Festa
della SS.ma Trinità – 16 giugno 2019
Rito
romano
Pro
8, 22-31; Sal 8; Rm 5, 1-5; Gv 16, 12-15
Rito
ambrosiano
Gen
18,1-10a; Sal 104; 1Cor 12,2-6; Gv 14,21-26
1)
Dio è co-essere
La
festa di oggi non si aggiunge alle precedenti (Natale, Epifania,
Pasqua, Ascensione, Pentecoste) come ricordo di un particolare
mistero: la Trinità. Mistero riconosciuto in teoria come
fondamentale, ma in pratica rimosso e messo sullo sfondo. Mistero al
quale si deve pensare una volta all’anno. Questo Mistero della
Trinità è celebrato come la somma di tutti quelli che abbiamo
celebrato da Natale a Pentecoste per farci vedere unitariamente ciò
che avevamo contemplato uno ad uno come i colori rifratti in un
prisma.
Il
senso di tutte le feste dell’anno liturgico è sempre la
celebrazione del “Dio con noi”. Ma come può Dio essere “con
noi” se questo “con” non appartenesse da sempre alla sua
essenza e alla sua vita intima? Il mistero Trinitario ci svela che
Dio è Padre con il Figlio e con lo Spirito Santo.
Nella
festa di oggi, dunque, contempliamo la Trinità come
ce l’ha fatta conoscere Gesù, il Dio con noi (= l’Emmanuele).
“Lui ci ha rivelato che Dio è amore “non nell’unità di una
sola persona, ma nella Trinità di una sola sostanza” (Prefazio
della Messa di oggi):
è Creatore e Padre misericordioso; è Figlio Unigenito, eterna
Sapienza incarnata, morto e risorto per noi; è finalmente Spirito
Santo che tutto muove, cosmo e storia, verso la piena ricapitolazione
finale. Tre Persone che sono un
solo Dio perché
il Padre è amore, il Figlio è amore, lo Spirito è amore. Dio è
tutto e solo amore, amore purissimo, infinito ed eterno. Non vive in
una splendida solitudine, ma è piuttosto fonte inesauribile di vita
che incessantemente si dona e si comunica” (Benedetto XVI, 7 giugno
2009).
Nel
Mistero Trinitario, di Padre, Figlio e Spirito Santo comprendiamo la
natura stessa divina e l'essenza stessa di Dio che è amore,
comunione, relazione, collaborazione, donazione, servizio, carità,
perdono infinito.
Nel
solco del magistero di Papa Francesco ritengo utile mettere in
risalto l'aspetto più bello di questo nostro Dio, nel quale abbiamo
fede, sforzandoci di vivere in comunione con Lui, e nel quale
abbiamo riposto ogni nostra speranza. Questo aspetto è la
misericordia. Misericordiosi come il Padre, ma altrettanto
misericordiosi come il Cristo e come lo Spirito Santo.
2) Dalla Croce alla Trinità.
Nella
Croce di Gesù tutta la santissima Trinità è coinvolta: coinvolta
nell'Amore e per Amore! Molti antichi dipinti occidentali
raffigurano il Crocifisso sostenuto dalle braccia del Padre, scelgo
quello del Masaccio (a Firenze, in Santa Maria Novella, si veda http://catholicteenapologetics.files.wordpress.com/2012/05/masaccio_trinity.jpg ) dove lo Spirito Santo
sotto forma di colomba è tra la testa del Padre ed il capo coronato
di spine di Cristo. E’ vero! Tra il Padre e il Figlio c'è una
misteriosa, comunione di amore. Per questo Gesù ha potuto dire dalla
croce senza esitazione: “Padre, perdonali, perché non sanno quello
che fanno” (Lc 23,34). Tra il Padre e il Figlio c'è una perfetta,
spirituale comunione d'Amore! Per questo, morendo, Gesù ha potuto
esclamare con filiale fiducia: “Padre, nelle tue mani consegno il
mio Spirito” (Lc 23,46). E da questo momento l'umanità di Gesù,
attraversata dall'atto di Amore che unisce il Figlio al Padre
dall'eternità, è diventata sorgente di vita
filiale per
tutti coloro che si aprono a Gesù nell'umiltà della fede: “A
quanti l'hanno accolto ha dato il potere di diventare figli di Dio: a
quelli che credono nel suo nome, i quali non da sangue, né da volere
di carne, né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati” (Gv
1,12-13).
