicono Elia e altri uno dei profeti». Questa risposta mette in
evidenza che i più non hanno colto la novità che Gesù è.
Il
Redentore allora si rivolge ai discepoli: «E voi, chi dite che io sia?», Pietro
Gli risponde secondo verità e dice: «Tu sei il Cristo», ma Gesù sente il bisogno di precisare: «Sono il
Figlio dell'uomo che deve molto soffrire».
Perché
il Cristo fa questa precisazione? Perché per mostrare che «Dio è Amore» (1 Gv 4,16), il Figlio di Dio deve soffrire
e morire crocifisso?
Ai
tempi della vita “terrena” di Cristo la croce era il supplizio infame per
eccellenza. Era la condanna dello schiavo. Neppure l'animale era trattato così.
Perché
Dio ha scelto per il suo Figlio e per noi questa via? Perché il Cristianesimo è
il rovesciamento di tutti i valori, così come l'uomo li sente, così come l'uomo
li vive? Perché invece della gioia il dolore, invece della grandezza l'umiltà,
invece della forza la debolezza, invece del trionfo l'infamia e la morte.
Perché seguire Cristo sulla Croce se Lui stesso prima di iniziare la sua
Passione ha pregato il Padre: «Padre,se è
possibile allontana da me questo calice»? Che cosa dunque c'è di strano se
anche San Pietro circa duemila anni fa e noi oggi proviamo una reazione
immediata di ripugnanza e di rifiuto nei confronti della Croce e della
sofferenza, sia che questa colpisca il fisico, sia che opprima l'anima?
Fortunatamente a tutte queste domande
ci sono le risposte, che possiamo capire se, prima di tutto, stampiamo i nostri
occhi sul Crocifisso e in lui –trafitto- contempliamo l’Amore che offre la vita
per noi.
L’importante
è non scappare dal Calvario e stare
sotto la Croce come la Madonna e Giovanni. Così potremo imparare la
sapienza della Croce e cogliere la grandezza e l’efficacia della carità di Crocifisso
che in Croce ha ucciso la morte ed ha fatto trionfare la vita con l’amore che
si dona. La morte di Cristo è vita in noi e il suo amore riempie della sua
pienezza il nostro cuore che è reso sorgente di pace perché capace di amare
persino i nemici e: «Non ci sono più
nemici se li amiamo» (Giovanni Papini).
«La croce non è fine a se stessa. Essa si
staglia in alto e fa richiamo verso l'alto. Quindi non è soltanto un'insegna, è anche l'arma potente di Cristo, la verga
da pastore con cui il divino Davide
esce incontro all'infernale
Golia, il simbolo trionfale con cui Egli
batte alla porta del cielo e la
spalanca. Allora ne erompono i fiotti della luce divina, sommergendo tutti quelli che marciano al seguito del
Crocifisso» (Andrea da Creta).
2)
Secondo
la verità vuol dire secondo la libertà!
La
Croce, dunque, non è una fatalità e abbracciarla è libertà e pace senza misura.
Non si sale il Calvario perché si obbligati dal destino, ma perché sulla cima di quel monte c’è Cristo
in Croce che ci aspetta e ci mostra non solo com’è l’amore secondo verità, ma come grande è la
libertà di un amore che fa dire al Signore Crocifisso: “Perdonali, Padre,
perché non sanno quello che fanno”, “Ecco tua Madre…Ecco tuo figlio”. Insomma
l’amore di Dio è misericordia, verità e libertà, pace e dolcezza.
Solo
il Crocifisso è capace di essere il vero buon Pastore che mette Giuda sulle sue
spalle, come si vede in un capitello della Basilica di Vezelay, bellissima
Chiesa francese, dedicata alla Misericordia come Santa Maddalena l’ha
sperimentata e vissuta.
La
Croce è il segno massimo del perdono. La Croce non è la fine triste di un’avventura
carica di promesse non mantenute, è la chiave che apre alla Vita per sempre.
La
Croce di Cristo è un libro da studiare come ha fatto san Francesco d’Assisi. Si
legge nelle Fonti Francescane che questo grande santo “sfogliava e risfogliava,
di giorno e di notte, il libro della Croce” (FF). Con Cristo la Parola non è più
una parte di un discorso ma una Presenza, una concreta Parola d’amore concreto,
che fa vivere ora e sempre, che libera ora e per sempre.
