Rito
Romano
VII
Domenica del Tempo Ordinario – 23 febbraio 2020
Lv
19,1-2.17-18; Sal 102; 1 Cor 3,16-23; Mt 5,38-48
Amare
i nemici
Rito
Ambrosiano – Penultima Domenica dopo l’Epifania
Bar
1,15a;2,9-15a; Sal 105; Rm 7,16a; Gv 8,1-11
Per
Cristo i peccati nostri sono come polvere.
1)
“Amate i nemici”: un comando
possibile da praticare?
Gesù
chiede di amare i nostri
nemici e per amare intende quell’amore oblativo che spinge
ad offrirsi per il bene e la libertà dell’altro, senza attendere
niente in cambio. E se non amiamo
l’altro anche se ci è
nemico, non amiamo il Padre,
che è anche suo Padre.
Il
Padre non ha nemici ha solo figli, e se
abbiamo conosciuto il Padre e il
suo paterno amore gratuito, non
possiamo non amare il fratello nemico,
realmente nemico. Questa è l’essenza del
cristianesimo, cioè la religione del
Figlio che è venuto a portare sulla terra:
l’amore del Padre per tutti i fratelli. Evidentemente questo amore
è il dono dello Spirito Santo, perché
uno non può -umanamente parlando - amare
il nemico. A
stento riusciamo ad amare noi
stessi, a fatica riusciamo
ad amare l’amico di amore disinteressato. Come è
possibile amare il nemico che ci perseguita?
Eppure,
proprio nel nemico, si rivela la gratuità
assoluta dell’amore e Dio ha rivelato a noi il suo amore perché
quando ancora eravamo nemici tra di noi e con lui,
lui ha dato la vita per noi. Quindi l’amore del nemico rivela
l’essenza di Dio come amore gratuito, del suo Spirito, lo Spirito è
la vita, la vita di Dio è l’amore
gratuito. E’ l’amore gratuito che c’è
tra il Padre e il Figlio nello Spirito Santo.
E’
realmente possibile amare i nemici, e amarli mentre manifestano la
loro ostilità e inimicizia, il loro odio e la loro avversione? È
umanamente possibile mettere in pratica questo comando di Cristo?
L’amore per i nemici alla ragion comune sembra pazzia. Vuol dire
che la nostra salvezza è nella pazzia? L’amore per i nemici
rassomiglia all’odio per noi medesimi. Vuol dire che arriveremo
alla beatitudine solo a patto di odiare noi stessi?
Insomma,
perché Gesù chiede di amare i propri nemici, cioè chiede di
praticare un amore che eccede le capacità umane?
“Non
è facile, ma — ha detto Papa Francesco durante la messa
celebrata la mattina del
12 settembre 2018, nella cappella di Casa
Santa Marta — è possibile: basta contemplare Gesù
sofferente e l’umanità sofferente e vivere una vita nascosta in
Dio con Gesù.
Sempre
Papa Francesco spiega: “ Gesù sa
benissimo che amare i nemici va al di là delle nostre
possibilità, ma per questo si è fatto uomo: non per lasciarci così
come siamo, ma per trasformarci in uomini e donne capaci di un amore
più grande, quello del Padre suo e nostro. Questo è l’amore che
Gesù dona a chi ‘lo ascolta’. E allora diventa possibile! Con
Lui, grazie al suo amore, al suo Spirito noi possiamo amare anche chi
non ci ama, anche chi ci fa del male» (24
febbraio 2019).
Per
capire e fare ciò dobbiamo prendere sul serio l’invito
dell’Apostolo Paolo: “Abbiate gli stessi sentimenti di Cristo”
(Fil 2,5);“Fratelli, scelti da Dio, santi e amati. Rivestitevi di
sentimenti di tenerezza, di bontà, di umiltà, di mansuetudine, di
magnanimità sopportandovi a vicenda e perdonandovi gli uni gli
altri” se qualcuno avesse di che lamentarsi nei confronti di un
altro. Come il Signore vi ha perdonato così fate anche voi”(Col 3,
12-17).