Se
Dio è così, se questa è la via attraverso la quale egli ci salva
(ed è così!) la Trinità non è un mistero remoto, irrilevante per
la nostra vita. Queste tre Persone divine che ci sono più “intime”
nella vita: non sono infatti fuori di noi, come la stessa moglie o il
marito o i figli o gli amici, ma sono dentro di noi. Esse “dimorano
in noi” (Gv
14, 23).
Un
esempio grande di come la Croce sia via alla Trinità ci è dato da
San Francesco d’Assisi. Contemplando il Verbo incarnato e
crocifisso, questo grande Santo visse l’amore del Dio-Trinità, che
si dona a lui e lui, Francesco, rispose a sua volta con piena
dedizione.
San
Francesco mutato nel cuore divenne simile a Cristo anche nel corpo,
con le stigmate. Condotto dallo Spirito tra i lebbrosi, il Santo di
Assisi condivise la misericordia che aveva ricevuto da Dio Padre,
ricco di misericordia. San Francesco capì e ci fa capire che l’atto
del morire del Cristo è il dono che Egli fa del suo Spirito. E se il
Cristo ci dona il suo Spirito, noi diveniamo membra del Cristo,
viviamo la sua Presenza.
Sulla
Croce Gesù donò il suo Spirito e in quel momento lo ricevettero in
pochi, perché in pochi (la Madonna, San Giovanni e Santa Maria
Maddalena) erano rimasti ai piedi della Croce. Poi, nel giorno della
sua Resurrezione, la domenica, quando Egli entrerà nel Cenacolo a
porte chiuse lo donò ai dodici: “Ricevete lo Spirito Santo”. Poi
ancora lo donò alla Chiesa il giorno di Pentecoste: “Si effonderà
su tutti” disse San Pietro. È un crescere continuo di questo dono
che oggi è stato fatto anche a noi e che fa di noi “Tempio della
Trinità”.
3)
Il Dio vicino.
La
liturgia della Messa odierna ci ricorda che Dio non è un Dio
impersonale, freddo e lontano da noi. In effetti, Lui “è buono e
pietoso, lento all’ira e grande nell’amore” (Sal
102 [103], 8), “ricco di misericordia, di grazia e di fedeltà”
(Ef 4,2 e
Es 34, 6).
Il Signore non disprezza la polvere di cui siamo plasmati e ci sazia
di misericordia e di perdono.
Affermiamo con grande gioia:
Benedetto sia Dio, il Padre e il suo Figlio unigenito e lo Spirito
Santo ,perché Dio è il Padre, che ci ha amato così tanto da
offrirci suo Figlio e da concederci il suo Spirito cosicché possiamo
riconoscere Dio come amore infinito.
Niente
è più vero, vivificante e confortante per noi che la presenza della
Santa Trinità nella nostra vita. Niente, infatti, può esistere o
agire oppure divenire perfetto senza le tre Persone divine, senza
Dio, tanto che san Paolo non esita di affermare che “in Lui,
infatti, viviamo, ci muoviamo e siamo” (At
17, 28).
Dio
è vicino e noi lo pensiamo lontano. E' nel reale e negli avvenimenti
e noi lo cerchiamo nei sogni e nelle utopie impossibili.
Il
vero segreto per entrare in rapporto con Dio è la piccolezza, la
semplicità del cuore, la povertà di spirito: tutte cose che vengono
frustrate in noi dall'orgoglio, dalla ricchezza e dalla furbizia.