Dall’inizio
alla fine della sua vita, dall’incontro col Crocifisso di San Damiano
all’impressione delle Stimmate sulla Verna, il Cristo in Croce sta davanti agli
occhi di san Francesco come l’Amore di Dio che si è lasciato inchiodare sulla
croce per la nostra salvezza.
E’
questo amore che Francesco volle accogliere, conformandosi ad esso, divenendo simile
a Cristo anche fisicamente e irraggiando gioia: la letizia francescana.
La
Croce è stata per San Francesco la chiave per comprendere le Scritture, per
capire appieno la Parola di Dio. E’ stata precisamente questa chiave, la
Passione di Dio per l’uomo, a rendere il piccolo Francesco un grande sapiente,
un vero «esegeta della Parola di Dio», del Verbo Crocifisso.
San
Francesco non temeva la Croce, ma l’inutilità della vita. Lui capì pienamente
che la Croce è ciò che dà senso al vivere, è ciò che permette di vivere con
gioia, mano nella mano con Dio, Padre provvidente.
La
Croce è il segno evidente che Dio non è un despota ma un amore che si dona.
Cristo, il Redentore dell’uomo e del mondo, si mette in ginocchio davanti
all’uomo per lavargli i piedi, prende la croce per lavarlo totalmente, con
l’acqua ed il sangue sgorgati dal suo cuore aperto da una lancia.
3) La
Verità “utile”.
Chi
e che cosa garantisce che il Crocifisso sia la verità e che sia una verità
“utile”? Come può un morto in Croce essere la Verità buona per la salvezza?
Ogni
essere umano desidera la luce, la vita, l’amore vero. Cristo tramite la Croce
dimostra di essere tutto ciò, perché con la Croce Lui ha aperto la strada del
ritorno.
Non
solo perché l’uomo può camminare verso di lui, ma perché è Dio che con la Croce
conferma il suo cammino verso di noi e con noi: la Croce è la “via”, su cui
Cristo raggiunse e raggiunge l’uomo .
La
vita cristiana più che essere un cammino verso Dio è un cammino di Dio che
discende verso l’uomo. Lui è disceso tra
di noi e noi possiamo incontrarlo, e accoglierlo. Non dobbiamo capire solo in
modo teorico, intellettualoide il ruolo della Croce nella vita Sua e nostra.
Mi
spiego con un episodio che mi è successo quando ero viceparroco a Casirate
d’Adda, piccola parrocchia della diocesi di Cremona.
Eravamo
nel periodo di Natale. Anche a scuola i bambini delle elementari avevano fatto
un presepe. Un giorno in cui ero andato per fare la lezione settimanale di
religione, alcuni di loro mi chiamarono per dirmi: “Venga a vedere il nostro
presepe”. Andai nel grande corridoio della scuola, raggiunsi l’angolo (era una
superficie di 8-10 mq) dove il presepio era stato messo. Era una presepe ben
costruito ma semplice perché fatto da bambini di 9-10 anni: c’era Gesù bambino,
Maria e Giuseppe, i pastori, i Re Magi. Un presepe come tanti. Fui però stupito
quando vidi che la volta della grotta era attraversata da una croce, la quale
nella sua parte finale diventava la culla dove era stato deposto Gesù bambino.
Stupito,
domandai ai bambini che con le maestre mi circondavano: “Perché avete messo
Gesù bambino sulla Croce?”. Un piccolo scolaro mi rispose subito: “Ce l’ha
detto Lei. La Croce è lo scivolo con il quale Gesù è disceso dal Cielo”. Fui
toccato profondamente, perché i bambini avevano capito la spiegazione che avevo
fatto loro alcuni giorni prima di Natale, dicendo che Gesù era l’unica persona al mondo che era nata per
morire, per morire per noi, e che ci salvava non nonostante la Croce, ma
attraverso la Croce, la cui parte terminale fu trasformata dai bambini di
Casirate nella culla di Gesù bambino.
Quei
bambini non solo avevano capito bene il mio insegnamento, ma lo avevano
completato e migliorato.
Non
ci resta che ritornare bambini, che ascoltano senza pregiudizi, che guardano a
Cristo con semplicità e stupore e prendono sul serio Cristo.
Con lo stupore dei
bambini chiediamo, come suggerisce la liturgia ambrosiana di oggi, “Manda il tuo Spirito, Signore, e rinnova la
faccia della terra”. E Cristo ci
donò questo Spirito, spirando in Croce,
che non è una sconfitta, ma la radice della Risurrezione, di una vita nuova,
vera: spirituale.
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