venerdì 21 febbraio 2020

L’amore è un “dovere” sempre, e l’odio non è mai un “diritto”.

Rito Romano 
VII Domenica del Tempo Ordinario – 23 febbraio 2020
Lv 19,1-2.17-18; Sal 102; 1 Cor 3,16-23; Mt 5,38-48
Amare i nemici


Rito Ambrosiano – Penultima Domenica dopo l’Epifania
Bar 1,15a;2,9-15a; Sal 105; Rm 7,16a; Gv 8,1-11
Per Cristo i peccati nostri sono come polvere.           


1) “Amate i nemici”: un comando possibile da praticare?
Gesù chiede di amare i nostri nemici e per amare intende quell’amore oblativo che spinge ad offrirsi per il bene e la libertà dell’altro, senza attendere niente in cambio. E se non amiamo l’altro anche se ci è nemico, non amiamo il Padre, che è anche suo Padre.
Il Padre non ha nemici ha solo figli, e se abbiamo conosciuto il Padre e il suo paterno amore gratuito, non possiamo non amare il fratello nemico, realmente nemico. Questa è l’essenza del cristianesimo, cioè la religione del Figlio che è venuto a portare sulla terra: l’amore del Padre per tutti i fratelli. Evidentemente questo amore è il dono dello Spirito Santo, perché uno non può -umanamente parlando - amare il nemico. A stento riusciamo ad amare noi stessi, a fatica riusciamo ad amare l’amico di amore disinteressato. Come è possibile amare il nemico che ci perseguita?
Eppure, proprio nel nemico, si rivela la gratuità assoluta dell’amore e Dio ha rivelato a noi il suo amore perché quando ancora eravamo nemici tra di noi e con lui, lui ha dato la vita per noi. Quindi l’amore del nemico rivela l’essenza di Dio come amore gratuito, del suo Spirito, lo Spirito è la vita, la vita di Dio è l’amore gratuito. E l’amore gratuito che c’è tra il Padre e il Figlio nello Spirito Santo.
E’ realmente possibile amare i nemici, e amarli mentre manifestano la loro ostilità e inimicizia, il loro odio e la loro avversione? È umanamente possibile mettere in pratica questo comando di Cristo? L’amore per i nemici alla ragion comune sembra pazzia. Vuol dire che la nostra salvezza è nella pazzia? L’amore per i nemici rassomiglia all’odio per noi medesimi. Vuol dire che arriveremo alla beatitudine solo a patto di odiare noi stessi?
Insomma, perché Gesù chiede di amare i propri nemici, cioè chiede di praticare un amore che eccede le capacità umane?
Non è facile, ma — ha detto Papa Francesco durante la messa celebrata la mattina del 12 settembre 2018, nella cappella di Casa Santa Marta — è possibile: basta contemplare Gesù sofferente e l’umanità sofferente e vivere una vita nascosta in Dio con Gesù.
Sempre Papa Francesco spiega: “ Gesù sa benissimo che amare i nemici va al di là delle nostre possibilità, ma per questo si è fatto uomo: non per lasciarci così come siamo, ma per trasformarci in uomini e donne capaci di un amore più grande, quello del Padre suo e nostro. Questo è l’amore che Gesù dona a chi ‘lo ascolta’. E allora diventa possibile! Con Lui, grazie al suo amore, al suo Spirito noi possiamo amare anche chi non ci ama, anche chi ci fa del male» (24 febbraio 2019).
