Riflessioni
su tre feste:
la
Santa Famiglia, 30 dicembre 2012,
Maria,
Madre di Dio e Regina della Pace, 1° gennaio 2013,
Epifania,
la manifestazione di un bambino affidato al nostro amore, 6 gennaio
2013.
1)
Un famiglia esemplare, perché santa.
Con
il Natale l’avvento è diventato un’avventura. Facendosi carne,
il Verbo di Dio ha posto la sua dimora in mezzo a noi e noi, come
Maria, Giuseppe, i pastori e i Re Magi ci siamo messi sulla strada
dell’avventura cristiana, della missione cioè di
comunicare ciò che ci è accaduto, ciò che abbiamo incontrato: il
Verbo della vita, della pace e della gioia.
Comunicare
ciò che ci è accaduto è rendere perciò comunione la nostra
presenza, è rendere comunione le presenze in cui ci imbattiamo,
rinnovare il miracolo della sua Presenza, rinnovare il suo
avvenimento, rinnovare con gli altri l’avvenimento che Egli ha
realizzato con noi, con gli altri e con le cose, con tutto: la pace.
Dio è la pace ed è in coloro che portano la pace.
L’andare
a Betlemme permise ai pastori ed ai Re Magi non solo di incontrare il
Figlio di Dio ma di vivere una familiarità con Cristo, entrando in
quella precaria casa della santa famiglia. Certo all’inizio sono
rimasti sulla soglia di quella povera dimora, dove si trovava la
Santa Famiglia, poi sono andati più vicini a Cristo. Io spero che
l’abbiamo anche toccato, accarezzato e sono certo che Cristo ha
preso dimora in loro. Poi, L’hanno portato nel mondo: il piccolo
mondo dei pastori ed il gran mondo dei Re.
I
pastori e i Re Magi hanno lasciato la Grotta non tanto perché
dovevano ritornare concretamente alla vita quotidiana, banale o
grande che sia, ma per continuare da missionari il santo viaggio, in
cui chi calcolava le cose non erano più loro. Più o meno
coscientemente si erano messi nella mani tese di un bambino, mani di
una Altro, “mani” di Dio.
Per
aderire a questo fatto, a questa Presenza occorre mettersi in
viaggio. Partire da se stessi più che dalla propria casa e dai
propri affetti. Radicarsi in Cristo per potere estenderci al mondo,
come i rami fioriti di un albero, che più affonda le sue radici
nella terra più si eleva nel cielo.
Mettersi
in viaggio: perché? Non solo per tornare a casa o alle regge, ma per
annunciare che l’incontro con Cristo è una crescita in umanità:
il neonato, l’Uomo- Dio non distrugge nulla, non lascia fuori
nessuna realtà, consacra tutto, rivela tutto, dà a tutti i
sentimenti, a tutte le vocazioni una dimensione infinità,
incredibile, imprevedibile, meravigliosa.
A
questo riguardo ci è di esempio stupendo, ma semplice e imitabile la
Santa Famiglia, che fu una comunità missionaria. In effetti la
missione di Gesù Cristo divenne la vocazione missionaria di Maria e
di Giuseppe, che misero la loro libertà a disposizione del Figlio.
Questi due santi, uniti nel rispetto e nell’amore di una comunione
pura e feconda, intrapresero il viaggio della vita con Cristo e per
Cristo. Per Lui e con Lui andarono da Nazareth (che vuol dire
Giardino) a Betlemme ( che vuol dire Città del Pane, da Betlemme in
Egitto, dall’Egitto a Nazareth: portarono Cristo sulle strade del
mondo e furono i primi collaboratori della Redenzione.
La
loro Santa Famiglia era l’Arca dell’Alleanza portata nell’esodo
della vita, era ed è “una
scuola del Vangelo, dove si impara ad osservare, ad ascoltare, a
meditare, a penetrare il significato così profondo e così
misterioso di questa manifestazione del Figlio di Dio tanto semplice,
umile e bella.”