Gesù lo aveva detto: “Se non sarete come bambini... non entrerete
nel mio Regno” (cfr Mt
18, 3): cioè “non mi sarete vicini” e non aveva certo voglia di
scherzare o di prenderci in giro. Il vedere o il non vedere Dio
dipende dal nostro occhio: se è un occhio semplice e puro Lo vede,
se è un occhio maligno e impuro non Lo vede. Poi, Se per
distrazione o superficialità ci si dimentica qualche volta di Lui,
ci pensa il dolore o il mistero a richiamarmene la presenza. Certo
che il mistero continua a circondarci, ma è un mistero d’amore.
Come il grembo di nostra mamma che ci contenuti e generati alla vita.
Cosa
c'è di più vero e di più semplice del grembo di una madre donna
che contiene un figlio? Come cogliere il mistero di Chi ci ama?
Il
modo più semplice è di essere semplici, intelligenti e saggi come
bambini. In loro, nei bambini, c'è una intuizione di base data da
Dio stesso. Ma non basta essere piccoli, occorre anche essere poveri.
Attenzione, però, perché essere piccoli nel Vangelo non significa
essere piagnucolosi e immaturi. E essere poveri, non vuol dire avere
abiti frusti, scarpe consumate e case brutte. Piccolo –cristianamente
parlando - è chi non pone la sua sicurezza in quelle che è o ha, ma
confida totalmente nella paternità di Dio. Povero è chi non
trasforma in idoli le cose che possiede e sente nel profondo che
nulla riuscirà a saziarlo se non Dio Amore.
4)
La Trinità: un mistero che ci rivela Dio e che rivela chi siamo noi.
Nei
confronti della Trinità, la cosa più importante non è speculare
sul mistero, ma rimanere nella fede della Chiesa che è la “nave”
che porta alla Trinità.
Siamo
condotti a un Dio che è
“Amante (Padre), Amato (Figlio) e Amore (Spirito Santo)”
(Sant’Agostino), che è amore e dialogo, non solo perché ci ama e
dialoga, ma perché in se stesso è un dialogo d'amore. Ma questo non
rinnova soltanto la nostra concezione di Dio, bensì anche la verità
di noi stessi. Se la Bibbia ripete che dobbiamo vivere nell'amore,
nel dialogo e nella comunione, è perché sa che siamo tutti
“immagine di Dio”. Incontrare Dio, fare esperienza di Dio,
parlare di Dio, dar gloria a Dio, tutto questo significa - per un
cristiano che sa che Dio è Padre, Figlio e Spirito - vivere in una
costante dimensione di amore, di dialogo e di dono.
La Trinità è
un mistero davvero luminoso: rivelandoci Dio, ha rivelato chi siamo
noi.
Nella
comprensione di questa rivelazione ci sono di particolare aiuto ed
esempio la vergini consacrate. Con la pratica dei consiglio
evangelici di castità obbedienza e povertà questa donne che si sono
donate
completamente a Dio vivono con particolare intensità il carattere
trinitario, che contrassegna tutta la vita cristiana. La castità
delle vergini, in quanto manifestazione della dedizione a Dio con
cuore indiviso
(cfr 1 Cor
7, 32-34), costituisce un riflesso
dell'amore infinito
che lega le tre Persone divine nella profondità misteriosa della
vita trinitaria. La povertà, vissuta
sull'esempio di Cristo che «da ricco che era, si è fatto povero»
(2 Cor 8,
9), diventa espressione del dono totale di
sé che le tre Persone divine
reciprocamente si fanno. L' obbedienza,
praticata ad imitazione di Cristo, il cui cibo era fare la volontà
del Padre (cfr Gv
4, 34), manifesta la bellezza liberante di una dipendenza
filiale e non servile, ricca di senso di
responsabilità e animata dalla reciproca fiducia, che è riflesso
nella storia dell' amorosa corrispondenza
delle tre Persone divine. (Giovanni Paolo II, Esort. Ap.