Per
poter amare nella carità di Cristo tutti, compresi i nemici, la
strada è quella di stampare i nostri occhi su Cristo in Croce e così
imparare a sentire come sentiva Gesù, conformare il nostro modo di
pensare, di decidere, di agire con i sentimenti di Gesù. Se
prendiamo questa strada, viviamo bene e prendiamo la strada giusta.
In questa contemplazione dell’amore crocifisso avremo la conferma
che Gesù, ci vuol bene. Questo bene è tenerezza e una grande
consolazione per noi, è un conforto e anche una grande
responsabilità giorno per giorno. E’ un bene che ci è donato e
che non possiamo ottenere con lo studio o la pratica: è un dono
gratuito di Dio da far responsabilmente fruttificare.
Il
mondo – e noi nel mondo – condanna e giustizia, cioè elimina
ogni nemico. Nel mondo si fa guerra al nemico, fino
all’annientamento. Ma Cristo ci dice di amare il nemico, e la Sua
Parola è verità. E’ realtà. Questa Parola d’amore qui ed ora
si compie in noi, nemici di Dio intenti, ogni giorno, a eliminare i
nemici, smarrendo per via pazienza, perdono e amore. Noi, ricchi di
peccati, siamo amati e riamati infinitamente da Dio, ricco di
misericordia.
Il
cristiano è portato dal Vangelo a vedere in se stesso il nemico
amato da Dio e per cui Cristo è morto: questa è l’esperienza di
fede basilare da cui soltanto potrà nascere l’itinerario
spirituale che conduce all’amore per il nemico! Scrive Paolo: “Dio
dimostra il suo amore verso di noi perché, mentre eravamo peccatori
e nemici, Cristo è morto per noi” (Rm 5,8-10).
La
nostra vita perduta, riscattata e compiuta nel Suo perdono. Le Sue
braccia aperte sono anche oggi il nostro rifugio, la nostra
perfezione. Siamo dunque perfetti, compiuti solo nascosti tra le Sue
ferite d’amore (cfr San Bernardo di Chiaravalle). “È lì che
questa verità può essere contemplata. E partendo da lì deve ora
definirsi che cosa sia l’amore. A partire da questo sguardo il
cristiano trova la strada del suo vivere e del suo amare”
(Benedetto XVI, Deus caritas est n.12). Trafitti dalla Sua
misericordia diventiamo noi stessi le Sue ferite aperte sul mondo,
segno di salvezza, vita e perdono per ogni uomo. Le nostre piaghe
quotidiane unite alle Sue piaghe sono la perfezione che salva il
mondo.
2)
Guardare dalla Croce.
Là,
inchiodati alla nostra croce siamo perfetti. Là dove nessuno saluta,
là dove si cela il sole e si trafuga la pioggia, laddove il mondo
cancella gli ingiusti, i figli del Padre celeste offrono la vita,
gratuitamente, per fede amorosa.
Là
dove il mondo odia, i discepoli dell’Amore amano. La nostra vita è
così compiuta sulla Croce, Crocifissi con Lui. “Chi vuol donare
amore, deve egli stesso riceverlo in dono. Certo, l’uomo può —
come ci dice il Signore — diventare sorgente dalla quale sgorgano
fiumi di acqua viva (cfr Gv 7, 37-38). Ma per divenire una tale
sorgente, egli stesso deve bere, sempre di nuovo, a quella prima,
originaria sorgente che è Gesù Cristo, dal cui cuore trafitto
scaturisce l’amore di Dio (cfr Gv 19, 34)” (Benedetto XVI, Deus
caritas est n.7). E’ Lui vivo in noi ad amare ogni uomo,
scende in noi all’ultimo posto, servo di questa generazione per
aprire il Cielo ad ogni nemico, nel Suo sangue trasformato in amico.
Di più, ogni nemico è fratello agli occhi di Cristo. Come lo siamo
stati noi, appena un istante fa, o lo fummo ieri, o lo saremo
domani.
Dunque
impariamo a guardare all’altro, al nostro prossimo non più
soltanto con i nostri occhi e con i nostri buoni sentimenti, ma
guardiamo dalla Croce, dal punto di vista di di Gesù Cristo.
