III
domenica di Pasqua – Anno C – 5 maggio 2019
Rito
romano
At
5, 27b-32. 40b-41; Sal 29; Ap 5, 11-14; Gv 21, 1-19
Cristo
è l’amore che chiede di essere seguito.
Rito
ambrosiano
At
28,16-28; Sal 96; Rm 1,1-1-16b; Gv 8,12-19
Cristo
luce di carità per mondo.
Premessa:
Per
spiegare il brano del vangelo di oggi, mi servo dell’Anello del
Pescatore. Fin dal primo millennio cristiano l’anello è insegna
propria del Vescovo. L’Anello, che viene consegnato al Papa il
giorno dell’inizio del suo ministero petrino, è detto Anello
del Pescatore, con l’immagine-sigillo di San Pietro e la barca con
la rete, ha il significato particolare dell’anello-sigillo che
autentica la fede e significa il compito affidato a Pietro di
confermare i suoi fratelli (cf. Lc 22, 32). Viene detto
anello “del Pescatore” perché Pietro è l’Apostolo pescatore
(cf. Mt 4, 18-19; Mc 1, 16-17) che, avendo avuto
fede nella parola di Gesù (cf. Lc 5, 5), dalla barca ha
tratto a terra le reti della pesca miracolosa (cf. Gv 21,
3-14)
La
missione di Cristo diventa quella del Suo Vicario e la nostra, che il
lui filialmente riconosciamo il primato dell’amore: pescare i
fratelli dalla morte. L’aspetto istituzionale della chiesa,
rappresentato da Pietro, è fondato sull’amore e sul perdono
accettato e accordato. L’aspetto carismatico, rappresentato dal
discepolo amato, è anima e misura di ogni istituzione: è l’amore,
che vive in eterno. Tutto il resto è “funzionale”: da accettare
o rifiutare secondo che serva o no ad amare. La Chiesa ha come
principio e fine la libertà di amare.
“La
Messa in comunione con il Papa è memoriale dell’immenso amore
del tuo Figlio, fa’ che l’intera famiglia umana, mediante l’azione missionaria della Chiesa, possa gustare il frutto della redenzione” (Orazione sopra le offerte nella Messa di inizio del Pontificato).
del tuo Figlio, fa’ che l’intera famiglia umana, mediante l’azione missionaria della Chiesa, possa gustare il frutto della redenzione” (Orazione sopra le offerte nella Messa di inizio del Pontificato).
Quello
che vale per la prima comunità cristiana riunita attorno a Gesù e
da Lui chiamata a testimoniare la misericordia di Dio portando
la conversione e il perdono a “tutte le genti”, vale per la
Chiesa attuale. Anche oggi la vocazione della Chiesa è far
risplendere nel mondo il volto misericordioso di Dio, portare
la pace di Cristo risorto ad una umanità mai rinnegata, ma assunta
con tutte le sue ferite e risorta dalla gioia del perdono.
1)
Cristo risorto è presente tra i suoi, sempre.
Tre
domeniche fa, a Pasqua, la prima di tutte le domeniche, abbiamo
festeggiato la vittoria del Verbo di Vita, che è Luce. Questa Luce
ha sconfitto le tenebre ed è il principio di una vita che non è
sottomessa all’usura del tempo perché è messa nell’eterna
giovinezza di Dio. Abbiamo celebrato la vittoria dell’Amore, che è
più forte della morte e del peccato, che ha fatto entrare nel mondo
la morte e le sue tenebre.
Domenica
scorsa, la seconda di Pasqua, ci è stata ricordata la tenerezza di
Gesù per Tommaso, il suo discepolo appassionato ma assente alla
prima apparizione del Risorto nel Cenacolo. Questo Apostolo, davanti
alla concretezza della presenza del Redentore, l’ha riconosciuto ed
ha detto le parole più belle e splendide della fede cristiana: «Mio
Signore e mio Dio». Allora Gesù guardò Tommaso con i suoi occhi
pieni di misericordia.
Poi
con uno sguardo che dona serenità e fiducia, che infonde coraggio e
audacia, che sprigiona passione e forza irresistibili invitò tutti
gli Apostoli ad andare fino agli estremi confini della terra per
annunciare il Vangelo: la più buona e bella notizia di cui ha
assoluto bisogno l’uomo di ogni tempo e di ogni luogo.