Post-sinodale Vita Consecrata,
n. 21)
ELEVAZIONE
ALLA SANTISSIMA TRINITA' di S. Elisabetta delle Trinità
O
mio Dio, Trinità che adoro, aiutami a dimenticarmi completamente,
per fissarmi in Te, immobile e tranquilla, come se la mia anima fosse
già nell'eternità. Nulla possa turbare la mia pace né farmi uscire
da Te, o mio Immutabile, ma che ogni istante m'immerga sempre più
nella profondità del tuo Mistero.
Pacifica la mia anima, rendila
tuo cielo, tua dimora prediletta, luogo del tuo riposo. Che non ti ci
lasci mai solo, ma che sia là tutta, interamente desta nella mia
fede, tutta in adorazione, pienamente abbandonata alla tua azione
creatrice.
O mio Cristo amato, crocifisso per amore, vorrei essere
una sposa per il tuo Cuore, vorrei coprirti di gloria, vorrei amarti
fino a morirne. Ma sento la mia impotenza, e ti chiedo di "rivestirmi
di te", d'identificare la mia anima a tutti i movimenti della
tua anima, di sommergermi, d'invadermi, di sostituirti a me, affinché
la mia vita non sia che un'irradiazione della tua vita. Vieni in me
Adoratore, come Riparatore e come Salvatore.
O Verbo eterno, Parola
del mio Dio, voglio passare la mia vita ad ascoltarti, voglio
rendermi perfettamente docile per imparare tutto da Te. Poi,
attraverso tutte le notti, tutti i vuoti, tutte le impotenze, voglio
sempre fissare Te e restare sotto la tua grande luce. O mio Astro
amato, affascinami perché non possa più uscire dalla tua
irradiazione.
Fuoco consumante, Spirito d'amore, "discendi in
me", affinché si faccia nella mia anima come una incarnazione
del Verbo e io gli sia una umanità aggiunta nella quale Egli rinnovi
il suo Mistero.
E tu, o Padre, chinati sulla tua povera piccola
creatura, "coprila della tua ombra", e non vedere in lei
che "Il Diletto nel quale hai posto tutte le tue compiacenze".
O
miei Tre, mio tutto, mia beatitudine, solitudine infinita, immensità
in cui mi Perdo, mi abbandono a Voi come una preda.
Seppellitevi in
me perché io mi seppellisca in Voi, in attesa di venire a
contemplare nella vostra luce l' abisso delle vostre grandezze.
Lettura
(quasi) Patristica
Dal
Libro della più alta verità di Giovanni Ruusbroec,
scritto
per i monaci della Certosa di Herinnes.
Livre
de la plus haute verité,8‑11.
Oeuvres,Bruxelles‑Paris,
1921, t. I1, 211‑
218.
Vi
descriverò come l'uomo interiore fa l'esperienza dell'unione con Dio
non mediata.
Quando
un uomo si eleva verso Dio con tutto se stesso con tutte le sue
forze, e vi si consacra con amore vivo operante, sente nel fondo del
suo essere un amore dilettevole e senza limiti. Egli prova una gioia
estrema in questo fondo donde proviene e ove ritorna questo amore.
Se
poi con il suo amore operante egli vuole penetrare più addentro in
quell'amore dilettevole, allora tutte le potenze della sua anima
devono cedere e accettare di patire la verità e la bontà di Dio,
cioè Dio stesso.
Sapete
che l'aria è bagnata dalla lucentezza e dal calore del sole; vi è
noto che Il ferro, quando è tutto penetrato dal fuoco, scalda e
illumina come il fuoco stesso. Anche l'aria, se fosse dotata di
ragione, potrebbe dire: "Rischiaro e illumino il mondo intero".
Tuttavia, ogni elemento conserva la propria natura e il fuoco non
diventa ferro, cosi come il ferro non diventa fuoco.
L'unione
non avviene tramite elementi intermedi, perché il ferro è nel fuoco
e il fuoco nel ferro; ugualmente, l'aria è nella luce del sole e la
luce del sole nell'aria.