(Paolo VI, Discorso
a Nazareth,
5 gennaio 1964), per poi portarlo nel mondo come missionari di pace.
2)
Una famiglia non normale come norma.
L’eccezionalità
della Santa Famiglia (una madre Vergine, un padre adottivo e un
figlio che è Dio) non deve sminuire il fatto che essa è e deve
essere sempre più esempio di tutte le famiglie cristiane.
E’
evidente che non è una famiglia normale, ma è giustamente proposta
come norma nella concretezza di una coppia
che vede la propria vita ribaltata dall'azione di Dio e dal delirio
degli uomini, nella loro capacità di mettersi da parte, sul serio,
senza ricatti, senza patemi, per mettersi a servizio della missione
di pace di Gesù, inserendosi in un progetto più grande, quello che Dio
ha sul mondo.
Come
ogni mamma, Maria stringe forte a sé il piccolo neonato, che sente
il calore e l'odore della sua pelle.
Nelle
grotta, Giuseppe, ora, è sereno, perché se è vero che fu testimone
oculare di questa nascita, avvenuta in condizioni umanamente
umilianti, primo annuncio di quella «spoliazione» (cfr. Fil 2,5-8),
è pure vero che fu testimone dell'adorazione dei pastori, giunti sul
luogo della nascita di Gesù dopo che l'angelo aveva recato loro
questa grande, lieta notizia (cfr. Lc 2,15-16). Più tardi fu anche
testimone dell'omaggio dei magi, venuti dall'Oriente (cfr. Mt 2,11).
L'avventura
di far nascere il Figlio di Maria, sua sposa, lontano da casa l'ha
duramente provato ma ora, dopo quella tumultuosa notte piena di
emozioni e di segni, quando l’Angelo gli apparve per dire di
continuare ad accogliere Maria ed il frutto del di lei grembo, il
giovane Giuseppe si sente pieno di fiducia per il futuro. Quello che
Giuseppe ha visto e udito è grande e lo conforta nel suo compito di
essere il custode paterno, a cui è confidata tutta la vita
« privata » o « nascosta » di Gesù.
Dopo
la lunga e dolorosa permanenza in Egitto, Maria e Giuseppe tornano a
Nazareth, dove Gesù cresce.
Ed è un Gesù adolescente che scappa
dai genitori, per discutere con i dottori della Legge. Che tenerezza
trovare due genitori in difficoltà con il figlio che nella logica
umana diremmo che è in piena crisi adolescenziale, perché contesta
l’autorità dei genitori. In realtà, il “ragazzo” Gesù
affermava l’autorità del Padre e la sua appartenenza alla Famiglia
divina.
Non
ci resta che ammirare la fede grande che hanno avuto Giuseppe e Maria per
riconoscere nel Bambino, che cresceva in casa e che era identico a
tutti i bambini, il Figlio di Dio.
La
festa della Santa Famiglia ci spinge a guardare ai cari della nostra
famiglia con sguardo di fede e di luce, riconoscendo il Mistero
nascosto nelle persone che quotidianamente vivono con noi. Esse ci
in-segnano Dio e
ci fanno capire che l’eroico è diventato quotidiano, perché il
quotidiano diventi eroico.
Sia
questa la nostra preghiera non solo di oggi ma di sempre, per noi e
le famiglie di tutto il mondo: “O
Dio, nostro creatore e Padre, tu hai voluto che il tuo Figlio,
generato prima dell'aurora del mondo, divenisse membro dell'umana
famiglia; ravviva in noi la venerazione per il dono e il mistero
della vita, perché i genitori si sentano partecipi della fecondità
del tuo amore, e i figli crescano in sapienza, età e grazia,
rendendo lode al tuo santo nome”
(Colletta della Domenica 30 dicembre 2012), e portando a tutti gli
uomini il lieto annunzio: “È
nato per noi un bambino,
un figlio ci è stato donato:
principe
della pace sarà il suo nome”.
(Is
9,5).