In
questa terza domenica di Pasqua Gesù dona la propria presenza ad
alcuni apostoli per confermare loro la vocazione di essere imbarcati
nel e dall’amore infinito, misericordioso e fedele, come i pesci
della pesca straordinaria, di cui il vangelo di oggi ci parla. Non è
solo un’apparizione per confermarli nella certezza della Sua
Risurrezione, è anche una ri-presa della missione di essere
pescatori di uomini.
Con
le apparizioni Gesù manifesta una Presenza santa e fedele. Oggi come
allora egli invita a stare con Lui, che sta (Gv 21,4) sulla riva del
lago.
Con
la sua Presenza dimostra che l’Amore donato vince la morte per sé
e per gli amici, Giuda compreso. Non dimentichiamo che quando andò
per trardirLo, Giuda fu chiamato da Cristo: “Amico”. Come non
pensare che questa parola non abbia trafitto in bene il cuore del
traditore. E forse all’ultimo momento, ricordando quella parola e
l’accettazione del bacio, anche Giuda avrà sentito che il Signore
gli voleva ancora bene e lo riceveva tra i suoi di là.
Nell’ultima
Cena Gesù disse a tutti gli Apostoli: “Non vi chiamo più servi,
ma amici” (Gv 15, 15). Gesù fa anche a noi questo dono di
chiamarci “amici”.
E
proprio perché siamo suoi amici, Cristo ci parla da amico ad amici e
chiede di amarci gli uni gli altri, presentando il suo stesso amore
come la fonte, il modello e la misura del nostro amore vicendevole e
fraterno (cfr Gv 15, 12).
In
breve, possiamo dire che il Risorto invita i suoi Apostoli, e oggi
noi, a stare con lui. Occorre “stare” con Lui, innestati in Lui
come tralci alla vite per avere la sua Vita, “occorre stare con
Gesù per poter stare con gli altri” (Benedetto XVI, alla
Fraternità sacerdotale San Carlo Borromeo il 13 febbraio 2011). Papa
Francesco completa invitando a scegliere di fidarsi di Gesù. Dice:
“Ma, sta bene: sulla tua parola getterò le reti”. “Attenzione!
– spiega Papa Francesco – Pietro non dice: sulle mie forze, sui
miei calcoli, sulla mia esperienza di esperto pescatore, ma “Sulla
tua parola”, sulla parola di Gesù! E il risultato è una pesca
incredibile». E di seguito: «Fidarsi di Gesù. E quando dico questa
cosa, […] io non vengo qui a vendervi un’illusione. Io vengo qui
a dire: c’è una Persona che può portarti avanti: fidati di Lui! È
Gesù! Fidati di Gesù! E Gesù non è un’illusione!” (a
Cagliari, 22 settembre 2017).
Stando
con Lui condividiamo l’amore che dura per sempre ed è per tutti.
2)
Il potere che nasce dall’amore: Mi ami? …Ti voglio bene… Pasci
i miei agnelli.
Dopo
il pasto consumato mangiando il pane offerto dal Risorto stesso e del
pesce arrostito frutto della pesca eccezionale, inizia il dialogo tra
Gesù e Pietro, che ricorda a Pietro il suo tradimento, la sua
defezione. E' bastata la battuta di una serva pettegola per farlo
crollare e ridicolizzare. Questo ricordo è doloroso per Pietro, ma
Gesù non gli chiede né spiegazioni né scuse; gli chiede solo se
gli vuole bene, perché a Gesù non interessa che il suo nuovo
pontefice sia forte o coerente, gli interessa solo sapere se gli
vuole bene, se ha ancora il desiderio di seguirlo. Colui che sarà il
Vescovo di Roma, che presiede alla carità, riceve il suo incarico
con un “esame” sulla carità. A Pietro che gli offriva il suo
dolore, Cristo diede la conferma del suo amore.
Il
cammino della santità non consiste nel non avere mai tradito, ma nel
rinnovare ogni giorno la nostra amicizia per Cristo.
Le
tre domande di Gesù sono sempre diverse, perché Gesù si adatta
alle riposte di Pietro. Alla prima domanda: Mi ami (in greco agapàs
me da agapào) più di tutti?, Pietro risponde senza restare nei
termini esatti: infatti mentre Gesù usa un verbo raro, quello
dell'agàpe, il verbo sublime dell'amore assoluto, dell’amore di
oblazione, Pietro risponde con il verbo umile, quotidiano, quello
dell'amicizia e dell'affetto (in greco filèo): ti voglio bene (filo
se), inoltre non paragona con gli altri.