2
Dio
è sempre presente nell'essenza dell'anima. Quando le potenze
superiori dell'anima rientrano in se stesse con amore attivo, sono
unite a Dio in modo non mediato.
Questa
unione è una conoscenza semplice della verità, un sentimento e un
gusto essenziale per il bene. Possediamo questa conoscenza e questa
esperienza semplici di Dio nell'amore dilettevole ed essenziale, e le
esercitiamo mediante l'amore attivo.
Questa
conoscenza ed esperienza di Dio, a cui si accede per le potenze
dell'anima, supera poi queste potenze, perché il ritorno interiore a
Dio esala nell'amore. Eppure le potenze sono necessarie, perché
dimorano sempre nella parte essenziale dell'anima.
Ecco
perché dobbiamo sempre far ritorno all'amore e rinnovarci in esso,
se vogliamo trovare l'amore con l'amore. Ce lo insegna san Giovanni,
quando scrive: Chi sta nell'amore dimora
in Dio e Dio dimora in lui.
Tuttavia,
benché quest'unione tra lo spirito amante e Dio sia senza modi
intermedi, i due esseri rimangono perfettamente distinti. La creatura
non diventa Dio ne Dio diventa creatura, così come ho spiegato sopra
nell'esempio del ferro e del fuoco o dell'aria e del sole.
3
Abbiamo
detto che le cose materiali create da Dio, come il ferro e il fuoco,
potevano unirsi senza elementi medianti. A maggior ragione, Dio
stesso può unirsi in modo non mediato con i suoi diletti, purché
questi si applichino e si preparino a ciò, aiutati dalla grazia.
Per
rendere possibile quest' unione, Dio ha ornato di virtù l'uomo
interiore e lo ha innalzato alla vita contemplativa. Nell'atto
supremo del ritorno verso Dio, l'uomo non sperimenta nessun'altra
funzione intermediaria tra 1 (Gv 4,16) se e Dio, se non la sua
ragione illuminata e il suo amore operante. Tramite queste attività,
egli aderisce a Dio o, per dirla con san Bernardo, è uno con Dio.
Oltre
la ragione e l'amore operante, l'uomo è elevato fino all'amore
essenziale in una visione pura e scevra di attività. Egli è un solo
spirito e un solo amore con Dio, come vi descrissi. Quest'unione‑
è abituale per i contemplati vi e trascende l'intelligenza.
4
Finché
l'uomo permane in questo stato, è capace di contemplare e di
avvertire l'unione non mediata. Sente in se quel tocco di Dio che è
un rinnovamento della grazia e di tutte le virtù divine.
Dovete
sapere che tale grazia di Dio penetra pure nelle potenze inferiori
dell'anima. Essa tocca il cuore dell'uomo, vi produce un amore tenero
e provoca un'attrattiva sensibile per Dio.
Il
sentimento di questa unione è la
nostra beatitudine sovra essenziale. Dio gode allora dei suoi eletti
ed essi godono di lui. Questa beatitudine è silenzio nelle tenebre,
è quiete. Tale silenzio appartiene all'essenza stessa di Dio, ma è
sovra essenziale a ogni creatura.
In
quella quiete le persone divine ritornano nell'amore essenziale e vi
s'inabissano come in un'unione fruitiva; eppure rimangono sempre
distinte, secondo le loro proprietà personali e le loro operazioni.
5
Secondo
il modo delle persone divine, la Trinità è eternamente attiva,
mentre secondo la semplicità della sua essenza dimora eternamente
nella quiete e senza modo. Ecco perché tutto quello che Dio ha
eletto e accolto nel suo amore eterno e personale, lo gode
perfettamente nell'unità dell'amore essenziale.
Infatti
le persone divine si abbracciano in una reciproca compiacenza eterna.
Nella loro unità esse condividono un amore infinito e operoso che si
rinnova senza posa nella sorgente viva della Trinità. Infatti, in
seno a essa vi è sempre nuova generazione e nuova conoscenza, nuova
compiacenza e nuova ispirazione in nuovo amplesso, nuovo torrente
d'amore eterno.