3)
Dio è in coloro che portano la pace: è la pace.
La
pace, anche se offesa e aggredita di continuo e forse proprio per
questo, è desiderio comune perché la pace è vita. Per questa
ragione, credo, Paolo VI volle che la pace fosse celebrata con una
Giornata Mondiale. Era il 1° gennaio 1967, giorno che la liturgia
dedica alla celebrazione
della Madonne come Madre di Dio e madre degli uomini.
La
pace, in senso biblico, è il dono messianico per eccellenza, è la
salvezza portata da Gesù, è la nostra riconciliazione e
pacificazione con Dio. La pace è anche un valore umano da realizzare
sul piano sociale e politico, ma affonda le sue radici nel mistero di
Cristo (cfr Gaudium
et Spes,
cap. V), che è «autore
della salvezza e principio di unità e di pace»
(Lumen
Gentium,
n. 9). Dunque è evidente che il cristiano debba partecipare agli
sforzi della umanità per la pace del mondo.
Il
primo modo di essere portatori di pace è il sacrificio, il cui
frutto sulla terra è la pace.
Dunque cerchiamo di fare dei sacrifici e di educare al sacrificio.
Sono sicuro che almeno i miei coetanei e coetanee si ricordano di
quanto le nostre mamme o il prete dell’oratorio ci insegnavano a
fare per tutti i giorni di avvento un “fioretto”,
un piccolo sacrificio (è importante capire che il sacrificio è un
fiore) da portare al Bambino Gesù perchè Lui potesse essere più comodo,
visto che la mangiatoia aveva della paglia rigida, così avremmo
alleggerito la sua sofferenza. Le nostre mamme ed il prete , forse in
un modo un po’ ingenuo, ci insegnavano che il vero senso della
nascita di Dio nel mondo era la pacificazione della terra mediante il
sacrificio.
La
storia del Bambino di Betlemme è una storia di sacrificio, fino a
quello della Croce: sigillo di pace.
La
pace realizzata dal sacrificio è la manifestazione (=epifania)
evidente di quel progetto di Dio che è la perfetta comunicazione di
ciò che egli è: Amore che si dona.
3)
Epifania di pace.
Di
per sé, l’Epifania celebra tre
manifestazioni divine: la manifestazione ai Magi, quella sulle rive
del Giordano per il Battesimo di Gesù e quella delle nozze di Cana.
Oggi
la manifestazione del Salvatore ai pagani, nella persona dei Magi,
prende il sopravvento: essi rappresentano la vocazione nostra alla
luce del Vangelo, che loro
fissavano
fino a far lacrimare gli occhi del cuore, e il trionfo della fede
generosa e dicono: “Abbiamo
veduto la Sua
stella
e siamo venuti...”.
Lasciando le loro regge e le loro certezze, questi uomini saggi
seguirono la “certezza” della stella di Cristo, e poterono
arrivare al Bambino che portava l’eterno Amore nel mondo, per
sempre. Non solo sono arrivati a Cristo, ma in Cristo.
Quando
i Re Magi, pellegrini del Cielo, arrivarono alla grotta presero
coscienza che la loro ricerca era finita. Cominciava la loro
missione.
Cosa
videro di così stupefacente da dare loro una missione nuova?
Un
Bambino in braccio alla Madre, che con il suo sì ha messo Dio alla
nostra portata: il “velo” dell'umanità impedisce al fulgore
infinito e abbagliante della divinità di accecarci. Questa
manifestazione
di
Dio all'umanità è un mistero di misericordia, che umanamente
nessuno poteva concepire.
Con
l’aiuto della liturgia bizantina continuo dicendo che
Videro
la Vergine Maria quale
“rondine spirituale
che porta la primavera della carità che deve dissipare l’inverno
ateo, la nube luminosa che reca la pioggia spirituale che deve
rinfrescare la terra bruciata. Il suo grembo è come un paradiso
spirituale in cui cresce il piano divino”.