Ed
ecco la seconda domanda:
Simone figlio di Giovanni, mi ami (agapàs
me)? Gesù ha capito la fatica di Pietro, e chiede di meno: non più
il confronto con gli altri, ma rimane la richiesta dell'amore
assoluto (agàpe). Pietro risponde ancora di sì, ma lo fa come se
non avesse capito bene, usando ancora il suo verbo (filèo), quello
più rassicurante, così umano, così nostro: io ti sono amico, lo
sai, ti voglio bene. Non osa parlare di amore, si aggrappa
all'amicizia, all'affetto.
Nella
terza domanda, è Gesù a cambiare il verbo, abbassa quella esigenza
alla quale Pietro non riesce a rispondere, si avvicina al suo cuore
incerto, ne accetta il limite e adotta il suo verbo:
Pietro, mi
vuoi bene (fileìs me da fileo)?
Gli domanda l'affetto se l'amore
è troppo; l'amicizia almeno, se l'amore mette paura; semplicemente
un po' di bene.
Gesù dimostra il suo amore abbassando per tre
volte le esigenze dell'amore, rallentando il suo passo (come sulla
strada verso Emmaus) su quello più lento del discepolo.
Insomma,
Gesù accetta che Pietro lo “ami” come lui pensa gli è possibile
e siccome sa che Pietro Lo ama veramente e totalmente gli affida il
primato dell’amore per pascere la Chiesa, gli mette sulle spalle il
potere che deriva dalla carità (agàpe). Uno che come Pietro ha
saputo riconoscere la propria povertà e ricevere l’amore da
Cristo, saprà servire, pascendoli i suoi fratelli poveri, bisognosi
di amore e di verità. Pietro è pronto: saprà aiutare i fratelli
poveri ora che ha accettato la sua povertà, ha mendicato l’amore
del Signore, che lo invita a seguirlo, sempre
3)
E noi?
A
Pietro, ma a ciascuno di noi, Gesù rivolge la parola finale del
vangelo romano di oggi: “Seguimi”. Dietro a Pietro, seguiamo
Cristo, non dimenticando un fatto significativo: Gesù Cristo appare
prima alle donne, sue fedeli seguaci, che non ai discepoli e agli
stessi apostoli, che pure aveva scelto come portatori del suo Vangelo
nel mondo.
Alle
donne per prime affida il mistero della sua risurrezione, rendendole
prime testimoni di questa verità. Forse vuol premiare la loro
delicatezza, la loro sensibilità al suo messaggio, la loro fortezza
che le aveva spinte fino al Calvario.
Forse
vuol manifestare un tratto squisito della sua umanità, consistente
nel garbo e nella gentilezza con cui accosta e benefica le persone
che contano meno nel gran mondo dei suoi tempi. E ciò che sembra
risultare da un testo di Matteo 28,9-10): “Ed ecco Gesù venne
incontro (alle donne che correvano a dare l'annunzio ai discepoli)
dicendo: Salute a voi! Ed esse, avvicinatesi, gli cinsero i piedi e
lo adorarono. Allora Gesù disse loro: "Non temete: andate ad
annunziare ai miei fratelli che vadano in Galilea e là mi vedranno
(e ciò accadde come ci testimonia il vangelo di oggi”. Anche
l'episodio dell'apparizione a Maria di Magdala (Gv 20,11-18) è di
straordinaria finezza sia da parte della donna, che rivela tutta la
sua appassionata e composta dedizione alla sequela di Gesù, sia da
parte del maestro che la tratta con squisita delicatezza e
benevolenza.
A
questa precedenza delle donne negli eventi pasquali dovrà ispirarsi
la Chiesa, che nei secoli ha potuto contare tanto su di esse per la
sua vita di fede, di preghiera e di apostolato.
Inoltre,
secondo me, le Vergini consacrate ci danno un esempio di come la vita
offerta a Dio nella consacrazione fa in modo che l’amore sia
complemento che fa viva e operante la fede (Gal. 5, 6): l’amore, la
carità; ciò che farà dire a S. Agostino una delle sue memorabili
parole sintetizzanti: «Hoc est enim credere in Christum, diligere
Christum»; questo vuoi dire finalmente credere in Cristo, amare
Cristo (Enarr. in Ps. 130, 1; PL 37, 1704). Ancora di più, le
Vergini Consacrate mostrano con la loro vita che l’amore a Dio a
cui si sono donate completamente, spinge al trasferimento di questo
amore ai fratelli e sorelle in umanità.