Il
suo amico è nostro amico. Al di là dell’apparenza esteriore, con
una purezza da angeli potremo scorgere nell’altro la sua attesa di
un gesto di amore, di attenzione. Se cerchiamo di guardare l’altro
con gli occhi di Cristo, possiamo dargli ben più che le cose
necessarie materialmente: possiamo donargli lo sguardo di amore di
cui egli ha bisogno (cfr Benedetto XVI, Deus caritas est n.18).
Gli occhi di Dio, che ama tutti donando a tutti il necessario, senza
distinzione alcuna, sono gli occhi di Gesù posati su questa umanità
attraverso i nostri stessi occhi.
C’è
una bellissima intuizione di Berdiaeff: “All’inizio Dio
disse a Caino: Cosa hai fatto di tuo fratello Abele? Nell’ultimo
giorno non si rivolgerà più a Caino ma ad Abele dicendo: “Cosa
hai fatto di tuo fratello Caino?”. Abele risorgerà non per la
vendetta ma per custodire Caino. La terra nuova sarà quando le
vittime si prenderanno cura dei loro carnefici. Questo è il cuore di
Dio”. Con il suo infinito amore per noi, Cristo fece così per
noi.
Per
imparare da lui, occorre andare al Calvario e guardare il Redentore
in Croce, poi occorre salire in Croce accanto a lui, e guardare dal
suo punto di vista. A questo amore si arriva a attraverso un cammino,
una ascesi.L’amore non è spontaneo: esso richiede disciplina,
ascesi, lotta contro l’istinto della collera e contro la tentazione
dell’odio. Così si perverrà alla responsabilità di chi ha il
coraggio di esercitare una correzione fraterna denunciando
“costruttivamente” il male commesso da altri. L’amore del
nemico non va confuso con la complicità con il peccatore.
Chi
non serba rancore e non si vendica, ma corregge il fratello, è
infatti anche in grado di perdonare; e il perdono è la misteriosa
maturità di fede e di amore per cui l’offeso sceglie liberamente
di rinunciare al proprio diritto nei confronti di chi ha già
calpestato i suoi giusti diritti. Chi perdona sacrifica un rapporto
giuridico in favore di un rapporto di grazia.
Ma
perché tutto questo sia possibile è indispensabile che accanto al
comando di amare i nemici ci sia la preghiera per i persecutori,
l’intercessione per gli avversari: “Amate i vostri nemici e
pregate per i vostri persecutori” (Mt 5,44). Se non si assume
l’altro – e in particolare l’altro che si è fatto nostro
nemico, che ci contraddice, che ci osteggia, che ci calunnia –
nella preghiera, imparando così a vederlo con gli occhi di Dio, nel
mistero della sua persona e della sua vocazione, non si potrà mai
arrivare ad amarlo. Ma dev’essere chiaro che l’amore del nemico è
questione di profondità di fede, di “intelligenza del cuore”, di
ricchezza interiore, di amore per il Signore, e non, semplicemente di
buona volontà.
Questo
amore a cui Dio ci chiama è un amore che non poggia in definitiva
sulle risorse umane, è dono di Dio che si ottiene confidando
unicamente e senza riserve sulla sua bontà misericordiosa.
Ecco
la novità del Vangelo, che cambia il mondo senza far rumore. Ecco
l’eroismo dei “piccoli”, che credono nell’amore di Dio e lo
diffondono anche a costo della vita. Cristo è il primo in questo
amore per i nemici e i martiri lo hanno imitato nell’amare fino
alla fine. Tuttavia teniamo presente che la vita consacrata è a
questo riguardo un martirio incruento, ma quotidiano. Nell’Ordo
Virginum le persone sono chiamate alla costante testimonianza, che è
un martirio senza spargimento di sangue, perché vivono una esistenza
totalmente dedicata alla fedeltà a Dio ed all’intercessione per i
peccatori, che si pensano nemici di Cristo, che li ama e che invoca
su di loro il perdono del Padre. Nel nascondimento di una vita
quotidiana, semplice come quella della Madonna a Nazareth, mostrano
che si può imitare l’esempio eminente della Madre di Cristo, nella
quale Dio fu il protagonista e la sua verginità fu l’espressione,
anche fisica, dell’apertura totale al progetto di Dio. La vocazione
di queste donne è di umilmente lavorare e pregare per pacificare la
terra, conciliare i fratelli nemici, far risorgere Abele, ricondurre
all’amore Caino. (Cfr Due invocazioni della Preghiera litanica nel
Rituale della Consacrazione delle Vergini, n. 20 – traduzione
letterale dal latino:
O
Signore,
–
mantieni
e fai crescere nella tua Chiesa la fiamma della verginità beata, ti
preghiamo, ascoltaci.