Per capire e fare ciò dobbiamo prendere sul serio l’invito dell’Apostolo Paolo: “Abbiate gli stessi sentimenti di Cristo” (Fil 2,5);“Fratelli, scelti da Dio, santi e amati. Rivestitevi di sentimenti di tenerezza, di bontà, di umiltà, di mansuetudine, di magnanimità sopportandovi a vicenda e perdonandovi gli uni gli altri” se qualcuno avesse di che lamentarsi nei confronti di un altro. Come il Signore vi ha perdonato così fate anche voi”(Col 3, 12-17).
Per poter amare nella carità di Cristo tutti, compresi i nemici, la strada è quella di stampare i nostri occhi su Cristo in Croce e così imparare a sentire come sentiva Gesù, conformare il nostro modo di pensare, di decidere, di agire con i sentimenti di Gesù. Se prendiamo questa strada, viviamo bene e prendiamo la strada giusta. In questa contemplazione dell’amore crocifisso avremo la conferma che Gesù, ci vuol bene. Questo bene è tenerezza e una grande consolazione per noi, è un conforto e anche una grande responsabilità giorno per giorno. E’ un bene che ci è donato e che non possiamo ottenere con lo studio o la pratica: è un dono gratuito di Dio da far responsabilmente fruttificare.
Il mondo – e noi nel mondo – condanna e giustizia, cioè elimina ogni nemico. Nel mondo si fa guerra al nemico, fino all’annientamento. Ma Cristo ci dice di amare il nemico, e la Sua Parola è verità. E’ realtà. Questa Parola d’amore qui ed ora si compie in noi, nemici di Dio intenti, ogni giorno, a eliminare i nemici, smarrendo per via pazienza, perdono e amore. Noi, ricchi di peccati, siamo amati e riamati infinitamente da Dio, ricco di misericordia.
Il cristiano è portato dal Vangelo a vedere in se stesso il nemico amato da Dio e per cui Cristo è morto: questa è l’esperienza di fede basilare da cui soltanto potrà nascere l’itinerario spirituale che conduce all’amore per il nemico! Scrive Paolo: “Dio dimostra il suo amore verso di noi perché, mentre eravamo peccatori e nemici, Cristo è morto per noi” (Rm 5,8-10).
La nostra vita perduta, riscattata e compiuta nel Suo perdono. Le Sue braccia aperte sono anche oggi il nostro rifugio, la nostra perfezione. Siamo dunque perfetti, compiuti solo nascosti tra le Sue ferite d’amore (cfr San Bernardo di Chiaravalle). “È lì che questa verità può essere contemplata. E partendo da lì deve ora definirsi che cosa sia l’amore. A partire da questo sguardo il cristiano trova la strada del suo vivere e del suo amare” (Benedetto XVI, Deus caritas est n.12). Trafitti dalla Sua misericordia diventiamo noi stessi le Sue ferite aperte sul mondo, segno di salvezza, vita e perdono per ogni uomo. Le nostre piaghe quotidiane unite alle Sue piaghe sono la perfezione che salva il mondo.