“Per
la loro particolare vocazione, attingono all’amore di Dio anche le
donne che nella Chiesa ricevono la consacrazione verginale: per amore
di Cristo, sommamente amato, rinunciano all’esperienza del
matrimonio umano per essere a Lui congiunte con un legame sponsale,
sperimentare e testimoniare nella condizione verginale (1 Cor 7, 34)
la fecondità di tale unione, anticipare la realtà della comunione
definitiva con Dio cui tutta l’umanità è chiamata
(Lc 20, 34-36)”(Congregazione per gli Istituti di Vita
Consacrata e le Società di Vita Apostolica, Istruzione sull’Ordo
Virginum Ecclesiae Sponsae Imago, n. 18, 8 giugno 2018).
.
Consiglio
pratico:
Propongo
di ripetere spesso questa bella preghiera di Sant’Agostino:
“Custodisci, Signore, i nostri cuori uniti per sempre, affinché
seguendo solo te lungo il cammino il nostro affetto diventi carità”
(Custodi, Domine, animas nostras in perpetuo iunctas, ut te solum
sequentes in via dilectio nostra caritas fieri posset).
LETTURA
PATRISTICA
SANT’AGOSTINO
D’IPPONA
SUL
SALMO 130
ESPOSIZIONE
DISCORSO
AL POPOLO
sull’umiltà
e sulla fede che implica l’amore
Il
credente è tempio di Dio e membro del corpo di Cristo.
1.
Nel presente salmo ci si inculca l'umiltà di quel fedele servo di
Dio dalla cui voce esso è cantato e che è l'intero corpo di Cristo.
Spesse volte infatti abbiamo richiamato alla vostra attenzione che la
voce di chi canta [nel salmo] non deve intendersi come voce di un
singolo individuo ma come voce di tutti i componenti il corpo di
Cristo. E siccome questi " tutti " sono compaginati nel suo
corpo, possono parlare come un solo uomo: in effetti i molti e l'uno
sono una stessa entità. In se stessi sono molti, nell'unità
dell'unico [Cristo] sono uno solo. E questo corpo di Cristo è anche
tempio di Dio, secondo le parole dell'Apostolo: Santo è il tempio di
Dio e questo siete voi, voi cioè che credete in Cristo con quella
fede che comporta l'amore. Credere in Cristo è infatti la stessa
cosa che amare Cristo. Non come credevano i demoni, senza amore cioè,
sicché pur credendo dicevano: Che c'è in comune fra noi e te, o
figlio di Dio? Noi dobbiamo credere in modo tale che la nostra fede
in Cristo sia un tratto di amore. La nostra parola non deve essere:
Cosa c'è in comune fra noi e te? ma: Noi siamo tuoi, avendoci tu
riscattati. Quanti credono in questa maniera sono, per così dire, le
pietre vive con le quali è costruito il tempio di Dio ; sono il
legno incorruttibile con cui fu formata l'arca che le acque del
diluvio non riuscirono a sommergere. Essi sono ancora il tempio di
Dio - si tratta ovviamente sempre di uomini! - nel quale Dio viene
pregato e dal quale egli esaudisce. Chi prega Dio al di fuori di
questo tempio non viene esaudito col conseguimento della pace propria
della Gerusalemme celeste, sebbene venga esaudito quanto a certe
richieste di beni temporali che Dio elargisce anche ai pagani. In tal
senso una volta furono esauditi anche i demoni, quando fu loro
concesso di entrare nei porci. Ben altra cosa è l'essere esaudito in
ordine alla vita eterna, e questo non è concesso se non a chi prega
nel tempio di Dio. Ora nel tempio di Dio prega soltanto colui che
prega nella pace della Chiesa, nell'unità del corpo di Cristo.
Questo corpo di Cristo consta di molti credenti sparsi su tutta la
terra, ed è per questo che chi prega nel tempio viene esaudito. Chi
prega nella pace della Chiesa prega in spirito e verità, né la sua
preghiera è fatta in quel tempio che era solamente una figura.