–
Poni
tra i popoli una intesa e una pace sincere, ti preghiamo, ascoltaci.)
LETTURA
PATRISTICA
Sant’Agostino,
Vescovo di Ippona
“Trattati
sulla prima lettera di Giovanni” (1, 9-12)
“In
questo lo conosciamo se osserveremo i suoi comandamenti. Quali
comandamenti? Chi dice di conoscerlo e non
osserva i suoi comandamenti è menzognero e in lui non c’è
verità. Ma tu torni a chiedere: quali comandamenti?
Giovanni ti dice: Chi osserverà la sua parola, veramente in
lui è perfetto l’amore di Dio(1 Gv 2, 3-5). Vediamo se questo
comandamento non sia l’amore. Ci domandavamo quali fossero questi
comandamenti e Giovanni ci risponde: Chi osserverà la sua
parola, veramente in lui è perfetto l’amore di Dio. Esamina
il Vangelo e vedi se non è questo precisamente quel comandamento.
Dice il Signore: Vi dò un comandamento nuovo, che vi amiate
a vicenda (Gv 13, 34). A questo segno noi conosciamo
di essere in lui, se in lui saremo perfetti (1 Gv 2, 5).
Egli parla di perfetti nell’amore. Ma qual’è la perfezione
dell’amore? E’ amare anche i nemici ed amarli perché diventino
fratelli. Il nostro amore infatti non deve essere carnale. E’ buona
cosa chiedere per un altro la salute del corpo; ma se questa
mancasse, non deve scapitarne la salute dell’anima. Se auguri al
tuo amico la vita, fai bene. Se ti rallegri per la morte del tuo
nemico, fai male. Forse la vita che auguri all’amico è inutile,
mentre quella morte del nemico di cui ti rallegri, può essere a lui
utile. Non è certo se questa nostra vita sia utile o inutile, mentre
è indubbiamente utile la vita presso Dio. Ama i tuoi nemici con
l’intento di renderli fratelli; amali fino a farli entrare nella
tua cerchia. Cosí ha amato colui che, pendendo sulla croce,
disse: Padre, perdona loro perché non sanno quello che
fanno (Lc 23, 34). Non che abbia detto: Padre, costoro
abbiano una vita lunga; loro che mi uccidono abbiano a vivere; ma ha
detto: Perdona loro perché non sanno quello che fanno. Egli
li volle preservare da una morte perpetua con una preghiera piena di
misericordia e di forza. Molti tra essi credettero e fu loro
perdonato di aver versato il sangue di Cristo. Quando si mostrarono
crudeli, versarono quel sangue; quando credettero, lo bevvero. In
questo noi conosciamo che siamo in lui, se in lui saremo perfetti. Il
Signore ci ammonisce ad essere perfetti quando ci parla del dovere di
amare i nemici: Siate dunque perfetti, come è perfetto il
vostro Padre celeste (Mt 5, 48). Chi dunque dice di
rimanere in lui, deve camminare come lui camminò (1 Gv 2,
6). In quale modo, o fratelli? Che ammonizione è questa? Colui
che dice di rimanere in lui– cioè in Cristo – deve
camminare come lui camminò. Che ci ammonisca forse di
camminare sul mare? No, evidentemente. Ci ammonisce invece di
camminare nella via della giustizia. Quale via? L’ho ricordato.
Egli, quando era inchiodato alla croce, camminava proprio su questa
via, che è la strada della carità. Padre, perdona loro,
perché non sanno quello che fanno. Se dunque imparerai a
pregare per il tuo nemico, camminerai sulla strada del Signore.
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