Videro
Gesù la cui: “invisibile
natura, nascendo dalla
Vergine Figlia di Dio, divenendo simile a noi, si rende visibile per
noi. Portato sulle ali dei cherubini, viene ad abitare tra di noi. In
un modo che sorpassa ogni immaginazione, il Signore vivificante viene
secondo la carne per salvare la nostra razza. Il sole senza tramonto
viene da una tenera Vergine per illuminare tutto ciò che si trova
sotto il sole”.
Videro
Giuseppe quale paterno custode di: “Colui che
è fasciato come un bambino, tiene nelle sue mani l’universo”; “È
posto in una
mangiatoia, ma essa è come il trono incandescente del Verbo che
appare sotto la forma di bambino”.
Dopo
aver visto, adorato e offerto i doni, questi Re
lasciarono la Grotta,
ma il loro non fu un semplice ritorno a casa. La Luce, che avevano
contemplata, era nel loro cuore e la portarono nel mondo.
Oggi,
tramite i cristiani la
luce di Betlemme continua a risplendere in tutto il mondo. A quanti
l’hanno accolta Sant’Agostino ricorda: “Anche
noi, riconoscendo Cristo nostro re e sacerdote morto per noi, lo
abbiamo onorato come se avessimo offerto oro, incenso e mirra; ci
manca soltanto di testimoniarlo prendendo una via diversa da quella
per la quale siamo venuti”
(Sermo 202. In
Epiphania Domini,
3,4).
Una
via di giustizia e di pace perché manifesta la luce di un Dio che ci
mostra il suo volto, che ci appare nella mangiatoia di Betlemme. Solo
lui può rendere il cuore umano aperto alla pace e operatore di pace.
Naturalmente
questo vale in modo particolare per le Vergini consacrate.
L’Epifania, celebrazione della manifestazione del Signore, richiama
ciascuna di loro a vivere la vocazione, realizzando precisamente
l'impegno che hanno assunto in forza della consacrazione. La loro
consacrazione di fatto non le mette immediatamente a servizio di
alcune opere particolari, ma esige da loro una testimonianza di vita
perfetta, esige da loro una testimonianza che le renda, secondo le
parole stesse della formula della Consacrazione, rivelatrici del
Padre, che “le chiama
a stare alla Sua presenza come angeli davanti al Suo volto”
(Rituale della
Consacrazione delle Vergini,
n. 64), come i Re Magi davanti a Gesù, che la Vergine Madre confidò
al loro amore.
Che Dio, velato agli occhi degli
uomini, si disveli, appaia, si manifesti nella santità di vita delle
Sue serve consacrate.
Come
consigli “pratici” propongo una breve esortazione di San Beda il
Venerabile e la preghiera di San Francesco per la pace.
“Amiamo
il Cristo e osserviamo con perseveranza i suoi comandamenti che
abbiamo cominciato a seguire. Più lo ameremo, più ci meriteremo di
essere amati dal Padre, ed egli stesso ci accorderà la grazia del
suo amore immenso nell’eternità. Ora, ci concede di credere e di
sperare; allora noi lo vedremo faccia a faccia e si manifesterà a
noi nella gloria che già aveva presso il Padre prima che il mondo
fosse.”
(San
Beda il Venerabile,
Omelia 12).
Preghiera
per la pace
Signore,
fammi
strumento della tua pace:
dov'è
odio, ch'io porti amore,
dov'è
offesa, ch'io porti il perdono,
dov'è
discordia, ch'io porti l'unione,
dov'è
dubbio, ch'io porti la fede,
dov'è
errore, ch'io porti la verità,
dov'è
disperazione, ch'io porti la speranza,
dove
sono le tenebre, ch'io porti la luce.
Signore,
fa
che io cerchi
di
consolare più che di essere consolato,
di
comprendere più che di essere compreso,
di
amare più che di essere amato,
poiché
dando si riceve,
perdonando
si è perdonati,
morendo
si resuscita a vita nuova.
(S. Francesco)