2) Guardare dalla Croce.
Là, inchiodati alla nostra croce siamo perfetti. Là dove nessuno saluta, là dove si cela il sole e si trafuga la pioggia, laddove il mondo cancella gli ingiusti, i figli del Padre celeste offrono la vita, gratuitamente, per fede amorosa.
Là dove il mondo odia, i discepoli dell’Amore amano. La nostra vita è così compiuta sulla Croce, Crocifissi con Lui. “Chi vuol donare amore, deve egli stesso riceverlo in dono. Certo, l’uomo può — come ci dice il Signore — diventare sorgente dalla quale sgorgano fiumi di acqua viva (cfr Gv 7, 37-38). Ma per divenire una tale sorgente, egli stesso deve bere, sempre di nuovo, a quella prima, originaria sorgente che è Gesù Cristo, dal cui cuore trafitto scaturisce l’amore di Dio (cfr Gv 19, 34)” (Benedetto XVI, Deus caritas est n.7). E’ Lui vivo in noi ad amare ogni uomo, scende in noi all’ultimo posto, servo di questa generazione per aprire il Cielo ad ogni nemico, nel Suo sangue trasformato in amico. Di più, ogni nemico è fratello agli occhi di Cristo. Come lo siamo stati noi, appena un istante fa, o lo fummo ieri, o lo saremo domani. 
Dunque impariamo a guardare all’altro, al nostro prossimo non più soltanto con i nostri occhi e con i nostri buoni sentimenti, ma guardiamo dalla Croce, dal punto di vista di di Gesù Cristo.
Il suo amico è nostro amico. Al di là dell’apparenza esteriore, con una purezza da angeli potremo scorgere nell’altro la sua attesa di un gesto di amore, di attenzione. Se cerchiamo di guardare l’altro con gli occhi di Cristo, possiamo dargli ben più che le cose necessarie materialmente: possiamo donargli lo sguardo di amore di cui egli ha bisogno (cfr Benedetto XVI, Deus caritas est n.18). Gli occhi di Dio, che ama tutti donando a tutti il necessario, senza distinzione alcuna, sono gli occhi di Gesù posati su questa umanità attraverso i nostri stessi occhi.
C’è una bellissima intuizione di Berdiaeff: “All’inizio Dio disse a Caino: Cosa hai fatto di tuo fratello Abele? Nell’ultimo giorno non si rivolgerà più a Caino ma ad Abele dicendo: “Cosa hai fatto di tuo fratello Caino?”. Abele risorgerà non per la vendetta ma per custodire Caino. La terra nuova sarà quando le vittime si prenderanno cura dei loro carnefici. Questo è il cuore di Dio”. Con il suo infinito amore per noi, Cristo fece così per noi.
Per imparare da lui, occorre andare al Calvario e guardare il Redentore in Croce, poi occorre salire in Croce accanto a lui, e guardare dal suo punto di vista. A questo amore si arriva a attraverso un cammino, una ascesi.L’amore non è spontaneo: esso richiede disciplina, ascesi, lotta contro l’istinto della collera e contro la tentazione dell’odio. Così si perverrà alla responsabilità di chi ha il coraggio di esercitare una correzione fraterna denunciando “costruttivamente” il male commesso da altri. L’amore del nemico non va confuso con la complicità con il peccatore.
Chi non serba rancore e non si vendica, ma corregge il fratello, è infatti anche in grado di perdonare; e il perdono è la misteriosa maturità di fede e di amore per cui l’offeso sceglie liberamente di rinunciare al proprio diritto nei confronti di chi ha già calpestato i suoi giusti diritti. Chi perdona sacrifica un rapporto giuridico in favore di un rapporto di grazia.
Ma perché tutto questo sia possibile è indispensabile che accanto al comando di amare i nemici ci sia la preghiera per i persecutori, l’intercessione per gli avversari: “Amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori” (Mt 5,44). Se non si assume l’altro – e in particolare l’altro che si è fatto nostro nemico, che ci contraddice, che ci osteggia, che ci calunnia – nella preghiera, imparando così a vederlo con gli occhi di Dio, nel mistero della sua persona e della sua vocazione, non si potrà mai arrivare ad amarlo. Ma dev’essere chiaro che l’amore del nemico è questione di profondità di fede, di “intelligenza del cuore”, di ricchezza interiore, di amore per il Signore, e non, semplicemente di buona volontà.
Questo amore a cui Dio ci chiama è un amore che non poggia in definitiva sulle risorse umane, è dono di Dio che si ottiene confidando unicamente e senza riserve sulla sua bontà misericordiosa.  
Ecco la novità del Vangelo, che cambia il mondo senza far rumore. Ecco l’eroismo dei “piccoli”, che credono nell’amore di Dio e lo diffondono anche a costo della vita. Cristo è il primo in questo amore per i nemici e i martiri lo hanno imitato nell’amare fino alla fine. Tuttavia teniamo presente che la vita consacrata è a questo riguardo un martirio incruento, ma quotidiano. Nell’Ordo Virginum le persone sono chiamate alla costante testimonianza, che è un martirio senza spargimento di sangue, perché vivono una esistenza totalmente dedicata alla fedeltà a Dio ed all’intercessione per i peccatori, che si pensano nemici di Cristo, che li ama e che invoca su di loro il perdono del Padre. Nel nascondimento di una vita quotidiana, semplice come quella della Madonna a Nazareth, mostrano che si può imitare l’esempio eminente della Madre di Cristo, nella quale Dio fu il protagonista e la sua verginità fu l’espressione, anche fisica, dell’apertura totale al progetto di Dio. La vocazione di queste donne è di umilmente lavorare e pregare per pacificare la terra, conciliare i fratelli nemici, far risorgere Abele, ricondurre all’amore Caino. (Cfr Due invocazioni della Preghiera litanica nel Rituale della Consacrazione delle Vergini, n. 20 – traduzione letterale dal latino:
O Signore,
mantieni e fai crescere nella tua Chiesa la fiamma della verginità beata, ti preghiamo, ascoltaci.
Poni tra i popoli una intesa e una pace sincere, ti preghiamo, ascoltaci.)