DISCORSO
34
http://www.augustinus.it/italiano/discorsi/discorso_045_testo.htm
DISCORSO
TENUTO A CARTAGINE NELLA BASILICA DEI MAGGIORI
SUL RESPONSORIO DEL
SALMO 149:
"CANTATE AL SIGNORE UN CANTICO NUOVO"
1.
Siamo stati esortati a cantare al Signore un cantico nuovo. L'uomo
nuovo conosce il cantico nuovo. Il cantico è un fatto d'allegrezza
e, se consideriamo la cosa con maggior diligenza, è un fatto
d'amore, sicché chi sa amare la vita nuova sa cantare il cantico
nuovo. Occorre quindi che ci si precisi quale sia la nuova vita a
motivo del cantico nuovo. Rientrano infatti nell'unico regno tutte
queste cose: l'uomo nuovo, il cantico nuovo, il testamento nuovo, per
cui l'uomo nuovo e canta il cantico nuovo e appartiene al Testamento
nuovo.
Amiamo
perché siamo stati amati.
2.
Non c'è nessuno che non ami; quel che si domanda è che cosa ami.
Non ci si esorta a non amare ma a scegliere quel che amiamo. Ma cosa
potremo noi scegliere se prima non siamo stati scelti noi stessi? In
effetti, se non siamo stati prima amati, non possiamo nemmeno amare.
Ascoltate l'apostolo Giovanni. È quell'apostolo che poggiò il capo
sul petto del Signore e in quel banchetto bevve i misteri celesti 1.
Da quanto bevve, da quella sua felice ubriachezza eruttò: In
principio era il Verbo 2.
Umiltà sublime ed ubriachezza sobria! Orbene, quel grande
eruttatore, cioè predicatore, fra le altre cose che aveva bevute dal
petto del Signore disse anche questo: Noi amiamo perché lui ci ha
amati precedentemente 3.
Molto aveva concesso all'uomo - parlava infatti di Dio! - quando
aveva detto: Noi amiamo. Chi ama? Chi è amato? Gli uomini amano Dio,
i mortali l'immortale, i peccatori il giusto, i fragili l'immutabile,
le creature l'artefice. Noi abbiamo amato. Ma chi ci ha dato questa
facoltà? Poiché egli ci ha amati antecedentemente. Cerca come possa
l'uomo amare Dio: assolutamente non lo troverai se non nel fatto che
egli ci ha amati per primo. Ci ha dato se stesso come oggetto da
amare, ci ha dato le risorse per amarlo. Cosa ci abbia dato al fine
di poterlo amare ascoltatelo in una maniera più esplicita
dall'apostolo Paolo, che dice: La carità di Dio è diffusa nei
nostri cuori. Ma come? Forse per opera nostra? No. Ma allora come?
Attraverso l'azione dello Spirito Santo che ci è stato dato 4.
Dio
è amore ineffabile.
3.
Poiché dunque tanto grande è la fiducia che abbiamo, amiamo Dio
attraverso Dio. Senz'altro! Siccome lo Spirito Santo è Dio, noi
amiamo Dio attraverso Dio. Cosa potrei dire di più che amiamo Dio
attraverso Dio? Effettivamente, se ho potuto affermare che l'amore di
Dio è diffuso nei nostri cuori attraverso l'azione dello Spirito
Santo che ci è stato donato 5,
ne segue che, essendo lo Spirito Santo Dio, noi non possiamo amare
Dio se non per mezzo dello Spirito Santo, cioè non possiamo amare
Dio se non attraverso Dio. Ne è la [ovvia] conseguenza. Ascoltate la
cosa in maniera più palese dallo stesso Giovanni. Dio è amore, e
chi rimane nell'amore rimane in Dio e Dio rimane in lui 6.
Sarebbe stato poco dire: L'amore procede da Dio. Chi di noi oserebbe
dire quello che propriamente è stato detto: Dio è amore? Lo ha
detto uno che sapeva quel che possedeva. Come fa allora
l'immaginazione e il pensiero dell'uomo, così instabili, a
fabbricarsi un dio? Come può l'uomo fabbricarsi in cuore un idolo,
modellandolo sulle forme che può pensare e non qual è quello che ha
meritato di scoprire? "No è così?". "No, ma è
così". Cosa stai lì a ordinarne i lineamenti, a strutturarne
le membra, a plasmare secondo il tuo arbitrio la statura, a
immaginare la bellezza del corpo? Dio è amore. Qual è il colore
della carità? quali i lineamenti? quale la forma? Nulla di questo
vediamo; eppure lo amiamo.