Tutti
gli eletti, angeli e uomini, dal primo all'ultimo, sono coinvolti in
questa compiacenza. Da essa dipendono il cielo e la terra, la vita,
l'essere, l'attività e la conservazione di tutte le creature.
Dall'amore
divino però è escluso il peccato, che proviene dalla cieca
perversità propria alla creatura e che la allontana da Dio.
6
Dalla
compiacenza divina derivano la grazia, la gloria, tutti i doni in
cielo e in terra. Questa compiacenza si manifesta in ogni essere con
modo differente, secondo la necessità e le capacità che gli sono
proprie. Infatti la grazia di Dio si offre ad ogni uomo e aspetta che
ogni singolo peccatore faccia ritorno.
Quando,
soccorso dalla grazia, il peccatore consente ad avere pietà di se
stesso e ad implorare Dio con fiducia, si scopre sempre perdonato da
lui. La compiacenza amorosa lo conduce fino all'eterna compiacenza di
Dio, per cui egli è afferrato e risucchiato nell'amore infinito che
è Dio stesso.
L'uomo
così abbracciato da Dio, va rinnovandosi in amore e in virtù,
perché esercita l'amore e partecipa alla vita eterna non appena si
compiace in Dio e Dio si compiace in lui.
Se
capissimo davvero che l'amore di Dio e la sua compiacenza sono
eterne, il nostro amore e la nostra compiacenza verso di lui si
rinnoverebbero senza posa, ad immagine delle relazioni tra le persone
divine. In esse infatti vi è sempre nuova compiacenza nell'unità, e
nuova emanazione d'amore in nuovo amplesso.
7
L'amplesso
divino è fuori del tempo, senza prima ne dopo, in un eterno
presente. Tutto è consumato nell'unità di questo abbraccio; tutto
si attua nell'effusione di questo amore, e tutto riceve l'esistenza
nella natura viva e feconda della Trinità.
In
questa natura viva e feconda, il Figlio è nel Padre, il Padre nel
Figlio e lo Spirito Santo in entrambi, L'unità trinitaria è
all'inizio di ogni vita e all'origine di ogni divenire. In Dio tutte
le creature sono presenti come nella loro causa eterna, condividendo
cosi una medesima essenza e una medesima vita con Dio.
La
distinzione delle persone 1111divine
proviene dalla loro reciproca emanazione. Il Figlio è generato dal
Padre e lo Spirito Santo procede dall'uno e dall'altro.
Grazie
all'emanazione del Figlio nello Spirito, il Padre crea e ordina ogni
cosa, ciascuna nella sua essenza propria. Là, per quanto dipende da
lui, Dio ricrea l'uomo mediante le sue grazie e la sua morte in
croce; lo adorna d'amore e di virtù, e lo riconduce con se
nell'unità divina.
8
Nella
Trinità, tutti gli eletti sono afferrati e risucchiati nel vincolo
dell'amore con il Padre e il Figlio, cioè nell'unità dello Spirito
Santo. L'unità trinitaria feconda l'emanazione delle persone divine
e nel loro ritorno è legame d'amore eterno e indissolubile.
Tutti
coloro che hanno l'esperienza di quel legame d'amore posseggono una
beatitudine eterna; sono ricchi in virtù, illuminati nella loro
contemplazione e semplici nel loro riposo fruitivo. Quando infatti
ritornano nel loro fondo interiore, vedono l'amore di Dio effondersi
in essi con tutti i beni e attirarli nell'unità divina. Essi
avvertono questo amore come sovra essenziale e senza modo in una
quiete eterna.
Ecco
perché i beati sono uniti a Dio in modo non mediato, mediato e anche
senza differenza. I giusti avvertono l'amore di Dio come un bene
comune che si espande in cielo e sulla terra, e sentono la santissima
Trinità china su di loro e presente in loro con la pienezza di
grazie.
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