LETTURA PATRISTICA
Sant’Agostino, Vescovo di Ippona
Trattati sulla prima lettera di Giovanni” (1, 9-12)


In questo lo conosciamo se osserveremo i suoi comandamenti. Quali comandamenti? Chi dice di conoscerlo e non osserva i suoi comandamenti è menzognero e in lui non c’è verità. Ma tu torni a chiedere: quali comandamenti? Giovanni ti dice: Chi osserverà la sua parola, veramente in lui è perfetto l’amore di Dio(1 Gv 2, 3-5). Vediamo se questo comandamento non sia l’amore. Ci domandavamo quali fossero questi comandamenti e Giovanni ci risponde: Chi osserverà la sua parola, veramente in lui è perfetto l’amore di Dio. Esamina il Vangelo e vedi se non è questo precisamente quel comandamento. Dice il Signore: Vi dò un comandamento nuovo, che vi amiate a vicenda (Gv 13, 34). A questo segno noi conosciamo di essere in lui, se in lui saremo perfetti (1 Gv 2, 5). Egli parla di perfetti nell’amore. Ma qual’è la perfezione dell’amore? E’ amare anche i nemici ed amarli perché diventino fratelli. Il nostro amore infatti non deve essere carnale. E’ buona cosa chiedere per un altro la salute del corpo; ma se questa mancasse, non deve scapitarne la salute dell’anima. Se auguri al tuo amico la vita, fai bene. Se ti rallegri per la morte del tuo nemico, fai male. Forse la vita che auguri all’amico è inutile, mentre quella morte del nemico di cui ti rallegri, può essere a lui utile. Non è certo se questa nostra vita sia utile o inutile, mentre è indubbiamente utile la vita presso Dio. Ama i tuoi nemici con l’intento di renderli fratelli; amali fino a farli entrare nella tua cerchia. Cosí ha amato colui che, pendendo sulla croce, disse: Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno (Lc 23, 34). Non che abbia detto: Padre, costoro abbiano una vita lunga; loro che mi uccidono abbiano a vivere; ma ha detto: Perdona loro perché non sanno quello che fanno. Egli li volle preservare da una morte perpetua con una preghiera piena di misericordia e di forza. Molti tra essi credettero e fu loro perdonato di aver versato il sangue di Cristo. Quando si mostrarono crudeli, versarono quel sangue; quando credettero, lo bevvero. In questo noi conosciamo che siamo in lui, se in lui saremo perfetti. Il Signore ci ammonisce ad essere perfetti quando ci parla del dovere di amare i nemici: Siate dunque perfetti, come è perfetto il vostro Padre celeste (Mt 5, 48). Chi dunque dice di rimanere in lui, deve camminare come lui camminò (1 Gv 2, 6). In quale modo, o fratelli? Che ammonizione è questa? Colui che dice di rimanere in lui– cioè in Cristo – deve camminare come lui camminò. Che ci ammonisca forse di camminare sul mare? No, evidentemente. Ci ammonisce invece di camminare nella via della giustizia. Quale via? L’ho ricordato. Egli, quando era inchiodato alla croce, camminava proprio su questa via, che è la strada della carità. Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno. Se dunque imparerai a pregare per il tuo nemico, camminerai sulla strada del Signore.

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