Esempio
dell'amore umano.
4.
Oso dire una cosa alla vostra Carità. Osserviamo nelle cose
inferiori ciò che dobbiamo riscontrare nelle superiori. Lo stesso
amore basso e terreno, lo stesso amore sudicio e delittuoso che si
attacca alle bellezze del corpo ci offre un qualche richiamo per
elevarci alle cose più alte e più pure. Ecco un uomo lascivo e
disonesto che si innamora d'una bellissima donna. Il movente è, è
vero, la bellezza del corpo, ma quello che si cerca è lo scambio
interno di amore. Se infatti quel tale ode che la donna lo odia, non
ne seguirà forse che tutto il suo trasporto impetuoso per quelle
membra attraenti si raffredderà? Da ciò che mirava d'avere, in
certo qual modo si ritrae, si allontana, e, offeso, comincia anche a
odiare ciò che amava. Forse che è mutata la bellezza esteriore? Non
le restano forse ancora tutte le doti che l'avevano attratto? Certo
che restano. La verità è che egli ardeva [d'amore] per ciò che
vedeva, ma dal cuore esigeva ciò che non vedeva. Se al contrario
s'accorge che lo scambio d'amore esiste, quanto più fortemente se ne
infiamma! Lei vede lui, lui vede lei, l'amore non lo vede nessuno.
Eppure ciò che si ama è proprio questo [elemento] che non si vede.
5.
Elevatevi da questa bramosia fangosa, per abitare [col cuore] nella
carità fulgente di luce. Tu non vedi Dio. Ama e lo possiedi. In
fatto di desideri riprovevoli, quante cose si amano e non si riesce
ad averle! Vengono cercate con affetto sordido, ma non per questo
immediatamente le si posseggono. Coincidono forse amare l'oro e
possedere l'oro? Molti lo amano, ma non lo posseggono. Forse che
amare amplissimi e feracissimi campi è lo stesso che possederli?
Molti li amano ma non li posseggono. Forse che amare gli onori è lo
stesso che possedere gli onori? Molti, che pur bramano ardentemente
gli onori, son privi di onori. Cercano di averli, ma spesse volte
muoiono prima di conseguire quel che cercavano. Dio ci si offre in
forma di capitale. Ci grida: Amatemi e mi possederete, poiché se non
mi avreste, non potreste nemmeno amarmi.
Siate
voi stessi la lode di Dio.
6.
O fratelli, o figli, o germogli della Chiesa cattolica, o semi santi
e celesti, o rigenerati in Cristo e [in lui] nati dall'alto,
ascoltatemi! Anzi, stimolati da me, cantate al Signore un cantico
nuovo 7.
Eccomi - dici - io sto cantando. Stai cantando, è vero, stai
cantando: lo ascolto. Ma che la tua vita non proferisca testimonianza
contrastante con la tua lingua. Cantate con le voci, cantate con i
cuori; cantate con le labbra, cantate con i costumi. Cantate al
Signore un cantico nuovo. Volete sapere cosa occorra cantare di colui
che amate? Senza dubbio vuoi cantare di colui che ami. Vuoi conoscere
le sue lodi per cantarle. Avete ascoltato: Cantate al Signore un
cantico nuovo. Vuoi conoscerne le lodi? La sua lode nella Chiesa dei
santi 8.
La lode da cantare è lo stesso cantore. Volete innalzare lodi a Dio?
Siate voi la lode che volete proferire; e sarete sua lode se vivrete
bene. La sua lode infatti non è nelle sinagoghe dei giudei, non è
nella scempiaggine dei pagani, non negli errori degli eretici, non
nelle acclamazioni dei teatri. Volete sapere dove sia? Guardate a voi
stessi, siatelo voi stessi! La sua lode nella Chiesa dei santi.
Cerchi il motivo che ti faccia godere quando canti? Si allieti
Israele in colui che l'ha creato 9;
e non troverà dove allietarsi se non in Dio.
Per
acquistare la carità dona te stesso.
7.
Bene, miei fratelli! Interrogate voi stessi, esaminate le [vostre]
celle interiori. Guardate e riflettete su quanto siate ricchi in
fatto di carità; e poi accrescete quel che avete riscontrato. Badate
a tale tesoro, perché possiate essere interiormente ricchi. Anche
delle altre cose che hanno un gran pregio si dice, è vero, che son
cose care, e ciò non invano. Osservate il vostro modo di parlare.
Questo - dite - è più caro di quello. Che significa "più
caro" se non più prezioso? Se si dice "più caro" ciò
che è più prezioso, che cosa, miei fratelli, sarà più caro della
carità in se stessa? Quale pensiamo possa essere il suo prezzo 10?
Dove si trova il suo prezzo? Prezzo del grano è qualche tua moneta,
prezzo d'un campo è l'argento, prezzo di una pietra preziosa è
l'oro; prezzo della carità sei tu stesso. Cerchi dunque come
possedere un campo, una pietra preziosa, un giumento. Cerchi come
comprare un campo e lo cerchi in tasca tua. Se però vuoi possedere
la carità, cerca te stesso, trova te stesso. Forse che stenti a
darti per paura di consumarti? Tutt'altro! Se non ti darai sei
perduto. La stessa carità [ti] parla per bocca della Sapienza e ti
dice qualcosa che t'impedisce d'avere paura delle parole: Da' te
stesso 11.
Se infatti qualcuno volesse venderti un campo ti direbbe: Dammi del
tuo oro, e se qualche altro [volesse venderti] cose simili, dammi tue
monete - ti direbbe -, dammi del tuo argento. Ascolta cosa ti dice la
carità per bocca della Sapienza: Dammi il tuo cuore, o figlio 12.
Dice: Dammi. Che cosa? Il tuo cuore, o figlio. Era male quando esso
era dalla parte tua, quando era tuo. Ti lasciavi infatti attrarre da
vanità e da amori lascivi e perniciosi. Toglilo da li! Dove lo
trasporterai? dove lo porrai? Dice: Dammi il tuo cuore. Appartenga a
me e non perirà per te. Osserva infatti se ha voluto lasciare in te
qualche possibilità d'amare te stesso colui che ti dice: Amerai il
Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente, con
tutta la tua anima 13.
Cosa resta del tuo cuore per amare te stesso? Cosa della tua anima o
della tua mente? Dice: Con tutto. Esige tutto te colui che ti ha
creato. Ma non rattristarti quasi che non ti rimanga nulla di cui
godere. Si allieti Israele, non in sé, ma in colui che l'ha
creato 14.
Se
non ami Dio non ami te stesso.
8.
Mi replicherai dicendo: Se non mi rimane alcuna risorsa per amare me
stesso - dal momento che mi si ingiunge di amare colui che mi ha
creato con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutta la mente 15
- come nel secondo precetto mi si comanda di amare il prossimo come
me stesso? 16.
Questo significa piuttosto che devi [darti] al prossimo con tutto il
cuore, con tutta l'anima e con tutta la mente. Come? Amerai il
prossimo tuo come te stesso 17.
Dio con tutto me stesso, il prossimo come me stesso. Così me, così
te. Vuoi ascoltare come debba amare te? Ami te stesso, se ami Dio con
tutto te stesso. Credi che giovi a Dio il fatto che tu lo ami? Forse
che, per il fatto che lo ami, Dio ci acquista qualcosa? Se non lo
ami, chi ci perde sei tu. Quando [lo] ami, tu te ne avvantaggi; tu
sarai là dove non si perisce. Mi risponderai dicendo: Ma quando non
mi sono amato? Non ti amavi certamente quando non amavi Dio, tuo
Creatore. Ma tu, pur odiandoti, credevi di amarti. Difatti chi ama
l'iniquità odia la sua anima 18.
Preghiera
dopo il discorso.
9.
Rivolti al Signore, Dio Padre onnipotente, a lui, con cuore puro, per
quanto può la nostra pochezza, rendiamo amplissime grazie. Preghiamo
con tutta l'anima la sua incomparabile mansuetudine perché si degni
di esaudire, secondo il suo beneplacito, le nostre preghiere; con la
sua potenza espella il nemico dalle nostre azioni e dai nostri
pensieri, moltiplichi in noi la fede, governi la mente, conceda
pensieri spirituali e ci conduca alla sua beatitudine. Per Gesù
Cristo, suo Figlio e nostro Signore, che è Dio, e vive e regna con
lui nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
Amen.
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